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Lady Ellen Fitzwater non era contenta. Le dispiaceva di aver lasciato a casa Gilly, ma aveva imparato, durante la sua amicizia con la sua cuoca e amica, che non c’è nessuno caparbio come una donna francese. Avevano avuto i loro dissapori durante l’anno della loro conoscenza, avvenuta in circostanze decisamente bizzarre, e di sicuro ne avrebbero avuti altri. Lady Ellen si considerava di carattere risoluto, ma nei loro scontri verbali aveva sempre perso.
Come nell’ultimo. Non aveva avuto alternativa che ritirarsi. Non che avesse paura di un individuo come Nicholas Blackthorne. Per fortuna non era il tipo di donna che potesse attrarre uno come lui. Non le avrebbe mai dato una pacca sul fondoschiena né si sarebbe permesso uno dei tanti complimenti offensivi che un uomo come lui poteva rivolgere a una donna attraente.
Purtroppo però, il mondo non avrebbe capito che lei era comunque salva dalle avances di Nicholas. Se fosse rimasta con lui sotto lo stesso tetto sarebbe stata considerata una donna perduta. Suo fratello Carmichael avrebbe dovuto prendere posizione e se lei non fosse stata attenta si sarebbe trovata sposata con un uomo spaventosamente inadatto come Nicholas Blackthorne.
Anche se questo avrebbe potuto avere dei vantaggi. Nicholas aveva un fascino diabolicamente ambiguo, doveva riconoscerlo. E non prestava la minima attenzione alle regole della buona società, cosa importantissima. Lei invece era così ligia alle stupide regole della società da essere costretta ad andar via da casa sua per rispettarle. Sarebbe stato meraviglioso potersi infischiare dei pettegolezzi.
Comunque, c’era una certa mancanza di armonia nella natura di Nicholas Blackthorne. Una preoccupante sovrabbondanza di scandali e di scampati pericoli e una certa sua natura sarcastica facevano di lui uno scomodo candidato al matrimonio. Era vicino ai trentasei anni, quindi aveva già passato l’età in cui, di solito, gli uomini si sistemano e mettono al mondo un erede. E lui invece che cosa faceva? Scappava dopo un duello. E se avesse dovuto affrontarne le conseguenze, cosa ancora possibile? E se l’avversario ferito fosse morto? Sarebbe fuggito nel continente un’altra volta, e per chissà quanto tempo.
Non che un marito assente non possa essere piacevole. Ma anche un solo giorno passato con una persona sconcertante come Nicky era più di quanto il carattere di Ellen potesse sopportare.
Sarebbe stato indifferente a tutti se Jason Hargrove avesse tirato le cuoia durante il duello. Ellen l’aveva incontrato una volta sola e non le era piaciuto affatto. Un tipo magro che stava troppo vicino, con le mani in mano e le labbra sempre umide. E barava a carte, o almeno così diceva Carmichael.
Non c’era da meravigliarsi che sua moglie si fosse rivolta a qualcuno più attraente. In giro si diceva che era stata una sfortuna che Jason avesse scoperto Nicky in flagrante delicto. Il duello era stato inevitabile, ma Nicky non avrebbe dovuto accettare di farlo all’ultimo sangue.
Finché Hargrove non si fosse ristabilito o non fosse morto, Nicky non poteva fare altro che passare il tempo in campagna o fuori dalla portata degli agenti di Bow Street o comunque delle autorità. Non sarebbe stato tanto grave se quello fosse stato il suo primo duello. Ma era il settimo e se continuava la sua fase sfortunata, sarebbe stato il secondo fatale per l’avversario. Nemmeno i membri più autorevoli della sua famiglia potevano salvarlo dalle conseguenze dell’attuale misfatto.
Ellen glielo aveva detto. Aveva parlato approfonditamente della sua mancanza di buone maniere e di autocritica e si era lamentata amaramente per essere costretta ad allontanarsi dalla propria casa a causa del suo comportamento.
Lui aveva semplicemente aperto un occhio e l’aveva guardata dalla sua pigra posizione sulla dormeuse. «Un tempo non eri così pedante, Ellen» aveva osservato.
«Dovevi proprio colpirlo a morte, Nicky?» aveva replicato lei con una certa asprezza. «Dopo tutto eri tu dalla parte del torto. Non potevi farne a meno?»
«E lasciare che mi ficcasse una pallottola in testa per il disturbo? Non sono tanto stupido.»
«Si dà il caso che il padrone l’abbia cercato un accomodamento» era intervenuto Taverner.
Ellen aveva sussultato. Non era abituata al fatto che il valletto sembrava considerarsi allo stesso livello del padrone, e partecipava alla loro conversazione quando gli pareva. In fondo anche lei aveva provato a trattare Ghislaine alla pari anche se Gilly continuava a elevare muri con la stessa velocità con cui Ellen cercava di abbatterli.
«Che cosa volete dire?» aveva chiesto a Taverner.
«Vuol dire che l’ho fatto» aveva spiegato Nicholas. «Di tanto in tanto ho un momento di nobiltà d’animo. Ma Jason Hargrove non ha accettato le scuse e se non avessi abbassato la testa non saremmo qui a discutere.»
«Non ti devi sorprendere. Voglio dire che in un duello di solito i duellanti cercano di colpirsi a vicenda.»
«Non necessariamente. Nel caso di Hargrove io pensavo che gli bastassero le mie scuse o, in caso contrario, che bastasse una ferita. Invece lui ha cercato di uccidermi.»
«Ucciderti?» aveva fatto eco lei, confusa.
«Il suo primo colpo è andato a vuoto» aveva spiegato Taverner. «Blackthorne gli ha fatto un inchino e si è voltato ritenendo che l’onore fosse salvo, eccetera. E in quel momento lui ha sparato ancora.»
«Alla schiena?» aveva chiesto lei, inorridita.
«Alla schiena» aveva confermato Nick. «E non solo, lui aveva un’altra pistola sotto il cappotto e la stava estraendo. Io non ho avuto scelta. Sono stato fortunato che la sua mancanza di tempismo e di destrezza mi abbia salvato due volte. Non potevo sperare che succedesse di nuovo.»
«Così l’hai ucciso.»
«Resta ancora da vedere. Le ultime notizie sono che si sta aggrappando alla vita con tutte le sue forze. Non lo sai che solo i migliori muoiono giovani?»
«Lo dimostra la tua età avanzata» aveva commentato acida Ellen. «Ma nel mio caso come si spiega?»
«Che dopotutto non sei così bacchettona come sembri» aveva risposto Nicholas guardandola con nuovo pericoloso interesse. «Forse dovresti mandare al diavolo la prudenza e rimanere qui. Non puoi sperare di conoscere la vita se non cogli almeno un paio di occasioni.»
«Non pensarci nemmeno. Mi conosci da quando ero in fasce; dovresti avere abbastanza buonsenso da renderti conto che non andiamo d’accordo» aveva replicato Ellen in tono severo.
Lui non aveva finto di non capire. «Non proponevo il matrimonio. Non ho intenzione di finire in manette. Ma ciò non significa che non possa introdurti a qualche… piacere dei sensi.»
«Mettici una pietra sopra» aveva replicato lei compiaciuta con se stessa per non esserne stata tentata, nemmeno per un momento. Anche se quasi le dispiaceva. «Non m’importa di ciò che dice Carmichael. Voglio che tu te ne vada appena possibile. Nel frattempo non mettere lo scompiglio tra i domestici. Non tormentare il maggiordomo, che è troppo vecchio per i tuoi scherzi. Non perseguitare le cameriere, che sono difficili da trovare. E lascia in pace la mia cuoca!» L’ultimo ordine lo aveva dato con ferocia e appena impartito si era accorta di aver commesso un errore.
«Il famoso cuoco femmina? Credevo che sarebbe venuta via con te.» Nicholas era sembrato all’improvviso molto meno ubriaco di quanto fosse un momento prima.
«Non vuole venire. Ma stai lontano da lei, Nicky, o io…»
«I soli cuochi che ho conosciuto erano montagne di ciccia che si vantavano della propria arte. Non credo che a questo punto della mia carriera possa nascere in me un debole per le donne pesanti e sudate.»
«Lei non è…» Ellen aveva avuto il buonsenso di modificare la frase in: «Cerca di non cambiare idea.»
Ma Nicholas era molto più furbo di quanto lei credeva. «Sbaglio se penso che la tua cuoca non è una montagna?» aveva detto con voce pericolosamente amabile.
«Lasciala in pace, Nicky. Per una volta nella vita comportati in modo decente.»
Ellen era rimasta sbalordita dall’espressione di lui. All’improvviso un velo torbido era calato sul suo fascino. «Io non mi comporto mai in modo decente, Ellen. Fa parte del mio magnetismo.»
«Nicky…»
«Posso elencarti i miei peccati? Forse allora, nella tua convenzionale bontà, riuscirai ad assolvermi. Posso raccontarti di quella cameriera di taverna che si è affogata perché era gravida di me? Di mia madre che si è lasciata morire quando è morto mio fratello sapendo che io non potevo essere una ragione per continuare a vivere? E della famiglia Lorgny che è finita sulla ghigliottina perché mi sono rifiutato di aiutarla? Lo sai che in famiglia follia e perfidia abbondano. Posso raccontarti del ragazzo che ho ucciso in duello dieci anni fa. Un ragazzo semplice, ingenuo, che aveva commesso il grave sbaglio di perdere una fortuna con me al tavolo da gioco e mi aveva accusato di aver barato. Era giovane, poco più di un bambino. Era l’orgoglio della sua famiglia. E ho soffiato via la sua vita perché ero troppo ubriaco per fare altro. Vuoi che continui?»
«No, Nicky» aveva mormorato debolmente Ellen.
L’espressione lugubre sul viso di lui era svanita e all’improvviso era sembrato molto più giovane e terribilmente bello. «E non credere di potermi salvare dai miei demoni» aveva detto in tono indifferente. «Altre donne hanno fatto questo errore e sono scese in basso con me. Scappa, Ellen. E di’ alla tua cuoca di chiudersi in cucina e alle cameriere di nascondersi nelle loro soffitte. Di’ ai padri di tenere in casa le figlie. È arrivato lo sciupafemmine e non si salva nessuna.»
«Non essere assurdo, Nicky» aveva replicato Ellen in tono gentile.
Lui l’aveva guardata e lei si era accorta che, dopotutto, la sua tristezza non era scomparsa. Era solo nascosta nella profondità dei suoi impenetrabili occhi blu. «Non essere assurda tu, Ellen. Scappa.»
Lei aveva proprio fatto questo. Era scappata senza nemmeno trasmettere i suggerimenti di Nicky. Nel caso di Ghislaine non sarebbero serviti. Lei non ascoltava mai i consigli e sembrava non ascoltare nemmeno ciò che Ellen diceva. Ci si domandava come facessero a essere amiche.
Gilly prendeva anche le distanze dagli uomini e dal mondo dei piani superiori. Permetteva alla sua padrona di esserle amica, ma solo secondo i suoi termini. Quando c’erano ospiti, Gilly rimaneva in cucina. Solo quando Ellen era in casa con l’unica compagnia di Binnie, mezza sorda, Ghislaine stava con lei.
Se almeno Ellen non avesse avuto la sensazione che lasciarla ad Ainsley Hall sarebbe stato portarle sfortuna! Era ridicolo, naturalmente. Di tutte le donne che aveva conosciuto, nessuna era capace di aver cura di se stessa quanto Gilly. Aveva dei segreti, questo Ellen lo sapeva. Segreti cupi, terribili, che adombravano il suo sguardo e davano una nota discordante alla sua risata. Erano segreti che la ragazza non voleva rivelare a nessuno, nemmeno a un’amica desiderosa di alleggerirne il peso.
Ma avrebbe saputo proteggersi anche da Nicholas Blackthorne? A un certo punto della vita, Ghislaine aveva guardato in faccia l’inferno e non era crollata. Adesso avrebbe fatto a pezzi chiunque avesse cercato di farle del male.
Con questi pensieri in mente, Ellen era andata a soggiornare dal fratello Carmichael nel Somerset. Andava molto d’accordo con la cognata Lizzie e adorava i nipoti. Ma la cosa più importante era che, in quella stessa casa, era atteso l’arrivo del migliore amico di Carmichael, Tony.
Lei adorava letteralmente Sir Antony Wilton-Greening. Per fortuna lui era troppo svagato per accorgersene. O, se se n’era accorto, era troppo gentile per deriderla. Timida bimbetta di otto anni, lo aveva guardato incantata quando era tornato dall’università con il fratello maggiore di lei. Cinque anni dopo, era nel periodo della passione per i cavalli e l’aveva subissato di chiacchiere dato che Tony era un ottimo cavallerizzo, esperto di cavalli di tutte le razze. Poi Ellen aveva sofferto le pene del primo amore quando, a diciassette anni, lui le aveva fatto da cavaliere al suo primo ballo.
Per i due anni successivi la loro amicizia era rimasta in tensione. Non per causa di lui. Tony sapeva come affascinare anche le ragazze più recalcitranti e come corteggiare anche le più riservate.
No, era perché all’epoca non poteva stargli vicino senza arrossire e balbettare e questi fenomeni erano così imbarazzanti che lei preferiva stargli lontano. L’aveva guardato dalla finestra quando era venuto in visita da Carmichael, l’aveva sbirciato attraverso affollate sale da ballo e schivato quando aveva potuto. Ma la sera, quando era sola in camera da letto, si abbandonava ai suoi sogni impossibili. Sogni che la facevano balbettare ancora di più, perché erano decisamente licenziosi, sogni in cui lui l’amava con maschia, travolgente passione e la trattava senza la sua abituale, indolente disinvoltura.
Naturalmente ne era uscita, come capita a tutte le adolescenti. Lui l’aveva aiutata in questo anche se Ellen non sapeva se si fosse accorto del suo segreto o no. Ma aveva continuato a frequentarla con lo stesso affetto fraterno, stuzzicandola con delicatezza, aiutandola a superare il trauma. Il giorno dell’annuncio del suo fidanzamento con la bellissima Miss Stanley, Ellen aveva pensato di tagliarsi le vene. Ma già il giorno dopo aveva deciso che era in via di guarigione.
L’amicizia era rimasta. C’erano cose che Ellen non poteva dire a nessun altro, nemmeno a Carmichael. E non doveva preoccuparsi delle regole della buona società riguardo al flirtare o alle sciocchezze relative ai due sessi. Pensava che Tony non avrebbe mai voluto una persona come lei, quando negli ultimi quindici anni gli si erano gettate addosso tutte le donne ricche e belle a caccia di marito che c’erano in circolazione. Ora Ellen si sentiva a proprio agio con lui senza preoccuparsi di ciò che pensava la gente. Era semplicemente una sorella onoraria e si sarebbe rifiutata di considerare qualsiasi altro tipo di rapporto.
Non riusciva ancora a capire come mai Miss Stanley avesse rotto il fidanzamento. Che qualcuno avesse potuto respingere Tony era fuori dalla comprensione di Ellen, lo era stato allora come adesso. Ma Tony aveva semplicemente scosso le spalle, aveva sorriso nel suo modo incantevole e detto che non erano fatti l’uno per l’altra.
«Ma perché?» aveva insistito lei allora, con l’arroganza dei suoi diciannove anni e ritenendosi guarita dalla passione per lui.
Per fortuna non c’era nessuno intorno a rimproverarla per la sua sfacciataggine. «Perché, cara Ellen, lei ha detto che non l’amavo abbastanza. Che se avessi dovuto scegliere tra i miei cavalli e lei avrei scelto i cavalli. Poiché aveva perfettamente ragione, non avevo argomenti con cui controbattere. Sono un caso disperato, Ellen. Credo che dovrò aspettare che tu cresca e mi sposi.»
Lei aveva riso ignorando il leggerissimo residuo di rimpianto. «Sono già abbastanza adulta per sposarmi, Tony. E di sicuro non sposerò te.»
«Perché no?» le aveva chiesto lui con il suo tono flemmatico e un lieve sorriso ironico negli occhi grigi.
«Perché se dovessi scegliere tra il mio cavallo e te, sceglierei il mio cavallo» aveva risposto lei.
Tony era scoppiato a ridere e lei non si era pentita della bugia che aveva detto. Ma non aveva mentito del tutto. Tony era l’ultima persona che avrebbe sposato, semplicemente perché lui non glielo aveva mai chiesto. Non si ottiene mai ciò che si vuole servito su un piatto d’argento.
Era arrivata a Meadowlands sentendosi ancora a disagio, ma la notizia che Tony aveva pensato di fare una visita improvvisata non le aveva fatto sparire le preoccupazioni. Ellen non lo vedeva da Natale e ne aveva sentito la mancanza. Le mancava sempre in modo terribile, ma le sembrava saggio razionare il proprio tempo con lui. Temeva che, passando troppo tempo in sua compagnia, le si sarebbe sviluppato un attaccamento fatale, come quello che certi uomini sviluppano per l’alcol o per il gioco d’azzardo. Se si fosse abituata troppo alla sua presenza, temeva di non poterne più farne a meno. Così si concedeva Tony a piccole dosi, il necessario per tenersi di buon umore.
Quel giorno ne aveva bisogno. Per quanto avesse detto a se stessa che ad Ainsley Hall andava tutto bene e che Gilly sapeva prendersi cura di sé, aveva tuttavia il presentimento che stesse per accadere qualcosa di devastante. E che la sua vita, comoda e pacifica, non sarebbe stata più la stessa.

«Che trambusto» ridacchiò la signora Rafferty calando il suo corpo massiccio su uno dei piccoli sgabelli della cucina. In un altro momento Ghislaine l’avrebbe osservata divertita domandandosi se lo sgabello avrebbe resistito all’assalto. Ma non quel giorno.
L’anziano maggiordomo, Wilkins, commentò: «Davvero. Non ho mai visto cose simili in casa di un gentiluomo».
Ghislaine riuscì a dominarsi e lo corresse, come ci si aspettava da lei. «In casa di una lady, volete dire. Questa è la casa di lady Ellen».
I due anziani domestici avevano invaso la sua cucina e mandato via i più giovani. Era il giorno dopo il fattaccio ed era tardi. Il personale aveva finito le pulizie dopo la cena e a Ghislaine era venuta la strana idea che loro tre fossero cospiratori. Naturalmente non lo erano. Lei aveva agito da sola. Come sempre.
«La cosa peggiore» disse la signora Rafferty con un cenno di disapprovazione «è che quel peccatore sia venuto a morire proprio qui. È una cosa… indecente, ecco cos’è.»
Ghislaine era rigida e fredda come al solito. «È dunque morto?»
«No. Il dottor Branford dice che potrebbe farcela, il che non è una benedizione, secondo me. Mr. Blackthorne non è mai stato altro che un disastro per la famiglia. Ne subisce le conseguenze persino una lontana parente come lady Ellen.» Wilkins sapeva essere molto duro, a volte. «Farebbe un grande favore a tutti se lasciasse questa terra, ma preferirei che non lo facesse in casa di lady Ellen. Pensate ai vicini.»
«E alla confusione. Ha dato di stomaco in tutta la casa. Il dottore ha detto che è ulcera. Certo è un modo molto spiacevole di morire» commentò la Rafferty.
«Immagino di sì. È fuori pericolo?» chiese Ghislaine.
Fu Wilkins a rispondere in tono lugubre: «Il dottore dice di sì. Ma sostiene che la crisi potrebbe ripetersi».
Per un attimo, Ghislaine si vide davanti la faccia di Blackthorne. Gli occhi cupi e freddi, la bocca sensuale, la sua bellezza dissoluta. Per un breve, folle momento ne era stata affascinata. «Lo credo anch’io» commentò con indifferenza.

«Non è stata un’ulcera sanguinante» disse Taverner.
A fatica, Nicholas alzò la testa. Aveva la forza di un cucciolo appena nato e Dio solo sapeva se non avrebbe fatto di tutto per mantenere la momentanea pace delle sue viscere. Se avesse ricominciato a vomitare avrebbe preso la pistola, quella della probabile fine di Jason Hargrove, e avrebbe seguito il rivale nell’aldilà, anzi, l’avrebbe preceduto.
Secondo quello stupido dottore era stato sul punto di farlo. Si era ammalato due giorni prima, due giorni durante i quali il suo corpo aveva subito la più terribile prova della sua vita. Aveva desiderato morire per non sentire le viscere strappate fuori dal corpo. Dopo, quella sua codardia l’aveva sbalordito. Era sopravvissuto a ferite di pistole, di fucili, di coltelli e anche a numerosi pestaggi. Ma aveva sempre sopportato il dolore con coraggio.
Ma la sofferenza delle ultime quarantott’ore era qualcosa che non avrebbe mai potuto immaginare. E quel dannato dottore l’aveva avvertito che sarebbe potuta tornare un’altra crisi, che…
Le parole di Taverner gli entrarono finalmente nel cervello. «Che cosa hai detto, Tavvy?»
«Ho detto che non è stata un’ulcera sanguinante. Ne ho viste di ulcere. Mio zio George ne è morto. Ma non funziona così, non capita all’improvviso. E non a un tipo giovane e sano come voi.»
Nicholas cercò di sollevarsi nel letto, imprecando contro il tremore e la debolezza degli arti. «Di che cosa stai parlando?» domandò con un filo di voce.
«Veleno, Blackthorne. Credo che siate stato avvelenato.»
«Non essere ridicolo. E chi mai dovrebbe avvelenarmi? Se Hargrove muore, immagino che Melissa non potrebbe dimostrarmi altro che gratitudine. Nessuno gli vuole bene e non ha famiglia.»
«Chiedo scusa, sir, ma lui non è il solo nemico che avete. La vostra non è stata certo una vita senza macchia.»
Nicholas riuscì a produrre lo spettro di un sorriso.
«Parole sante, Tavvy. Non sono molti coloro che piangeranno il mio trapasso. Ma c’è anche una questione di tempi. Non credo che Ellen abbia aggiunto veleno per topi al mio brandy prima di andarsene.»
«Niente più brandy per voi» sentenziò Tavvy con decisione.
«Non dire assurdità.»
«E andrò personalmente a preparare il vostro cibo. Non mi sono mai fidato dei francesi.»
«Ora sei proprio impazzito. La prossima cosa che mi dirai è che il vecchio Wilkins vuole vendicare la figlia sedotta.»
«Come? Gli avete sedotto la figlia?» domandò Taverner.
«Non so nemmeno se ne abbia una. Ma se ce l’ha, se è graziosa e se ero nelle vicinanze, immagino di averlo fatto.»
«Ci sono troppi se. No, io scommetto sulla francese.»
Blackthorne rifletté un momento. «Ammetto di non esserle piaciuto molto. Ma non mi sembra che questo possa spingerla ad assassinarmi.»
«Non so che motivo possa aver avuto. Ma dico che lei ha più possibilità di qualsiasi altro. È lei che cucina il vostro cibo, o no? E non si tratta di una cosa semplice come il fatto che non le piacete. Ho visto la sua faccia. Lei vi odia. Vi odia di brutto.»
«Assurdo.» Nicholas chiuse gli occhi ma, nondimeno, considerò la cosa.
«Forse. Ma la terrò d’occhio. E non le lascerò mettere le mani su quello che dovete mangiare. Non lo farà nessuno all’infuori di me.»
«Sei sicuro di non volermi avvelenare tu, Tavvy?» mormorò Nicholas esausto per la dura prova subita dal suo corpo.
«No. Io vi pugnalerei alle spalle se volessi farlo. Il veleno è roba da donne» replicò il domestico.
«Forse» commentò debolmente Nicholas. «Ma ti consiglio, per una volta nella vita, di essere astuto. Se si è trattato davvero di veleno e se è lei la colpevole, dobbiamo coglierla sul fatto.»
«Io vorrei tagliarle la gola.»
Nicholas fece un gesto d’impazienza con la mano. «Aspetta e vedrai. Dammi un paio di giorni per recuperare le forze. Insisti che vuoi cucinare tu per me e fai attenzione agli ingredienti che ti lascia usare.»
«Mi avete preso per un idiota?» disse offeso Taverner.
Nicholas lo ignorò e proseguì: «Poi se la gastrite non ritorna e io mi sento bene lasciamo che mi prepari uno splendido pasto».
«Perché?»
Nicholas fece un sorriso beato. «Perché la obbligheremo a mangiarlo per prima.»
Taverner rise e annuì. «Siete sempre stato un demonio.»
«Ci provo, Tavvy, Ci provo.» Nicholas chiuse gli occhi e cadde sfinito in un sonno profondo. Ma inspiegabilmente sognò la Francia.