11. Immaginazione: intuitiva, metodica, positiva, negativa

 

L'immaginazione è la nostra speranza, la nostra salvezza.

Se immaginiamo una situazione tanto desiderabile che non pare possa esistere, la chiamiamo "utopia". Dal greco "in nessun luogo" ("ou" = non; "tópos" = luogo). "Distopia" in medicina è lo spostamento di un tessuto dalla sua normale sede. I libri o i film distopici descrivono un avvenire negativo, tragico, irto di minacce estreme, a meno che l'umanità non prenda provvedimenti e cambi stile di vita. Non sapevamo, né sappiamo, calcolare i rischi. Però facciamo bene a immaginarli per poterli evitare: molti - ma non tutti - si rivelano inesistenti. I vecchi hanno corso più rischi e vissuto più disastri. Sono meglio equipaggiati per prevederli.

Possiamo anche immaginare eventi positivi: opportunità, risultati di progetti innovativi, invenzioni. Queste proiezioni ottimistiche potremmo anche chiamarle "eutopie" (in greco "eu" = bene). Però il termine "eutopia" è già usato per indicare certi progetti europei.

La dialettica fra ottimismo e rovinografia dura da secoli.

Cominciamo con il passare in rassegna le distopie.

 

Immaginazioni pessimistiche.

 

Le più antiche erano profezie, e vennero scritte molto dopo che erano già avvenuti gli eventi tragici "anticipati".

Ventotto secoli fa Dio avrebbe ordinato a Giona di andare a predicare a Ninive che quella città sarebbe stata distrutta per la malvagità dei suoi abitanti. Il profeta, dopo essere stato tre giorni nella pancia di una balena, giunse a destinazione e girava per la città ripetendo: "Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta!", ma quei cittadini diventarono buoni e non furono annientati.

Cassandra predisse la distruzione di Troia. L'indovino Tiresia nell'Erebo vaticinò a Ulisse che avrebbe viaggiato fra popoli che non conoscevano il sale, prima di poter fare ritorno a Itaca. La terribile arpia Celeno profetizzò a Enea che lui e i suoi compagni, una volta giunti in Italia, avrebbero sofferto la fame al punto di mangiarsi "a morsi le mense", i dischi di farro usati come piatti - in pratica, una sorta di antenati della pizza.

Dopo tre millenni le previsioni intuite vennero anche ragionate.

Nel 1588 Giovanni Botero, nell'opera Delle cause della grandezza e magnificenza delle città, scrisse che le città troppo grandi corrono rischi maggiori: di carestie, epidemie, odi fra nazioni, difficoltà nei trasporti. Nel suo Saggio sul principio di popolazione (1830), Thomas R. Malthus sostenne che le popolazioni crescono in progressione geometrica (esponenziale), ma gli alimenti prodotti dalla terra crescono in progressione aritmetica (lineare). Ritenne di averlo dimostrato perché dal 1790 al 1820 la popolazione degli Stati Uniti era cresciuta del 2 per cento all'anno.

Concludeva: bisogna limitare la crescita della popolazione praticando la castità. Sbagliava: la produttività agricola è cresciuta ben più che linearmente e la popolazione non cresce in modo esponenziale, anzi il tasso di aumento diminuisce.

Rachel Carson (Primavera silenziosa, 1962) predisse che detergenti, fertilizzanti e scarichi dannosi avrebbero spento la vita vegetale ed animale. In realtà, negli ultimi venticinque anni gli inquinanti dell'aria (ossidi di zolfo, azoto e carbonio) in Europa si sono più che dimezzati.

Barry Commoner preannunciò disastri dovuti all'inquinamento (Scienza e sopravvivenza, 1966) e scrisse che l'uso della tecnologia è ima minaccia in sé. Denunciò i rischi del fallout dei test di armi atomiche e di una guerra nucleare che non solo potrebbe uccidere centinaia di milioni di persone, ma anche danneggiare tanto l'ambiente con le radiazioni da rendere impossibile la ripresa.

Paul R. Ehrlich (The Population Bomb, 1968) sostenne che l'esplosione della popolazione causerà carestie, olocausti per denutrizione, e un affollamento tale da causare squilibri mentali, violenza urbana, rivoluzioni, guerre.

Alvin Toffler (Lo choc del futuro, 1970) descrisse i drammi degli stress che opprimono gli abitanti delle città moderne: tecnocrazia morente, irrazionalità, responsabilità eccessive.

Da decenni molti climatologi asseriscono che, a causa dell'uso di combustibili fossili con produzione di CO2 (che accentua l'effetto serra), la temperatura dell'atmosfera salirà di molti gradi anno dopo anno. Quindi si scioglierebbero i ghiacci antartici e groenlandesi, si innalzerebbero i mari, con desertificazioni ed impatti ambientali gravi. Per evitarlo, occorrerebbe limitare molto le emissioni di anidride carbonica.

Il riscaldamento dell'atmosfera è probabilmente causato in larga misura da variazioni periodiche nel campo magnetico solare che deviano i raggi cosmici e fanno diminuire le nuvole a bassa quota. Non servono misure antieconomiche per limitare l'uso dei combustibili fossili.

L'aumento dell'anidride carbonica fa bene alla vegetazione, come è ben noto e come ci ricorda spesso il famoso fisico Freeman Dyson. Io ho calcolato che da mezzo secolo il livello di CO2 nell'atmosfera tende sempre più velocemente a valori sempre più bassi. La Commissione Europea e il presidente degli Stati Uniti Barack Obama non hanno capito il problema.

Jay Wright Forrester programmò su computer un modello matematico che presentò al Club di Roma e che venne pubblicato nel libro The Limits to Growth (1972). Con 150 equazioni differenziali calcolava per il pianeta i valori futuri di popolazione, investimenti, agricoltura, minerali, industria, qualità della vita. I risultati suggerivano che entro decenni l'esplosione della popolazione sarebbe continuata, si sarebbero esauriti petrolio, gas e metalli, sarebbero mancati gli alimenti, si sarebbe accorciata la vita umana a causa dell'inquinamento. Concludeva (come Malthus) che fosse necessario limitare la popolazione, evitare sprechi, riciclare. Suggerimenti ragionevoli, ma non così urgenti.

Infatti negli anni Sessanta la popolazione mondiale cresceva dell'1,8 per cento all'anno (cioè raddoppiava ogni 40 anni) e si stimava che 840 milioni sui 3 miliardi totali fossero alla fame. Si temeva che la bomba demografica avrebbe causato stragi. Alcuni esperti, inascoltati, calcolavano che l'incremento avrebbe subìto una frenata. E, infatti, il tasso annuale di aumento demografico diminuisce gradualmente, e nel 2015 era dimezzato rispetto a mezzo secolo prima - solo 0,9 per cento l'anno (così raddoppierebbe solo fra 80 anni). Negli ultimi 25 anni il numero delle persone che soffrono la fame è sceso da 990 a 790 milioni, cioè al 12 per cento della popolazione mondiale (nel 1970 eravamo al 34 per cento). Nei paesi in via di sviluppo, le calorie a testa disponibili in media al giorno negli alimenti sono aumentate da 1850 a 2640.

Il modello matematico di Forrester indicava che le riserve mondiali provate di petrolio - 63 Gt (miliardi di tonnellate) nel 1970 -, anche supponendo che in effetti fossero cinque volte maggiori, si sarebbero esaurite nel 2020. Invece nel 2015 sono ancora di 240 Gt: quasi quattro volte quelle note nel 1970.

Nel 1971, nel Medioevo prossimo venturo, io stesso descrissi i rischi della complessità dei grandi sistemi tecnologici.

Sostenevo che entro la fine del secolo scorso la congestione amplificata da difetti nei sistemi di controllo avrebbe bloccato energia, trasporti, comunicazioni causando proprio nei paesi più avanzati disastri ed ecatombi, fino a far regredire l'umanità a condizioni medievali di miseria, povertà, violenza.

Non è successo: la mia proiezione era sbagliata. In effetti, però, ribadisco che i rischi dei grandi sistemi computerizzati e delle reti di telecomunicazioni esistono.

Diventano più critici se la telematica continua ad essere sempre meno trasparente.

Il rischio vero e più tremendo è quello di eventuali falli dei grandi sistemi che controllano gli arsenali di armi nucleari.

Non è distopia, ma seria prudenza, che impone di neutralizzare tutte le armi nucleari del mondo. Il loro potenziale distruttivo può essere scatenato da guasti casuali ed equivale a quello di 700 kilogrammi di alto esplosivo per ogni essere umano. La loro deflagrazione annienterebbe l'umanità.

Non conosciamo i dettagli dei sistemi (segreti) che governano queste strutture che possono portarci la morte. Non sappiamo calcolare i rischi con precisione. Soprattutto dobbiamo dire: NO ALLA BOMBA! Studiamo e insegniamo ai governanti e ai sedicenti capi spirituali che non parlano, né agiscono contro la minaccia più grave. Se non cambiano, cacciamoli!

Possiamo, dunque, provare a intuire disastri futuri, ma, come abbiamo visto, i successi sono stati scarsi. Possiamo provare a calcolarli in modo metodico, ma non per questo il pubblico e i decisori ci ascoltano e si attivano per avertere i rischi più gravi. Credo che non ci sia altra scelta se non quella di comportarci in modi ragionevoli.

 

Immaginazioni positive.

 

Gli artisti immaginano cose belle e gradevoli, ma sono in grado di comunicarle solo se sono padroni delle tecniche che hanno scelto di utilizzare. Gli scienziati immaginano cose vere, ma poi devono essere metodici: sperimentare, corroborare, dimostrare.

Immaginare significa mettere insieme cose note (e qui, di nuovo, i vecchi svegli possono dare un contributo notevole) e cose nuove inventate o da inventare. Per scoprirle o concepirle devi essere a conoscenza di quello che hanno capito e fatto gli altri, e devi costruirci sopra. Dobbiamo essere come nani che stanno sulle spalle di giganti.111 vecchi non sono tutti giganti, ma sono tanti. Quelli vivi e quelli che hanno registrato i loro insegnamenti costituiscono una piramide umana. Possono aiutare noi nani a immaginare un avvenire positivo, soluzioni ai nostri problemi, strade ancora non aperte, connessioni utili o anche solo divertenti fra idee, cose, sentimenti.

Durante il declino dell'Impero romano e nell'Alto Medioevo furono distrutte molte strutture edilizie ed infrastrutture.

Andarono perse tecniche e conoscenze antiche, ma ne furono inventate di nuove.

Nel XIII secolo il frate Ruggero Bacone - Doctor Mirabilis -, nell'epistola De secretis operibus artis et naturae, immaginò tecnologie moderne straordinarie. Sono descrizioni vaghe, ispirate da chissà chi o cosa, che per puro caso somigliano a macchine realizzate secoli più tardi. Ad esempio: Si possono costruire navi fluviali e marine pilotate da un uomo solo e che vadano a velocità maggiore che se avessero molti rematori. Si possono fare carri che si muovano senza animali che li tirano eppure con grande energia, come si ritiene che andassero anticamente i carri falcati da combattimento. Si possono fare macchine per volare in cui l'uomo siede al centro e dispositivi rotanti azionano ali artificiali che battono l'aria come quelle degli uccelli.

Ruggero Bacone è considerato da alcuni come il primo scienziato. Questa fama pare usurpata. Sembra leggendaria anche la sua pretesa invenzione di una testa parlante di ottone. Nell'epistola citata descrive la ricetta per la polvere da sparo (inventata in Cina e diffusa da Mongoli e Arabi): zolfo, salnitro e l'ingrediente segreto "luru mope can ubre" - anagramma di "puluere carbonum".

Questa metafora, utilizzata per la prima volta da Bernardo di Chartres nel XII secolo, fu usata anche da Isaac Newton.

Dal Rinascimento alle rivoluzioni industriali iniziate negli ultimi secoli e tuttora in corso, i progressi sono stati così straordinari da generare il luogo comune "la realtà supera la fantasia". Le invenzioni e le tecniche nuove (energia, elettronica, informatica, comunicazioni, aerospazio, biomedicina, veicoli, nanotecnologie ecc.) continuano a giungere inaspettate. Hanno mandato in rovina la fantascienza. Hanno fatto crescere la credulità dei meno informati, che prendono per vere tante bufale. Hanno anche sfidato inventori di successo ad avanzare previsioni sempre più audaci.

Un esempio estremo è quello di Ray Kurzweil, che ha inventato il riconoscimento ottico dei caratteri e i computer che riconoscono il parlato e leggono libri a voce alta, e ha ottenuto importanti risultati nel campo dell'intelligenza artificiale.

Dal 1999 al 2006 annunciò prima l'avvento delle macchine spirituali e poi la "singolarità": un irnminente culmine di progressi tecnico-scientifici con computer tanto intelligenti da cambiare ogni cosa, che innalzeranno a vette impreviste l'intelligenza, la ricchezza e la longevità degli umani.

Kurzweil prevede così le prestazioni future di un PC da 1000 euro:

# 2009:1000 miliardi di operazioni/secondo; computer incorporati negli oggetti comuni (previsione avveratasi), telefoni che traducono da una lingua ad un'altra.

# 2019: intelligenza pari a quella umana; i PC capiscono i nostri gesti ed espressioni.

# 2029: potenziale equivalente a quello di mille esseri umani; i computer leggono ogni libro mai scritto; chiedono i diritti civili.

# 2045: la genomica ci rende immortali.

# 2099: umani e computer sono indistinguibili; dopo morti continuiamo a vivere nel software. Le invenzioni sono fatte da macchine intelligenti, in misura minore da uomini.

Hardware, software, scienze dei computer e la nostra capacità di ricostruire il "progetto" del nostro cervello crescono quasi esponenzialmente. Non ci sarebbero limiti.

Le macchine intelligenti saprebbero anche costruire astronavi per disseminare la nostra (loro) cultura nel cosmo.

Come dicevo sopra, nessuno è mai riuscito ancora in alcun campo a prevedere con esattezza quello che succederà fra un secolo: che cosa avremo distrutto - o capito -, che macchine avremo, come sarà il clima, quali idee ed abitudini prevarranno. È del tutto improbabile che abbia senso anticipare scoperte straordinarie in neuroscienze, biologia molecolare, informatica, elettronica che si possano coordinare per produrre i risultati elencati sopra. Kurzweil (nel suo libro La singolarità è vicina, 2005) pretende di corroborare le sue previsioni e scrive: "Ogni aspetto dell'informazione e della tecnologia dell'informazione sta crescendo a un ritmo esponenziale". E sembra ignorare che non esiste alcun processo di crescita che segua una legge esponenziale. Se ci fosse, avrebbe già riempito l'universo.

Questa fede "singolaritaniana" contiene parecchi altri non sequitur.

Douglas Hofstadter - esperto di intelligenza artificiale e autore del saggio Godei, Escher, Bach (1979) - in un'intervista a "Scientific American" del 2007 ammette che alcune delle idee di Kurzweil sono interessanti e originali, mischiate però ad asserzioni insensate ("come se si impastassero cibi raffinati con un po' di escrementi di cane", per citare la sua colorita definizione).

Ora Ray Kurzweil lavora da Google come ingegnere capo.

Non potrà più essere il futurologo che descrive le sue visioni di progressi epocali per i prossimi decenni. Dovrà inventare cose nuove - e realizzarle. Ma cosa potranno mai creare nei laboratori di Google?

Potranno perfezionare le automobili che si guidano da sole: gli dici l'indirizzo e la macchina ti ci porta attraverso il traffico. Però la patente ce l'abbiamo quasi tutti: non ci serve tanto un autista automatico. Sarebbe più utile un'invenzione che tolga dalle strade il blocco dei veicoli fermi e le renda percorribili a una velocità decente. Acceleriamo verso l'alta tecnologia, ma sarebbe forse meglio mirare alla buona organizzazione. I computer che capiscono la nostra voce ed i nostri gesti li produrremo pure, ma torneremmo all'analogico coi suoi difetti di vaghezza. Decidemmo vari decenni fa che era peggio del digitale.

Oggi abbiamo tante macchinette che usi non digitando sulla tastiera, ma sfiorando immagini sullo schermo. Non leggi un testo, ma cerchi di seguire un audio-video e, intanto, lo commenti in tempo reale con altre persone. Ottieni servizi "mobili" anche mentre viaggi. Le parole d'ordine sono "ovunque", "a qualsiasi ora", "estemporaneo". Si tratta di mode, non di progressi reali.

È vero che arrivano tecnologie nuove ed inaspettate: copiatrici in 3D (duplicheranno, oltre a pezzi meccanici - e armi? - forse anche organismi viventi e persone, come in un racconto di Primo Levi), viaggi spaziali offerti da privati, nano-macchine e nano-strumenti. Ma sono cose che riguardano una piccola parte del pubblico. Poi teletrasporteremo particelle, oggetti e anche persone. Estrarremo gasolio dalle alghe e trasformeremo l'energia solare in elettricità col rendimento del 60 per cento - la crisi energetica sarà solo un ricordo. Produrremo beni e servizi in modo automatico.

Saranno bei risparmi, ma non ci cambieranno la vita.

Le invenzioni migliori saranno quelle che ci migliorano - rendendoci più razionali, altruisti, intelligenti, sensibili; capaci di prevedere le conseguenze delle nostre azioni, di osservare meglio, di inventare teorie, nuovi stili di vita, forme d'arte. Speriamo che in avvenire innovatori geniali trovino modi per scatenare epidemie di memi - cioè di idee, immagini, strumenti mentali, opinioni, intuizioni, tanto da innalzare i livelli dell'intera civiltà.

Questi più elevati potenziali umani non serviranno solo a migliorare le comunicazioni, i trasporti, gli edifici. Si appacheranno alla genomica: le cure fornite a ogni individuo saranno su misura per il suo DNA. Quel che si fece contro batteri e malattie infettive si farà contro virus, cancro e leucemia.

Parliamo di inventare cose meravigliose, ma non siamo equipaggiati per capirle. Prepariamoci: i nostri figli ci stupiranno.

Prima che lo facciano in modi sbagliati, è bene che addestriamo vecchi ben selezionati che gli insegnino a non inventare soluzioni complicatissime per problemi che non ci sono.

Dal 2007 in poi, i fatti ci hanno ricordato che i problemi più gravi e visibili continuano a essere violenza e povertà. Non sappiamo come evitare che vengano scatenate le guerre e, come ho detto sopra, dovremmo concentrarci su questo rischio - il più grave.

Non siamo in grado di evitare neanche le crisi economiche.

Forse non dovremmo essere pessimisti a lungo termine.

John M. Keynes previde nell'ottobre del 1930 (al colmo della Grande Crisi che aveva dimezzato il reddito americano) che nel 2030 il reddito pro capite inglese sarebbe cresciuto di otto volte. Dopo oltre ottant'anni constatiamo che aveva colto nel segno. Oggi, nel 2016, la crisi del 2007 non sembra conclusa, ma la previsione di Keynes può ispirare fiducia in una crescita imminente. Discuto la questione nel Capitolo 20 su crescita, innovazione e futuro.

Dovremmo prendere sul serio anche il pessimismo di Keynes verso i modi in cui la gente avrebbe goduto della maggiore ricchezza e del tempo libero, crescente grazie all'automazione. Scrisse che i ricchi della sua epoca usavano tempo e soldi in modi sciocchi. In effetti, i problemi demografici, economici, industriali e politici dovrebbero avere soprattutto soluzioni culturali, che purtroppo il degrado corrente rende improbabili. Quello stesso degrado che potrebbe essere contrastato da alleanze fra anziani saggi e giovani aggiornati. Ne discuto nel Capitolo 20.

 

Previsioni qualitative e prescrittive.

 

Le previsioni qualitative basate sul senso comune - e anche su ben fondate expertise e conoscenza dei fatti - possono conseguire occasionalmente successi notevoli e accurati, che non a caso sono i soli a essere citati, mentre le previsioni sbagliate vengono sottaciute e presto dimenticate.

La progettazione dell'avvenire fatta ricorrendo a previsioni prescrittive è auspicabile, ma ci saranno sempre gruppi umani che mirano a obiettivi differenti dai nostri, alcuni dei quali ci possono sembrare indesiderabili. Una certa misura di consenso è necessaria. La definizione delle scelte di valori da considerare positivi può trovare consensi generali fra gli accademici occidentali, ma questo non basta.

Occorre introdurre idee nuove. Non si possono compiere scelte intelligenti se restiamo attaccati alla morale tradizionale che giustifica le azioni solamente in base alle intenzioni.

Ad esempio, certe campagne condotte dai Verdi hanno motivazioni nobili, ma si basano su conoscenze così scadenti che hanno l'effetto netto di peggiorare lo stato dell'ambiente.

Così erano ragionevoli le motivazioni che condussero in origine a concepire il welfare state e a implementarlo in certa misura in alcuni paesi; ma le regole adottate sono state talora tanto squilibrate da creare oneri finanziari eccessivi e da avviare qualche Stato alla bancarotta.

Occorre una nuova etica della cooperazione, che potrà essere accettata da larghi strati della popolazione solo dopo una massiccia diffusione di cultura. Non si tratta solo delle due culture (umanistica e scientifica), ma anche dell'informatica, dell'economia, della psicologia, della biotecnologia - da integrare fra loro in misura che dipende dall'abilità di ciascuno.

Combinatorica - brainstorming - dialogo - pastoie da eliminare.

 

Quando Thomas Edison visitò la Torre Eiffel nel 1903 scrisse nel registro degli ospiti alcune frasi di apprezzamento per quell'opera di ingegneria. Poi concluse: "Il genio è fatto per l'1 per cento di ispirazione e per il 99 per cento di perspirazione".

Chi ha fatto il tecnologo per molti anni sa che è vero. Sa anche come descrivere le metodiche e faticose attività che fanno sudare a lungo. Ci vogliono indagini, documentazioni, sondaggi, capacità di copiare e molta sperimentazione.

Secondo l'Ufficio Brevetti USA i brevetti incorporano combinazioni di tecnologie: in media sono nuove solo nel 40 per cento dei casi. Esperienza e conoscenze tradizionali sono meglio padroneggiate da chi ha lavorato per tanti anni, ma anche i giovani possono acquisirle. È un processo deterministico, e chi ci è passato riesce a descriverlo bene.

I giovani riescono meglio a inventare: non solo tecnologie nuove, ma anche teorie matematiche e fisiche, princìpi, congetture che poi andranno dimostrate. Ci vuole ispirazione, ma spiegare da dove questa venga e come funzioni è arduo per tutti, anche per gli scienziati famosi.

I racconti dei loro successi sono deludenti. Il chimico August Kekulé scoprì la struttura esagonale dei sei atomi di carbonio e sei di idrogeno che costituiscono il benzene dopo un suo (leggendario) sogno di un serpente che si mangiava la coda.

Molti scienziati e matematici hanno raccontato di essersi svegliati la mattina avendo chiara in mente la soluzione di un problema che non erano riusciti a risolvere la sera prima.

Non sanno certo dire che cosa sia successo nella loro mente durante la notte. Le invenzioni sarebbero, forse, frutto del caso od il risultato di processi del nostro cervello di cui non siamo consci. Talora si ottengono intuizioni interessanti provando a combinare in tutti i modi possibili concetti, idee, parole che siano attinenti all'oggetto di una ricerca in corso. Sono stati fatti tentativi di programmare computer in modo che, seguendo regole determinate, producano marchi o nomi per prodotti commerciali. Molti anni fa un mio amico olandese aveva realizzato un programma di questo tipo. Ne dimostrò il funzionamento a un possibile cliente che gli comprò il software perché il primo nome stampato dal computer era Avakop - composto dai nomi di due detersivi famosi.

Una procedura per far sgorgare idee nuove (non solo nomi) da tecnici o professionisti è il brainstorming - letteralmente "tempesta di cervelli" o "incursione nei cervelli". È la tecnica che mira a tirare fuori soluzioni di problemi che vengono proposti a un gruppo di esperti anche in termini vaghi o volutamente ermetici per evitare che i partecipanti siano indotti a condividere i pregiudizi degli originatori del problema.

L'obiettivo può anche essere la definizione di specifiche di macchine, processi, sistemi. Gli esperti siedono attorno a un tavolo: ciascuno propone a ruota libera, senza critica, né inibizioni, ogni idea, parola o folgorazione che gli passa per la testa.

Sono ammesse idee irrilevanti, umoristiche, e anche freddure.

Il gruppo è pilotato da un moderatore o animatore che può intervenire ponendo domande provocatorie e stimolanti.

Si registra tutto e poi gli interventi sono analizzati criticamente da un comitato. Talora il termine è usato in un'accezione negativa. Se una riunione è sfocata e nebulosa, con molte proposte che non conducono a nessuna conclusione, si può dire: "Lo sapevo: qui stiamo scadendo nel brainstorming".

I gruppi che fanno brainstorming sono più efficienti se producono minute scritte delle discussioni. È più efficace il brainwriting, in cui gli interventi non sono verbali, ma scritti, per evitare che prevalgano i partecipanti più autorevoli o più eloquenti.

Le vecchie menti contengono memorie più o meno recondite di immagini, parole, teorie, letture, dibattiti ed eventi di ogni genere. Ciascuno di questi elementi ne richiama altri per contiguità o per assonanza. Quando un'associazione fra elementi sembra avere un senso, scocca una scintilla: comunicarla ad altri può essere l'inizio di una fruttuosa attività cooperativa. I giovani, che non hanno quelle memorie, possono essere spinti a informarsi: leggere, parlare. Possono aiutare gli anziani a ricordare le associazioni che questi ultimi dimenticherebbero, se fossero lasciate alla loro volatilità.

L'immaginazione sgorga, poi si conserva grazie al dialogo e alle registrazioni. Chi abbia imparato a parlare ed a scrivere con frasi corrette, ben costruite, comprensibili, dovrà riesumare questa abilità e insegnarla ai giovani, che spesso ne sono privi.

Bisogna disporre di un'ampia scelta di parole e saper usare quelle appropriate. Nelle scuole si insegna poco a parlare e scrivere chiaro, ma essere in grado di farlo è vitale non solo per gli umanisti, ma anche per i tecnici, gli scienziati, gli economisti.

Persino molti professionisti che esercitano lo "scrittricio" vanno corretti, sferzati e sottoposti a corsi di recupero.

L'immaginazione viene bloccata dalla stessa causa che blocca la sperimentazione ed i conseguenti ragionamenti: la fede in verità indimostrate ed indiscutibili. Queste ultime sono dettate da mistici, religiosi, filosofi, pensatori antichi e moderni.

Sono troppo note perché valga la pena di riassumere le loro credenze, sacre o no. Taluno sostiene siano consolatorie, od ovvie, o belle come forme d'arte, o parte integrante di culture antiche. Sono state analizzate, discusse e fatte a pezzi da pensatori validi. Fra questi: Epicuro, Lucrezio, Galileo Galilei (nelle sue pagine migliori), Vilfredo Pareto, Karl Popper, Richard Feynman. Non cito, né riassumo questi autori famosi.

In Rete si trovano i loro testi, riassunti e commentati.

Sbrigliamo immaginazioni positive: brevi riflessioni di un vecchio (89 anni) e di un giovane (21).

Il vecchio (sono io): il povero John Lennon ci fece una bella canzone, Imagine. Però lo sapevamo da un pezzo che non c'è un Cielo di sopra, né un Inferno di sotto. Piacerebbe a tutti vivere in pace, non dannarci a possedere cose, vivere come una cosa sola.

Ma diciamo con chiarezza che altro vogliamo. Sarebbe meglio che il mondo fosse migliore. Lo sarebbe se ogni persona che incontri a caso avesse storie da raccontare, ti dicesse ciò che non sai. Ti indicasse strade per andare a trovare cose belle. Ti ascoltasse quando dici qualche cosa di valevole che hai trovato o capito con fatica. Ti facesse conoscere altre persone interessanti. Non si lamentasse della propria sfortuna. Condividesse osservazioni acute. Non ti raccontasse tutti i dettagli dei suoi piaceri banali e qualche volta repellenti, dei suoi dispiaceri prevedibili, né di eventi insignificanti che ha vissuto o che sono stati vissuti da altre persone che non conosci. Fosse generosa.

E, ancora, lo sarebbe se le leggi e i regolamenti non si contraddicessero fra loro o non fossero assurdi o dannosi.

Se, invece, impedissero ad alcuni di accumulare ricchezze e redditi fuori misura, mentre i poveri diventano più poveri, facendo crescere la disuguaglianza e creando le premesse per reazioni violente.

Se ci fossero meno persone che parlano di leggi e di regolamenti - che vogliono sempre più soldi, più oggetti e più servizi -, che parlano di quel che hanno mangiato o che vorrebbero mangiare - che non sanno parlare - che non vogliono imparare mai niente - che descrivono in modo violento le loro preferenze o le loro antipatie per oggetti o situazioni che sono tanto sicure di aver trovato tutte le risposte (ideologie, idee mistiche o regole di vita) da volerle imporre anche a te ed a tutti gli altri - che parlano con sicurezza e autorevolezza di cose che non sanno - che costruiscono oggetti brutti e dannosi: dalle strade alle città, dai vestiti agli strumenti più disparati - che non tentano nemmeno di migliorare il proprio gusto e i propri criteri.

Se ci fossero più persone che distinguono le cose grandi da quelle piccole - che ti dicono frasi che non hai già sentito troppe volte - che si comportano onestamente - che cercano di trovare cose nuove e di capirle - che sono spiritose ed apprezzano lo spirito degli altri - che si sforzano di non ripetersi - che lavorano bene e presto, tanto che il solo guardarli lavorare ti dà piacere - che imparano le arti e non si vergognano a proporti quel che sanno fare anche se non è del tutto originale - che non insistono a produrre opere d'arte innovative, ma orrende.

Il giovane: chi raggiunge posizioni di comando poi prende decisioni, quasi sempre sbagliate. Scatena guerre e rivoluzioni.

Investe risorse enormi per realizzare grandi opere di cui non c'era bisogno e che vanno in rovina. Lascia che si creino strutture sociali ingiuste e che poche persone godano di privilegi immeritati. Non capisce quali siano i rischi letali che si preparano per l'umanità e si preoccupa di rischi minori o inesistenti.

Concordano nell'affermare tutto ciò articoli di giornale scritti dagli autori più vari, discorsi di professionisti e molti libri di storia.

Non c'è speranza che la situazione migliori. Tanti si sono sforzati in passato di creare un mondo migliore e non ci sono riusciti. Non sono disposto a rovinarmi la vita per mirare a un troppo improbabile avvenire migliore. Cerco di avere una vita accettabile sfruttando quanto di buono mi offrono le occasioni che vedo - sforzandomi in misura decente e limitando le mie aspettative, che sono scarse.