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Ci vuole tempo ma, mentre Jo risorge dalle sue ceneri, la data del processo di Neal si avvicina. La condanna per violenze domestiche sembra certa, secondo Laura, mentre l’accusa di omicidio resta ancora in bilico. La polizia ha diverse ricostruzioni di ciò che può essere accaduto quella sera, senza dimenticare i file rinvenuti da Jo. Ma l’arma del delitto ancora non si trova.

«È il primo sospettato», mi dice. «E non hai idea di quante persone vorranno testimoniare per togliersi dei sassolini dalle scarpe – ex amanti, colleghi di lavoro… Ma la polizia ha bisogno di prove più evidenti».

Mi guarda dritta in faccia. «Ce ne sono così tanti, Kate. A quanto pare Neal ha fatto arrabbiare un bel po’ di persone. Capita, sai? Soprattutto agli uomini potenti e di successo come lui. Pensano di essere invincibili finché un giorno commettono un passo falso e tutto gli cade addosso».

Quel che dice ha perfettamente senso, eppure una cosa mi frulla in testa. «È assurdo pensare che sia la stessa persona che tanto si dava da fare con l’orfanotrofio».

«Be’, a quanto pare ne hanno abbastanza di lui anche là. Se ne è andato un paio di mesi fa, in circostanze sospette. Chiaramente è successo qualcosa, anche se nessuno dice ancora di cosa si tratta».

«E quel premio?». Sono confusa. «Aveva ricevuto la nomination da poco. Dovevano partire insieme, lui e Jo, per un fine settimana. Ma alla fine è andato da solo, perché Jo si era ubriacata di brutto prima di partire».

«Cosa? Non ne sapevo niente».

«Quel pomeriggio, a quanto pare, Jo ha iniziato a bere. E ci è andata giù pesante. Non so bene il motivo, ma quando l’ho trovata io, lui se n’era già andato piantandola qui».

Laura scuote la testa. «Ma se aveva troncato i rapporti con l’orfanotrofio, di certo non potevano averlo candidato a vincere un premio. O forse sì? Magari era per qualcos’altro. Ha vinto, poi?».

Cerco di ricordare quella domenica mattina da Jo, quando è tornato a casa. «Non me l’ha detto in effetti».

Il mio cervello va a mille. «E se», dico lentamente, ancora presa dalle mie macchinazioni, «se fosse stata tutta una copertura e niente più? Ha preferito farla ubriacare che dirle la verità – e cioè che l’avevano licenziato. Poi ha finto di andarci da solo, quando magari in realtà stava andando fuori per il fine settimana con un’altra donna».

Laura si acciglia. «Sarà facile controllare se ha partecipato oppure no. Non che sia rilevante per il caso di Rosie, però».

«È rilevante per Jo. L’ha praticamente distrutta – si sentiva così in colpa per avergli rovinato la serata. Potrebbe farle bene sapere la verità, soprattutto ora».

«E chi l’avrebbe mai detto?», fa Laura scuotendo di nuovo la testa. «Sai, pensiamo di essere in grado di capire le persone. Di comprendere cos’è che vogliono. Ma in realtà a volte non sappiamo proprio nulla».

 

Con il processo alle porte, congetture e ipotesi affiorano in superficie man mano che la stampa porta a galla tutta la sporcizia e il lerciume di quell’uomo. Una trama intricata di donne sedotte e abbandonate; fino a ora, tutte avevano scelto il silenzio, ciascuna per le proprie ragioni. E persino la storia clinica di Jo. La reputazione di Neal ne esce massacrata.

«Accidenti, che maledetto bastardo». Rachael non riesce a crederci. «E che stupida Jo che è rimasta con lui. Voglio dire, non era mica costretta, no?»

«Lo amava», rispondo pacata.

L’ultima goccia per me sono le voci non confermate su una presunta gravidanza di Rosie. A quel punto non ne posso proprio più di tutti i pettegolezzi, delle speculazioni e delle menzogne.

Jo è ancora fragile ma mantiene con coraggio la sua posizione. «Sono tutte bugie. Non credi che l’avrei saputo? Si sa come è fatta la stampa. Ma non mi lascerò buttare giù, Kate».

A testa alta, continua a interiorizzare ogni singolo colpo come fa sempre.

 

Forse l’universo ha deciso che mi merito una tregua, perché accadono due cose che mi tirano un po’ su di morale. La prima è che mi viene chiesto di prendere un cavallo. Prima correva, ma per cause di forza maggiore la povera bestia si è ritrovata senza casa. E così Shilo arriva tra noi, guardingo e triste, con lo sguardo di chi si chiede tra quanto verrà spostato in un altro giardino. Ma ha gli occhi onesti e un carattere gentile che mi scalda il cuore.

La seconda è Grace, che inaspettatamente torna a casa.

«Pensavo arrivassi la settimana prossima!». La abbraccio, notando una macchina sconosciuta parcheggiata fuori. «Chi ti ha accompagnato?».

Quando ci stacchiamo, vedo che le sue guance si sono tinte di rosso. Incrocia il mio sguardo, le brillano gli occhi.

«Allora, mamma. Hai detto che volevi conoscere Ned, ti ricordi? Be’, eccolo qua».

Ed entra nella stanza, tendendo la mano. È alto e con i capelli arruffati, indossa un paio di jeans a vita bassa e una felpa di due taglie più grande.

«Piacere, signora McKay. Spero che non sia un problema… Ho detto a Grace che avrebbe dovuto avvertirla, ma immagino che sappia com’è fatta…».

È allo stesso tempo imbranato e caloroso; e poi sorride quando Grace per scherzo finge di tirargli un pugno. Gli stringo la mano, adorandolo all’istante.

«Certo che lo so! Piacere, Ned. Ma chiamami Kate! Sono davvero felice di conoscerti. Ma che bella sorpresa!». Mi rivolgo a Grace. «Per quanto tempo vi fermate?»

«Per tutto il fine settimana… Va bene? Poi andremo a trovare i genitori di Ned per un paio di giorni. Ma per Pasqua sarò a casa, mamma…».

La terra sotto i miei piedi inizia a crollare mentre realizzo che rimarranno qui entrambi: li faccio dormire in camere separate? Nella stanza di Grace? È la prima volta che mi trovo in una situazione simile, e mi hanno presa così alla sprovvista che non so che dire. Poi decido alla svelta che non ha importanza. Decideranno loro.

La presenza di Grace e Ned, con Shilo fuori che pascola insieme ai miei cavalli, riporta equilibrio nel mio animo. Sento di trovarmi in un mondo che è tornato ospitale, fatto di pasti da cucinare, camere da riordinare e routine familiari. Fatto di persone.

Dopo un pranzo alla bene e meglio con zuppa fatta in casa e pane scongelato alla svelta, io e Grace usciamo a fare una passeggiata per i campi e vedere i cavalli. Ned rimane in casa a guardare la partita, così dice. Insisto un po’, poi con lo sguardo lo ringrazio per quel tempo da sole che ci concede.

Quando ci avviciniamo i cavalli sollevano il muso per studiarci. Grace si ferma di colpo.

«È così strano qui, senza di lui», dice con un filo di voce, pensando a Zappa.

Restiamo ferme a guardarli e rammentare la sua presenza maestosa, entrambe perse nei ricordi. So che anche Grace ha provato ciò che ho sentito io. Capita di rado di incontrare un cavallo che ti colpisce così nel profondo.

«Avanti». Le appoggio una mano sul braccio. «Vieni a conoscere Shilo».

Si asciuga una lacrima e sorride, un sorriso audace che però vacilla. Quando ci avviciniamo, Oz nitrisce e va verso di lei.

«Mi sono mancati davvero». È sensibile, molto più del solito. E allora mi chiedo se c’è qualcos’altro – forse si è innamorata?

«La sua padrona è malata, ha il cancro. Non so a che stadio. Nessuno voleva Shilo». Si avvicina e ci sfiora con il naso. «Rimarrà qui a tempo indefinito, finché non ne sapremo di più».

«È dolce». Esita un secondo e poi dice: «Mamma, posso chiederti una cosa? Papà sta bene? Pensavo di trovarlo a casa questo fine settimana, ma quando gli ho parlato l’altro giorno ha detto che sarebbe rimasto a York. E mi è sembrato strano». Rimane in silenzio, mi sembra quasi di avere di nuovo accanto la bambina di dieci anni con le trecce e le guance arrossate. E proprio come allora, cerca la mia mano.

Per un attimo, mi chiedo cosa proverei a dire a mia figlia che il mondo in cui è cresciuta e che ha dato per scontato è stato demolito dalle due persone su cui pensava di poter contare sempre. E tutto questo, dopo Rosie.

«È solo il lavoro. Gli sta portando via più tempo del dovuto». Chissà se sospetterà qualcosa dalla mia voce, fin troppo allegra. «Perché? Che ti ha detto?»

«Non molto». Fa una smorfia. «Ma è proprio questo il punto. In genere fa battute cretine e mi chiede un miliardo di cose – sai com’è fatto – ma stavolta praticamente non ha aperto bocca».

È come se il sole fosse calato a picco in questo giorno meraviglioso, e io ho i brividi. «Probabilmente era stanco, Grace. Sta lavorando davvero tantissimo».

Alza le spalle. «Già, forse».

«Non preoccuparti degli adulti! Sappiamo prenderci cura di noi stessi. Ora, piuttosto, raccontami di Ned». La prendo sottobraccio e lei sorride – un vero, caldo e solare sorriso alla Grace.

«Che vuoi sapere?», all’improvviso si fa più evasiva.

«Be’… si comporta bene con te? Sei felice?». C’è altro c’è che vale la pena di chiedere?

Fa di sì con la testa. «Mi piace davvero tanto. E credo che piacerà anche a te, quando lo conoscerai meglio. Non è un problema, vero? Che resti a dormire qui?»

«Ma certo che no, mi fa piacere».

Resta un attimo in silenzio. Sta formulando quella domanda, la sento arrivare. «Va bene se… se dorme in camera mia?»

«Va bene, Grace. Non ci sono problemi».

«E papà?»

«Lui non c’è, giusto? E anche se fosse, non ti preoccupare! Ci parlerò io».

Anche se posso già immaginare la reazione di Angus di fronte all’altro uomo della vita di sua figlia. Lo rivolterebbe come un calzino e inevitabilmente troverebbe qualcosa che non va, perché nessuno sarà mai all’altezza della sua bambina. È un bravo ragazzo, ma non credi che…?

«Perfetto». Le sue guance si colorano di rosso, mentre si gira a guardare dietro di sé. «Forse è meglio che vada a controllare se va tutto bene». Stampa un bel bacio sul naso di Oz e, tornata bambina, scorrazza via verso casa.