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«Mi sei stata davvero d’aiuto, oggi», dico a Delphine, quando la riporto a casa.

Mi guarda con occhi accesi. «Mi sono divertita tanto. Soprattutto a cavalcare».

«Lo faremo di nuovo, promesso», le dico. «In effetti, potrei entrare proprio ora e parlare con tua madre».

«Credo che stia per uscire», dice Delphine, con il viso che si spegne di nuovo mentre guarda la casa fuori dal finestrino. «Però mi piacerebbe molto. Grazie».

Scende dalla macchina e la osservo rientrare. Di Jo non c’è traccia. Mi chiedo se stia davvero uscendo o se ci siano altri motivi per cui Delphine non voleva farmi entrare. Ma poi mi dico che mi sto inventando tutto e faccio inversione per tornare a casa.

Un paio di giorni dopo, trovo un altro biglietto nella buca delle lettere. L’hanno lasciato quando io non c’ero. E stavolta, mi vengono davvero i brividi.

 

Quando torna dal lavoro, lo mostro ad Angus.

«Scusa, ma a me non sembra proprio uno scherzo. Questo è molto più strano». E stavolta, non può negarlo.

Aggrotta la fronte. «Può darsi. Fallo vedere a Laura, lei di sicuro è in grado di riconosce gli scherzi di un certo genere».

Vado a prendere il telefono.

«Aspetta domani», dice Angus. «È un po’ tardi ora».

Ma io non voglio – questo biglietto mi terrorizza. E quando la chiamo, Laura condivide la mia preoccupazione.

«Devi assolutamente portarlo alla polizia», dice.

«Lo so. Sarà la prima cosa che farò domattina».

 

Non dormo quella notte. Ho in testa l’immagine orribile e agghiacciante di una persona misteriosa che, con animo freddo e calcolatore, mi manda dei biglietti. Perché proprio a me? Perché mi ritiene in grado di agire in qualche modo? O forse so qualcosa che nessun altro sa?

Alle due sono ancora sveglia e, alla fine, mi alzo e vado al piano di sotto. Il vento soffia forte e le foglie frusciano contro le finestre.

Tiro fuori il biglietto e lo rileggo:

Tre piccoli bambini siedono sul letto.

Uno muore, un altro anche.

Ma il terzo non vuole morire.

Ha a che fare con Rosie? Ma qual è l’altro bambino che è morto? E chi è il terzo?

Appoggiandomi al bancone, rabbrividisco.

Cos’è che non so?

 

«Di sicuro ha a che fare con l’omicidio di Rosie». L’agente Beauman è perplessa. «Ovviamente non possiamo esserne certi, ma mettendoli tutti insieme…».

«Lo so». È esattamente quello che stavo pensando anch’io.

«Sembra scritto dalla stessa persona, ma lo farò comunque confrontare con gli altri. Mi faccia sapere se le arrivano nuovi messaggi».

Poi Laura passa da me.

«Non crederai mai a quello che ho scoperto: secondo un mio contatto, c’era un altro figlio. Quando le ho detto del biglietto, la mia fonte mi ha risposto che Joanna ha dato alla luce un bambino. Tre mesi prima del termine della gravidanza. È nato morto».

«Chiunque abbia scritto il biglietto, evidentemente lo sa. E la polizia lo scoprirà a breve. Quando una ragazza giovane come Rosie muore si scava sempre negli altri lutti in famiglia. È la procedura».

«Questo include anche i genitori di Joanna, allora».

Laura aggrotta la fronte. «In che senso?»

«Be’, sono morti, no? Cinque anni fa. Me l’ha detto lei proprio di recente».

«Sei sicura?».

Annuisco. «Non voleva parlare di loro. Ha bofonchiato qualcosa sul fatto che suo padre fosse un uomo “vile” e “crudele”. Ha usato proprio queste parole, credo».

«Interessante», commenta Laura. «Solo che suo padre è Edward Pablo, no? E secondo i documenti che ho consultato, sia lui che la moglie sono vivi e vegeti. Abitano in Svizzera».

I nostri occhi si incrociano.

«E perché mentire?»

«Magari voleva dire che sono morti per lei. Forse hanno litigato e non hanno mai fatto pace».

Scuoto la testa. «No, non sembrava per niente così. Le ho detto che doveva essere dura per lei. E mi ha risposto che lo è stato davvero, all’epoca».

«Poteva comunque riferirsi a un litigio», suggerisce Laura.

Possibile? Mentre ripasso al vaglio la conversazione nella mia testa, mi chiedo se per caso Laura non abbia ragione.

«Il lato negativo è che non abbiamo proprio idea di chi abbia inviato i biglietti», dice Laura. «Arrivano per caso seguendo un qualche schema preciso?».

Scuoto la testa. «Sempre di sera. A parte questo, no».

Alza le spalle. «C’è un’altra cosa. Voglio provare a incontrare Neal. A quanto pare, il fatto che abbia sedotto una minorenne era solo un pettegolezzo, messo in giro da un collega geloso perché la moglie aveva una cotta per lui. È stato veramente nominato per quel premio. Lo sapevi? Ho controllato».

L’immagine di Jo, felice e radiosa, mi ritorna in mente; seguita immediatamente da quella del suo vestito fatto a pezzi.

«Ci sono parecchie persone che ce l’hanno con lui», continua Laura. «Certo, se vai in giro a provarci con le mogli degli altri, immagino sia inevitabile».

«Non era un mistero per Jo. Sapeva che cosa combinava».

Laura annuisce. «Certe persone sono capaci di sopportare cose incredibili… Non ti chiedi mai il perché?».