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«Calmati, te l’assicuro: non è in pericolo di vita» ripeté Jodie per la decima o la ventesima volta, ma Alex non riusciva a smettere di andare su e giù davanti all’ennesimo distributore automatico, nel cui sportellino il suo ennesimo caffè si era ormai miseramente raffreddato. «Allora perché non si sveglia più?» sbottò. Allo stesso tempo aveva il terrore che Marc si svegliasse proprio in quegli istanti, perché avrebbe dovuto affrontarlo e non sapeva cosa dirgli, come spiegargli… Si mise le mani nei capelli.
Era passata più di un’ora dall’incidente sulla terrazza e Marc non aveva più riaperto gli occhi dopo essere stato riportato nel suo letto. Alex aveva potuto vederlo solo di sfuggita, fingendo di passare davanti alla sua stanza per altri motivi non appena in reparto era iniziato l’orario di visite del mattino. Non aveva potuto chiedere informazioni e d’altra parte non gliene avrebbero date, visto che per il personale medico lei non lo conosceva nemmeno.
«Non lo so perché non si sveglia. Ho sbirciato la cartella e tutti i suoi parametri sono assolutamente nella norma. Lewis non è preoccupato per lui, te lo giuro» spiegò Jodie. «Alex, il corpo umano non è un’automobile. Non basta fare il pieno di benzina perché riparta automaticamente. Non c’è motivo per cui Marc non si riprenda nel giro di poco, ma ora ha bisogno di riposo anche se lo hanno imbottito di sangue e di tutto ciò che era necessario. Mettiti nei suoi panni…»
«Mi sono già trovata nei suoi panni ed è stato uno choc allucinante!» scattò Alex.
Jodie l’agguantò per le spalle e la costrinse a guardarla. «Ma non sei morta per questo e non morirà nemmeno lui. Lo so anch’io come ci si sente, sono passati vent’anni, ma me lo ricordo molto bene.»
«Per lui è diverso! Noi, un’idea del medioevo, ce l’abbiamo sempre avuta, mentre lui…»
«Noi avevamo l’idea di un film sul medioevo, non del medioevo vero. Lo choc è stato tale e quale, sicuro.»
Alex lottò per ricacciare indietro le lacrime, anche perché in quel momento un uomo anziano si avvicinò al distributore e indicò il tastierino numerico. «Posso?»
«Sì, certo. Mi scusi se sono in mezzo» mormorò Alex. Tolse il caffè ormai freddo dallo sportellino e andò ad appoggiarsi nell’angolo più isolato del pianerottolo.
Sua madre la seguì e si fermò di fronte a lei. «Ascoltami: sei nel panico e io ti capisco, ma avresti dovuto immaginare le conseguenze quando hai deciso di portarlo di qua.»
«Stava morendo! Non avevo altra scelta!»
«No infatti, non ce l’avevi. L’emorragia doveva essere fermata entro massimo un’ora e nessun medievale avrebbe mai potuto ricucire una ferita del genere. Quindi gli hai salvato la vita. Pensa a questo e ringrazia la tua presenza di spirito. Tutto il resto, lo gestiremo in qualche modo. Non è la prima volta che dobbiamo spiegare Hyperversum a qualcuno che non avrebbe dovuto conoscerlo mai.»
Alex provò a confortarsi con un sorso di caffè, ma poi gettò il bicchierino di plastica con tutto il suo contenuto nel primo cestino che trovò. Si sfregò le braccia nel vano tentativo di scacciare il freddo che sentiva fino in fondo al cuore.
Spiegare Hyperversum a Marc… e come?
«Mi ha guardata come se fossi un mostro…» gemette, distogliendo gli occhi da sua madre.
Jodie le cinse le spalle. «Non è la prima volta, ti ho detto.» Le indicò con il mento gli ascensori e solo allora Alex vide arrivare suo padre e, soprattutto, Ian Maayrkas in jeans e felpa.
Gli corse incontro all’istante e gli si gettò tra le braccia. «Mi dispiace!» singhiozzò, perché ora davvero non riusciva più a trattenersi. «Perdonami!»
Lui se la strinse al petto e quell’abbraccio era forte e rassicurante com’era sempre stato ogni volta che lei aveva avuto bisogno di conforto, fin da quando aveva l’età per ricordare.
«Calmati. In qualche modo ce la faremo» le disse Ian. «Intanto lo hai salvato ed è questo che conta più di ogni altra cosa.»
Alex si staccò da lui quel tanto che bastava per guardarlo in faccia. Aveva legato i capelli dietro la nuca, come faceva spesso quando decideva di trascorrere alcuni giorni nel tempo moderno, ma Alex vedeva in lui ugualmente solo il cavaliere che tante volte aveva risolto le situazioni più disperate e salvato i suoi cari anche a rischio della vita stessa.
«Daniel mi ha già raccontato tutto il necessario, appena possibile tu mi racconterai il resto» proseguì Ian. «Adesso devo parlare con i medici. Poi capiremo come muoverci.»
Alex spalancò gli occhi. «Vai a parlare con i medici? Ma…»
Ian però era già lontano lungo il corridoio che portava alle stanze di degenza.
«È suo padre. Gli daranno tutte le informazioni che vuole sapere» spiegò Daniel a bassa voce. «Si è identificato all’accettazione al piano terra. Grazie al cielo, ho sempre insistito perché tenesse tutti i suoi documenti aggiornati, in questi anni in cui ha fatto il turista del tempo.»
«Sì, ma… i documenti per Marc?»
Daniel le lanciò un’occhiata severa. «Andiamo: convincimi che sei l’unica teenager di questo paese che non sa come procurarsi una carta d’identità o una patente falsa per aggirare le norme per le consumazioni al bar.»
Alex tacque e arrossì.
«In attesa di averla, ci siamo arrangiati falsificando una tessera della biblioteca con una vecchia foto di Ian, di quand’era studente» proseguì Daniel. «Un lavoraccio, per renderla almeno credibile.»
«E meno male che Marc è tale e quale a lui quando aveva la stessa età» commentò Jodie.
«E che l’accettazione di un ospedale non è mica l’F.B.I. Se poi dichiari di pagare in contanti senza usufruire dell’assicurazione sanitaria non rischi nemmeno che controllino su chissà quale database. La somiglianza tra Ian e Marc non lascia molti dubbi sulla loro parentela; abbiamo detto che Marc teneva i documenti principali in un portafoglio che dev’essere andato perso dopo l’incidente e abbiamo presentato il tesserino della biblioteca in sostituzione. Per ora è stato sufficiente e speriamo che lo sia fino a quando non veniamo fuori da questo casino.»
Alex si passò le mani sulla faccia. Respirò a fondo. Adesso non era più sola. Provò a ripeterselo anche se la morsa dell’angoscia non si allentava di una virgola. Non era più sola davanti alla catastrofe. Ian avrebbe saputo cosa fare. Ian lo sapeva sempre. Allora perché lei si sentiva ancora sull’orlo del baratro?
Daniel le mise una mano sulla spalla. «Andiamo a casa? Tua madre ha bisogno di dormire dopo il turno di notte e anche tu.»
«No, io rimango. Aspetto qui. Aspetto Ian» rispose Alex all’istante.
«Ian resta con Marc. Dev’essere con lui quando si sveglierà di nuovo.»
«Ma adesso posso stare anch’io con lui. Ian è un amico di famiglia, quindi posso stare anch’io con Marc. Non devo più far finta di non conoscerlo.»
«No. Adesso basta colpi di testa» dichiarò Daniel, in tono granitico. «Finora ci è andata bene per non so quale miracolo, Hyperversum è ancora un segreto e tu non risulti coinvolta in tutto quello che sta succedendo qui. Non rischieremo di mandare tutto all’aria perché ti impunti e ti rifiuti di farti da parte.»
«Non mi sto impuntando» protestò Alex. «Stargli vicina è un mio diritto.»
Daniel si trattenne a stento dall’alzare la voce. «Sono vent’anni che facciamo la guardia a questo segreto. Io di qua e Ian di là. Forse sono diventato paranoico a riguardo ma, che ti piaccia o no, adesso gestiremo la cosa come diciamo noi. La tua parte per ora è finita.»
Alex si appoggiò con la schiena contro il muro, poi scivolò accucciata lì, con la testa tra le mani. Si sentiva stanca oltre ogni dire, logorata, nel fisico e nella mente, non sapeva nemmeno più cosa provava, un misto di angoscia, sollievo, senso di colpa, speranza e terrore.
Jodie si chinò su di lei, l’aiutò a rialzarsi. «Ascoltami, facciamo così: io devo fare colazione, quindi andiamo giù alla caffetteria a mangiare e bere qualcosa e nel frattempo aspettiamo le novità da Ian. Se non ce ne sono nel giro di una mezz’ora, andiamo a casa almeno per un po’. È stata una lunga notte e dobbiamo riposare. Dopo qualche ora di sonno sarai più lucida per tutto il resto.»
Alex non riusciva a schiodarsi da dov’era. Guardò ancora verso il reparto, con l’assurda speranza di vedere Ian tornare verso di lei sorridendo.
«Ehi, te lo sta ordinando il medico: vieni a riposare» insisté sua madre.
Alex si arrese. «Va bene.»