Ventotto
Due giorni prima della fine delle vacanze
«Lucian, tesoro, ti hanno invitato a Bigbury Grange.» Caroline preme il cartoncino rosa chiaro contro le clavicole arrossate. «Jibby mi ha garantito che se ti rifiuti sarà la rapida e dolorosa fine della nostra vita sociale nella West Country. Cosa dici?»
Io e Lucian abbiamo deciso in segreto che deve andare, e di buon grado. Caroline lo interroga sempre più spesso, e mi tiene d’occhio – quello sguardo che scorre sui miei abiti orrendi, sul mio collo, sul mio petto – in modo sempre più evidente. Siamo preoccupati.
Lucian è via da sei ore. Il «pranzo leggero» si è trasformato in un tè. Le lunghe, sottili lancette di bronzo di Big Bertie rabbrividiscono passando da un minuto all’altro con tormentosa lentezza. Tornerà per l’ultimo giorno di vacanza? Forse no. Tutto il peggio sembra possibile.
Cerco di convincermi che sì. Non vorrà mica perdersi l’alta marea, vero? La gente del posto dice che sarà una di quelle grosse, la più grossa dell’estate, una marea che si schianterà contro il fondo asciutto della scogliera, risucchiando tesori dal fondo. No, no. Non se la perderà.
Un attimo dopo sono tormentata dal dubbio. Ovvio che Lucian non è interessato alle lune piene e alle alte maree! Che cosa mi viene in mente? Lui non è Toby! È a un ricevimento in una delle dimore più belle del paese, rimpinzato di champagne gelido, aragosta e dell’incantevole Belinda Bracewell.
Oppure è morto. O sta per morire, l’orologio ticchetta finché non avviene l’incidente. Mi figuro l’auto rovesciata, come un insetto, con le ruote che girano nell’aria. Prego Dio di proteggerlo, di tirarlo fuori dal finestrino prima che si alzino le fiamme. Se deve prendere qualcuno, per favore, per favore, che sia Caroline. Anzi, che se la prenda comunque.
Ma Dio non si prende Caroline. Quel pomeriggio più tardi chiama per dire a Peggy che è cambiato il tempo – bugiarda, il cielo è azzurrissimo – e quindi si fermano per la notte. Si stanno divertendo tutti tantissimo.
Al tramonto nemmeno singhiozzare serve più. Posso solo mettermi in piedi sulla valigia fatta, col mento sul davanzale sbucciato, ad aspettare la macchinetta blu che non sbuca mai sul viale.
Un colpo di tosse.
Mi volto ed ecco Toby appoggiato alla parete. Oggi ha cominciato a parlare di più, spero che sia un segno che quella tristezza nera si sta dissipando. «Ciao. Come stai?» dico, cercando di sembrare allegra, sperando di non avere gli occhi gonfi.
Parla dall’angolo della bocca, le labbra si muovono appena. «Sarà meglio che tu ci faccia l’abitudine.»
«Cosa?»
«Lucian è un gatto randagio, Amber. Non bada a chi gli dà da mangiare, va benissimo anche una Belinda Bracewell.»
«Non stavo pensando a Lucian» dico in fretta, sorpresa. Pensavo che Toby fosse troppo confuso e concentrato su se stesso per sapere dov’è andato Lucian. Mi sbagliavo. Gli brillano gli occhi, di nuovo duri e consapevoli. Potrebbe essere una cosa rassicurante – è tornato, almeno una parte di lui è qui – ma invece no. È come se ci guardassimo attraverso il ghiaccio spesso di uno stagno gelato.
«Sta per andare a Oxford, una nuova vita meravigliosa. Presto si dimenticherà di te, di noi, di Black Rabbit Hall. Lo sai, vero? Che quest’estate sarà solo uno strano contrattempo per lui.»
Mi mordo l’interno della guancia e lotto contro una nuova piena di lacrime. Se cedo adesso so che tutti i sospetti di Toby verranno confermati. E la fine è così vicina. Toby presto andrà in collegio, io a Londra, Lucian a Oxford, il nostro segreto resterà a Black Rabbit Hall, addormentato, al sicuro, e il suo cuore continuerà a battere piano fino alle vacanze di Natale, quando io e Lucian torneremo e lo risveglieremo con un bacio.