12
Ghislaine si sentiva calda, al sicuro e coccolata. Sapeva di essere ancora una ragazzina a Sans Doute, che il fratellino dormiva nella nursery e i genitori nelle loro sontuose stanze. Non poteva avere più di quindici anni. E proprio a quindici anni la sua vita aveva preso una brutta piega e lei non si era più sentita né al sicuro né amata.
Forse si trattava di un sogno. Un brutto incubo senza fine, pieno di morti e di disperazione, ma tuttavia solo un sogno. Se avesse aperto gli occhi avrebbe visto le pareti di seta color malva e il limpido cielo blu e udito il canto degli uccellini.
Il cielo era sempre blu a Sans Doute e gli uccellini cantavano, a parte il giorno in cui avevano portato via i suoi genitori e lei e Charles-Louis li avevano seguiti.
Fuori doveva essere ancora buio, perché non c’era il minimo chiarore dietro le palpebre chiuse. La coperta di seta era più pesante del solito e il guanciale meno soffice, come se fosse fatto di ossa e muscoli invece che di piume.
Ma dovevano esserci piume sotto la sua testa e se non c’erano lei non era a Sans Doute e il suo non era stato un incubo, ma realtà. Non era comoda né al sicuro, ma in pericolo. Si svegliò del tutto e afferrò la situazione.
Lui le circondava la vita con un braccio tenendola stretta a sé. Aveva una gamba tra quelle di lei, intrusiva e possessiva, e una mano affondata nei suoi capelli. Poteva immaginare la scena, la stessa che aveva visto quando l’aveva trovato a letto con la cameriera della locanda. Si domandò se avrebbe trovato una pila di monete accanto al letto.
Ma non le aveva guadagnate e non l’avrebbe fatto mai. Quell’individuo non poteva comprarla. Poteva rapirla, tenerla in ostaggio, prenderla con la forza e persino ucciderla. Ma non avrebbe mai potuto comperare il suo consenso.
La spalla di un uomo non era fatta per essere comoda. Specialmente quella di un tipo magro e muscoloso come Nicholas Blackthorne. Ma lo era. Le appoggiava il mento sulla fronte e lei non osava muoversi, temendo che si svegliasse e finisse ciò che aveva cominciato la sera prima, un rischio che non voleva correre. La sola alternativa era rimanere immobile, imprigionata dalle sue braccia, stretta contro il suo corpo. Doveva solo avere la forza di sopportarlo.
Nella notte le aveva slegato caviglie e polsi senza che lei se ne accorgesse. Anche lei lo teneva abbracciato e si aggrappava a lui come una femmina debole e impotente, come una donna che voleva stare tra le sue braccia. Assurdo.
Aveva la camicia aperta sul petto liscio e caldo e poiché lei non aveva nient’altro su cui concentrarsi si mise a osservarlo, cercando in lui segni della sua vita debosciata, magari muscoli flaccidi o eventuali altri indizi.
Ma, accidenti, non ne trovò. La sua pelle era liscia, tonica e, all’incerto chiarore dell’alba, appariva lievemente dorata; aveva i capezzoli piatti e duri tra la leggera peluria scura. Disse a se stessa che ciò che sentiva nello stomaco era una sensazione di disgusto unita all’effetto del caffè bevuto prima di andare a letto. Ma non poté evitare di chiedersi che sapore avesse la sua pelle.
A un tratto si accorse che lui era sveglio, che lo era da un pezzo, e che la sua cautela era stata inutile. «Lasciatemi alzare» gli disse con l’ira nella voce.
Lui non rafforzò la stretta, ma Ghislaine non commise l’errore di pensare di poter fuggire. Infatti pareva che non avesse alcuna intenzione di lasciarla andare.
Sentì la sua mano sulla guancia, una carezza delicata che la fece reagire con un brivido. Poi le sollevò il viso. «Siete sopravvissuta alla notte. La vostra castità è intatta. Non credete che meriti una ricompensa per il mio comportamento?»
Prima che lei potesse dirgli ciò che meritava, la bocca di Nicholas catturò la sua con un bacio delicato ma profondo, e lei non ebbe il tempo, né lo spirito, né la forza di protestare. E proprio mentre Ghislaine alzava le mani per respingerlo, lui si allontanò e si sedette sul letto passandosi nervosamente le mani tra i capelli arruffati.
Poi la guardò con un’espressione incredula. «I miei amici non lo crederebbero mai» disse.
«Avete degli amici? Ne sono stupita.»
Lui sorrise con l’abituale ironia. «Avete ancora voglia di litigare? Forse avrei dovuto prendervi, dopotutto. Ora non sareste tanto impertinente. E io lo sarei di più.»
Si alzò in piedi, stirò le braccia in alto e per un momento lei lo guardò ipnotizzata. Era altissimo, longilineo, ben fatto e muscoloso. Armonioso. Era criminale che un simile demonio fosse tanto attraente. Rendeva tutto molto più complicato.
«State sognando il veleno?» mormorò Nicholas. «Dovrete aspettare. Per il momento credo che un periodo di vita agreste sia la sola cosa da fare. Saremo bucolici in modo incantevole. Voi cucinerete per me, io pescherò, andrò a caccia e sarò un perfetto gentiluomo di campagna. La sera staremo seduti accanto al fuoco tenendoci per mano e parleremo della nostra vita felice.»
«Andrete a caccia?» Ghislaine notò con sorpresa di avere le gonne alzate fin sopra le ginocchia. Le tirò giù fino alle caviglie, ma lui non parve notarlo.
«Ho parlato di caccia? Che sciocco! Così ora sapete che ho un fucile e dovrò legarvi ancora. Non mi va di ritrovarmi un proiettile nella schiena.»
«Potrei sempre spararvi di fronte.»
«È una bella prospettiva, ma posso immaginare quale parte della mia anatomia scegliereste come bersaglio. Credo di preferire la schiena.» La guardava dall’alto. «Avete intenzione di poltrire a letto per tutto il giorno o vi decidete a prepararmi la colazione?»
Qualcosa dentro di lei si ribellò. «Sono il vostro ostaggio, non la vostra serva!» sbottò.
«Se preferite stare a letto potrei sempre rimanere con voi. Potete soddisfare altri miei appetiti.»
Ghislaine si affrettò ad alzarsi.
«Meglio così. Sono sicuro che gradite un buon caffè quanto me. E se la cena di ieri sera è un esempio di come cucinate abitualmente, mi complimento con voi. Avete un raro talento nel preparare le uova. Io ho molta fame, ragazza mia.»
Cercava di provocarla e purtroppo la cosa funzionava. Se Ghislaine avesse avuto a portata di mano qualcosa di pesante glielo avrebbe lanciato contro. Nella semioscurità di quella stanza sgangherata dove il bagliore delle braci ardenti lottava con il chiarore del primo mattino, lui sembrava di buon umore come se durante la notte avesse messo da parte rabbia e cinismo, e lei ebbe l’improvviso timore che se le avesse sorriso, sorriso sinceramente, avrebbe potuto esserne affascinata come tanto tempo prima.
Blackthorne doveva sapere che era confusa. Attraversò la camera con una determinazione che non le lasciò il tempo di correre via. Ma non la toccò, cosa che in sé era una sorpresa poiché la toccava sempre, le accarezzava le guance, le stringeva un braccio ricordandole che era in suo potere. Ed essendo Ghislaine così vulnerabile alla sua persona, in quel momento lui le stava troppo vicino. Non si era abbottonato la camicia e lei non sapeva dove posare gli occhi, se sul suo viso, diabolicamente attraente, o sul suo petto nudo. O più in basso.
Ghislaine decise che la sua spalla sinistra era il posto più innocuo su cui focalizzare lo sguardo. Era però così vicina alla sua bocca da farla sentire a disagio, ma per fortuna era lontana da altri dettagli di più seducente pericolo. «Perché non stabiliamo una tregua?» le disse con molto buonsenso. «Battervi con me non vi risolve niente e se perdo la pazienza vi lego al letto. A voi non piacerà anche se io potrei trovarlo divertente. Perché non ci prendiamo un giorno di pace prima di ricominciare la battaglia?»
Ghislaine si domandò se chiedergli di liberarla sarebbe servito a qualcosa. Ne dubitava. Non era il tipo da elargire carità o da dimenticare, e l’orgoglio era la sola cosa che le era rimasta. Se l’avesse perso sarebbe stata totalmente senza difesa.
«Posso sapere che cosa volete da me?» gli chiese ancora, non volendo compromettersi.
Lui scosse le spalle. «Davvero non lo so, amica mia. Forse vi lascio andare, o forse no. Non ho deciso.»
«E vi aspettate che mi comporti da brava bambina finché non avrete deciso di uccidermi?»
«Non c’è bisogno che vi irritiate tanto. Siete stata voi la prima a introdurre l’idea del delitto nella nostra deliziosa relazione.»
«Noi non abbiamo alcuna relazione» ribatté lei con rabbia.
«Oh, in questo non sono d’accordo. Decisamente noi abbiamo una relazione, ma non so bene di quale tipo. Allora, che cosa avete deciso, Ghislaine? Vogliamo concederci un giorno di pace o continuare la guerra?»
Lei sapeva che cedere, anche in quella piccola questione, era il primo passo verso un’ignominiosa sconfitta. Ma era stanca di lottare. Aveva ancora il corpo caldo e riposato e sapeva che era stata la vicinanza di un altro essere umano a toglierle ogni difesa. Cercò di convincersi che ogni presenza avrebbe avuto lo stesso effetto, non solo quella di lui.
Disse: «Solo un giorno. E a una condizione».
Blackthorne sospirò e si passò una mano tra i lunghi capelli. «Immaginavo che ci fosse una condizione. E quale sarebbe?»
«Che non mi tocchiate.»
Sulle labbra di lui comparve l’abituale sorriso cinico. «Nemmeno un pochino?»
«Nemmeno. Non mi piace essere palpeggiata. Risparmiatemi per un giorno e io dimenticherò il piacere di conficcarvi un coltello tra le costole.»
«Ma non avete un coltello.»
«Se volete che vi prepari i pasti dovrò averne uno.»
«Un punto a vostro favore. Credo di poter controllare la mia concupiscenza animalesca per un giorno» rispose lui guardandola da sotto le palpebre abbassate. «Qualsiasi donna può stendersi e alzare le gonne. Ma poche sanno cucinare.»
Lei lo guardò impietrita ma disse: «Promesso?».
«Promesso.» Nicholas fece un altro passo verso di lei e ormai era così vicino che Ghislaine sentì il calore della sua persona. Tanto vicino da minacciare il suo autocontrollo, ma non la sfiorò nemmeno. Era un modo efficace per dimostrarle che non aveva bisogno di usare le mani per stabilire un contatto. «Ciò che mi incuriosisce, piccola mia, è come riusciate ad affrontare la mia rudezza senza nemmeno arrossire. Credevo che gli anni passati in convento vi avessero resa ancora più pudica di mia cugina Ellen.»
«Non sono mai stata in convento in tutta la vita.»
Lei sperava di averlo sorpreso, di averlo irritato, di averlo spinto ad allontanarsi. Invece si limitò a sorridere con quel suo piccolo sorriso divertito.
«Lo so.»
Poi se ne andò e lei avrebbe volentieri barattato il resto della sua vita per poter avere un coltello in mano. Le occorse un momento e il ricordo della promessa fatta per tornare calma. Un giorno. Ventiquattr’ore. Sarebbero bastate a farle riprendere forza e determinazione. Ventiquattr’ore per indurlo a fidarsi di lei. Poi o lei se ne sarebbe andata o lui sarebbe morto.

Dopo qualche ora Nicholas si dava del pazzo. Doveva essere stato mezzo ubriaco quando aveva deciso di portare con sé Ghislaine de Lorgny. Ma no, non aveva bevuto troppo alcol. Era stato l’effetto del veleno per topi che gli circolava ancora nel sangue che aveva mandato al diavolo il suo buonsenso.
Non che il buonsenso avesse attinenza con il modo in cui conduceva la sua vita. Il caso di Jason Hargrove e di quella baldracca di sua moglie l’aveva dimostrato. Lui avrebbe dovuto prendere le distanze da Melissa fin dall’inizio, sapendo che aveva per marito un bullo irascibile e un gusto perverso per aizzarlo. Invece si era lasciato trascinare dal desiderio di un momento e continuava ancora a pagarne le conseguenze.
Fuggire con la piccola sanguinaria era stato un altro grosso sbaglio, come del resto andare in Scozia. Aveva trovato Melissa e Ghislaine straordinariamente seducenti. Oh, non nel senso usuale del termine. Era stato sincero quando aveva detto a Ghislaine che qualsiasi donna poteva procurargli ciò di cui aveva bisogno. Non era esigente riguardo alla persona che portava a letto, bastava che fosse sana e avesse un minimo di bellezza.
Il corpo di Ghislaine attraeva il suo come quello di ogni altra bella donna, ma la sua fierezza, il suo coraggio, la sua natura indomita attraevano il suo spirito. Questo faceva sì che le volesse bene, mentre si era imposto di voler bene solo a se stesso.
La Scozia era stato l’altro errore. Aveva dimenticato quanto amava quel paese e l’odore della terra bagnata, dell’aria fresca e pura, e il tepore del sole. Gli piaceva la lontananza dal fetore di Londra, dai salotti affollati di gente che usava profumi troppo forti per coprire l’afrore del corpo lavato poco. Credeva di essersi abituato al tanfo della città, che si accompagnava bene alla sua visione cinica della vita e della società.
La Scozia invece gli ricordava la luce e la sua infanzia, che non era stata del tutto priva di gioia. E gli faceva desiderare di poter riavere l’innocenza da tempo perduta. E di respirare liberamente l’aria fresca, di correre, di sorridere, di essere felice. Ma il suo dannato buonsenso gli diceva che quelle cose se n’erano andate per sempre, sopraffatte dalla piega che aveva preso la sua vita. Non c’era più luce né felicità per l’ultimo dei matti Blackthorne.
Non poteva nemmeno contare su Ghislaine per distrarsi. Aveva trovato interessante che fosse riuscita a estorcergli quella promessa. Non che avesse intenzione di mantenerla; l’aveva già informata che non manteneva le promesse. Voleva solo aspettare abbastanza tempo per toglierle i sospetti, così che la sua reazione sarebbe stata ancora più violenta quando lui l’avrebbe toccata.
Ghislaine era estremamente sensibile al suo tocco e lui lo sapeva. Come sapeva che tra i posti in cui era andata durante gli anni passati non c’era mai stato un convento. Era troppo difficile meravigliarla. Aveva inventato il convento al solo scopo di ingannarlo, ma aveva miseramente fallito. Tuttavia questo non le aveva impedito di provare. Non si rendeva conto che la loro lotta era impari e che, non importava con quali mezzi, lui avrebbe sempre avuto la meglio? E che uno dei mezzi sicuri che lui avrebbe adottato per vincerla era toccarla?
Ghislaine non si rendeva nemmeno conto delle proprie reazioni. Quando le toccava i seni, piccoli e perfetti, i suoi capezzoli rispondevano istintivamente inturgidendosi. Quando la baciava, lei voleva ricambiare il bacio, anche se si ribellava sia al proprio desiderio che a lui. Le batteva forte il cuore e la pelle arrossiva. Nicholas aveva portato a letto un numero sufficiente di donne per riconoscere i segni dell’eccitazione sessuale, ma non aveva mai avuto una donna così inconsapevole delle proprie emozioni.
O forse ne era consapevole e si sforzava di combatterle, come combatteva lui.
Forse questa sarebbe stata la sua vendetta. Diventare padrone del suo corpo. Era esperto nell’arte dell’amore, che riteneva una delle sue abilità, e sapeva come procurare piacere alle donne. Se ne sarebbe servito per strappare la verginità e le difese alla piccola, orgogliosa Ghislaine de Lorgny come le avrebbe strappato i vestiti. L’idea era molto allettante.
Ma lo disturbava un pensiero, che di solito non s’inseriva nella sua concentrazione autodistruttiva. Che cosa ne avrebbe fatto di lei dopo averla sedotta?
Non voleva pensarci. Non voleva ricordare di averla già abbandonata una volta e che a seguito di questo la sua vita era stata distrutta. Lui voleva essere responsabile solo di se stesso e prendeva anche questo troppo alla leggera.
La pioggia insistente era finita, il sole si era alzato e riscaldava la terra. Strano che la gente pensasse alla Scozia come a un paese freddo e piovoso, mentre il tempo poteva essere anche più dolce e la temperatura più calda di quanto, a sua memoria, fosse in Inghilterra.
Taverner era stato previdente e aveva nascosto il fucile così bene che purtroppo Nicholas non riusciva a trovarlo. Non ci sarebbero state quaglie né grassi conigli arrosto per cena, ma la cosa non gli dispiaceva. Per qualche oscura ragione non era in vena di uccidere.
Le trote erano un altro paio di maniche. Ovviamente Taverner aveva deciso che Ghislaine non poteva fare molto danno con un amo, una volta tolto dalla lenza. Così Nicholas in tarda mattinata prese l’occorrente per la pesca e si avviò in direzione del torrente che aveva scoperto quando aveva dieci anni. Si accorse che Ghislaine lo seguiva con lo sguardo.
Lei aveva un aspetto assurdo con quel vestito giallo canarino dalle maniche rimboccate, troppo largo e ripiegato in vita, stretto con una cintura per accorciarlo. Lui non aveva considerato le diverse dimensioni delle due donne quando aveva ordinato a Taverner di mettere in valigia dei vestiti di Ellen; semplicemente non voleva più vedere la sua prigioniera con quei miseri indumenti da cuoca.
Per fortuna il colore le stava meglio che a Ellen. Nicholas pensò di portare Ghislaine a Londra con sé e vestirla come si conveniva, con belle sete che aderissero al suo corpo sottile da adolescente. E comprarle dei gioielli. Era donna da diamanti, pensava mentre si faceva strada tra l’erba alta.
Purtroppo non poteva farlo. Anche se avesse avuto il denaro necessario, non l’avrebbe speso per una donna. Ma quella poteva essere la futura strada di Ghislaine. Lui l’avrebbe iniziata alle delizie della carne, l’avrebbe portata a Londra e poi passata a qualcuno che avesse voglia di mantenerla in una vita lussuosa. Gli sembrava una soluzione pratica al problema che gli faceva rimordere la coscienza.
Naturalmente indurre la figlia del conte de Lorgny ad abbracciare la vita del demi monde poteva non essere considerato il massimo del traguardo sociale in certi ambienti. Ma suo padre era morto, il patrimonio di famiglia divorato da un pezzo da quel mostro dalla testa di idra che era stata la rivoluzione, e di sicuro avrebbe avuto una vita migliore di quella di una cuoca. Almeno non sarebbe stata costretta a vivere in un seminterrato.
Ma Blackthorne si rese presto conto che non voleva pensarci. Non voleva nemmeno domandarsi se lei avrebbe mantenuto la parola e l’avrebbe aspettato nel padiglione di caccia. In lui c’erano troppe emozioni concomitanti, tra cui senso di colpa e rimpianto, che gli impedivano di godersi la bellezza di quella giornata. E non era il tipo d’uomo che amasse perdere tempo con il senso di colpa e il rimpianto.
In quel momento una trota o un salmone erano molto più importanti del futuro della piccola francese aspirante omicida. Avrebbe pensato a lei, presente o assente, quando fosse tornato.
La vegetazione attorno al torrentello era cresciuta da quando, oltre vent’anni prima, si era recato lì a pescare. Aveva impiegato parecchio tempo per ritrovare il punto esatto, e non era neppure perfettamente sicuro che fosse proprio quello. Mettere a punto la complicata attrezzatura per la pesca che Taverner aveva trovato fu un altro problema, ma dopo un po’ Nicholas era seduto sotto un albero, con il sole che gli scaldava le ossa e con la lenza nell’acqua in attesa del primo strattone.
Per il momento doveva solo liberare la mente e concentrarsi sui pesci. Il resto era rimandato a più tardi.
Si addormentò sotto il sole. Lei giunse solo dopo parecchie ore e si avvicinò senza fare troppo silenzio. La sentì da lontano che si muoveva nell’erba folta e sorrise. Senza dubbio credeva di essere molto cauta.
Nicholas non si mosse, ma rimase seduto con le gambe tese in avanti, riflettendo. Ghislaine aveva forse rotto la tregua? Prima di lei non aveva mai conosciuto una donna con il senso dell’onore; era improbabile che l’avesse proprio una con tendenze omicide. Inoltre, lui le aveva detto chiaro e tondo che non manteneva mai le promesse, quindi perché lei doveva sentirsi legata alla parola data quando lui non lo era?
L’aveva lasciata con un coltello. Non molto affilato, ma di certo lei aveva avuto il tempo di affilarlo. O forse aveva avuto il tempo di cercare, meglio di lui, il fucile.
L’idea che lo avesse trovato lo colse alla sprovvista. Non aveva dubbi sulla propria capacità di disarmare una ragazza che brandiva un coltello. Era molto più alto di lei e molto più forte, come Ghislaine aveva imparato nei loro precedenti scontri.
Ma un fucile era una cosa diversa. Avrebbe potuto sparargli alla testa da una distanza di venti passi. Il pensiero lo innervosì.
Era improbabile che lei conoscesse la complicata tecnica per caricare un fucile. E se mai ne fosse stata capace era improbabile che riuscisse a colpire un bersaglio, anche se delle sue ben visibili dimensioni. Inoltre lui aveva il vantaggio di sapere che si stava avvicinando. Malgrado le più micidiali intenzioni, non le sarebbe stato facile trovare il momento opportuno per farlo fuori.
Nicholas sentiva il suo respiro lievemente ansante per la fatica sopra il fruscio dell’erba alta. Segno che portava qualcosa di pesante. Era difficile raggiungere la riva del torrente, ma lui aveva già spianato il sentiero e Ghislaine era una ragazza forte. Forse aveva trovato il fucile.
Capì che era più vicina di quanto avesse immaginato e che camminava nella sua direzione con impaziente determinazione. Era stato un pazzo a lasciare la traccia del suo passaggio, pensò pigramente senza aprire gli occhi. Era stato un pazzo a credere di potersi fidare di lei. Se fosse morto, la colpa sarebbe stata della sua stupidità tanto quanto delle intenzioni omicide di lei.
Ghislaine era troppo vicina perché lui potesse nascondersi e inoltre Nicholas non aveva voglia di correre nel bosco per sfuggirle. Non che desse molto valore alla dignità, ma pensava che la sua vita non meritava la fatica.
La luce del sole che gli filtrava attraverso le palpebre si oscurò e capì che lei gli era davanti. Sentiva la sua presenza e il lieve profumo di fiori e di sapone. Non si mosse, aspettando di essere colpito.
«Nicholas» disse lei dopo qualche minuto.
Nicholas aprì gli occhi aspettandosi di vedere la canna di un fucile. Invece vide Ghislaine in piedi, senza fucile e con un cesto in mano, come una pastorella.
Raddrizzò la schiena e la fissò. Era riuscita in qualche modo a fare una specie di bagno e i capelli castani bagnati e lucidi cominciavano ad asciugarsi e si stavano arricciando. Aveva fatto anche qualcosa per l’abbigliamento. Indossava sempre uno degli abiti di Ellen, ma aveva accorciato le maniche e l’orlo, probabilmente con il coltello che lui le aveva lasciato. I due primi bottoni erano aperti sulla gola e quei pochi centimetri di pelle umida e rosea erano la cosa più erotica che lui avesse mai visto in tutta la sua vita.
«State mettendo alla prova i miei propositi, piccola mia» le disse lentamente. «Se non mi è concesso di toccarvi, potreste almeno sforzarvi di non apparire così attraente.»
Ghislaine arrossì e lui ne rimase stupito. Non la credeva capace. Il rossore svanì rapidamente, com’era apparso, e ancora una volta lei assunse l’espressione severa che mitigava la bellezza del suo viso. «Vi ho portato il pranzo» disse.
«Davvero? Che pensiero gentile. Che cosa ha fatto scaturire questo accesso di carità cristiana nella vostra piccola anima oscura?» Allungò la mano per prendere il cestino.
Lei non si mosse per darglielo. «Io non darei giudizi sulle condizioni della mia anima, fossi in voi. Nemmeno la vostra è limpida.»
«È vero. Non avete mai ucciso nessuno, anche se lo avreste voluto, mentre io l’ho fatto. Almeno quest’ultima volta sembra che la mia vittima si sia ripresa.» Rinunciò a chiederle il cestino, ma glielo prese di mano e vi rovistò dentro. «C’è moltissima roba per una persona sola. Sono troppo ottimista se spero che vogliate dividerla con me?»
Ghislaine parve a disagio. «Non sapevo di poter scegliere. Vi fidate dunque del mio modo di cucinare?»
«Nemmeno un po’. Ma avete intenzione di continuare a incombere su di me o vi decidete a sedervi?»
Lei si sedette. Probabilmente presumeva di essere abbastanza lontana da lui e Nicholas si astenne dall’informarla che non gli sarebbe stata lontana per molto tempo. Lui si muoveva più in fretta di lei, se voleva. Stava solo aspettando il momento giusto.
«Non avevo molto su cui lavorare» disse lei per giustificarsi mentre prendeva dal cesto pane, burro e formaggio. Aveva preso anche una bottiglia di vino che Tavvy aveva portato con sé quando erano partiti per la Scozia e Nicholas si domandò se lei volesse farlo ubriacare, ma di certo non gli sarebbe bastata una bottiglia.
Aveva portato il coltello, che in effetti era più affilato di quando ne aveva preso possesso. Mangiarono in silenzio per un po’ ascoltando il gorgoglio del torrente e il fruscio della leggera brezza che muoveva le foglie sopra di loro. Era uno strano silenzio, pensò Nicholas osservando Ghislaine con la coda dell’occhio mentre consumava il miglior pasto in vent’anni. Considerando che erano mortali nemici, considerando che lei lo temeva e lo odiava, era sorprendente godere di tanta pace seduto con lei sulla riva del corso d’acqua.
Poi lui interruppe la pace. Non intenzionalmente, tuttavia in modo efficace. «Perché non mi dite come mai vi siete trovata a lavorare per mia cugina nelle cucine? Dato che avete ammesso di non essere mai stata in convento in tutta la vita, mi interessa sapere come avete fatto a sopravvivere negli anni successivi al Terrore.»
Ghislaine impallidì come lui non aveva mai visto, anche se conosceva il fenomeno. Di solito lei aveva una pelle che sembrava di porcellana, con una leggera sfumatura rosata sugli zigomi. Ora sembrava di cenere.
«Un giorno di tregua non significa che io debba anche intrattenervi» disse con voce tesa.
Lui pensò che presto gli avrebbe fornito molto più di un semplice intrattenimento, ma non si sentiva di dirglielo. «Volete del vino?» le chiese invece. «Avete dimenticato di portare i boccali così dovremo bere dalla bottiglia.» Bevve un lungo sorso. Era un sacrilegio trattare così un ottimo chiaretto, tuttavia aveva ugualmente un sapore migliore di quello servito in bicchieri di cristallo in un salotto londinese.
«No, grazie…» Ghislaine fece per alzarsi, ma lui la fermò afferrandole il polso.
«Bevete un po’ di vino» le disse con voce melliflua.
Lei non si mosse. «Avevate promesso di non toccarmi.»
«Fate ciò che vi dico e vi lascio andare.»
Lei lo guardò e i suoi grandi occhi ardevano di rabbia repressa. Le pupille apparivano piccole alla luce del sole e una persona fantasiosa avrebbe potuto annegare nelle turbolente profondità delle iridi scure. Ma lui non era un tipo fantasioso. «Un sorso e vi lascio andare.»
Lei prese la bottiglia, la portò alle labbra e bevve un notevole, salutare sorso. Lui la osservò con un insieme di sensazioni diverse. Aveva quasi sperato che lei continuasse a sfidarlo per permettergli di prolungare il confronto.
Le lasciò andare il polso quando non avrebbe voluto altro che attirarla contro di sé. Il suo sorriso era freddo. «È stato tanto difficile? La vita è molto più semplice se scegliete di collaborare.»
Lei si alzò bruscamente rovesciando la bottiglia. Lui osservò il liquido scuro scomparire nel terreno con appena una traccia di rimpianto. «Non cederò mai» gli disse. «Non scenderò mai a compromessi.»
«E come chiamereste la nostra tregua?»
Lei era abbastanza distante per il momento e Nicholas la lasciò andare. Ghislaine sorrise e la sua gelida determinazione avrebbe fatto desistere un uomo più debole. «La chiamerei calmare la vittima» rispose con rabbia. Poi si voltò e se ne andò senza dire altro.
Lui rimase immobile seguendola con lo sguardo in silenziosa ammirazione. Era una fortuna che Napoleone avesse acconsentito alla pace di Amiens. Altrimenti, se tutti i francesi erano determinati come Ghislaine, l’Inghilterra si sarebbe trovata in grossi guai.