Va scritto così, col punto esclamativo, come in Walther von der Vogelweide. Le versioni senza il punto esclamativo sono scorrette. La storia di questo testo, mio secondo horror e terzo racconto che non tratti dello strigo, è abbastanza singolare. L’idea mi venne infatti sul treno Gdynia-Łódz´, il prosaico mezzo di locomozione con cui nel dicembre del 1990 tornavo dalla convention Nordcon. Quella convention, la seconda cui ebbi l’onore di essere invitato, fu ricca di eventi e attrazioni dei quali tuttavia tacerò, giacché non è questo né il luogo né il momento per ricordarli, e giacché su buona parte di essi andrebbe steso il velo pietoso dell’oblio. Mi limiterò dunque a ricordare che all’asta di libri svoltasi durante la Nordcon comprai tra l’altro una raccolta di racconti fantastici, ed è appunto leggendola che ammazzavo la noia che di solito accompagna i viaggi in treno. Tra i racconti c’era You Are My Sunshine di Tanith Lee. Questa novella, pura fantascienza, si svolge in un lontano futuro a bordo di un’astronave di linea. Nell’equipaggio dell’astronave c’è anche un cosiddetto P.L., Passenger Link, una sorta – mi si perdoni l’ignoranza della terminologia nautica – di responsabile cultural-ricreativo, un tipo tra i cui doveri rientra assicurare ai passeggeri qualsiasi comfort, incluso quello psicologico. Senza stare a fare il riassunto del racconto di Tanith Lee, il P.L. in questione va un po’ oltre i suoi doveri, corteggiando per sporco interesse una ragazza timida e bruttina che ha adocchiato tra i passeggeri. Con risultati spaventosi. Anzi, catastrofici.

Rigetto facilmente l’accusa di plagio: Tandaradei! non si svolge infatti su un’astronave in un lontano futuro, bensì in Polonia, in un villaggio turistico, hic et nunc, e non c’è dubbio che non sia pura fantascienza. Inoltre, tra You Are My Sunshine e Tandaradei! ci sono molte più differenze che tra I sette samurai e I magnifici sette, dunque non si può neanche parlare di furto d’idee o – se si vuole – di un adattamento secondario. Quanto allo scrittore che sostiene di non attingere la maggioranza delle sue idee dalle letture, lo considero un bugiardo. Per chiarezza aggiungerò che tra le letture annovero non solo i giornali, ma anche il cinema e la televisione.

Tandaradei! apparve nel numero del gennaio 1992 della rivista Fenix. Il debutto della novella, tuttavia, aveva avuto luogo l’anno precedente, in occasione della convention Polcon-Cracon-Eurocon ’91, quand’era stata inserita nel conbook dal titolo Supplemento critico-letterario pubblicato in occasione della manifestazione. Il redattore di quel Supplemento, lo scrittore Mirosław P. Jabłoński, nella prefazione lodò Tandaradei! con le seguenti parole: «Il testo intelligente e lirico si distingue, tra le altre qualità, per una tensione drammaturgica dosata in maniera brillante e precisa».

Grazie, Mirek.

Si potrebbe discettare a lungo e appassionatamente se Tandaradei! sia un horror o un fantasy; si troverebbero sicuramente altrettanti fautori sia della prima sia della seconda opzione. Personalmente preferisco la definizione «racconto dell’inquietudine», attinta e parafrasata da Vladimir Vysockij. Ma non certo perché mi vergognerei della definizione e dell’etichetta di fantasy, pazzo chi lo pensa.

Infine, una curiosità: nell’annunciare Tandaradei! nel numero precedente a quello in cui uscì, Fenix pubblicò un’illustrazione raffigurante alcuni cavalieri dell’ordine della Casa Ospitaliera di Santa Maria dei Teutonici, cioè dei crociati, Dio solo sa perché; forse perché in Sienkiewicz i fanti crociati intonavano il canto di Walther von der Vogelweide (al tempo, infatti, la televisione non trasmetteva ancora la brutta pubblicità di una colla da maioliche che aveva per protagonisti dei cavalieri teutonici). Comunque, in seguito, durante gli incontri coi lettori, dovetti sudare sette camicie per spiegare dov’erano finiti i crociati.