PARTE TERZA.
INTELLIGENZA EMOTIVA APPLICATA.
9.
NEMICI INTIMI.
Amare e lavorare, come ebbe a dire una volta Sigmund Freud al suo discepolo Erik Erikson, sono le due capacità che segnano il raggiungimento della piena maturità. Se fosse davvero così, la maturità, intesa come traguardo della vita, potrebbe essere in pericolo - e le attuali tendenze mostrate dai tassi di matrimonio e di divorzio farebbero dell'intelligenza emotiva una dote più importante che mai.
Consideriamo il tasso di divorzio: quando esso viene calcolato per anno, si vede che il suo valore si è più o meno stabilizzato. Tuttavia c'è un altro modo di calcolarlo, dal quale traspare invece una pericolosa ascesa: si tratta di valutare le probabilità che una certa coppia appena sposata “finisca” per divorziare. Sebbene il tasso complessivo di divorzio abbia smesso di aumentare, il “rischio” di divorzio per le coppie appena sposate è andato crescendo. Il fenomeno è più chiaro se si confrontano i tassi di divorzio per le coppie sposate in un dato anno. Dei matrimoni americani contratti nel 1890, circa il 10 per cento finirono nel divorzio. Il tasso salì a circa il 18 per cento per le coppie sposate nel 1920, e al 30 per quelle che sancirono la loro unione nel 1950. Le coppie sposatesi nel 1970 avevano la stessa probabilità di separarsi o di restare unite (50 per cento). Infine, per i matrimoni celebrati nel 1990, la probabilità che l'unione si concluda nel divorzio è stata stimata prossima a uno sconcertante 67 per cento! (1) Se questa stima è valida, solo tre coppie su dieci, fra quelle recentemente convolate a nozze, possono contare di restar unite.
Si potrebbe osservare che gran parte di questo aumento non è dovuto tanto a una diminuzione di intelligenza emotiva, quanto a una costante erosione delle pressioni sociali che tenevano unite anche coppie pessimamente assortite - si pensi al marchio di infamia che circondava i divorziati, e alla dipendenza economica delle mogli dai loro mariti. Ma se le pressioni sociali non rappresentano più il cemento che tiene insieme un matrimonio, allora, per la sopravvivenza dell'unione, i vincoli emotivi fra moglie e marito diventano ancora più fondamentali.
Questi legami fra marito e moglie - e i comportamenti emotivamente sbagliati che possono spezzarli - sono stati recentemente studiati con una precisione senza precedenti. Forse il più grande passo avanti nella comprensione dei fattori che tengono insieme un matrimonio o lo mandano in pezzi è stato compiuto grazie all'uso di sofisticate misure fisiologiche che consentono di seguire, istante per istante, le sfumature emozionali nel corso di un'interazione fra i membri di una coppia. Gli scienziati sono oggi in grado di rilevare, in un marito, scariche di adrenalina e rialzi della pressione ematica altrimenti invisibili, e di osservare, in una moglie, microemozioni fugaci ma dense di significato cogliendole dal suo volto nell'istante in cui lo attraversano. Queste misure fisiologiche rivelano che alla base delle difficoltà di coppia c'è un elemento biologico nascosto, un livello fondamentale di realtà emozionale solitamente impercettibile e trascurato dagli stessi membri della coppia. Queste misure mettono a nudo le forze emozionali che tengono insieme o distruggono una relazione. Nella coppia, i comportamenti sbagliati dei partner hanno le loro più remote radici nelle differenze fra l'universo emozionale delle bambine e quello dei bambini.
Il matrimonio di lui e quello di lei: radici nell'infanzia.
Qualche sera fa, mentre entravo in un ristorante, incrociai un giovane che ne usciva a grandi passi, con un'espressione dura e accigliata dipinta sul volto. Una giovane donna lo rincorreva seguendolo a ruota, tempestandogli di pugni la schiena e gridando. “Maledetto! Torna qui e sii gentile!” Questa energica richiesta, contraddittoria fino all'inverosimile, mirata a qualcuno che se ne va voltando le spalle, incarna un tipo di comportamento comunissimo nelle coppie in crisi. Lei cerca di riattaccare, lui si ritrae. I terapeuti della coppia hanno da tempo notato che quando i coniugi si risolvono a cercare una consulenza sono già caduti in questo schema di rincorsa-fuga, nel quale l'uomo si lamenta delle esigenze e degli scatti “irragionevoli” di lei mentre la donna se la prende per l'indifferenza che lui ostenta verso ciò che sta dicendo.
Questo duello coniugale riflette il fatto che in una coppia esistono due realtà emozionali, quella di lui e quella di lei. Le radici di queste differenze emozionali, sebbene possano essere in parte biologiche, sono rintracciabili fin nell'infanzia, e hanno origine negli universi emozionali distinti del bambino e della bambina nel periodo dello sviluppo. Su questi mondi separati sono state fatte moltissime ricerche, e si è constatato che la barriera che li divide non è rinforzata solo dal diverso tipo di gioco preferito dai due sessi, ma anche dalla paura, tipica dei bambini piccoli, di essere derisi per il fatto di avere un “fidanzato” o una “fidanzata” (2). Uno studio sulle amicizie dei bambini mise in evidenza che, stando alle loro stesse dichiarazioni, a tre anni metà dei loro amici appartiene all'altro sesso; a cinque anni, la percentuale scende a circa il 20 per cento, e a sette quasi nessun bambino/a afferma di avere un'amicizia importante con un membro dell'altro sesso (3). Questi universi sociali separati si intersecano raramente finché non cominciano i flirt dell'adolescenza.
Nel frattempo, maschi e femmine ricevono insegnamenti molto diversi sul come gestire le emozioni. Con la sola eccezione della collera, in genere i genitori discutono le emozioni più con le figlie che con i figli (4). Per quanto riguarda le emozioni, le bambine sono esposte a un maggior numero di informazioni rispetto ai maschi: quando i genitori inventano delle storie da raccontare ai propri bambini in età prescolare, usano un maggior numero di parole riferite alle emozioni quando parlano alle figlie che non quando si rivolgono ai figli maschi; quando le madri giocano con i loro bambini molto piccoli, mostrano una gamma di emozioni più ampia alle femmine che non ai maschi; se parlano di sentimenti con le figlie, discutono più dettagliatamente gli stati emozionali di quando lo fanno con i figli maschi sebbene con questi ultimi scendano in maggiori dettagli sulle cause e le conseguenze di emozioni come la collera (forse con intenti preventivi).
Leslie Brody e Judith Hall hanno analizzato e riassunto le ricerche condotte sulle differenze emozionali dei due sessi; essi ipotizzano che nelle bambine, lo sviluppo più precoce del linguaggio, le porti ad essere più esperte dei maschi nell'articolare i propri sentimenti e più abili nell'uso di parole che esplorano e sostituiscono reazioni emotive quali ad esempio gli scontri fisici; d'altra parte, essi osservano, “i bambini di sesso maschile, nei quali la verbalizzazione degli affetti è de-enfatizzata, possono diventare in larga misura inconsapevoli degli stati emozionali propri e altrui” (5).
All'età di dieci anni, nei due sessi c'è all'incirca la stessa percentuale di soggetti apertamente aggressivi e inclini al confronto diretto sotto l'impulso della collera. Ma a tredici anni, ecco emergere una significativa differenza: le femmine diventano più inclini a tattiche aggressive scaltre come l'ostracismo, il pettegolezzo maligno e le vendette indirette. Quando sono irritati, i maschi, in linea di massima, continuano a confrontarsi direttamente come prima, del tutto ignari di queste strategie più subdole (6). Questo è solo uno dei molti aspetti nei quali i bambini - e più tardi gli uomini - sono meno sofisticati delle loro controparti femminili per quanto riguarda i recessi della vita emotiva.
Quando le bambine giocano insieme, lo fanno in piccoli gruppi in cui regna l'intimità, e dove si cerca attivamente di ridurre al minimo l'ostilità e di massimizzare la cooperazione; i giochi dei maschi, invece, si svolgono in gruppi più numerosi, nei quali viene dato massimo risalto alla competizione. Una differenza chiave fra i due sessi emerge quando i giochi in corso sono interrotti perché qualcuno si fa male. Quando l'incidente capita a un maschio, e l'infortunato si mette a piangere, gli altri si aspettano da lui che esca dall'azione e smetta di lamentarsi, in modo che il gioco possa proseguire. Se la stessa cosa accade in un gruppo di bambine, il “gioco si ferma” e tutte si raccolgono intorno all'amica che piange per aiutarla. Questa differenza a livello di gioco fra bambini e bambine incarna quello che, secondo Carol Gilligan, di Harvard, è una differenza fondamentale fra i due sessi: i maschi vanno orgogliosi di un'indipendenza e un'autonomia tipica del tipo duro e solitario, mentre le femmine si interpretano come elementi di una rete di connessioni. Pertanto, i bambini si sentono minacciati da qualunque cosa possa mettere in discussione la loro indipendenza, mentre le bambine lo sono di più da una rottura nelle loro relazioni interpersonali. Come ha affermato Deborah Tannen nel suo libro “You Just Don't Understand”, queste diverse prospettive indicano come uomini e donne vogliano, e si aspettino, cose molto diverse da una conversazione: i primi sono contenti se possono parlare di “fatti”, le donne cercano invece nessi emozionali.
In breve, queste differenze nell'educazione delle emozioni finisce per alimentare capacità molto diverse: le bambine diventano “brave a leggere segnali emozionali verbali e non verbali, come pure a esprimere e a comunicare i propri sentimenti”, mentre i maschi imparano a “minimizzare le emozioni che hanno a che fare con la vulnerabilità, il senso di colpa, la paura e il risentimento” (7). La letteratura scientifica contiene moltissimi dati a riprova di questi diversi atteggiamenti. Ad esempio, centinaia di studi hanno riscontrato che in media le donne sono più empatiche degli uomini, almeno per quanto riguarda la capacità di leggere i sentimenti altrui dall'espressione facciale, dal tono di voce o da altri indizi non verbali. Analogamente, in genere è più facile leggere i sentimenti sul volto di una donna che non su quello di un uomo. Fra bambini e bambine molto piccoli non c'è alcuna differenza nell'espressività del volto; ma negli anni della scuola elementare i maschi diventano sempre meno espressivi, e le femmine sempre di più. Questo può in parte riflettere un'altra differenza fondamentale: le donne, in media, sperimentano tutta la gamma delle emozioni con una maggiore intensità e transitorietà degli uomini - in questo senso, le donne sono più “emotive” (8).
Tutto questo significa che, in generale, le donne arrivano al matrimonio già preparate al controllo delle emozioni, mentre gli uomini ci arrivano avendo compreso molto meno l'importanza di questo compito per la sopravvivenza di una relazione. Secondo uno studio condotto su 264 coppie, nelle donne - ma non negli uomini - l'elemento più importante per sentirsi soddisfatte della propria relazione è la percezione di avere “una buona comunicazione” con il partner (9). Ted Huston, uno psicologo della Texas University che ha compiuto studi approfonditi sulla coppia, osserva: “Per le mogli, l'intimità significa parlare - soprattutto della relazione in se stessa. Gli uomini, in linea di massima, non capiscono che cosa vadano cercando le loro mogli. Essi dicono: 'Io voglio fare delle cose con mia moglie, ma lei non vuole far altro che parlare'“. Huston constatò che durante la fase del corteggiamento gli uomini erano molto più disposti a passare il tempo parlando, per adeguarsi al desiderio di intimità delle loro future mogli. Ma una volta sposati, con il passare del tempo, gli uomini - soprattutto nelle coppie più tradizionali - passavano sempre meno tempo a parlare in questo modo con le proprie mogli, senza più sentire il bisogno di discutere e trovando un sufficiente senso di intimità nella condivisione di alcune semplici occupazioni come potare le rose in giardino.
Questo silenzio crescente da parte dei mariti potrebbe essere in parte dovuto al fatto che gli uomini peccano di un ottimismo un po' troppo ingenuo riguardo allo stato del proprio matrimonio, mentre le mogli si concentrano di più sugli aspetti problematici della relazione: in uno studio sul matrimonio, gli uomini avevano una visione più rosea delle donne praticamente su tutti gli aspetti della loro relazione - dal rapporto sessuale, agli aspetti economici, i legami con i suoceri, la capacità di ascoltarsi l'un l'altro, il peso dei propri difetti (10). Le mogli, in generale, sono più esplicite dei mariti nelle proprie lamentele, soprattutto nelle coppie infelici. Se si mette insieme la visione rosea del matrimonio tipica degli uomini e la loro avversione per il confronto emozionale, è chiaro perché le mogli si lamentino tanto spesso del fatto che i mariti cercano di eludere la discussione sugli aspetti problematici della loro relazione. (Naturalmente questa differenza fra i due sessi è una generalizzazione, e non vale in ogni caso; un mio amico psichiatra si lamentava del fatto che sua moglie fosse riluttante a discutere le questioni emozionali, e che toccasse sempre a lui il compito di sollevare quegli argomenti.)
L'inerzia degli uomini nell'affrontare i problemi di una relazione è senza dubbio aggravata dalla loro relativa incapacità di leggere le emozioni dalle espressioni facciali. Le donne, ad esempio, sono più sensibili a un'espressione triste sul volto di un uomo di quanto non lo siano gli uomini nel rilevare la tristezza dall'espressione di una donna (11). Perciò, una donna deve essere davvero molto depressa perché un uomo cominci a notare i suoi sentimenti; non parliamo poi di quanto dovrebbe esserlo per indurlo a chiederle che cosa la renda così triste.
Consideriamo ora le implicazioni, a livello di coppia, di questa abissale differenza di genere nella sfera emozionale, ai fini del modo in cui vengono affrontati i risentimenti e i dissapori che inevitabilmente emergono in seno a qualunque relazione intima. In verità, ciò che davvero rinsalda o spezza un matrimonio, non è l'esistenza di problemi specifici come la frequenza del rapporto sessuale, il modo in cui educare i figli, il contenimento dei debiti o l'entità dei risparmi necessaria per sentirsi a proprio agio. Ciò che davvero conta per il destino del matrimonio, è il modo in cui la coppia discute queste dolenti note. Ai fini della sopravvivenza della relazione coniugale è fondamentale raggiungere un'intesa sul come non essere d'accordo; nell'affrontare difficili situazioni emozionali, uomini e donne devono superare le loro innate differenze di genere. Se non ci riescono, la coppia diventa vulnerabile a contrasti emozionali che possono finire per mandare in pezzi la loro relazione. Come vedremo, la probabilità che emergano tali contrasti sono di gran lunga maggiori se uno o entrambi i partner presentano particolari deficit dell'intelligenza emotiva.
Comportamenti coniugali sbagliati.
“Fred: Hai ritirato la mia roba in tintoria?
Ingrid: (Con tono di scherno) “Hai ritirato la mia roba in tintoria?” Vattela a prendere da te la tua maledetta roba. Che cosa sono, la tua serva?
Fred: Magari. Se lo fossi, almeno sapresti fare il bucato”.
Se si trattasse di uno scambio di battute in una “sitcom”, potrebbe essere anche divertente. Ma questo dialogo dolorosamente caustico ebbe luogo in una coppia che (fatto non molto sorprendente) divorziò nel giro di pochi anni (12). Teatro del loro scontro fu il laboratorio diretto da John Gottman, uno psicologo della Chicago University che ha compiuto l'analisi più dettagliata forse mai condotta sulle emozioni che cementano le unioni e sui sentimenti corrosivi che possono invece distruggerle (13). Nel suo laboratorio, la conversazione dei due partner viene videoregistrata e poi sottoposta a ore e ore di microanalisi per rivelare eventuali correnti emozionali sotterranee. Questa mappatura dei comportamenti distruttivi che possono portare una coppia al divorzio dimostra l'importanza cruciale dell'intelligenza emotiva nella sopravvivenza di un matrimonio.
Negli ultimi vent'anni, Gottman ha monitorato gli alti e bassi di più di duecento coppie, alcune appena sposate, altre convolate a nozze da decenni. Gottman ha studiato l'ecologia emozionale del matrimonio con una tale precisione che in uno studio è stato in grado di prevedere - “con un'accuratezza del 94 per cento” - quali coppie, fra quelle osservate nel suo laboratorio (come Fred e Ingrid, la cui discussione sulla tintoria era stata così aspra) avrebbero divorziato nei tre anni successivi: una precisione mai vista negli studi sulle coppie!
Il potere dell'analisi di Gottman sta nel suo metodo meticoloso e nella precisione dei suoi sondaggi. Mentre i partner parlano, alcuni sensori registrano cambiamenti fisiologici anche minimi; un'analisi istante per istante delle loro espressioni facciali (usando il sistema per la lettura delle emozioni sviluppato da Paul Ekman) rileva le sfumature emozionali più fugaci e impercettibili. Dopo la seduta, ciascun partner ritorna da solo al laboratorio, rivede la registrazione della conversazione e racconta ciò che pensava durante i momenti più roventi dello scambio. Il risultato è simile a una radiografia emozionale del matrimonio.
Secondo Gottman, un atteggiamento aspramente critico da parte dei partner costituisce un segnale di avvertimento precoce del fatto che il matrimonio è in pericolo. In un matrimonio sano, marito e moglie si sentono liberi di dar voce a un rimprovero. Ma troppo spesso nella foga del momento, i rimproveri vengono espressi in modo distruttivo, come un attacco diretto alla personalità del coniuge. Consideriamo, ad esempio, questo caso: mentre il marito, Tom, si era recato in libreria, Pamela era andata in giro con la figlia per acquistare delle scarpe. Erano rimasti d'accordo che si sarebbero incontrati di fronte all'ufficio postale di lì a un'ora, per poi recarsi insieme al cinema. Al momento stabilito, Pamela era puntuale, ma non c'era traccia di Tom. “Ma dov'è? Il film comincia fra dieci minuti”, si lamentò Pamela con la figlia. “Se c'è un solo modo per mandare a monte qualcosa, sta' tranquilla che tuo padre non se lo lascia sfuggire.”
Quando Tom comparve, dieci minuti dopo, tutto felice per aver incontrato un amico e scusandosi per il ritardo, Pamela lo attaccò sarcastica: “Non preoccuparti, va tutto bene: aspettando abbiamo avuto la possibilità di discutere della tua sorprendente abilità a mandare all'aria ogni progetto. Sei talmente menefreghista ed egocentrico!”.
Il rimprovero di Pamela è qualcosa di più di una protesta: è l'assassinio di una personalità, una critica rivolta alla persona, non al suo operato. Dopo tutto, Tom si era scusato. Ma irritata dal suo errore, Pamela gli dà del “menefreghista ed egocentrico”. Moltissime coppie, di tanto in tanto, passano attraverso momenti come questo, nei quali un rimprovero, invece di limitarsi a censurare l'azione di uno dei due partner, assume la forma di un attacco contro la sua persona. Ma queste aspre critiche personali hanno un impatto emozionale di gran lunga più corrosivo di quello di una protesta più ragionevole. E tali attacchi, comprensibilmente, diventano sempre più probabili quando un coniuge ha la sensazione che le proprie lamentele restino inascoltate o ignorate.
Le differenze fra una protesta e una critica personale sono semplici. In una protesta, la moglie indica specificamente che cosa l'ha infastidita e critica l'azione del marito, spiegando come essa l'abbia fatta sentire, senza scagliarsi direttamente contro di lui: “Il fatto che hai dimenticato di prendere i miei vestiti in tintoria mi ha dato la sensazione di essere trascurata”. Questa è un'espressione di elementare intelligenza emotiva: sicura, senza aggredire né mostrare passività. Ma in una critica personale, la donna avrebbe usato la rimostranza specifica per lanciare al marito un attacco globale: “Sei così egoista e privo di attenzioni. Questo non fa che dimostrare che faccio bene a pensare che tu non ne possa mai combinare una giusta”. Questo tipo di critica provoca in chi la riceve sentimenti di vergogna e di colpa, oltre alla sensazione di non essere amato - tutte percezioni che scateneranno con maggiori probabilità una reazione difensiva, e non un reale tentativo di migliorare le cose.
Questo è più che mai vero quando alle critiche va ad aggiungersi il disprezzo, un'emozione particolarmente distruttiva. Il disprezzo compare facilmente associato alla collera; di solito esso viene espresso non solo attraverso le parole usate, ma anche dal tono di voce e da un'espressione di collera. La sua forma più ovvia, naturalmente, è lo scherno o l'insulto - “scemo”, “puttana”, “smidollato”. Ma il linguaggio corporeo che trasmette il disprezzo non ferisce certo di meno: si pensi soprattutto al sogghigno, o al labbro sollevato, che sono i segni facciali universali per esprimere il disgusto, oppure al gesto di alzare gli occhi al cielo, come per dire “Oh, Dio!”.
L'espressione facciale caratteristica del disprezzo è una contrazione del muscolo che tende gli angoli della bocca verso i lati (di solito verso sinistra), mentre gli occhi ruotano verso l'alto. Quando uno dei due partner assume rapidamente questa espressione, l'altro, in un tacito scambio emozionale, va incontro a un aumento della frequenza cardiaca di due-tre battiti per minuto. Questa conversazione non verbale ha il suo prezzo; Gottman scoprì che se in una coppia il marito mostra regolarmente disprezzo, la moglie andrà più soggetta a tutta una serie di problemi di salute che vanno dai frequenti raffreddori e agli attacchi di influenza, alle infezioni vescicali, alla candidiasi, e ai sintomi di interesse gastroenterico. E se nel corso di una conversazione di quindici minuti il volto di una moglie assume quattro o cinque volte un'espressione di disgusto - un parente prossimo del disprezzo - questo è un tacito segnale del fatto che probabilmente quella coppia si separerà nel giro di quattro anni.
Naturalmente, l'esibizione occasionale di disprezzo o disgusto non compromette un matrimonio. Piuttosto, queste scariche emozionali hanno un ruolo simile, come fattori di rischio, a quello del fumo e del colesterolo alto per le cardiopatie - quanto più sono intense e prolungate, tanto maggiore è il pericolo. Sulla via che porta al divorzio, la presenza di uno di questi fattori lascia prevedere la comparsa del secondo, in un'escalation di infelicità. Un abituale atteggiamento critico, e il disprezzo o il disgusto, sono segni di pericolo perché indicano che il coniuge ha silenziosamente formulato un giudizio molto negativo sul proprio partner, che nei suoi pensieri è fatto oggetto di costante condanna. Questi pensieri negativi e ostili portano naturalmente ad attacchi che mettono chi li subisce sulla difensiva - olo preparano a passare al contrattacco.
Nella reazione di combattimento o fuga, ciascuna delle due opzioni rappresenta un modo in cui un coniuge può rispondere all'attacco dell'altro. La soluzione più ovvia è quella di rispondere contrattaccando, con un'esplosione di collera. Questa via solitamente porta a uno scontro verbale violento e privo di frutti. Ma la risposta alternativa, la fuga, può essere ancora più pericolosa, soprattutto quando consiste nel ritirarsi in un silenzio ostile.
L'ostruzionismo è l'ultima difesa. L'ostruzionista è inespressivo, e si ritira dalla conversazione rispondendo con impassibilità e silenzio. In tal modo, invia un messaggio potente e snervante, qualcosa di simile a una combinazione di distacco glaciale, superiorità e disgusto. L'ostruzionismo compare soprattutto nei matrimoni che vanno verso la crisi; nell'85 per cento di questi casi il marito fa l'ostruzionismo in risposta a una moglie che lo attacca con disprezzo e atteggiamento critico (14). Come risposta abituale, l'ostruzionismo è devastante per la salute di una relazione: esclude infatti ogni possibilità di ricomporre il disaccordo.
Pensieri tossici.
I bambini si stanno scatenando e Martin, il padre, sta perdendo la pazienza. Si rivolge allora alla moglie, Melanie, e le dice con tono tagliente: “Cara, non pensi che i bambini potrebbero darsi una calmata?”.
Ma in realtà pensa: “E' troppo indulgente con i bambini”.
Melanie, rispondendo all'irritazione di lui, sente montare la collera. Il suo volto si fa teso, le sopracciglia si aggrottano ed ella replica: “I bambini si stanno solo divertendo. Ad ogni modo, fra poco vanno a letto”.
Il suo pensiero: “Eccolo qua, di nuovo a lamentarsi in continuazione”.
Martin adesso è visibilmente furioso. Si protende in avanti minacciosamente, con i pugni serrati mentre sibila con voce irritata “Devo metterli a letto io, adesso?”.
In realtà pensa: “Mi contraddice in tutto. Farei bene a riprendere in mano la situazione”.
Melanie, improvvisamente spaventata dalla collera di Martin risponde con tono mansueto: “No, li metto a letto subito”.
Sta pensando: “Ha perso il controllo - potrebbe fare male ai bambini. Meglio dargliela vinta”.
Queste conversazioni parallele - lo scambio verbale e quello silenzioso - sono riportate da Aaron Beck, il padre della terapia cognitiva, che le cita come esempio del tipo di pensieri che possono avvelenare un matrimonio (15). Il vero scambio emozionale fra Melanie e Martin è plasmato dai loro pensieri, e quelli, a loro volta, sono determinati da un altro fattore più profondo, che Beck chiama “pensiero automatico” - in altre parole, assunti su se stessi e gli altri che, estremamente transitori e simili a un rumore di fondo, riflettono i nostri più profondi atteggiamenti emotivi. Nel caso di Melanie, il pensiero di fondo era qualcosa come “Va in collera e fa sempre il prepotente con me”. Per Martin, il pensiero chiave è “Non ha alcun diritto di trattarmi così”. Nel matrimonio, Melanie si sente come una vittima innocente e Martin crede di provare una legittima indignazione per quello che ritiene un trattamento ingiusto.
Pensare di essere una vittima innocente, o provare una giusta indignazione sono atteggiamenti tipici di partner che vivono una crisi matrimoniale e alimentano continuamente la collera e il risentimento (16). Una volta che essi diventano automatici, sono tali da autoconfermarsi: il partner che si sente vittima dell'altro sottolinea costantemente qualunque cosa faccia il coniuge, che possa confermare la sua idea di essere una vittima - al tempo stesso ignorando o tenendo in poco conto tutti gli atti di gentilezza che potrebbero invece mettere in discussione o smentire quell'idea.
Questi pensieri sono potenti; essi inceppano il sistema d'allarme neurale. Una volta che la convinzione di essere una vittima, nutrita dal marito, scatena un “sequestro” emozionale, egli ricorderà e rimuginerà tutta una lista di esempi che gli rammenteranno i numerosi modi in cui la moglie fa di lui una vittima innocente, senza ricordare nulla di ciò che, nell'arco di tutta la loro relazione, ella può aver fatto e che smentirebbe la sua idea. Questo mette la donna in una posizione perdente in partenza: qualunque cosa ella faccia per essere intenzionalmente gentile, osservata attraverso lenti così negative, può essere reinterpretata e liquidata come un debole tentativo di negare la verità, ossia che il marito è vittima della moglie.
I partner che non hanno idee di questo tipo, fonte peraltro di tanta sofferenza e disagio, possono interpretare in modo più benevolo le stesse situazioni, e così hanno meno probabilità di andare incontro a questi “sequestri” emozionali - o se gli capita, si riprendono più in fretta. In generale, i pensieri che fomentano o alleviano il disagio seguono il modello descritto dallo psicologo Martin Seligman per la concezione pessimista e quella ottimista (vedi capitolo 6). Chi assume un atteggiamento pessimista sostiene che il partner è di per se stesso in difetto, e che la situazione, immodificabile, garantisce infelicità: “E' egoista e pensa solo a se stesso: è stato allevato così e sarà sempre così; si aspetta che lo serva di tutto punto e non potrebbe importargliene meno di come mi sento io”. La concezione ottimistica, al contrario, potrebbe essere: “Adesso è molto esigente, ma in passato ha avuto molte attenzioni per me; può darsi che sia di cattivo umore - forse qualcosa lo ha contrariato sul lavoro”. Questo è un modo di vedere le cose che non liquida il marito (o il matrimonio) come irrimediabilmente compromesso o senza speranza. Il primo atteggiamento porta a un continuo disagio; il secondo semplifica la situazione.
I partner che assumono la posizione pessimista sono estremamente soggetti a “sequestri” emozionali, vanno in collera, si offendono e comunque soffrono per il comportamento del coniuge; una volta che l'episodio è cominciato, permangono in uno stato di disturbo. Il loro disagio interiore, e il loro atteggiamento pessimista, naturalmente, rendono molto più probabile che essi ricorrano alle critiche e al disprezzo quando si confrontano con il partner; questo a sua volta aumenta la probabilità che l'altro si metta sulla difensiva e ricorra all'ostruzionismo.
Forse i più virulenti fra questi pensieri tossici sono quelli che passano per la mente dei mariti violenti nei confronti delle loro mogli. Uno studio sui mariti violenti condotto dagli psicologi della Indiana University trovò che questi uomini pensano come se fossero adolescenti prepotenti: scoprono un intento ostile anche nelle azioni neutrali delle loro mogli e usano questa errata interpretazione per giustificare a se stessi la propria violenza (gli uomini sessualmente aggressivi con le fidanzate hanno un comportamento simile, in quanto considerano le donne con sospetto e non si curano delle loro obiezioni) (17). Come abbiamo visto nel capitolo 7, questi uomini si sentono particolarmente minacciati dalla percezione di indifferenza o di rifiuto, o anche quando vengono pubblicamente messi in imbarazzo dalle loro mogli. Negli uomini che picchiano le proprie mogli, solitamente i pensieri che “giustificano” la violenza sono innescati da scenari come questo: “Sei a un ricevimento e ti accorgi che nell'ultima mezz'ora tua moglie ha parlato e riso in continuazione con lo stesso uomo affascinante. Sembra che lui le stia facendo la corte”. Quando questi uomini percepiscono un sintomo di rifiuto o di abbandono da parte delle proprie mogli, le loro reazioni passano rapidamente all'indignazione e all'offesa. Presumibilmente pensieri automatici del tipo “Vuole lasciarmi” scatenano un “sequestro” emozionale nel quale il marito reagisce impulsivamente con quelle che i ricercatori definiscono “risposte comportamentali incompetenti”: in altre parole, diventano violenti (18).
Emozioni in piena: il matrimonio cola a picco.
L'effetto netto di questi atteggiamenti negativi è quello di creare uno stato di crisi interminabile, dal momento che essi scatenano sempre più spesso “sequestri” emozionali e rendono più difficile riprendersi dalla collera e dal risentimento che ne risulta. Gottman usa il termine calzante di “inondazione” per indicare questa suscettibilità al frequente turbamento emotivo; in queste condizioni, i coniugi sono talmente sopraffatti dalla negatività del partner e dalle proprie reazioni ad essa che vengono “inondati” da sentimenti terribili, completamente sfuggiti a ogni controllo. Questi soggetti non possono udire alcunché senza distorcerlo, né reagire con lucidità; trovano difficile organizzare il proprio pensiero e fanno ricorso a reazioni primitive. Essi vorrebbero solo che tutto si fermasse, oppure vorrebbero fuggire o, ancora, a volte, restituire il colpo. L'“inondazione” è un “sequestro” emozionale che si autoperpetua.
In alcune persone la soglia per raggiungere questa condizione è elevata, ed esse resistono facilmente alla collera e al disprezzo; altre invece possono essere travolte dalla “piena” non appena il coniuge indirizza loro una leggera critica. Questa “piena” emozionale viene descritta tecnicamente in termini di aumento della frequenza cardiaca a partire dai livelli di riposo (19). Nelle donne, a riposo, questo parametro si attesta intorno agli 82 battiti al minuto, mentre negli uomini è di circa 72 (la frequenza cardiaca specifica varia principalmente in base alla taglia corporea dell'individuo). L'“inondazione” comincia in corrispondenza di una frequenza cardiaca che superi quella a riposo di 10 battiti al minuto; se la frequenza raggiunge 100 battiti al minuto (cosa che può accadere facilmente in momenti di collera o quando si piange) l'organismo pompa adrenalina e altri ormoni in modo da prolungare questo stato di disagio per un certo periodo. L'importanza del “sequestro” emozionale traspare evidente dai valori della frequenza cardiaca: essa può aumentare di colpo di 10, 20 o perfino 30 battiti al minuto. I muscoli si tendono: la respirazione può sembrare difficile. C'è una vera e propria piena di sentimenti tossici, una spiacevole ondata di paura e di collera che sembra inevitabile e, soggettivamente, “ci mette una vita” ad andarsene. A questo punto - siamo nel mezzo di un “sequestro” emozionale - le emozioni dell'individuo sono talmente intense, le prospettive così limitate e il pensiero a tal punto confuso che non ci sono speranze di poter considerare il punto di vista dell'altro, né di ricomporre le cose in modo ragionevole.
Ovviamente, la maggior parte dei coniugi ha, di tanto in tanto, scontri di questa intensità quando entra in conflitto - è una cosa naturale. Per il matrimonio, i veri problemi cominciano quando uno dei due coniugi si sente quasi perennemente “in piena”. In quel caso, il partner che si sente sopraffatto dall'altro è sempre sulla difensiva in quanto teme di essere vittima di un assalto o di un'ingiustizia; questo individuo si fa pertanto ipervigilante, pronto a rilevare il benché minimo segno di attacco, insulto o rimprovero, e reagirà sicuramente in modo esasperato al minimo accenno. Se un marito si trova in questo stato, il fatto che la moglie dica “Tesoro, dobbiamo parlare” può innescare il pensiero “Sta provocando un altro scontro”, e questo scatena l'ondata di piena. In queste condizioni, diventa sempre più difficile riprendersi dallo stato di attivazione fisiologica; questo, a sua volta, rende più facile considerare uno scambio innocuo sotto una luce sinistra, innescando nuovamente l'inondazione.
Questo è forse il punto di svolta più pericoloso in un matrimonio, una tappa catastrofica nella relazione. Il partner “in piena”, a questo punto, pensa in continuazione le cose peggiori del coniuge, interpretando tutte le sue azioni in una luce negativa. Piccoli problemi diventano gravi conflitti; i sentimenti vengono continuamente feriti. Con il tempo, il partner che si sente travolto comincia a considerare grave e irresolubile ogni singolo problema del matrimonio, in quanto ogni tentativo di sistemare le cose viene regolarmente sabotato dalle ondate di piena. Quando questa situazione si protrae, comincia a sembrare inutile parlarne, e i due partner cercano di mitigare la propria sofferenza ognuno per conto suo. Essi cominciano così a condurre vite parallele, essenzialmente isolati l'uno dall'altro e sentendosi soli all'interno del matrimonio. Fin troppo spesso, Gottman ha constatato, il passo successivo è il divorzio.
In questa traiettoria che porta alla separazione, le tragiche conseguenze della mancanza di competenze nella sfera emozionale sono fin troppo evidenti. Quando una coppia viene presa nel circolo vizioso della critica e del disprezzo, degli atteggiamenti di difesa o di ostruzionismo, dei pensieri negativi e delle ondate di “piena” emozionale, questo stesso ciclo riflette una disintegrazione dell'autoconsapevolezza e dell'autocontrollo emozionali, dell'empatia e delle capacità di calmare se stessi e gli altri.
Uomini: il sesso debole.
Torniamo alle differenze di genere nella vita emotiva, che si dimostrano uno sprone nascosto nelle unioni coniugali. Anche dopo più di trentacinque anni di matrimonio, c'è una fondamentale distinzione fra mariti e mogli nel modo in cui essi considerano gli scontri emozionali. In genere, alle donne dà meno fastidio che agli uomini tuffarsi nella sgradevolezza di una lite coniugale. Questa conclusione, raggiunta da Robert Levenson della California University a Berkely, si basa sulla testimonianza di 151 coppie, tutte sposate da molti anni. Levenson scoprì che i mariti trovavano tutti spiacevole, perfino odioso, litigare durante una discussione, mentre le loro mogli non se ne dispiacevano troppo (20).
I mariti vengono travolti “dalle piene” emozionali in corrispondenza di una negatività meno intensa rispetto a quella necessaria per “inondare” le loro mogli; fra coloro che reagiscono alle critiche del coniuge facendosi travolgere dall'inondazione, ci sono più uomini che donne. Una volta “sommersi”, gli uomini secernono più adrenalina delle donne, e il flusso di questo ormone viene innescato da livelli di negatività inferiori a quelli necessari per attivare la stessa reazione nelle donne; inoltre, agli uomini è necessario più tempo per riprendersi dalla “piena” emozionale (21). Tutti questi dati suggeriscono che forse la stoica imperturbabilità del maschio alla Clint Eastwood rappresenta una forma di difesa per non sentirsi sopraffatti dalle emozioni.
La ragione per cui è tanto probabile che gli uomini ricorrano all'ostruzionismo, secondo Gottman, è il tentativo di autoproteggersi dalle “piene” emozionali; la sua ricerca ha dimostrato che una volta intrapresa la strategia dell'ostruzionismo, la loro frequenza cardiaca scende di circa dieci battiti per minuto, il che comporta un sollievo soggettivo. Ma - e questo è un paradosso - quando gli uomini cominciano a fare l'ostruzionismo, è la frequenza cardiaca delle loro mogli a innalzarsi a livelli che segnalano un elevato disagio. Questa specie di tango del sistema limbico, nel quale ogni sesso cerca conforto con degli stratagemmi, porta ad atteggiamenti molto diversi verso gli scontri emozionali: gli uomini cercano di evitarli con lo stesso impegno che le donne mettono nel tentare di innescarli.
Proprio come è di gran lunga più probabile che siano gli uomini a rifugiarsi nell'ostruzionismo, è più facile che le donne ricorrano alla critica (22). Questa asimmetria deriva dal fatto che le donne si assumono una funzione di controllo sulle emozioni. Quando cercano di alleviare e risolvere il disaccordo e le controversie, gli uomini sono più riluttanti a impegnarsi in quelle che sono destinate a diventare discussioni roventi. Non appena la moglie vede il marito che si ritira, alza il volume e l'intensità del rimprovero, cominciando a criticarlo. E quando egli si arrocca sulla difensiva o replica facendo l'ostruzionismo, la donna si sente frustrata e in collera, e così aggiunge all'interazione il proprio disprezzo, per sottolineare l'intensità della sua frustrazione. Accorgendosi di essere oggetto delle critiche e del disprezzo della moglie, l'uomo comincia a cadere nei pensieri da vittima innocente o da marito giustamente indignato che sempre più facilmente scatenano la “piena” emozionale. Per proteggersi da essa, egli si mantiene sempre più sulla difensiva o semplicemente si trincera in un ostruzionismo totale. Ma quando i mariti adottano questa strategia, essa innesca la “piena” emozionale nelle loro mogli che, come ricorderete, si sentono completamente osteggiate. E quando il circolo vizioso della lite coniugale si autoalimenta in questo modo, è fin troppo facile che possa sfuggire al controllo.
Matrimonio - consigli per lui e per lei.
Date le gravi conseguenze del diverso modo dei due sessi di affrontare i sentimenti fonte di turbamento nelle loro relazioni, che cosa possono fare le coppie per proteggere l'amore e l'affetto che sentono reciprocamente - in breve, che cosa protegge un matrimonio? Osservando l'interazione di partner i cui matrimoni hanno prosperato per anni, i ricercatori danno consigli specifici agli uomini e alle donne, e qualche ammonimento generale a entrambi.
Gli uomini e le donne, in generale, hanno bisogno di una differente sintonizzazione emozionale. Agli uomini si consiglia di non evitare il conflitto, ma di comprendere che quando la moglie solleva una rimostranza o evidenzia un punto di disaccordo, potrebbe farlo come atto d'amore, cercando di mantenere la relazione sana e vitale (anche se possono esserci benissimo altri motivi dietro all'ostilità di una moglie). Quando i rancori covano sotto la cenere, si accrescono di intensità finché non esplodono; quando vengono elaborati e lasciati liberi, la pressione trova invece uno sfogo. Ma gli uomini devono comprendere che la collera o il disprezzo non sono sinonimi di un attacco personale - le emozioni delle loro mogli hanno semplicemente la funzione di evidenziare l'intensità dei loro sentimenti sull'argomento.
Gli uomini devono anche guardarsi dal tagliar corto durante la discussione offrendo troppo presto una soluzione pratica - solitamente, per la moglie, è più importante sentire che il marito ascolta le sue lamentele ed empatizza con i suoi “sentimenti” (anche se non deve necessariamente essere d'accordo con lei). La donna può interpretare l'offerta di una soluzione come un modo per liquidare rapidamente i suoi sentimenti tacciandoli di incoerenza. I mariti che invece di liquidare le loro proteste come insignificanti, riescono a sopportare gli scoppi di collera delle mogli, le aiutano a sentirsi ascoltate e rispettate. Soprattutto, le mogli vogliono vedere riconosciuti e rispettati i propri sentimenti, anche se il marito non è d'accordo con loro. Molto spesso, quando una moglie si rende conto che il suo punto di vista viene ascoltato e che il marito prende nota dei suoi sentimenti, si calma.
Per quanto riguarda le donne, il consiglio è assolutamente parallelo. Per gli uomini l'esagerata intensità con la quale le donne danno voce alle proprie proteste rappresenta un problema fondamentale; le donne, quindi, dovrebbero fare uno sforzo mirato per stare attente a non attaccare i propri mariti - a protestare per quello che hanno fatto, senza criticarli come persone o esprimere disprezzo verso di loro. Le proteste non sono attacchi alla personalità, ma piuttosto la dichiarazione che una particolare azione ci ha causato sofferenza. Quasi sicuramente, un collerico attacco personale porterà il marito a mettersi sulla difensiva o a ricorrere all'ostruzionismo, il che sarà quanto mai frustrante per la donna, e non farà che esacerbare lo scontro. E' anche utile che le proteste della donna siano collocate in un contesto più ampio, nel quale lei rassicuri il marito del suo amore.
Lo scontro positivo.
Il giornale del mattino ci offre una lezione su come non risolvere, nel matrimonio, le differenze di genere fra i coniugi. Si tratta del battibecco fra Marlene Lenick e suo marito Michael: lui voleva guardare la partita Dallas Cowboys-Philadelphia Eagles, lei preferiva il telegiornale. Non appena lui si mise comodo per godersi l'incontro, la signora Lenick gli dichiarò di “averne avuto abbastanza del suo football”, andò in camera da letto a prendere una pistola calibro .38 e gli sparò due colpi mentre guardava la partita. La signora Lenick venne imputata di lesioni aggravate e liberata dietro pagamento di una cauzione di 50000 dollari; il signor Lenick fu dichiarato fuori pericolo e si riprese: i proiettili gli avevano colpito di striscio l'addome ed erano fuoriusciti perforandogli la scapola e il collo (23).
Sebbene poche liti coniugali siano così violente - e dispendiose! - esse sono comunque occasioni fondamentali per portare l'intelligenza emotiva nel matrimonio. Ad esempio, nelle unioni di lunga durata, le coppie tendono a concentrarsi su un argomento dando fin dall'inizio a ciascun partner la possibilità di affermare il proprio punto di vista (24). Ma questi coniugi compiono anche un ulteriore passo, dimostrando di sapersi ascoltare reciprocamente. Poiché spesso ciò che il partner offeso desidera è di vedere ascoltati i propri sentimenti, da un punto di vista emozionale un atto di empatia è un sistema magistrale per ridurre la tensione.
Nelle coppie la cui unione sfocia nel divorzio si osserva una notevole assenza di tentativi, da parte di entrambi i partner, di ridurre la tensione. Durante gli scontri coniugali, la presenza o l'assenza di modi per ricomporre gli screzi costituisce una differenza fondamentale fra le coppie che hanno un matrimonio sano e quelle che alla fine si separeranno (25). I meccanismi di riparazione che impediscono a una discussione di degenerare in una tremenda esplosione sono semplici accorgimenti, quali ad esempio evitare le divagazioni, empatizzare con il partner e ridurre la tensione. Queste mosse fondamentali sono una sorta di termostato emozionale, e impediscono che i sentimenti espressi trabocchino sopraffacendo la capacità dei partner di concentrarsi sul problema.
Una strategia generale per far funzionare un matrimonio è quella di non concentrarsi su problemi specifici sui quali le coppie solitamente entrano in conflitto - l'educazione dei figli, il sesso, il denaro e i lavori di casa - ma piuttosto di coltivare un'intelligenza emotiva di coppia, aumentando così le probabilità di risolvere i problemi. Alcune competenze emozionali - soprattutto la capacità di calmarsi (e di calmare il partner), l'empatia e la capacità di ascoltare l'altro - possono aumentare le probabilità che una coppia riesca ad appianare efficacemente i propri screzi. Questo rende possibili quelle sane litigate - “gli scontri positivi” - che consentono al matrimonio di prosperare e contribuiscono al superamento delle negatività che, se lasciate crescere, possono distruggere l'unione (26).
Naturalmente, nessuna di queste tendenze emozionali può cambiare nel giro d'una notte; come minimo, bisogna perseverare ed essere vigilanti. I partner riusciranno a compiere i necessari cambiamenti nella misura in cui saranno veramente motivati a provare. Se non la maggior parte, sicuramente molte delle risposte emozionali che vengono tanto facilmente innescate nel matrimonio sono state scolpite nell'individuo fin dall'infanzia: dapprima apprese nelle relazioni più intime o modellizzate dai genitori, esse vengono poi portate in dote nel matrimonio ormai già pienamente formate. E così, per quanto possiamo aver giurato che non avremmo mai agito come i nostri genitori, ci troviamo predisposti a determinate tendenze emozionali, ad esempio siamo pronti a reagire in modo esagerato a supposte mancanze di rispetto o a chiudere la saracinesca al primo segno di un confronto.
CALMARSI.
Ogni forte emozione deriva da un impulso ad agire, controllare quegli impulsi è fondamentale ai fini dell'intelligenza emotiva. Questo, tuttavia, può rivelarsi particolarmente difficile nelle relazioni amorose, nelle quali la posta in gioco è tanto alta. In questo caso, le reazioni innescate toccano corde sensibilissime - il nostro profondo bisogno di essere amati e di sentirci rispettati, la paura dell'abbandono o di essere emozionalmente deprivati. Non c'è dunque da meravigliarsi se nelle liti coniugali ci comportiamo come se fosse in gioco la nostra stessa sopravvivenza.
Anche così, se il marito o la moglie sono nel bel mezzo di un “sequestro” emozionale, nulla può risolversi positivamente. Per i due partner, una fondamentale competenza coniugale è quella di imparare a tenere a freno i propri sentimenti negativi. Essenzialmente, ciò significa avere la capacità di riprendersi rapidamente dall'ondata di piena causata dal “sequestro”. Poiché durante questi picchi emozionali la capacità di ascoltare, pensare e parlare con lucidità va perduta, quello di calmarsi è un passo fondamentale, senza il quale non può esserci ulteriore progresso nella risoluzione della disputa.
Durante scontri molto accesi, alcuni partner potrebbero imparare a monitorare la propria frequenza cardiaca circa ogni cinque minuti, sentendo le pulsazioni sulla carotide, qualche centimetro sotto il lobo dell'orecchio (chi fa ginnastica aerobica impara a farlo facilmente) (27). Contate le pulsazioni per quindici secondi e poi moltiplicate per quattro: avrete il numero di pulsazioni per minuto. Se lo fate quando siete calmi, otterrete un valore basale a riposo; se le vostre pulsazioni aumentano, diciamo, di dieci battiti al minuto al di sopra di quel valore, questo segnala l'inizio della “piena” emozionale. Nel caso di una reazione fisiologica così pronunciata, la coppia necessita di un intervallo di circa venti minuti, nel quale i due partner dovranno separarsi per calmarsi prima di riprendere la discussione. Sebbene possa sembrare sufficiente un intervallo di cinque minuti, il vero tempo di recupero fisiologico è più graduale. Come abbiamo visto nel capitolo 5, la collera residua innesca altra collera; un intervallo più lungo dà all'organismo più tempo per riprendersi dalla precedente attivazione fisiologica.
Per i partner che, comprensibilmente, trovano strano monitorare la frequenza cardiaca durante una lite, è più semplice accordarsi in anticipo, dando la possibilità a entrambi di chiedere una sospensione della discussione ai primi segni di “inondazione” emozionale in uno dei due. Durante questo intervallo, è possibile ritrovare la calma e riprendersi dal “sequestro” emozionale aiutandosi con una tecnica di rilassamento o un esercizio aerobico (o con uno qualunque dei metodi che abbiamo visto nel capitolo 5).
DETOSSIFICARE IL DISCORSO INTERIORE.
Dal momento che la “piena” emozionale è innescata dai pensieri negativi riguardanti l'altro, può essere utile se il partner sconvolto da questi aspri giudizi riesce a bloccarli direttamente. Sentimenti come “Non ho intenzione di sopportare questa situazione un minuto di più” o “Non merito questo tipo di trattamento” sono gli slogan della vittima innocente o del partner giustamente indignato. Come sottolinea il fondatore della terapia cognitiva, Aaron Beck, un coniuge può cominciare a liberarsi dalla morsa di questi pensieri imparando a riconoscerli e a metterli in discussione, senza permetter loro di innescare una reazione di collera o di ferirlo (28).
Per ottenere questo risultato, è necessario monitorare tali pensieri, capire che non bisogna credere in essi e compiere uno sforzo intenzionale per richiamare alla mente fatti o prospettive che li mettano in discussione. Ad esempio, una moglie che nella foga del momento pensi “Non gliene importa nulla delle mie necessità, è sempre talmente egoista” potrebbe mettere in discussione questo pensiero ricordando tutti gli atti del marito che, in effetti, erano segni di premura. Ciò le consente di reinquadrare il suo pensiero in questa forma: “A volte dimostra che gli importa di me, anche se ciò che ha appena fatto è stato irriguardoso e mi ha fatto andare fuori di me”. La seconda formulazione offre una possibilità di cambiamento e consente di intravedere una soluzione positiva; la prima, invece, non fa che esacerbare la collera e il risentimento.
ASCOLTARE E PARLARE SENZA STARE SULLA DIFENSIVA.
Lui: “Stai gridando!”.
Lei: “Per forza! Non hai sentito una parola di quello che ho detto. Tu proprio non ascolti!”.
La capacità di ascoltare tiene unite le coppie. Anche nella foga di una lite, quando i due partner sono nel pieno di un “sequestro” emozionale, uno dei due, e a volte entrambi, possono riuscire ad ascoltare e a rispondere ai gesti di riconciliazione del partner. Le coppie incamminate verso il divorzio, però, sono talmente assorbite dalla collera e si fissano a tal punto sui dettagli del problema contingente, che non riescono più ad ascoltare - meno che mai a ricambiare le eventuali offerte di pace che potrebbero essere implicite in ciò che sta dicendo il partner. Quando sta sulla difensiva, chi ascolta tende a ignorare o a respingere immediatamente le proteste del coniuge reagendo come se esse fossero un attacco diretto invece di un tentativo di correggere il comportamento. Naturalmente, in una lite, quello che un coniuge dice è spesso presentato in forma di un attacco, o viene detto con una tale carica negativa che è difficile riuscire a percepirvi qualcosa di diverso da un attacco.
Anche nel caso peggiore, però, i partner possono analizzare il messaggio, ignorando le parti ostili e negative dello scambio - il tono villano, l'insulto, le critiche che trasudano disprezzo - per coglierne il significato principale. A tal fine è utile che i partner cerchino di interpretare la negatività dell'altro come un'affermazione implicita della grande importanza attribuita al problema - come una richiesta di attenzione sulla questione. Se la donna strilla: “Vuoi “smetterla” di interrompermi, per la miseria!”, il marito dovrebbe riuscire a dirle, senza reagire apertamente alla sua ostilità: “Va bene, va' avanti e finisci”.
La forma più potente di ascolto, in un individuo che non assuma un atteggiamento difensivo, è, naturalmente, l'empatia, ossia la capacità di ascoltare davvero i sentimenti che si celano “dietro” alle parole. Come abbiamo visto nel capitolo 7, se un partner empatizza davvero con l'altro, significa che riesce a calmare le proprie reazioni al punto da essere abbastanza recettivo rispetto alla propria fisiologia, e da poter quindi rispecchiare i sentimenti dell'altro. Senza questa sintonia fisiologica, la percezione, da parte di un partner, delle emozioni dell'altro è completamente priva di fondamento. L'empatia si deteriora quando i sentimenti di un partner sono talmente forti da travolgere qualunque altra cosa, non consentendo un'armonizzazione fisiologi ca con l'altro.
Nella terapia di coppia viene comunemente usato un metodo per “ascoltare” efficacemente le emozioni che viene chiamato “rispecchiare”. Quando un partner dà voce a una protesta, l'altro la ripete con le proprie parole, cercando di cogliere non solo il pensiero che la anima, ma anche i sentimenti che l'accompagnano. Il partner che sta “rispecchiando” l'altro controlla insieme a quello che la sua riformulazione non abbia mancato il bersaglio, e in tal caso, riprova finché non colpisce nel segno: sembra una cosa semplice, ma a farsi è sorprendentemente difficile (29). Sul partner, l'effetto di essere “rispecchiato” accuratamente non è solo quello di sentirsi compreso, ma anche di essere in sintonia emozionale. A volte questa percezione può, di per se stessa, scongiurare un attacco imminente, e aiuta moltissimo a impedire che la discussione degeneri in uno scontro.
Nella coppia, l'arte di parlare senza stare sulla difensiva si basa sulla capacità di mantenere le proprie parole nell'ambito di una protesta specifica, senza sfociare in un attacco personale. Lo psicologo Haim Ginott, padre dei primi programmi di comunicazione efficace, affermava che il modo migliore per formulare una protesta fosse “X y z”: “Quando hai fatto X, mi hai fatto sentire Y; avrei preferito che avessi fatto Z”. Ad esempio: “Quando non mi hai telefonato per avvertirmi che eri in ritardo per la cena, mi sono sentita poco considerata e in collera. Quando fai tardi, vorrei che mi chiamassi” è da preferirsi a “Sei un bastardo egocentrico e senza riguardo”. Fin troppo spesso, però, nei diverbi coniugali, il problema viene posto nel secondo modo. In breve, una comunicazione aperta non deve conoscere prepotenza, minacce o insulti. Né consente alcuna forma di atteggiamenti difensivi - scuse, negazione delle responsabilità, contrattacchi con critiche, e simili. Anche in questo caso l'empatia è uno strumento potente.
Infine, nel matrimonio, come in qualunque altra circostanza della vita, il rispetto e l'amore hanno l'effetto di disarmare l'ostilità. Un modo molto efficace per ricomporre un diverbio è quello di far capire al partner che è possibile vedere le cose da punti di vista diversi, i quali possono essere entrambi validi. Un altro sistema è quello di assumersi le proprie responsabilità e di scusarsi quando ci si rende conto di avere torto. Come minimo, riconoscendo la validità della prospettiva dell'altro, il partner gli comunica che lo sta ascoltando, e che riesce a comprendere le emozioni che esprime, anche se non è d'accordo con la sua tesi, “Mi rendo conto che sei sconvolto”. E altre volte, quando non c'è una lite, il riconoscimento della posizione dell'altro assume la forma del complimento, trovando nel partner qualcosa che si apprezza davvero e dando così voce a un elogio. Questa strategia, naturalmente, è un modo per aiutare il coniuge a calmarsi, o per accantonare un capitale emozionale in forma di sentimenti positivi.
UN PO' DI ESERCIZIO.
Poiché queste manovre dovranno servire nella foga di uno scontro, quando lo stato di attivazione emozionale è sicuramente elevato, devono essere apprese molto bene per essere eseguite nel momento più opportuno. In quei frangenti, infatti, il cervello emozionale attiva le routine apprese in precedenza durante ripetuti momenti di collera e di risentimento, ormai divenute dominanti. Poiché tanto la memoria quanto il tipo di risposta sono specifici per le singole emozioni, durante gli scontri le reazioni associate a momenti di maggiore calma sono meno facili da ricordare e da mettere in atto. Se abbiamo scarsa familiarità verso una risposta emozionale, per quanto essa sia vantaggiosa, è estremamente difficile riuscire a ricorrere ad essa quando si è sconvolti. Ma se ci si è esercitati al punto da farla diventare automatica, ci sono maggiori probabilità di riuscire ad esprimerla durante una crisi emozionale. Per queste ragioni, le strategie di cui abbiamo parlato devono essere sperimentate e ripassate non solo nella foga della battaglia, ma anche durante scambi privi di tensione: solo così facendo esiste una probabilità che esse divengano una risposta acquisita immediata (o almeno una seconda risposta non troppo ritardata) nel repertorio del circuito emozionale. Essenzialmente, questi antidoti contro la disintegrazione della coppia non sono altro che una sorta di intervento correttivo nella sfera dell'intelligenza emotiva.