Il racconto Nel cratere della bomba fu scritto per un’antologia che, purtroppo, non vide mai la luce. Ecco come andò.

Un giorno di febbraio dell’Anno Domini 1992, il postino mi recapitò una lettera di Rafał A. Ziemkiewicz, noto scrittore e politico, e dopo non molto ne ricevetti un’altra di Jacek Inglot, noto scrittore e critico. Il tenore delle lettere era simile: il mondo che ci circonda è orribile, venale e malato, scrivevano le note personalità; più che un mondo, è una grande psicosi. La realtà gracida, scrivevano le note personalità, mentre, subito dopo il cambiamento del sistema, avrebbe dovuto cantare dolcemente come un uccello dei campi e mormorare sommessamente come un ruscello di montagna. Il nostro dovere di scrittori, scrivevano le note personalità, è reagire. Bonaparte ci ha dato l’esempio.9 Pardon, Janusz A. Zajdel ci ha dato l’esempio. Sappiamo cosa Zajdel protestava, rimproverava, attaccava, derideva e combatteva: l’ancien régime. Anche se ora a quanto pare c’è un nuovo regime, scrivevano le note personalità, c’è sempre qualcosa contro cui protestare e combattere, c’è sempre qualcuno da attaccare. Al lavoro dunque, i letterati impugnino la penna, abbasso Soplica,10 facciamo un’antologia e pubblichiamola. Un’antologia alla Zajdel.

Considerai seriamente la questione, sebbene – sia detto tra noi – mi fossi ormai abituato all’orrore del mondo circostante, dalla realtà non mi aspettassi altro che gracidii, non mi fossi mai fatto illusioni e dunque non avessi mai conosciuto il dolore della perdita. Ma, insomma, un’antologia è un’antologia, un autore che si rispetti non rifiuta e non disprezza le antologie, e poi da questo punto di vista ero indietro, non c’era nessun mio racconto nella Messa nera, l’ennesima raccolta di Wojtek Sedeńko pubblicata nel 1991. Ero stato io, tra parentesi, a ideare il titolo Messa nera ed ero stato io il promotore «anticlericale» dell’antologia. Ma che volete, quando si era trattato di scrivere evidentemente mi ero rivelato troppo poco anticlericale. Ah, pensai, questa volta non mi arrenderò. Mi misi alacremente al lavoro e scrissi un racconto entro il termine stabilito da Ziemkiewicz e Inglot. Non fui il solo. Fu creata una speciale commissione per valutare i racconti proposti e verificare che fossero adatti all’antologia. Oggi la definiremmo una commissione di valutazione. Dopo la scrematura rimasero... due racconti: Nel cratere della bomba del sottoscritto e Com’è bella la valle di Rafał Ziemkiewicz. Ma con due soli racconti, com’è facilmente comprensibile, non si mette insieme un’antologia.

La progettata antologia prevedeva di premettere ai racconti introduzioni degli autori che spiegassero questo e quello. Nel cratere della bomba fu naturalmente corredato da una simile introduzione. La allego qui in extenso.

 

«Le nostre antologie fantastiche hanno sviluppato due tradizioni. La prima è la stesura di racconti antologici secondo i principi del Gran Premio di Pardubice, ovvero sparo di partenza e via a spron battuto. I più veloci salgono sul podio e ottengono il titolo di ’eminente rappresentante della fantascienza polacca’. Altri vengono esclusi nelle eliminatorie o cadono ai primi oxer. A questi ultimi non rimane che raccogliere le forze per reagire alle recensioni micidiali.

L’altra tradizione è far precedere i racconti da un commento dell’autore: questi rivela come gli è venuta l’idea, che cosa ha voluto dire, fa varie confessioni. A volte l’autore aggiunge un’epigrafe al racconto. L’epigrafe deve convincere il lettore che l’autore non solo scrive, ma a volte legge anche, e per giunta cose profonde da cui trarre le epigrafi.

Dunque sia concesso anche a me di far precedere il racconto da un commento, per giunta prolisso.

Tanto, tanto tempo fa, quand’ero ancora un giovane bruno e incredibilmente attraente, fu pubblicato con gran successo un libro di Leopold Tyrmand dal titolo L’uomo dagli occhi bianchi. Nonostante le apparenze, non parlava di come Lucifero comparve a sant’Agnese o di come la donna imbrogliò il diavolo. Del resto, tutti sanno di cosa parlava L’uomo dagli occhi bianchi, sebbene per un pezzo non si riuscisse a ripubblicare il bestseller, perché secondo certa gente l’autore era ancora più cattivo del protagonista.11

Ma non intendo parlare del libro di Tyrmand, bensì della sua introduzione, stampata sulla sovraccoperta. La sovraccoperta della mia copia dell’Uomo dagli occhi bianchi ha subito, purtroppo, l’azione distruttrice del tempo e delle persone cui l’ho prestato.

Tuttavia ricordo un frammento di quell’introduzione. Un critico il cui nome è scomparso dalla mia memoria per colpa della sclerosi scrisse più o meno così: ’La Varsavia dell’Uomo dagli occhi bianchi non esiste e non è mai esistita, così come non è mai esistita la Londra dell’Opera da tre soldi’. Toutes proportions gardées, con la presente informo che la città di Suwałki e i suoi dintorni in senso lato, descritti nel racconto Nel cratere della bomba, non sono mai esistiti, così come non è mai esistita la Londra dell’Opera da tre soldi

 

La succitata introduzione al racconto fu scritta unicamente perché non era il caso di utilizzare l’epigrafe di Ubu re, perché l’epigrafe di Ubu re è talmente nota che non ha senso vantarsi di conoscerla.

L’autore dichiara altresì che la somiglianza di qualcosa a tutto e a niente che si potrebbe evincere dal racconto è puramente casuale ed è dovuta a questo e a quello. Alla domanda perché sia così, l’autore risponde: perché è più divertente.

Nel cratere della bomba apparve nel numero di aprile 1993 di Fenix. Nel 1994 alla Polcon di Lublino il racconto fu premiato con lo Zajdel (così viene chiamata comunemente la statuetta assegnata dai lettori, il premio annuale intitolato a Janusz A. Zajdel).

Nel cratere della bomba è l’unico mio racconto del quale si possa dire con tutta sicurezza che non è fantasy. Grazie a esso posso dunque definirmi a testa alta «autore di fantascienza».