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Zappa sta bene, ma io non sono un gran bel vedere. Ho il viso pieno di graffi, e i lividi intorno all’occhio iniziano a gonfiarsi quando Angus torna a casa. Giustamente, è scioccato.
«Cristo, Kate. Che è successo?»
«Il temporale ha spaventato Zappa. È corso nel bosco e io sono caduta».
Non gli dico che sono svenuta. Persino dopo venti anni di matrimonio, Angus è ancora convinto che i cavalli siano pericolosi.
Non gli parlo neanche della paura, di quella strana certezza che qualcosa di orribile sia accaduto a Rosie, proprio là.
Mi sono rimessa in piedi a fatica, ritrovandomi in una piccola radura in cima a un pendio calcareo, nel bel mezzo di un anello formato da vecchi alberi di faggio.
Uno sbuffo mi ha colto di sorpresa e, alzando gli occhi, ho visto Zappa davanti a me, con le redini che gli pendevano dal muso, le narici dilatate, ancora chiaramente in allerta.
«Buono, bello». Ho afferrato le redini. «Va tutto bene». Gli ho dato qualche pacca rassicurante sul collo e pian piano sono tornata verso casa.
«Sei ridotta male», ha detto Angus.
«Grazie. Sei sempre così prodigo di complimenti», ho risposto.
«Non intendevo in quel senso, Kate». Si è avvicinato e mi ha sfiorato gentilmente la ferita. Il dolore era già intenso.
Allontanando la mano, ha corrugato la fronte. «Sicura di non avere un trauma cranico?»
«Sto bene, Angus. Sembra molto peggio di quel che è».
«Forse dovresti farti controllare».
Ho scosso la testa. Ne avevo abbastanza. E comunque sia, dopo ore e ore di attesa al pronto soccorso mi sarei sentita solo peggio.
«Sto bene. Dico sul serio». Ho sfoderato un sorriso per mezzo secondo, giusto il tempo necessario affinché i pensieri di poco prima mi tornassero in mente. E poi me ne sono resa conto.
«Oh mio Dio, tu non sai ancora niente».
«Probabilmente Grace ha ragione», mi dice appena finisco il mio racconto. «Gli adolescenti fanno un sacco di sciocchezze, persino quelli più educati. E Rosie sicuramente sapeva che sua madre non le avrebbe permesso di andare da Poppy».
«Lo so», sospiro.
Vorrei credergli. E in qualsiasi altra circostanza, sarei perfettamente d’accordo con lui. Ricaccerei indietro tutti quei pensieri terribili e aspetterei che Jo mi chiamasse per dirmi che Rosie è di nuovo a casa. Ma con quello che è accaduto poco fa – per quanto possa essere insensato – non riesco a togliermi di dosso la sensazione che le sia capitato qualcosa.
Mangiamo dentro. L’aria mi sembra ancora carica e gonfia dei pettegolezzi bisbigliati che si sparpagliano nel villaggio, del rombo di altri tuoni in lontananza. Siamo solo io e Angus – Grace è uscita prima che tornassi a casa. È insieme ai suoi amici, si fanno forza l’un l’altro, si guardano le spalle a vicenda. Finché non si avranno notizie di Rosie.
«Ehi, sei persa in un mondo tutto tuo», nota Angus. «Smettila di preoccuparti, Kate. Starà bene».
«Lo so». Metto giù coltello e forchetta. «Ma se non fosse così? Scusa, ma sono davvero preoccupata. Cioè, da una come Sophie potresti aspettartelo, no?». Sophie è un’amica stretta di Grace, ha una testa tutta sua, un modo di pensare indipendente e una vena ribelle che mia figlia a volte invidia e a volte detesta. Più la prima che la seconda: quelle due sono come culo e camicia.
«Ma Rosie non è così. Non è una cosa da lei».
Fisso il piatto di salmone al vapore con contorno di insalata. L’appetito è svanito. Vorrei tanto sapere dove si trova.
Inizia un nuovo giorno, e ancora non si ha nessuna notizia. Sembra assurdo, ma l’unica cosa che rimane da fare è aspettare. So bene che gran parte degli adolescenti scomparsi torna a casa. So anche che molti tornano illesi.
Ma gli altri? Forse, ogni secondo che passa non fa altro che allontanarli ancora, offuscandone la memoria, nascondendone le tracce, e alla fine nessuno saprà più dove sono finiti.
Le ipotesi più terribili mi affollano la mente. Rapimento, stupro, spaccio e peggio ancora. A un certo punto non riesco più a sopportare la mia stessa compagnia e vado da Rachael.
La trovo davanti a casa sua, scarica le buste della spesa dal pick-up con cui porta i figli a scuola – è la macchina di Alan, l’ha comprata per la fattoria.
«Animali, bambini piccoli… Non fa troppa differenza», mi dice spesso. Rachael e Alan hanno un centinaio di pecore, più o meno, e quattro figli.
«Tieni. Ti ho portato questa». Le porgo una pianta di insalata del nostro orto e un sacchetto di patate, ancora sporche di terra.
«Oh cielo, vorrei che non l’avessi fatto. Alan ricomincerà a rompere con il giardino e io non ne ho proprio il tempo».
Conosco Rachael da troppo tempo per offendermi di fronte alla sua schiettezza. È stata la mia prima amica quando io e Angus ci siamo trasferiti qui, vent’anni fa. Inoltre, ha stravolto completamente il ruolo tradizionale della moglie del contadino: innanzitutto, perché non sono sposati e poi perché si è rifiutata di lasciare il lavoro in città, anche se in questo periodo a volte lavora da casa.
«Lo so che non hai tempo, per questo te li ho portati. Laverò tutto io, non se ne accorgerà neanche». L’aiuto con qualche busta della spesa.
«Sei un angelo. Accendi anche il bollitore, ti dispiace? Ho un bisogno disperato di caffè».
La seguo dentro casa, nonostante il tripudio di terrier a pelo ruvido che ci saltano intorno per salutarci. «Hai sentito? Rosie Anderson?»
«Che ha fatto Rosie Anderson?». La voce di Rachael riecheggia negli spazi ampi della sua cavernosa casa di campagna.
«È scomparsa».
«Sarà con un ragazzo, o magari starà facendo festa da qualche parte», mi risponde. «Anch’io l’ho fatto una volta. Sono sparita per tre giorni. Me la facevo con quel tipo che mi aveva fatto perdere la testa… Dio, se ci penso! Povera mamma – non mi ha mai detto nulla. Magari pensava di essersi sbarazzata di me una volta per tutte!».
«Jo è fuori di sé. Rosie non è la classica adolescente».
«Quelle più calme spesso sono le peggiori! Dai, sul serio, terrò gli occhi ben aperti per lei. Jo deve essere disperata». Rachael torna da me e le passo una tazza. «Ho un colloquio telefonico tra mezz…». Controlla l’orologio e interrompe la frase a metà – sono già passati venti minuti. «Com’è volata la mattina! E Grace come sta? Si gode l’estate? Non sai quanto sei fortunata ad avere una figlia. Qui, tutta la casa puzza di testosterone…».
Rachael parla così, una serie di domande che non necessitano per forza di una risposta. Prima che possa ribattere, le squilla il telefono.
«Cazzo. Ha fatto presto. Devo rispondere, Kate, scusa. Ma fammi sapere se ci sono novità».
Esco mentre Rachael prende il telefono. La sua voce acuta mi accompagna fuori. Tra me e me penso: È una cosa solo mia?
A parte Jo, nessuno si preoccupa per Rosie?
Quando torno a casa, trovo Grace in cucina. Con lei c’è anche Sophie, che gironzola qua e là come fanno gli adolescenti – apre il frigo, la dispensa, per poi optare per il cestino della frutta. La dieta che sta seguendo ora è a basso contenuto di carboidrati, anzi, è a zero carboidrati. Come al solito, è destinata a finire in un tripudio di calorie, carboidrati al cento percento.
«Ciao, ragazze. Avete saputo niente?».
Grace fa un altro morso di mela e scuote la testa. «No, nessuno ha avuto sue notizie. Davvero strano».
«Siete riuscite a parlare con Poppy?». So che non sono amiche, ma sono proprio le circostanze come questa a unire le persone, no? «Magari sa qualcosa. Gracie, stavo pensando… Tu sai se Rosie aveva un ragazzo?».
Anche se Jo mi ha già detto di no, continuo a chiedermelo, perché ogni adolescente ha i suoi segreti.
Grace gironzola intorno al frigo. «Forse sì, ma Poppy non lo direbbe mai. Non a me. E poi non capisco perché la polizia non la sta cercando. Voglio dire, se le è successo qualcosa?»
«Sono sicura che lo stiano facendo ormai». Sono parole pensate per rassicurare – sia me che Grace –, ma la mia inquietudine cresce appena realizzo che anche lei sta pensando l’impensabile.
Aspetto che si faccia sera prima di chiamare Jo.
«Pronto?». Ha il fiatone, come se avesse salito di corsa una rampa di scale, e la voce è disperata, segno che non ci sono novità.
«Scusa, Jo. Sono solo io. Kate», aggiungo. «Non ti tratterrò molto. Volevo solo sapere se hai avuto notizie».
«Kate… No… Ogni volta che squilla il telefono, mi dico…». I suoi pensieri volano disordinati, perde il filo del discorso. «Sono così preoccupata. Non riesco neanche a parlare. È arrivata la polizia».
«Certo». Mi viene un nodo allo stomaco. «Vai pure. Ci sentiamo presto».
Lo so che non c’è da stupirsi che sia arrivata la polizia: bisogna fare domande, ricostruzioni, vagliare ogni ipotesi. Eppure, improvvisamente, mi sento raggelare.
«Mamma, noi usciamo». Vedo Grace, con dei pantaloncini minuscoli e una T-shirt dei Beatles, seguita a ruota da Sophie che, in virtù delle sue lunghe gambe e della corporatura esile, sembra ancora meno vestita.
«Dove ve ne andate, ragazze?»
«Da Josh», rispondono in coro.
Josh è un compagno di scuola, i suoi genitori hanno un’elevata tolleranza per queste riunione adolescenziali e un gazebo in fondo al giardino – la sua tana in pratica.
«Gracie, sta’ attenta tesoro. E chiedi in giro di Rosie, ok?».
Cerco di tenere a bada la parte di me che vorrebbe trattenerla qui, al sicuro e sotto il mio controllo finché non se ne saprà di più.
«Mamma… certo che starò attenta. Sono solo un paio di chilometri». Incrocia lo sguardo di Sophie e noto quel familiare codice d’intesa che si scambiano spesso.
Sophie mi abbraccia. «Non preoccuparti, Kate. Siamo a posto. E ci assicureremo che tutti la cerchino».
Le osservo mentre escono di casa e salgono nella macchina di Grace, con i capelli lucenti e quelle loro gambe lunghe. Ridono per qualcosa che ha detto Sophie, sono piene di quell’irremovibile certezza che hanno gli adolescenti.
Sono sicure che a loro non succederà mai nulla di male.
«È la procedura», risponde mio marito, sempre così pragmatico, quando gli dico che a casa degli Anderson si è presentata la polizia. «Sono pagati proprio per questo, Kate. Non c’è certo da sorprendersi».
«Lo so. Ma questo significa che Rosie non è ancora stata trovata, no?»
«Be’, forse ora si daranno una mossa. Sto morendo di fame… che c’è per cena?»
«Insalata». Il cibo è l’ultima cosa che mi interessa ora come ora.
«Ancora?», risponde storcendo il naso. «Non ho fatto pranzo, Kate». È un po’ deluso.
«Magari c’è anche il pollo. Controllo in frigo. Dovevo andare a fare la spesa, ma mi sono dimenticata». Rimango in silenzio per qualche istante. «Sai, Grace è uscita di nuovo… Sono preoccupata, Angus, con Rosie che è scomparsa… Voglio dire, non sappiamo cosa le sia capitato, no?».
Angus si avvicina e mi stringe tra le braccia, legge tra i pensieri confusi che sono sgusciati fuori dal mio cervello e ora mi annebbiano la vista.
«Perché non provi a fermarla? Ah, vorrei proprio vederti», dice con dolcezza. «Grace starà bene. E sono sicuro che anche Rosie stia bene. Smettila di preoccuparti. Molto probabilmente rispunterà presto».