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Marc era come sparito nel nulla dal giorno precedente. Non si era presentato ai pasti e pareva che nessuno l’avesse visto in giro. A colazione, di nuovo non c’era. Nemmeno dama Isabeau e Marianne ne sapevano qualcosa, mentre Ian evitava le domande e quel mattino era già uscito nel borgo a supervisionare lo scavo di un nuovo pozzo.
Anche Daniel ne sapeva quanto lei, in compenso Michel rideva commentando la sparizione misteriosa del fratello maggiore. «Sarà scappato per evitare di uccidere monsieur Pascal!» esclamò, quando Alex gli chiese ancora notizie alla fine della colazione. «Dalla faccia che aveva l’ultima volta che l’ho visto, mentre il nostro amministratore gli raccontava a che punto è la lizza in costruzione per il torneo, credevo che avrebbe deciso di usarlo al posto del saraceno della quintana.»
«In effetti è piuttosto irritabile» fece Laurent, tornato solo di recente da Saint Sébastien. «Credevo che si sarebbe calmato dopo aver chiuso la questione con Martagne, invece peggiora ogni giorno. Non ricordo che l’avvicinarsi del matrimonio abbia avuto questo effetto su di me.»
«Nemmeno su di me» concordò Michel. «Forse abbiamo trovato cosa fa breccia nell’usbergo di mio fratello, l’inarrivabile campione del re.»
Alex li lasciò ai loro commenti più o meno impertinenti e cercò risposte rassicuranti da Richard, che in quei giorni aveva preso l’abitudine di sedersi dopo mangiato in un angolo caldo e luminoso del salone a suonare il liuto con mani esperte. «Tu che ne pensi?» gli domandò, tormentandosi le dita.
Richard sollevò su di lei gli occhi color acciaio. «Che in effetti non mi aspettavo di vederlo ancora così teso a distanza di giorni. A quanto pare, ha ricevuto un’offesa che non riesce a perdonare o dimenticare.»
Alex sentì la sua ansia moltiplicarsi. Fece qualche passo su e giù tra mille domande e mille sospetti, uno peggiore dell’altro.
«Anche tu sei più tesa di una di queste corde» osservò Richard, mentre pizzicava il liuto. «Non sembrate affatto i due promessi sposi innamorati di cui mi parlavano tutti al mio arrivo qui.»
«Ho paura» ammise Alex, ma si fermò lì senza specificare che cosa la spaventasse a quel modo.
«Immagino che sia più che normale, nel tuo caso» cercò di confortarla Richard. «Stai per lasciare la tua famiglia per sempre e trasferirti in una nuova casa e un nuovo paese. È un cambiamento notevole.»
Non immagini quanto, pensò Alex, ma il suo cervello rimaneva inchiodato sul punto che più la tormentava. «Un giorno mi dicesti che Marc è drastico quando si tratta di fiducia. Che avrei dovuto essere più che trasparente con lui se non volevo perderlo.»
«È vero.» Richard smise di suonare. «Che cosa è successo?»
«Non so cosa lui pensi che sia successo» mormorò Alex, guardando verso gli arazzi che coprivano la porta che dava nell’atrio. Sperava con tutto il cuore di veder comparire Marc da un momento all’altro, ma erano solo servi quelli che andavano e venivano per sparecchiare le ultime cose rimaste sui tavoli.
«Puoi farmi un favore?» domandò, decidendo d’impulso.
«Tutto ciò che posso» rispose Richard.
«Credi di riuscire a scoprire dov’è finito Marc?»
«Ne sono abbastanza sicuro» disse Richard e si alzò con il liuto sottobraccio. «Non è certo scappato e qui nei dintorni i luoghi in cui è rimasta un po’ di pace sono tutto sommato limitati. Devo dirgli qualcosa in particolare?»
«Solo che lo aspetto sulla terrazza in cima al torrione» disse Alex, cercando di ignorare il nugolo di farfalle che all’improvviso le aveva invaso lo stomaco.
Richard le sorrise, incoraggiante. «Dammi al massimo fino all’ora di pranzo.»
La salutò e Alex lo guardò uscire con calma dal salone.
Lei invece era più agitata che mai. Stava facendo la cosa giusta? Non lo sapeva, ma non cedette all’impulso di andare a cercare consiglio da suo padre o da Ian. Stava per decidere il suo futuro e quella decisione apparteneva soltanto a lei.
E a Marc.
Passò al massimo un’ora. Richard aveva davvero delle insospettabili doti di segugio oppure aveva solo avuto fortuna e si era imbattuto in Marc molto prima del previsto; in ogni caso, Alex sentì arrivare il suo promesso sposo quando ancora non aveva trovato le parole giuste per iniziare il suo discorso. E quando lo vide emergere dalle scale e attraversare la porta sulla terrazza difensiva del torrione, le sembrò più bello che mai e l’amò disperatamente, anche se dall’altro lato aveva paura della sua espressione già fosca e di come l’avrebbe vista cambiare di lì a poco.
«Mi cercavi?» domandò Marc appena la vide. «Come mai qui?» Il suo tono aveva una nota scura che tradiva una tensione profonda e Alex aveva ormai imparato a riconoscerla e a temerla. Ma tra le mille conseguenze che quel dialogo avrebbe scatenato ce n’era almeno una buona, forse l’unica: la fine di tutte le paure.
Quel dialogo sarebbe stato definitivo.
«Volevo parlarti in un posto dove sono sicura che nessuno ci senta o ci disturbi» rispose Alex.
Lui socchiuse appena gli occhi, era già sul chi vive.
Richard aveva ragione: loro due non sembravano certo fidanzati in procinto di coronare il loro sogno d’amore.
Ma lei aveva deciso. Se voleva iniziare una nuova vita con Marc – e lei lo voleva ancora con tutta l’anima – non era però più disposta a farlo partendo da una menzogna. «Ti avevo promesso che non ci sarebbero più stati segreti tra di noi» esordì.
Lui s’irrigidì ancora di più. Aveva già i pugni serrati. «È vero.»
«C’è ancora una cosa che non ti ho detto, ma non voglio sposarti con questo peso sul cuore» proseguì Alex e furono le parole più difficili che pronunciò mai in vita sua.
Poi tutto il resto del discorso venne fuori a valanga.
Una confessione. Completa, precisa, senza più risparmiare niente.
Marc ascoltò per tutto il tempo senza fiatare e con sua sorpresa sentì il caos di sentimenti tormentosi dipanarsi e mutare poco alla volta. La collera era ancora lì ma era come una belva cui fosse stata imposta la catena. Non ancora domata, ma di certo soggiogata. La solitudine con cui aveva cercato di calmarsi non gli aveva fatto quell’effetto e meno che mai il colloquio con suo padre.
Invece Alex stava disarmando la sua rabbia una parola alla volta, man mano che si esponeva sempre di più. Non gli nascose più niente e ogni sua ammissione andava a combaciare alla perfezione con quelle del Falco, spiegava senza alcun dubbio dettagli del passato che solo adesso lui poteva ricomporre in un unico mosaico con un’immagine definita dell’insieme.
Lei gli si stava offrendo senza più difese, di sua spontanea volontà, senza sapere che lui aveva già scoperto quello che lei riteneva ancora un segreto indicibile. Era terrorizzata mentre parlava, ma proseguì comunque senza mai tirarsi indietro. Quando tacque e rimase in attesa trepidante di una sua reazione, lui sentì per la prima volta la tensione allentarsi. «Lo sapevo» disse, piano.
Alex rimase immobile, con la bocca socchiusa. «Che significa?» mormorò quando ritrovò la voce.
«Ricordo ciò che ho visto quando ero ferito» rivelò Marc. «E poi ho visto quella luce. Quella che avevi chiamato e poi fatto sparire sul tetto della chiesa di Saint Sébastien.»
«E non hai mai detto niente…»
«Ero confuso. Ho creduto per settimane che il primo ricordo fosse un incubo frutto del delirio e c’erano altre cose troppo gravi a cui pensare. Poi però c’è stato l’episodio della chiesa. Ho visto cos’hai fatto e non potevo più dubitare dei miei occhi.»
Lei era sempre più pallida. «Eppure hai aspettato tutto questo tempo prima di parlarne.»
Era così turbata che Marc provò l’istinto di rassicurarla. «Nessun altro ha visto oltre a me, lo so per certo. Questa cosa rimane tra noi. E mio padre.»
«Gli hai già parlato?»
«Ieri mattina. Poco prima di pranzo.»
«Perché hai voluto parlarne prima a lui e non a me?»
Marc cercò le parole adatte, ma non era facile spiegare qualcosa che non era del tutto chiaro nemmeno a lui stesso. «Avevo bisogno di… rassicurazioni» ammise infine.
Alex mantenne lo sguardo dritto nel suo, senza mai tentare di sottrarsi all’esame, nonostante l’ansia palese dipinta sul viso. «E lui cosa ti ha detto?»
«Ha ammesso di conoscere il fenomeno che tu e tuo padre riuscite a provocare. Mi ha detto di averlo provato in prima persona e di essere convinto che non c’è nulla di maligno in questo, benché sia incomprensibile.»
Vide Alex sbiancare alla parola “maligno”. «E tu?» gli chiese lei, lentamente. «Tu cosa ne pensi?»
«Mi fido di mio padre» rispose Marc ed era sincero, ma proprio per la stessa sincerità non poteva nascondere il tormento profondo che quella faccenda gli provocava. «E mi fido di te» aggiunse, cercando di fare chiarezza in se stesso mentre lo diceva. «Ho visto che eri disposta a morire pur di non tradirti e ora so che l’avresti fatto per risparmiarmi tutto questo.»
«Avevo paura della tua reazione. Non volevo perderti» mormorò lei. «Mio padre e tuo padre mi avevano messo in guardia da questo rischio. Hanno tentato di proteggerci per tutti questi anni. È stato solo un caso se ho scoperto questa cosa e non avrei mai più dovuto usarla dopo la prima volta, ma avevo incontrato te…» Fece una lunga pausa. «E non ho saputo starti lontano» concluse infine. Sembrava esausta. «Ero convinta di poter cancellare ciò che sono per diventare la sposa che meritavi. Invece ho fallito, mi dispiace.»
«Anche io avrei dovuto proteggerti. Se ci fossi riuscito, tu non saresti stata costretta a fare ciò che non avresti voluto.»
«Ma io ora sono contenta di non doverti più nascondere nulla.» Lei rialzò gli occhi grandi, onesti, e non li distolse più da lui. «È una liberazione. Ho capito che vivere nel segreto mi avrebbe fatto impazzire, ci avrebbe distrutti, e non potevo sopportarlo. Io sono io, sono tutta qui, adesso non c’è nient’altro. E ti amo.» Tacque e restò in attesa della sua reazione.
Marc avrebbe voluto risponderle che anche lui l’amava e che niente era cambiato tra loro, ma sapeva che non sarebbe stata la verità e poiché quello era il momento in cui ci si spogliava di tutte le menzogne, non sarebbe stato lui a nascondersi dietro nuove falsità.
“Niente più segreti” si erano giurati un giorno che ora sembrava perso nel passato più remoto. Era il momento di mantenere quella promessa. «Voglio vederlo di nuovo» dichiarò allora.
Alex sgranò gli occhi, ma lui non le lasciò il tempo di dire alcunché. «Quello che riesci a fare, voglio vederlo di nuovo» ribadì. «E voglio fare anch’io il “viaggio” che mio padre ha fatto tante volte. Forse non capirò, ma devo vedere con i miei occhi e toccare con le mie mani. Devo sapere davvero da dove vieni. È la mia condizione.»
Lei non tentò nemmeno di obiettare. Si guardò intorno, anche se non c’era bisogno di quella precauzione, poiché lassù in cima al torrione nessuno poteva vederli, a parte gli uccelli o il Signore Onnipotente. Infine alzò la mano destra aperta a palmo in su tra loro due. «Help» scandì.
A mezz’aria apparve il fantasma di una mela circonfusa di luce verde.
Marc sobbalzò: nonostante avesse cercato di prepararsi, niente che lui avesse mai conosciuto era paragonabile a quella visione innaturale, ipnotica. Provò paura e attrazione. Desiderò toccare la luce, ma si chiese anche se le falene provassero un desiderio simile prima di arrivare troppo vicine alla fiamma che poi le avrebbe bruciate.
Non è stregoneria, cercò di convincersi, ma gli era sempre più difficile davanti a quel fenomeno che sfidava qualsiasi esperienza o racconto. Aveva il cuore accelerato, i muscoli tesi e pronti allo scatto. Alla fuga.
«Puoi toccarla, anzi, devi» mormorò Alex e gli strappò un brivido. «È il solo modo di passare di là.»
Marc alzò la mano, esitò, poi si rimproverò per la sua codardia. Infine si decise e cacciò in un angolo della sua testa l’idea vigliacca di limitarsi a toccare quella cosa solo con un dito tanto per cominciare. Stese la mano intera verso la luce.
«Aspetta!»
L’esclamazione di Alex gli fece fare un balzo indietro.
«Scusa» gemette lei. «Non volevo strillare, è che sono agitata, non mi aspettavo di dover fare una cosa del genere proprio adesso e di sicuro non qui con te e…» S’interruppe e respirò a fondo per frenare quel nuovo fiume in piena di parole. «Insomma, stavo dimenticando di spiegarti alcune cose per quando saremo di là.»
Anche Marc respirò e provò a ricomporsi. «Quali cose?»
Alex sembrava cercare le parole adatte. «Sentirai le vertigini, succede sempre. Poi scoprirai di avere dei vestiti diversi, dei guanti e una specie… di elmo che copre solo gli occhi.»
«Perché?» Marc aggrottò ancora di più la fronte, non gli piaceva l’idea di trovarsi addosso qualcosa come per magia.
Lei esitò. «È così che funziona. È difficile da spiegare a parole. È molto più facile fartelo vedere e toccare con mano, come dicevi tu prima.»
Marc tacque. Fissava la luce verde a forma di mela. Non si aspettava che sarebbe stato tanto difficile, invece quell’esperienza stava mettendo alla prova tutto il suo coraggio di cavaliere e di uomo prima ancora di cominciare.
«Appena saremo passati di là, resta immobile per qualche istante, fino a quando non ti dirò che è tutto a posto» continuava Alex in tono quasi supplichevole. «È solo per questa volta, perché ancora non sai cosa troverai e ho paura che danneggi qualcosa. Poi nei viaggi successivi non ce ne sarà più bisogno perché saprai già tutto.»
I viaggi successivi. Lo diceva come se fosse una cosa scontata e d’altra parte Marc sapeva che anche suo padre non si era limitato a un solo viaggio ma ne aveva fatti molti. «D’accordo» disse infine.
Alex cercò di rivolgergli un sorriso, ma non ci riuscì. Aveva gli occhi ancora più grandi per l’ansia. «Sei pronto?»
«Pronto» mentì Marc, ma doveva saltare il fosso, ora, subito, prima di essere costretto a mostrare il suo disagio. L’attesa era snervante. Riaprì la mano, l’alzò e l’appoggiò sulla luce.
Nel primo istante non avvertì alcunché sotto le dita.
Poi le vertigini lo assalirono a tradimento.