5
Monk fu fortunato e trovò la sorella di Lambourn in casa quando passò nel tardo pomeriggio, nell’elegantissima Gordon Square. Aveva incontrato diverse carrozze lungo la strada, alcune con stemmi sulle portiere e lacchè in livrea, trainate da coppie di cavalli perfettamente uguali.
La cameriera lo invitò a entrare e lo lasciò in un salottino sontuosamente arredato mentre andava a informarsi se la signora Herne poteva riceverlo.
Monk si guardò intorno e colse immediatamente il gusto convenzionale della casa. Non aveva niente di caratteristico, nulla che potesse particolarmente compiacere o offendere. Non era solo noiosa, ma anche vagamente ingannevole. Nascondeva la personalità di chi l’abitava. Il marito di Amity Herne doveva essere completamente diverso dal cognato. Alcuni dei libri erano simili, per esempio le opere di Shakespeare e di Gibbon. A prima vista, sembrava mancare Milton. Ma fu il modo in cui erano tutti abbinati e perfettamente allineati, come se non fossero mai stati mossi, che irritò Monk.
Dovette aspettare un po’, ma guardandosi intorno non vide niente che catturasse la sua attenzione o che gli desse qualche informazione in più sugli interessi o le passioni dell’uomo che viveva lì, se non che esercitava una certa cautela in tutto quello che mostrava.
Anche Amity Herne era di una bellezza fredda ed elegante. I capelli biondi erano folti e raccolti in un’acconciatura perfetta, la pelle non presentava la minima imperfezione. Entrò e chiuse la porta dietro di sé. Era alta quasi quanto la cognata, ma molto più magra. Nell’elegante abito scuro, le spalle apparivano lievemente spigolose.
— Come posso aiutarvi, signor Monk? — chiese senza invitarlo a sedersi. — Temo di essere attesa a una mostra di sete cinesi questa sera, insieme alla moglie del Lord Cancelliere. Capirete che non posso tardare.
— Naturalmente — convenne Monk. — Arriverò subito al punto. Vogliate perdonare la mia schiettezza. Sto indagando sulla morte di una donna di nome Zenia Gadney.
Amity Herne aggrottò la fronte. — Non mi viene in mente nessuno con questo nome. Sono desolata di apprendere che è morta, ma non posso aiutarvi. Non so cosa vi abbia indotto a pensare il contrario.
— Forse non potete saperlo — concesse Monk senza rispondere alla domanda indiretta. — Ma il vostro defunto fratello conosceva la signora Gadney piuttosto bene... — Si fermò vedendo l’espressione di lei indurirsi. Avrebbe potuto essere per il dolore, ma gli parve più irritazione.
— Mio fratello aveva frequentazioni diverse da quelle mie e di mio marito — disse la donna a voce molto bassa. Chiaramente giudicava la sua osservazione inopportuna e, considerando la fine che apparentemente aveva fatto il fratello, forse non aveva torto. — Era... eccentrico... in alcune delle sue opinioni — continuò. — E lo era divenuto sempre di più con l’età. Mi rincresce che abbiate sprecato il vostro tempo.
Monk non si mosse. — La vedova del dottor Lambourn sostiene che il marito conoscesse molto bene la signora Gadney, e le testimonianze che abbiamo raccolto dai vicini di casa lo confermano.
— Potrebbe essere vero — convenne Amity senza spostarsi da dove si trovava, vicino alla porta. — Come ho cercato di spiegarvi, mio fratello era un po’ eccentrico. Quando si convinceva di un’idea, non c’era niente che potesse fargli cambiare opinione, certamente non il buon senso né le prove contrarie.
Monk colse una nota di amarezza nella voce della donna. Questo era un lato diverso di Joel Lambourn. Non gli dava alcun piacere sentirlo, ma non poteva lasciar correre, non se ci fosse stata anche solo una possibilità di arrivare all’assassino di Zenia Gadney. Si costrinse a ripensare al suo cadavere riverso e a quanto fosse apparso più piccolo di quello che sarebbe sembrato in vita. Rivide il volto cereo e il ventre sbudellato, il sangue e le pallide interiora esposte.
— La signora Gadney è stata assassinata — disse piano, con voluta brutalità. — Le hanno squarciato il ventre ed estratto gli intestini. È stata gettata sul pontile, a Limehouse, come un sacco di immondizia rotto. — Continuò in tono più gentile: — Il dottor Lambourn la conosceva abbastanza bene da farle visita ogni mese. La vedova dice di esserne a conoscenza da anni. Non è qualcosa che posso ignorare. Finora il dottor Lambourn è risultato l’unica persona che abbia avuto rapporti con la vittima. Altri la conoscevano solo quel tanto da scambiare poche parole per strada.
Sul volto di Amity le emozioni si susseguirono così in fretta che Monk non riuscì a identificarle. La rabbia era però evidente. E forse anche il dolore, la pietà e la paura. Tuttavia non poteva esserne sicuro. Ma perché avrebbe dovuto mostrare la sua vulnerabilità di fronte a lui, che era stato tanto crudele? La maggior parte delle persone reagiva con la rabbia a ciò che le feriva.
— È meglio che vi sediate, signor... signor Monk — disse Amity Herne con freddezza. — Sarò più chiara e breve possibile. È ovvio che ci sono molte cose che ignorate e che, in memoria di quella povera disgraziata, dovreste sapere. Sa Iddio che nessuno dovrebbe morire in quel modo.
Lentamente, appoggiandosi ai braccioli, si sedette su una delle grandi poltrone. — Mia cognata, Dinah, è una donna molto emotiva e un’idealista. Se l’avete incontrata, come dite, ve ne sarete probabilmente reso conto. La sua immagine di Joel non era realistica, per dirla nel modo più gentile. — Scosse leggermente la testa. — Gli era devota, come lo è alle loro due figlie, Adah e Marianne. Non riesce ancora ad accettare la verità su di lui. Oserei dire che non lo farà mai e so che non servirebbe a niente cercare di forzarla. Tutti abbiamo bisogno di qualcosa in cui credere. Sarebbe non solo crudele, ma anche perfettamente inutile dirle queste cose adesso. Lo so, perché sono colpevole di averci provato io stessa.
Monk non faticava a immaginarselo: Amity e Dinah con visioni totalmente opposte dello stesso uomo, che presumibilmente avevano amato entrambe, anche se in modi differenti. Forse l’oggetto della fede assoluta di Dinah non era l’uomo che Lambourn era stato, bensì quello che lei aveva idealizzato per soddisfare i propri sogni e desideri...
Amity mostrava segni di impazienza. — Joel era un uomo affascinante — continuò guardando Monk con aria grave. — Era mio fratello maggiore e l’ho sempre ammirato. Ma per quanto fosse intelligente, era anche perso nelle proprie idee, come se... — l’ombra di un sorriso le sfiorò fugacemente le labbra — appartenesse a un altro mondo. Si appassionava a una causa fino all’ossessione, e si rifiutava di accettare qualsiasi prova la screditasse. Può andare bene per un uomo di fede, non per uno scienziato. Oppure avrebbe dovuto fare il pittore o il drammaturgo, qualcosa in cui non fosse necessario il senso della realtà.
Monk non la interruppe.
Amity sospirò. — Da giovane, era più a contatto con le cose. Solo negli ultimi cinque o sei anni aveva cominciato a... smarrirsi.
Monk la fissò. Poteva essere Amity quella saggia, coraggiosa, disposta a guardare in faccia la verità, mentre Dinah vedeva solo quello che voleva? Amity emanava una sorta di gelo, ma poteva essere semplicemente un’armatura dietro la quale si riparava dal dolore del fallimento. Non c’era niente che potesse fare per aiutarlo, forse non c’era mai stato.
La donna abbassò il viso. — Era molto bravo nel suo lavoro — soggiunse. — Era meticoloso. Aveva un raro senso dell’integrità. Dinah ve l’avrà probabilmente detto, ed è vero. Ma si era fissato su quest’idea dell’oppio, si era sbagliato su alcuni fatti di base e da quel momento in poi è andata sempre peggio. Ha accumulato errori su errori fino a trovarsi senza via d’uscita.
Amity aveva un’espressione cupa, concentrata, come se stesse cercando con tutte le forze di superare la propria tristezza e il proprio dolore, relegandoli dove avrebbe potuto nasconderli per poi continuare solo con la verità che doveva essere detta. Così Monk avrebbe capito, se ne sarebbe andato e lei avrebbe potuto raccogliere quel che restava della sua vita e tornare a una finta normalità, lasciando che il tempo guarisse le ferite, almeno in superficie.
Amity non gli piaceva, e questo peggiorava il suo senso di colpa per il fatto di continuare a farle domande.
— Errori su errori? — chiese.
— La sua ultima relazione è stata un fallimento totale e il governo l’ha rigettata — rispose lei. — Non avevano scelta. È stato un duro colpo per lui. Non riusciva a credere di essersi sbagliato, nonostante le prove. Ecco perché si è ucciso. Non riusciva a sopportare che i suoi colleghi lo sapessero. Povero Joel...
— E la signora Gadney? — chiese Monk gentilmente.
Amity si strinse nelle spalle. — Non lo so per certo, ma non è difficile da indovinare. Dinah è una donna bellissima, ma molto... esigente. — Pronunciò l’ultima parola con delicatezza, come per sottintendere un significato più intimo e profondo. — Non lasciava spazio all’idea del fallimento. Forse lui desiderava un’amica, qualcuno che stesse semplicemente ad ascoltarlo, che condividesse i suoi interessi senza fargli pressione.
Monk ebbe la momentanea percezione di un’intollerabile solitudine, un esaurimento emotivo, mentre la minaccia dell’insuccesso e l’accusa di aver ingannato e deluso qualcun altro diventavano più forti, più soffocanti a ogni svista, ogni errore, ogni nuova menzogna.
Una comune prostituta, dall’aspetto gradevole e altrettanto sola, che aveva conosciuto l’amaro gusto del fallimento, sarebbe stata una benedizione. Finalmente una persona con cui ridere e piangere, una volta tanto senza essere giudicato, e che non pretendeva nulla in cambio se non un giusto compenso e la sicurezza di non essere maltrattata.
L’avrebbe mai capito, Dinah? Probabilmente no. L’unico modo che aveva di affrontare la situazione era negare o, se ciò fosse stato impossibile, ignorare.
Aveva forse preteso altre cose, di natura fisica, che lui era troppo stanco, nervoso o, per altre ragioni, incapace di darle? L’amore era molto di più che lodi e fede costanti. A volte era il non aspettarsi niente, l’accettare il fallimento continuando comunque ad amare.
Monk ripensò ai propri fallimenti, e ce n’erano stati. Più di una volta aveva permesso che il risentimento nei confronti di Runcorn, il suo superiore di un tempo, lo distogliesse dalla verità. E c’erano stati altri sbagli, il peggiore dei quali era stata forse l’arroganza che aveva permesso che Jericho Phillips venisse assolto. Hester non gliene aveva fatto una colpa né gliel’aveva mai rinfacciato.
Nei momenti in cui aveva avuto più paura del proprio passato, dei fantasmi che l’amnesia aveva celato ma che l’avevano tormentato nei primi anni, lei non l’aveva accusato di essere un codardo. Aveva preso in considerazione la possibilità della sua colpa nell’omicidio di Joscelyn Grey ma non quella di arrendersi senza combattere fino all’ultimo, quando erano entrambi con le spalle al muro.
Hester non aveva lasciato spazio alla prostrazione o alla sconfitta. Forse quella era la forza più grande. Certo era il genere di amore di cui tutti avevano bisogno nelle ore più buie.
Era la mancanza di questo amore la ragione per la quale Joel Lambourn si era arreso? Si era sottratto alla pretesa che si comportasse da eroe nell’unico modo in cui aveva potuto?
Monk si alzò e ringraziò Amity Herne, anche se quanto gli aveva detto era ben lontano da ciò che avrebbe voluto sentire.
Monk ripensò a tutta la conversazione mentre tornava a casa. Ne era rimasto sconvolto soprattutto perché non era quanto si era aspettato. La visione che Amity aveva di Lambourn era così diversa da quella di Dinah che aveva bisogno di qualche altra opinione per bilanciarle.
Dinah aveva amato profondamente il marito; il suo era l’amore di una moglie, forse distorto da una passione che chiaramente continuava a provare. Era ancora sconvolta dal dolore per la sua morte e rifiutava di credere al suicidio. Non era difficile da capire, specialmente perché non sembrava esserci stata rabbia né disperazione in lui, piuttosto la determinazione di continuare a battersi per una causa che stava prendendo sempre più a cuore.
O forse questo era solo ciò che Dinah voleva credere per mantenere la fede in tutto ciò a cui teneva, compresa la capacità di andare avanti e prendersi cura delle figlie? Sarebbe stato comprensibile.
Amity Herne aveva ammesso di essere cresciuta in molti sensi lontana dal fratello. Sette anni di differenza erano molti per dei bambini. Lui era stato assorbito dagli studi e poi dalla professione. Secondo Amity, avevano vissuto in luoghi distanti tanto da limitare le comunicazioni allo scambio di lettere, e quindi non avevano sviluppato una vera amicizia. La donna aveva imparato a conoscerlo come uomo solo più tardi.
O anche il suo era un giudizio basato più sul bisogno emotivo che sull’osservazione imparziale? Sentiva la necessità di assolversi da qualsiasi colpa nel suo suicidio al punto da dipingerlo come un uomo vittima dei suoi difetti, indegno della sua fiducia?
A chi altri avrebbe potuto chiedere? Il marito di Amity, Barclay Herne, era probabilmente troppo legato alla famiglia per rispondere liberamente, anche se la sua opinione fosse stata più misurata. Chi erano i responsabili dell’organizzazione che aveva richiesto la relazione di Lambourn? Avrebbero almeno avuto un’opinione professionale della capacità di giudizio dello studioso, se non della sua vita personale. Monk decise di andare a parlare con quelle persone, per avere una visione diversa e meno influenzata dai sentimenti.
Non gli ci volle molto per apprendere che il funzionario governativo interessato era Sinden Bawtry, un uomo di grande talento e carisma, in rapida ascesa negli ambienti politici. Disponeva di un’immensa fortuna personale e faceva generose donazioni a favore di molte cause, specialmente culturali e artistiche. La sua collezione di dipinti e le occasionali cessioni di alcuni pezzi ai musei gli erano valse una grande ammirazione. Ottenere mezz’ora del suo tempo fu più difficile.
Era tardo pomeriggio quando Monk fu fatto entrare nel suo ufficio. Aveva dovuto esagerare un poco la verità circa la probabilità che le informazioni in possesso di Bawtry potessero aiutare a risolvere l’omicidio della donna trovata a Limehouse Pier. Fu lasciato nella sala d’attesa per tre quarti d’ora sempre più impaziente. Si era aspettato un individuo di mezz’età, dal carattere austero, e fu accolto invece da un uomo la cui vitalità sembrò riempire l’intera stanza mentre veniva verso di lui e gli stringeva la mano.
— Mi dispiace avervi fatto attendere — disse in tono cordiale. — Certe persone non sanno essere brevi. Pensano che più parole usano, più faranno apparire importante quello che hanno da dire. — Sorrise. — Che cosa posso fare per voi, signor Monk? Nel vostro messaggio, avete detto che si tratta del defunto dottor Joel Lambourn e di una possibile relazione con l’orribile delitto di Limehouse Pier. Mi avete lasciato molto perplesso: non riesco a capire quale connessione ci possa essere.
— Potrebbe non essercene alcuna. — Monk decise all’istante di non provare minimamente a ingannare quell’uomo. Il viso attraente e il fascino spontaneo non nascondevano la sua intelligenza, né la consapevolezza del potere che aveva. — Ma pare che il dottor Lambourn conoscesse la vittima molto bene — continuò. — Ho raccolto opinioni divergenti sul dottore da persone che gli erano vicine. Ho bisogno di un parere informato ma più imparziale, in particolare in merito al valore del suo lavoro e quindi possibilmente al suo stato mentale durante l’ultimo anno di vita.
— Il rapporto sull’oppio — disse Bawtry con un lieve cenno del capo. — È tutto quello di cui posso parlarvi. Non conoscevo Lambourn a fondo. Ma forse è proprio per questo che volete parlare con me. Credo fosse un uomo singolarmente piacevole, e l’affetto può alterare il giudizio, pur volendo essere giusti.
— Per l’appunto — convenne Monk, che si rilassò un poco. Era più semplice avere a che fare con l’intelletto non oscurato dall’emozione.
Bawtry si strinse nelle spalle, in una sorta di muta giustificazione.
— Un uomo brillante, anche se un po’ distaccato dalla realtà — continuò con franchezza. — Aveva un po’ del crociato, e nelle sue ricerche la forte compassione per le vittime dell’ignoranza e della disperazione ha influenzato la sua visione globale del problema. — Abbassò la voce. — A essere onesti, abbiamo davvero bisogno di esercitare più controllo sulla composizione dei medicinali che sono alla portata di tutti, e certamente di più informazioni su quanto oppio contengono i rimedi somministrati a neonati e bambini.
Appariva cupo, dispiaciuto per quello che stava dicendo. — È una delle ragioni principali per cui non abbiamo potuto accettare la relazione di Lambourn. Alcuni dei suoi esempi erano estremi e basati più su aneddoti che su dati scientifici. Sarebbe stato più di detrimento che di giovamento alla causa, perché avrebbe facilmente potuto essere screditato.
Guardò Monk negli occhi, con sguardo fermo. — Sono sicuro che avete lo stesso problema quando preparate una causa per il tribunale. Dovete fornire elementi che reggano al controinterrogatorio, prove materiali, testimoni a cui la gente possa credere. Qualsiasi testimone attaccabile dalla difesa vi farebbe perdere il favore della giuria. — Sorrise. — Per noi era un rischio. Vorrei che le cose fossero state diverse. Lambourn era un brav’uomo.
Si rabbuiò. — Sono stato sconcertato dal suo suicidio. Non avevo idea che fosse tanto disperato, ma devo credere che ci fosse qualcos’altro oltre al rapporto sull’oppio. Forse qualcosa di connesso a questa triste relazione con la donna di Limehouse, se quello che dite è vero. Spero di no, sarebbe così sordido. Ma non lo so. Il mio è un giudizio professionale, non personale.
— Sapete cosa ne è stato del rapporto? — chiese Monk. — Vorrei vederne una copia.
Bawtry sembrò sorpreso: — Pensate possa avere una qualche attinenza con la morte di questa donna? Mi riesce difficile pensare che il nesso con Lambourn non sia altro che casuale.
— Probabilmente — convenne Monk. — Ma verrei meno al mio dovere se non seguissi tutte le piste. Forse la donna sapeva qualcosa. Lambourn avrebbe potuto parlarne con lei, perfino confidarsi.
Bawtry corrugò la fronte. — Che tipo di informazioni avete in mente? Intendete il nome di qualcuno legato al commercio dell’oppio, dei medicinali registrati, magari per qualcosa di disonesto?
— È possibile.
— Scoprirò se c’è ancora una copia esistente. E se c’è, farò in modo che possiate consultarla.
— Ve ne sono grato. — Non c’era più niente che Monk potesse chiedere e aveva esaurito quasi tutto il tempo che Bawtry poteva concedergli. Non era certo che fosse quello che avrebbe voluto sentire, ma non aveva nulla da obiettare. Gli aveva esposto un parere accurato, indulgente ed estremamente ragionevole.
— Grazie, signore — mormorò.
Sul viso di Bawtry tornò il sorriso. — Spero possa esservi di qualche aiuto.