19

Il pomeriggio del giorno seguente, Monk si trovava sul lungofiume battuto dal vento aspettando che il traghetto si avvicinasse alla riva. Quando l’imbarcazione approdò, Runcorn scese a terra. Faceva molta attenzione, mentre saliva la gradinata, per evitare di scivolare sulla pietra bagnata. Sembrava stanco e infreddolito, ma avanzò verso Monk senza esitazione e lo guardò negli occhi.

Monk fece un breve cenno di saluto con il capo, poi si voltò e insieme si avviarono verso la stazione della polizia fluviale, le spalle ricurve per ripararsi dal freddo. Si conoscevano troppo bene per avere bisogno di scambiarsi inutili convenevoli.

Entrarono nell’ufficio di Monk e poco dopo un agente portò loro del tè. Monk lo ringraziò, e lui e Runcorn si guardarono ai lati opposti della scrivania. Rathbone aveva inviato un messaggio e Monk lo passò a Runcorn. Li aggiornava sia sul processo che sulle sue impressioni personali e la visita a Barclay Herne.

Runcorn alzò il viso, più cupo di prima.

— Più ci rifletto, meno sono sicuro che Lambourn si sia ucciso — disse. — Pareva chiaro al momento, e quelli del governo sembravano assolutamente certi — scosse la testa. — Io mi sono lasciato convincere. Riuscivo a pensare solo alla vedova e alle figlie, e non volevo rendere il tutto ancora più terribile. Una volta non ero così... sentimentale! — Pronunciò la parola con disgusto.

Monk pensò per un attimo di dire qualche parola di conforto, ma sarebbe suonato condiscendente. Se qualcuno l’avesse fatto con lui, non gli sarebbe stato di alcun aiuto; avrebbe soltanto avuto la certezza che l’altro non aveva capito l’importanza della questione.

— Non sono migliore di voi — disse con una punta di ironia. — Se Dinah fosse stata meno attraente e più timida, non sarei andato da Rathbone per lei. E già che ci siamo, sono abbastanza sicuro che lui non avrebbe accettato il caso.

Runcorn fece un breve sorriso. — Ho considerato l’ipotesi che Lambourn dicesse la verità sull’oppio e sui danni che causa se non è correttamente etichettato. Ma non riesco a immaginare che qualcuno l’abbia ucciso per questo. — Aveva un’espressione vulnerabile, quasi addolorata. — Devo riconoscere che quanto abbiamo fatto in Cina è stato orribile, un tradimento di tutto ciò che la maggior parte di noi crede di difendere. Riteniamo di essere civili, perfino cristiani. Sembra però che quando siamo lontani da casa, almeno alcuni di noi siano dei maledetti selvaggi. Ma qualcuno avrebbe assassinato Lambourn perché ne era al corrente? Tutti noi conosciamo quella storia, almeno in parte. — Sospirò. — E chiunque abbia straziato quella povera donna si può definire un selvaggio, per come la vedo io.

Monk aveva pensato quasi le stesse cose. Ma c’era anche l’altro elemento di cui aveva parlato Hester: la disperata dipendenza dall’oppio di chi lo assume per calmare il dolore e poi non ne può più fare a meno. — Mi piacerebbe conoscere nel dettaglio cosa ha fatto Lambourn durante la sua ultima settimana di vita.

Runcorn capì immediatamente dove voleva arrivare. — Intendete cosa aveva scoperto che potesse indurre qualcuno a ucciderlo? Con chi aveva parlato? Come ha fatto questa persona a sapere che Lambourn aveva portato alla luce il suo segreto, qualunque cosa fosse?

— Sì. Cosa potrebbe aver compreso da mettere a rischio qualcuno qui a Londra? E cosa avrebbe potuto provare? Le prove sono il nocciolo della questione. Deve essere qualcosa di personale, con un valore tale da spingere a un omicidio.

— Sono state commesse molte atrocità — disse Runcorn con disappunto. — Ho sentito dire che ben dodici milioni di cinesi sono dipendenti dall’oppio. — Guardò Monk più attentamente. — Le avete mai viste, dalle parti di Limehouse? Le fumerie d’oppio, intendo. Case sudicie in vicoli nascosti, dove le persone se ne stanno sdraiate a fumare, tutte pigiate come nella stiva di una nave. Il fumo è così denso che si fatica a vedere le pareti. È come camminare attraverso la nebbia. Se ne stanno là, senza neanche sapere dove sono per la maggior parte del tempo. Come morti viventi. — Suo malgrado, rabbrividì.

— Lo so — mormorò Monk. L’aveva visto anche lui. — Potrei capire se dei cinesi fossero venuti qui con intenzioni omicide, per vendicarsi specialmente delle famiglie che si sono arricchite con l’oppio. Ma perché togliere di mezzo Lambourn? Era contrario perfino al suo uso medico, a meno che la sostanza non fosse etichettata.

— Non ha senso — convenne Runcorn. — Aveva scoperto qualcos’altro. Ma cosa? — Si sfregò la faccia, grattandosi come se non si fosse rasato bene. — Dobbiamo ripercorrere i suoi passi. Avrei dovuto farlo già allora. Mi dissero che era tutto da imputare al rifiuto di quel rapporto e io ci credetti.

— Gladstone non ha mandato ancora niente sul rapporto — disse Monk. — A chi l’aveva consegnato Lambourn?

— Al cognato, Barclay Herne — rispose Runcorn. — Mi ha detto di averlo rimesso a chi di competenza, prima che gli fosse restituito e lui lo distruggesse.

— Il che potrebbe non essere vero — osservò Monk.

— Doveva per forza dire così. Altrimenti, la sua colpa per averlo distrutto sarebbe evidente — fece notare Runcorn.

— Forse ha rimosso qualcosa che rappresentava un problema per lui. — Monk stava pensando ad alta voce. E perfino mentre parlava non credeva realmente a quello che stava dicendo.

Runcorn lo guardò con aria critica. — Se questa cosa non c’entrava con l’etichettatura dell’oppio, perché Lambourn l’avrebbe inserita nel rapporto? Anche se Hester ha ragione sugli aghi e la dipendenza, ciò non ha niente a che vedere con la legge sui farmaci.

Monk non rispose. Runcorn aveva ragione e lo sapevano entrambi.

Finirono il tè e rimasero in silenzio per un po’.

Poi un’altra idea attraversò la mente di Monk, vivida e intensa.

— Forse hanno distrutto il rapporto perché non conteneva nulla di pericoloso — disse con foga.

Runcorn lo guardò senza capire.

Monk si protese in avanti. — Non conteneva niente che danneggiasse qualcuno, niente che non avesse senso. Lambourn sapeva della dipendenza dall’oppio e conosceva chi la stava alimentando, ma non incluse queste informazioni nel rapporto perché non erano pertinenti. Era Lambourn che dovevano distruggere, così che non ne potesse mai parlare.

— Ah! — l’espressione di Runcorn si illuminò mentre cominciava a comprendere. — Dovevano screditarlo per rendere credibile il suo suicidio. Santo cielo, che cosa orrenda da fare! Rovinare la sua reputazione per poi ucciderlo e inscenare un suicidio... — Si passò una mano sulla fronte, tirando indietro i capelli. — Non mi stupisce che Dinah si sentisse tanto impotente. Suppongo che non abbia idea di chi sia stato? Joel non gliel’avrebbe detto, per il suo bene, in primo luogo.

— Esattamente — convenne Monk. — Doveva averlo scoperto mentre faceva ricerche per il rapporto... — Inspirò profondamente. — E le persone a cui ha consegnato il rapporto sono in qualche modo coinvolte, perché lo hanno eliminato.

— Dobbiamo scoprire cosa ha fatto, dove è andato, con chi ha parlato durante la sua ultima settimana di vita — disse Runcorn con decisione. — Avete degli uomini da assegnare all’indagine? Non abbiamo molto tempo, pochi giorni al massimo. Rathbone può tener duro fin dopo Natale?

— Dovrà farlo — rispose Monk con foga. — Il problema è che vendere oppio, o le siringhe per iniettarlo, non è illegale. Anche se troviamo chi c’è dietro a questa storia, la legge non potrà toccarlo.

Runcorn si accigliò. — Dipende da cos’altro ha fatto — disse pensieroso. — Non è semplice smerciare qualcosa che la gente vuole disperatamente, specie se non può sempre pagare. — Guardò Monk, lo sguardo adombrato, la bocca stretta.

Monk annuì lentamente. — Dobbiamo saperne di più.

— Hester? — chiese Runcorn, come se non osasse quasi suggerirlo.

Monk sostenne il suo sguardo. — Forse.

Si alzò e andò alla porta. — Chiamerò Orme — disse. — Cominceremo immediatamente.

— Ho un paio di uomini di cui mi posso fidare — aggiunse Runcorn alzandosi a sua volta. — Solo per i dettagli, comunque. Bisogna verificare i tempi e le date con i domestici di casa Lambourn. Potremmo trovare qualche traghettatore che ha visto qualcosa. Probabilmente Lambourn si serviva sempre degli stessi traghetti. Siamo creature abitudinarie, in genere. Rende le cose più facili, se non altro.

Due ore dopo, avevano riempito diversi fogli con tutto ciò che sapevano dell’ultima settimana di Lambourn. Le informazioni provenivano sia dall’indagine originaria di Runcorn sia da quello che Hester aveva raccontato a Monk sulle visite dello studioso ad Agatha Nisbet e agli altri venditori di medicinali che contenevano oppio. Ora si trattava di raccogliere dettagli più accurati sui tempi, nella speranza di trovare il movente del suo omicidio.

Monk si spinse con la sedia lontano dal tavolo e si sgranchì. Si era concentrato così intensamente che era irrigidito e gli dolevano la schiena e il collo.

— Orme, potreste fare ancora delle verifiche con i traghettatori? Con voi parleranno, anche se doveste andare avanti e indietro per il fiume o pagarli per rimanere fermi — sorrise. — Dovrebbe essere un guadagno facile per loro, appoggiarsi ai remi e ricordare, invece di piegare la schiena per una manciata di penny. — Si voltò verso il secondo dei suoi uomini. — Taylor, controllate se Lambourn era stato nelle fumerie d’oppio di Limehouse. Ne dubito. Probabilmente, non ci sarà niente che non sappiamo già, ma voi avete le vostre fonti. Dobbiamo esserne sicuri.

— Sì, signore. Volete che provi anche all’Isola dei Cani? Ci sono alcune fumerie anche là — chiese Taylor.

— Sì. Buona idea. Se Lambourn aveva trovato qualcosa, sarebbe tornato per esserne sicuro. Cercate in particolare dei trafficanti d’oppio fuori dall’ordinario. — Monk guardò Runcorn con aria interrogativa. Era il momento in cui, in passato, tra loro ci sarebbe stata una breve discussione per decidere chi comandava, e ognuno avrebbe difeso il proprio territorio. Questa volta, si trattenne e aspettò.

Vide il lampo di comprensione nello sguardo di Runcorn, poi il suo corpaccione rilassarsi.

— Io torno a casa Lambourn a interrogare i domestici — disse calmo il sovrintendente. — Il valletto, e penso anche la cuoca, sapranno quando entrava e usciva. Quando ho parlato con loro, durante le indagini, si sono dimostrati leali nei confronti del padrone. Se capiscono che vogliamo provare che è stato ucciso e non si è suicidato, ci aiuteranno. Dovrò però badare a non imbeccarli.

Monk gli rivolse un breve sorriso, accettando il nuovo equilibrio tra loro. — Io cercherò questa Agatha Nisbet di cui mi ha parlato Hester. Voglio scoprire cosa le aveva detto Lambourn e cosa sa su di lui.

— Bene. Dove ci incontriamo? — chiese Runcorn.

— Qui, stasera alle nove — rispose Monk.

— Meglio a casa mia, e alle dieci — ribatté Runcorn. — Mi servirà più tempo. Rathbone non sarà in grado di tergiversare per più di un paio di giorni dopo Natale. Il che ci obbliga a fare in fretta.

Monk annuì. — Sì, è ragionevole. Ma troviamoci da me. Tè caldo e qualcosa da mangiare. — Guardò Orme.

— Sì, signore — rispose il sergente. — Anche Taylor?

— Certamente — rispose Monk. — Paradise Place, Rotherhithe.

— Sì, signore. Lo so — annuì Taylor, compiaciuto come se avesse ricevuto una sorta di encomio.

Monk impiegò più di un’ora a scovare il ricovero improvvisato che gli aveva descritto Hester, ma molto di più a costringere Agatha Nisbet a trovare il tempo di sedersi con lui nel suo minuscolo ufficio, in tranquillità, e rispondere alle sue domande.

Era alta circa quanto lui, ma con ossa molto più grosse. Non gli fu difficile immaginare come potesse intimidire chi le stava di fronte. Solo quando la guardò negli occhi, vide un po’ della compassione e dell’intelligenza di cui aveva parlato Hester.

— Allora, cosa volete? — chiese brusca. — Non ho niente da dire alla polizia fluviale.

Qualunque remota possibilità di avere la sua collaborazione sarebbe sfumata se avesse sospettato che Monk mentisse. Decise di essere schietto.

— Sto cercando di risolvere l’omicidio di un brav’uomo, prima che condannino e impicchino sua moglie per averlo commesso. O, più precisamente, la condannino per un altro omicidio compiuto dalle stesse persone che hanno ucciso suo marito. Credo che il brav’uomo in questione, un medico, sia stato ucciso perché aveva scoperto qualcosa di terribile su qualcuno legato al traffico di oppio. Qualcuno che distruggerebbe chiunque ne sia a conoscenza e possa accusarlo ora.

La riluttanza di Agatha si trasformò rapidamente in interesse.

— Alludete al dottor Lambourn e a quella disgraziata creatura che hanno massacrato a Limehouse Pier. Ma se non è stata la moglie, chi l’ha ammazzata? — Lanciò a Monk uno sguardo severo e sveglio.

Lui notò che le mani della donna, più grosse delle sue, stringevano a più riprese le carte sparpagliate sul tavolo.

— Sì — confermò. — Mentre il dottor Lambourn stava cercando informazioni sull’oppio, ha saputo accidentalmente altre cose. Una di queste era tanto pericolosa, che qualcuno ha diffamato Lambourn e l’ha ucciso, cercando di farlo sembrare un suicidio. In quel modo si è assicurato che il suo segreto non sarebbe mai stato svelato.

Agatha aspettava, gli occhi fissi su di lui, una figura immobile e imponente.

— Penso che abbia scoperto questo segreto nella sua ultima settimana di vita — continuò Monk. — Così sto ripercorrendo il più fedelmente possibile i suoi spostamenti.

— Andateci piano — fece lei con una punta di umorismo. — Non vorrete finire anche voi nel fiume, con la gola tagliata o peggio.

— Vedo che capite perfettamente. Che cosa voleva Lambourn da voi e cosa gli avete detto? — Monk si chiese se offrirsi di proteggerla, ma sarebbe equivalso a insultarla. Quella donna, proprio come lui, sapeva che sarebbe stato impossibile.

— Oppio — rispose Agatha pensierosa. — Intorno all’oppio si commettono un sacco di porcherie.

— Cosa? — chiese lui. — Rubarlo? Tagliarlo con sostanze impure? L’importazione è perfettamente legale. Cosa c’è per cui varrebbe la pena di uccidere?

— Si può uccidere per avere il predominio sul mercato, in qualsiasi tipo di commercio — disse lei con disgusto. — Perfino i panettieri e pescivendoli lo fanno! Provate a inserirvi nel mercato della carne e vedete quanto durate!

— È questo che vi ha chiesto Lambourn?

L’espressione di Agatha si indurì. — Io ho i miei canali per avere l’oppio, oppio puro. Lo do per calmare il dolore e non a qualche ricco idiota che vuole scordare i suoi guai. E gliel’ho detto.

— Allora perché disturbarsi a ucciderlo? Avanti, signorina Nisbet! — la incalzò. — Era un brav’uomo, un medico che cercava di far etichettare correttamente i medicinali per impedire delle morti accidentali. L’hanno tolto di mezzo per ridurlo al silenzio, poi hanno trucidato la sua prima moglie per far sì che la seconda fosse impiccata per l’omicidio. Qualunque cosa avesse scoperto, era ben peggiore di una guerra commerciale di cui si potrebbe sentire tranquillamente parlare lungo il fiume. Non si può mettere a tacere tutta Londra.

Agatha annuì lentamente. — C’è più del furto — confermò. — C’è l’avvelenamento graduale. Uomini buoni che diventano malvagi, morti viventi ridotti peggio che morti. L’oppio è potente, come il fuoco, che nel camino riscalda, ma ti può bruciare la casa.

Monk sentiva addosso lo sguardo di Agatha. Il minimo tremolio sul suo volto, il minimo movimento degli occhi, e lei l’avrebbe notato. Per un attimo si chiese cosa avesse visto e fatto quella donna; cosa le aveva negato la vita da avere scelto quella strada. Riportò l’attenzione al presente, a Joel Lambourn, morto nel discredito, e a Dinah, ormai vicina alla forca.

— Gli orrori che ho vissuto sono eventi ordinari — disse, consapevole che Agatha non avrebbe continuato se non si fosse fidata di lui. — Una donna stuprata e picchiata a morte, un uomo fatto a pezzi e lasciato a marcire, bambini torturati e ridotti in schiavitù. È sempre successo e succederà ancora. Posso solo tentare di far sì che capiti meno di frequente. Che cosa sapete dunque che potrebbe rovinare qualcuno a Londra?

Agatha si sentì una stretta ai visceri. — Omicidio — disse a bassa voce. — Si tratta sempre di omicidio alla fine, o no? Omicidio per denaro. Omicidio per il silenzio. Omicidio per i sogni, per la pace invece del dolore lancinante, omicidio per un ago e un pacchetto di polverina bianca.

Monk non disse nulla. Udì dei passi fuori dalla porta, veloci e leggeri, di qualcuno che andava di fretta. E poi i rumori della sofferenza. Non lo scricchiolio delle molle dei letti, solo il fruscio dei pagliericci sul pavimento.

— Chi? — chiese infine Monk.

— Non lo so — rispose lei senza un attimo di esitazione. — Non voglio saperlo, perché se no dovrei ucciderlo.

Monk non dubitò che l’avrebbe fatto. Non era sicuro della propria forza morale, perché avrebbe potuto sentirsi nello stesso modo, ma sorrise.

Agatha gli restituì il sorriso, mettendo in mostra i suoi grandi denti bianchi. — Siete un tipo strano, eh? — disse con interesse. — Se trovate quel bastardo, fategli un nodo in più al cappio da parte mia, d’accordo? Con quella robaccia ha rovinato un uomo per bene, una persona un tempo di raro valore. — Aveva la voce roca, come se avesse trattenuto le lacrime troppo a lungo e le dolesse la gola. — Hanno detto che Lambourn si è tagliato le vene?

— Sì.

— Ma non l’ha fatto, vero?

— Non penso — rispose piano Monk. Non voleva fingere di esserne certo.

— Gli è andata meglio che ad altri, ma non doveva succedere.

— Che tipo di persona devo cercare? — chiese Monk. — Potete dirmi qualcosa?

Agatha emise un grugnito di rabbia. — Qualcuno che si muove nell’ombra, insospettabile. Un membro della buona società, che non ha mai visto cosa succede a quelli che si iniettano quella roba nelle vene guadagnandosi un biglietto di sola andata per la pazzia. Ma ogni tanto anche i pezzi grossi finiscono dietro le sbarre.

Monk rimase qualche istante in silenzio, poi si alzò.

— Grazie — disse prima di voltarsi e andarsene.

Tornò a Wapping, mentre rimuginava su quello che aveva detto Agatha Nisbet. Stava cercando l’uomo che traeva profitto dalla vendita non solo dell’oppio ma anche delle siringhe capaci di ridurre a una dipendenza letale nel giro di settimane, giorni perfino. Niente a che vedere con le dosi ordinarie che chiunque poteva facilmente acquistare, né con l’abitudine dei cinesi di fumarlo, per quanto facesse male e portasse lentamente alla distruzione.

Ma il problema non era solo trovare quell’uomo. Una volta che lo avesse scovato, cosa avrebbe potuto fare? Diffondere una piaga del genere poteva essere il più infame dei peccati, ma non era illegale. A meno che, naturalmente, la persona non fosse coinvolta negli omicidi di Lambourn e Zenia Gadney.

Una volta in ufficio, Monk rilesse ciò che aveva raccolto sulle ricerche di Lambourn per il disegno di legge sui farmaci e fece una lista di coloro che erano entrati in contatto con lo studioso. L’avrebbe confrontata con quello che sarebbe riuscito a scoprire Runcorn.

Naturalmente, Lambourn poteva aver semplicemente sentito parlare di qualche fatto grave, senza aver avuto un contatto diretto con la persona che ne era responsabile.

Chi era la persona per bene che secondo Agatha Nisbet era stata rovinata? Che si trattasse di qualche medico corrotto, convinto a vendere oppio e aghi per conto dell’uomo che controllava quel commercio? Come trovarlo? E anche se ci fosse riuscito, avrebbe potuto dirgli qualcosa di utile? Monk aveva bisogno di saperne di più. Magari da Hester, o Winfarthing.

E l’altra metà del problema non aveva ancora una risposta: chi aveva saputo ciò che Lambourn aveva scoperto e passato l’informazione alla persona che poi aveva ucciso il medico e quindi Zenia Gadney? Qual era il filo che collegava queste persone?

Erano le informazioni contenute nel rapporto di Lambourn? Oppure la distruzione del documento era solo un diversivo per giustificare il suo apparente suicidio? Doveva scoprire chi aveva ordinato la distruzione del rapporto e chi aveva effettivamente eseguito l’ordine. Le informazioni scottanti erano ricavabili dai dati raccolti? O l’intera relazione era invece irrilevante?

Avrebbe chiesto a Runcorn di mettere un agente a seguire questa linea di indagine.

Il rapporto era stato consegnato a Barclay Herne. Questi, apparentemente, aveva riferito a Sinden Bawtry che il documento, scientificamente inconcludente, non sarebbe stato di alcuna utilità per convincere il Parlamento ad approvare la legge sui farmaci.

Chi altri lo aveva visto? Se nessun altro lo aveva letto, allora il trafficante di oppio doveva essere uno dei due. Herne avrebbe ucciso suo cognato? Sia Bawtry che Herne avevano un alibi. Erano all’Athenaeum la sera in cui Lambourn era morto, come testimoniato da almeno una dozzina di persone.

Di sicuro il trafficante d’oppio avrebbe avuto altri al suo servizio. Poteva benissimo essere il medico di cui aveva parlato Agatha Nisbet. Come avrebbe potuto trovarlo?

Runcorn, Orme e Taylor giunsero a Paradise Place poco prima delle dieci. Si riunirono con Monk intorno al tavolo della cucina. Sedevano sulle quattro sedie normalmente utilizzate per mangiare. E una dovette andare a prenderla Hester nella camera di Scuff, muovendosi piano per non svegliarlo.

La stufa riscaldava la stanza, che odorava di pane fresco, pavimento lucidato e biancheria pulita. Davanti a un tè caldo e fette di pane imburrato, Monk riferì quanto aveva saputo da Agonia Nisbet, sottolineando in particolare la necessità di trovare il medico.

Nessuno replicò. Monk sollevò lo sguardo e incontrò quello di Hester, che lo scrutava cercando di capire cosa stava pensando.

— Ti ha detto nient’altro di questo medico? — gli chiese. — Non so... età, esperienze, quello che fa adesso...

— No — ammise Monk. — Penso che lo stesse proteggendo. Era addolorata per il fatto che fosse stato corrotto in quel modo.

— L’oppio riduce le persone così. — Hester era cupa. — Non ne so molto, ma ho sentito e ho visto qualcosa. A volte lo si usa in seguito a terribili ferite e poi diventa difficile smettere, specialmente se le ferite non guariscono mai veramente.

Monk la fissò. Poteva vedere in lei il dolore che le causavano i ricordi, il senso di impotenza ancora vivo. Aveva le spalle rigide, che le tiravano il tessuto nel vestito, i muscoli del collo tesi e dalla bocca socchiusa la pietà traspariva come una ferita aperta. Si chiese cosa avesse visto, quali orrori non fosse mai riuscita a condividere.

Allungò la mano e le sfiorò le dita, per un attimo, poi la ritrasse.

— Puoi informarti su questa persona? — Monk non era per niente felice di chiederglielo, ma Hester avrebbe capito che era costretto, e si sarebbe risentita se, per proteggerla, avesse fatto meno di quel che il suo dovere imponeva.

— Penso di sì — rispose Hester guardandolo.

Gli altri la fissavano e attendevano.

— Vengo con te — disse pronto Monk. — Potrebbe essere pericoloso.

— No. — Hester scosse la testa. — Non abbiamo tempo di assegnare due persone allo stesso compito. Ci restano pochi giorni. Forse so chi è. Quando l’ho incontrato, non ho neanche pensato che potesse essere un oppiomane. Avrei dovuto accorgermene. — C’erano rabbia e un’amara autocritica nella sua voce.

— Non ci andrai da sola — replicò Monk senza esitazione. — Potrebbe essere stato lui a uccidere Lambourn e a fare a pezzi Zenia Gadney. O vengo con te, o non ci andrai!

Lei accennò un sorriso, come se qualcosa di quello che aveva detto la divertisse.

— Hester! — proruppe Monk brusco.

— Pensa a tutto quello che c’è da fare — rispose lei. — Agatha ha detto che quest’uomo una volta era onesto. Sarà rimasta qualche traccia di bontà in lui, e io non rappresento alcuna minaccia. — Si protese leggermente in avanti come a richiedere l’attenzione di tutti. — Dobbiamo scoprire chi lo sta usando. È questa persona che ha ucciso Lambourn e Zenia Gadney, o li ha fatti uccidere. Potremo occuparci del medico dopo che avremo fatto assolvere Dinah. Prima non c’è tempo.

Monk serrò i denti e respirò lentamente. — E se fosse stato lui a ucciderli? — chiese, dispiacendosi di doverlo dire.

Vide dal volto di Hester che aveva capito.

Fu Runcorn a esprimere ad alta voce ciò che anche lei doveva aver pensato.

— Potrebbe essere per questo che non furono trovate fiale o boccette vicino a Lambourn — disse mesto. — Non aveva ingerito l’oppio, gli era stato iniettato con uno di quegli aghi. E naturalmente chiunque l’ha ucciso ha portato via la siringa. Non voleva che qualcuno la vedesse.

— Comunque, rimane il fatto che non sappiamo chi ha ucciso Zenia Gadney — intervenne Orme, che non aveva ancora parlato. — Ho fatto avanti e indietro a Limehouse Pier. Quella sera è stata vista con una donna. Se ha incontrato un uomo, medico o no, qualcuno pagato da Herne o da Bawtry, allora deve essere stato dopo. — Fece correre lo sguardo da Runcorn a Monk. — Suppongo che abbiate preso in considerazione che potrebbe essere stata Dinah Lambourn a ucciderli tutti e due, non per gelosia o rabbia, ma perché qualcuno l’aveva pagata, a causa dell’oppio...

Nessuno rispose. Non era un’ipotesi insensata, ma nessuno voleva accettarla.

Fu Runcorn a rompere il silenzio: — Ho parlato con tutti gli abitanti di casa Lambourn — disse. — Ho stilato una lista completa dei posti in cui Lambourn è stato nell’ultima settimana, ma non è saltato fuori granché. — Estrasse dalla tasca due fogli e li aprì al centro del tavolo.

Monk diede un’occhiata, ma poteva capire dall’espressione di Runcorn che c’era qualcosa di più.

— Poi ho cercato di ricostruire nei particolari il suo ultimo giorno di vita — continuò Runcorn. — Per capire che cosa l’avesse indotto a uccidersi. Penso che nessuno decida di suicidarsi e rimandi il gesto al giorno dopo. Se lo si vuole fare, lo si fa il giorno stesso. Chiunque l’ha eliminato ha pianificato l’omicidio attentamente, per renderlo credibile.

A uno a uno, tutti annuirono. Nessuno accennò a Dinah, ma l’omissione aleggiava nell’aria.

— Chi ha incontrato quel giorno? — chiese Monk. Prima ancora che Runcorn rispondesse, comprese che non sarebbe stata una bella notizia. Lo poteva vedere nella sguardo confuso di Runcorn.

— Il dottor Winfarthing — rispose Runcorn. — Il mattino. Alcuni commercianti a Deptford il pomeriggio. È rincasato per una cena, sul presto, poi ha lavorato nel suo studio prima di uscire per una passeggiata serale con la signora Lambourn. Sono andati entrambi a letto alle dieci. Nessuno l’ha più visto vivo. È stato trovato il mattino dopo sulla One Tree Hill da quel tizio che portava a passeggio il cane.

— Non ha senso — commentò tristemente Hester. — Non vedo niente che possa averlo spinto a uccidersi quella notte. Non era nemmeno il giorno in cui aveva appreso del rifiuto del suo rapporto, vero? — Scrutò Monk, poi Runcorn, quindi di nuovo Monk.

— No — convenne Runcorn. — Glielo avevano comunicato tre giorni prima. Nel corso delle indagini avevamo ipotizzato che ci avesse messo un po’ per decidersi a farlo. O che forse pensasse che il governo avrebbe cambiato idea, o di poter trovare nuove prove. Winfarthing ha dichiarato che appariva ancora deciso a battersi quando l’aveva visto, quella mattina.

— Così ritorniamo a Dinah Lambourn — disse Orme.

— Non l’aveva contattato nessuno? — chiese Monk rivolto a Runcorn. — Nessuna visita, un messaggio, una lettera?

— Ho chiesto al maggiordomo — rispose Runcorn. — Ha detto che il dottor Lambourn aveva controllato la posta al rientro a casa, intorno alle cinque. Non c’era niente salvo le solite bollette. Nessuna lettera personale.

— Era andato a dormire? — chiese Hester perplessa. — Ne siete sicuro? Potrebbe essere uscito di nuovo dopo che Dinah era salita in camera? — Abbassò un poco la voce. — O non essere mai rientrato?

— Il maggiordomo ha detto che erano saliti in camera entrambi; lui ha scambiato qualche parola con il dottor Lambourn. Ma avrebbe potuto leggere un po’, suppongo, e poi scendere di nuovo — rispose Runcorn. — Perché?

Taylor sembrava imbarazzato. — A meno che non si sia davvero suicidato? — Esitò. — Siamo sicuri che, seppur innocente, lei non stia mentendo per nascondere il suo suicidio? Nessuno vuole riconoscere, nemmeno con se stesso, che la persona che si ama abbia fatto una cosa del genere. Magari lo fa per proteggere le figlie.

Hester guardò Taylor, poi Monk. Questi le lesse negli occhi che riteneva la cosa plausibile.

Runcorn non si arrese. — Oppure qualcuno è venuto a fargli visita, o lui è uscito per incontrare qualcuno — disse in tono piatto.

— Sulla One Tree Hill? — disse Monk. — Dista quasi un chilometro e mezzo da Lower Park Street. Chi avrebbe dovuto incontrare nel cuore della notte?

— Qualcuno di cui si fidava — rispose Runcorn. — Qualcuno con cui non voleva farsi vedere in giro, o che non voleva farsi vedere con lui.

— Probabilmente non pensava di andare così lontano — aggiunse Hester. — Avete detto che non aveva preso la giacca, nonostante fosse ottobre.

— Qualcuno di cui si fidava — ripeté Monk. — Forse una persona che poteva avvicinarglisi tanto da infilargli un ago nel braccio e iniettargli l’oppio.

— Proprio come la povera signora Gadney — disse Orme. — È stata uccisa da qualcuno di cui si fidava, altrimenti non sarebbe andata sul pontile, da sola e al buio.

— Di certo non un cliente — disse Monk con convinzione. — Non così, all’aperto.

— No — concordò Orme. — Questa volta ho chiesto più attentamente. Nessuno l’ha mai vista con un uomo, a parte Lambourn. La gente ha fatto supposizioni. I giornali hanno riportato che si era data alla prostituzione, ma non esiste prova al riguardo. — Si protese sul tavolo e continuò con voce sicura. — E se fosse andata là con qualcuno che conosceva, qualcuno di cui non aveva alcun timore, esattamente come Lambourn?

— La stessa persona? — disse Monk esprimendo il pensiero di tutti. — Chi conosceva sia Zenia sia Lambourn?

— Una persona rispettabile — disse piano Runcorn. — Qualcuno del quale Lambourn si fidava e di cui Zenia non avrebbe mai sospettato. Forse... — Rifletté. — Forse qualcuno che sosteneva di essere l’avvocato di Lambourn, o un amico...

— Un medico... — disse lentamente Hester. — O un familiare.

— Sua moglie — disse tristemente Orme.

Nessuno ribatté.

— Abbiamo fino al giorno dopo Santo Stefano per provarlo — disse Runcorn guardando i presenti a uno a uno. — Se sir Oliver riesce a prolungare il processo fino ad allora.