6
In mattinata Monk si recò presso l’ufficio del coroner che si era occupato della morte di Lambourn. I risultati dell’inchiesta erano pubblici e non ebbe difficoltà ad accedervi.
— Una vicenda molto triste — commentò gravemente l’impiegato. Era un giovane dall’aria molto seria, i capelli già radi impomatati e pettinati all’indietro, il vestito scuro impeccabile. — Chiunque scelga di togliersi la vita dovrebbe prima fermarsi a riflettere.
Monk annuì, non riuscendo a trovare niente di significativo da aggiungere. Si concentrò sul referto medico. A quanto sembrava, Lambourn aveva assunto una dose massiccia di oppio, poi si era tagliato le vene ed era morto dissanguato. Il medico legale aveva fornito una testimonianza succinta e nessuno aveva messo in discussione né le sue capacità né l’accuratezza dei risultati. In effetti non c’era nulla da obiettare.
Il coroner non aveva avuto esitazione a dichiarare il suicidio, usando il consueto riguardo di presumere che l’uomo si trovasse in uno stato mentale alterato e meritasse quindi più compatimento che condanna. Parole talmente ripetute da essere quasi vuote di senso.
Le condoglianze erano cortesi ma formali. Lambourn aveva goduto di grande rispetto presso i colleghi e nessuno aveva voluto formulare apertamente ipotesi su quali potevano essere state le ragioni di quel gesto. Dinah Lambourn non era stata interpellata. L’unico testimone in rapporti personali con il defunto era stato il cognato, Barclay Herne. Questi aveva riferito che Lambourn era depresso a causa dei risultati della sua ultima indagine e che l’impossibilità del governo di accettare le sue raccomandazioni lo aveva turbato più di quanto non ci si fosse aspettato. Aveva aggiunto di esserne infinitamente addolorato.
Il coroner non aveva fatto altri commenti. Il caso era stato chiuso.
— Grazie — disse Monk restituendo i documenti all’impiegato. — Deve esserci anche un rapporto della polizia. Dov’è?
L’impiegato lo guardò senza capire. — Non era una questione di pertinenza della polizia, signore. Nessuno ha avuto responsabilità nell’accaduto. Non c’era nessuno sul posto a parte quel pover’uomo. Se qualcuno fosse stato presente, lo avrebbero fermato. Mi sembra evidente.
— Chi ha trovato il corpo? — chiese Monk. Si aspettava di sentirsi rispondere che era stata Dinah e cercò di figurarsi il suo orrore... la sua iniziale incredulità.
— Un uomo che portava a passeggio il cane — disse l’impiegato. — Sarebbe potuto passare inosservato per un pezzo, solo che il cane l’ha fiutato. Le bestie lo sentono l’odore... della morte, intendo. — Scosse la testa rabbrividendo leggermente.
— Dov’era? — Monk aveva creduto fosse stato rinvenuto a casa o al lavoro.
— A Greenwich Park — rispose il giovane. — Sulla One Tree Hill. La chiamano così, la “Collina con un Albero”, anche se di alberi ce n’è più di uno. Era in una specie di avvallamento, quasi in cima. Seduto con la schiena appoggiata al tronco di una pianta.
Nella mente di Monk si fece strada un’immagine completamente diversa, un’immagine di assoluta, disperata solitudine. Che cos’altro era successo a quell’uomo perché lasciasse moglie e figlie e se ne andasse nel parco nel cuore della notte, al gelo. Cosa l’aveva spinto a prendere dell’oppio, aspettare che facesse effetto e tagliarsi le vene, per poi morire dissanguato ed essere trovato da un estraneo? Qualcuno che lo conosceva, che gli aveva voluto bene, sarebbe stato chiamato per identificare ciò che rimaneva di lui e portare la notizia alla famiglia. Stando a tutte le testimonianze, Lambourn era stato un uomo buono e assennato. Per quale motivo era arrivato a compiere un gesto tanto egoistico?
— Il rapporto del coroner non fa menzione del suo stato di salute — disse Monk. — Avrebbe potuto soffrire di qualche malattia incurabile?
Di nuovo, l’impiegato sembrò sorpreso: — Non ne ho idea, signore. La causa della morte era evidente.
— La causa diretta sì, ma non le ragioni — fece notare Monk.
L’impiegato sollevò le sopracciglia. — Forse quelle non sono di nostra competenza, signore. È chiaro che al pover’uomo era capitato qualcosa di così terribile che gli era stato impossibile andare avanti. Non c’è niente che possiamo fare, se non concedergli un po’ di riservatezza. Adesso non ha più importanza, comunque. — La critica era implicita, sia nel tono sia nella scelta delle parole.
Monk avvertì un moto di stizza. — Ha importanza perché il dottor Lambourn sembra essere stata l’unica persona a conoscere bene la vittima di un omicidio estremamente violento perpetrato a Limehouse — rispose bruscamente. — Devo sapere se Lambourn era a conoscenza di qualcosa che può aver condotto a questo delitto, o perlomeno se qualcuno credeva che lo fosse.
Monk vide l’espressione allarmata dell’impiegato e si sentì in colpa. Non aveva prove che far luce sulla morte di Joel Lambourn lo avrebbe aiutato a scoprire chi aveva ucciso Zenia Gadney o perché. La faccenda del suicidio lo insospettiva, però, perché presentava degli aspetti che non avevano senso. Forse poteva essere parte di qualcosa di più grosso. Inoltre non aveva altre piste da seguire, a meno che Orme non scoprisse qualcosa o che un testimone non si facesse avanti.
L’impiegato stava scuotendo la testa per scacciare l’idea che gli si stava insinuando nella mente: — Il dottor Lambourn era uno scienziato, signore. Un uomo rispettabile. Lavorava per il governo, raccoglieva informazioni. Nessuna questione personale, niente di tutto questo. Erano informazioni sulle medicine, non sulle persone. Non si sarebbe minimamente interessato di omicidi o delle persone coinvolte in questo genere di cose.
— Da quanto tempo era morto quando è stato trovato? — chiese Monk.
L’impiegato esaminò di nuovo le carte, poi sollevò lo sguardo. — Qui non lo dice, signore. Immagino che non avrebbe cambiato il verdetto. Probabilmente hanno voluto essere il più discreti possibile. I dettagli turbano i familiari. E non aiutano nessuno.
— Chi era il medico legale?
— Ah... il dottor Wembley, signore.
— Dove posso trovarlo?
— Non lo so, signore. Dovete chiedere alla stazione di polizia. — La disapprovazione dell’impiegato era ormai evidente. Riteneva che l’ispettore stesse riaprendo un caso chiuso, che per decoro e decenza doveva rimanere tale.
Monk annotò i dati di cui aveva bisogno, lo ringraziò e uscì.
Alla polizia ottenne l’indirizzo di Wembley, ma gli ci volle un’altra ora per trovare il suo ambulatorio e avere la possibilità di parlargli da solo. Alla fine fu presentato a un uomo ben oltre i sessanta, di bell’aspetto e con folti capelli e baffi grigi.
— Grazie — disse Monk quando Wembley lo invitò ad accomodarsi. Si rilassò appoggiandosi allo schienale della sedia e accavallò le gambe.
— Cosa posso fare per la polizia fluviale? — chiese Wembley con curiosità. — Non avete il vostro personale medico?
— Si tratta di un vostro caso che potrebbe avere attinenza con uno dei nostri — rispose Monk. — Suppongo abbiate sentito parlare della donna che è stata massacrata a Limehouse Pier.
— Mio Dio, sì! È su tutti i giornali. Vi staranno rendendo la vita un inferno. — La commiserazione traspariva sia dal tono che dall’espressione. — Ma non abbiamo mai avuto nessun caso del genere qui.
Monk decise di essere franco: capì che qualsiasi cosa al di sotto della sincerità sarebbe stata un’offesa per Wembley.
— A quanto ci risulta, l’unica persona che la conosceva bene è morta un paio di mesi fa — iniziò. — Sembra che la sostenesse finanziariamente. Era il suo unico cliente e le faceva visita regolarmente una volta al mese.
— Era una prostituta — concluse Wembley. — Un unico cliente? Insolito. Ma se era già morto, non può essere stato lui a ucciderla. Non è ragionevole pensare che abbia abbordato qualcun altro e che abbia avuto la sfortuna di imbattersi in un folle?
— Sì, è una giusta deduzione — convenne Monk. — I miei uomini stanno procedendo lungo questa linea di indagine, per quanto poco ci sia da scoprire. Per il momento è un caso isolato. Nessuna segnalazione di individui particolarmente violenti o squilibrati nella zona. Nessun’altra donna aggredita di recente. E nessun reato che abbia sufficienti analogie con questo da presumere che si tratti dello stesso uomo.
Wembley si morse il labbro. — Bisogna iniziare da qualche parte, suppongo, ma sembra molto violento per essere il primo crimine.
— Esattamente — approvò Monk. — L’alternativa è che si tratti di qualcuno che conosceva e che l’odio fosse di natura personale.
— Chi diavolo poteva odiare quella povera donna tanto da strapparle le budella? — Un senso di ripugnanza increspò i lineamenti di Wembley. — E perché in un posto così esposto come il pontile? Non avrebbe rischiato di essere visto?
— Sì — convenne Monk. — Il che lo fa sembrare ancor più un pazzo, qualcuno in preda a una furia cieca e improvvisa. Comunque, aveva con sé un coltello o forse un rasoio, piuttosto lungo e affilato, secondo il medico legale. Se qualcuno li ha visti, e finora nessuno lo ha ammesso, allora li hanno scambiati per conoscenti, o per una prostituta e il suo cliente che si incontravano sul pontile.
— Un po’ insolito, no? — chiese Wembley. — Perché non in un vicolo? Devono esserci molti altri posti più intimi nelle vicinanze.
— Forse la donna ha pensato di essere al sicuro in un luogo così in vista — rispose Monk.
Wembley storse la bocca. — Oppure l’uomo aveva una qualche influenza su di lei e poteva indurla a seguirlo. Dio, che impiccio!
— Già. — Monk sorrise cupo. — E si complica ulteriormente. L’uomo che la manteneva era il dottor Joel Lambourn, che apparentemente si è tolto la vita a Greenwich Park.
Wembley si lasciò sfuggire un sospiro. — Esiste un collegamento con lui? Mi sconcertate. Suppongo ne siate certo?
— Sì, sembra non esserci alcun dubbio. Sia la vedova che la sorella, la signora Herne, ammettono di esserne state a conoscenza. Forse ignoravano il nome della donna, ma sapevano della sua esistenza.
Wembley scosse la testa. — Sono... sono esterrefatto. È l’ultimo uomo che mi sarei aspettato facesse una cosa simile. — Aveva l’aria profondamente colpita. — Ma dopotutto è anche l’ultimo uomo che mi sarei aspettato si suicidasse. Dunque devo riconoscere che la mia capacità di giudizio è piuttosto scadente. Dite che la signora Lambourn ne era al corrente?
— Così sostiene.
— Ma non ne siete certo? — insistette Wembley.
Monk sorrise debolmente. — Anche la mia capacità di giudizio vacilla. C’è un tassello mancante, perché questa faccenda non si concilia con tutte le altre cose che ho appreso sul suo conto. Conoscevate personalmente il dottor Lambourn?
— Sì, ma non bene.
— Abbastanza da rimanere sorpreso che si fosse ucciso? — precisò Monk.
Non ci fu esitazione nella voce di Wembley. — Sì.
— Ma non avete dubitato che l’avesse fatto? — insistette Monk.
— Dubitato? — rispose Wembley sbigottito. Strizzò gli occhi. — Volete dire che non è stato così?
— La signora Lambourn è convinta che sia stato assassinato — rispose Monk. — Ma forse non riesce ad accettare il fatto che abbia voluto morire. Personalmente, non potrei credere che mia moglie si sia voluta uccidere e che io non avessi idea della sua disperazione. E voi?
— No — rispose immediatamente Wembley. — Cosa ha detto la sorella? O anche lei è della stessa opinione?
— Per niente. — Monk ricordò quanto erano diversi il volto, la voce e soprattutto l’atteggiamento mentale di Amity Herne. Ripetere le sue parole gli era sgradevole. — Non sembra avere nessuna difficoltà a credere che si sia ucciso — continuò. — Ha detto che era un fallimento sul piano professionale e, in un certo senso, anche su quello personale. Non si era mai sentito all’altezza della percezione che sua moglie aveva di lui, e alla fine l’incessante sforzo di riuscirci e la continua finzione in cui viveva lo hanno sopraffatto.
— Non so niente della sua vita personale — disse accalorato Wembley, come se si sentisse lui stesso offeso da quel pensiero. — Ma professionalmente era eccezionale. Una delle menti più brillanti nel suo campo. E aveva le spalle abbastanza robuste da affrontare qualche insuccesso. Diamine, non esiste dottore al mondo che non debba affrontare il fallimento ogni settimana!
Alzò le mani, in un gesto di frustrazione. — La gente muore per mille motivi, magari perché non riesce a sconfiggere una comune malattia. Si fa del nostro meglio. Voi potrete risolvere ogni singolo caso, suppongo, ma di certo non potete impedire ogni crimine! — Era quasi un’accusa. L’implicita critica di Monk a Lambourn l’aveva chiaramente infastidito.
Suo malgrado, Monk provò una sorta di piacere. — Perciò non pensate che si sia ucciso perché aveva avuto la sensazione di aver fallito sul piano professionale?
Il volto di Wembley era teso e adirato: — No.
— Allora perché?
— Non lo so! — Il dottore lo guardò torvo. — Io sono costretto a basarmi sulle prove. È stato trovato solo, il mattino presto, in una parte isolata di Greenwich Park. Aveva assunto dell’oppio, abbastanza da intontirlo, forse da attenuare il dolore e magari la più che naturale paura. Si era tagliato le vene dei polsi ed era morto dissanguato.
Monk si protese un poco verso di lui. — Come sapete che ha preso l’oppio da sé e si è tagliato le vene da solo?
Wembley spalancò gli occhi, mentre si sporgeva in avanti a sua volta. — Volete dire che è stato qualcun altro, che poi l’ha lasciato là a morire? Perché, in nome di Dio? E perché lui non ha lottato? Non era un uomo esile o debole, e di sicuro non era legato. La dose di oppio che aveva in corpo era considerevole, ma non l’avrebbe reso immediatamente incosciente. Avrebbe dovuto accettare quello che stava accadendo senza opporre resistenza.
Nella mente di Monk i pensieri vorticarono. — I polsi erano tagliati? I tagli avrebbero potuto nascondere segni di costrizione?
Wembley scosse lentamente la testa. — I tagli erano all’interno, per recidere l’arteria. Se fosse stato legato, i segni sarebbero stati all’esterno.
Monk non voleva ancora arrendersi. — Qualche altra escoriazione? — chiese.
— Nessuna che abbia visto. Certamente non sulle caviglie.
— Sul volto?
— Certo che no. Le avrei notate!
— Cosa potete dirmi dei capelli?
— Erano grigi, leggermente radi sul capo. Perché? — Wembley aveva esitato nel porre la domanda.
— E sulla nuca? — chiese Monk.
— Lì erano folti. State pensando che potrebbe esserci stata un’escoriazione nascosta tra i capelli?
— Avrebbe potuto?
Di nuovo, Wembley sospirò profondamente. — Non ho pensato di guardare. È possibile. Ma non c’era sangue. Quello l’avrei visto.
— In che modo ha assunto l’oppio?
— Non ne ho idea. Che differenza può fare?
— Un preparato in polvere? — chiese Monk. — E acqua per diluirlo? Oppure laudano o altri medicinali?
— Perché dovrebbe avere importanza, ora? — Wembley parlò più lentamente: Monk aveva destato la sua curiosità.
— Non si può assumere una sostanza in polvere senza qualche liquido — disse Monk. — E il laudano sarebbe stato contenuto in una boccetta.
Wembley storse la bocca. — La polizia deve averla presa. Non ho visto nessuna boccetta, involucro o altro. Suppongo che avrei dovuto chiedere. Non sembrava rilevante. Quello che era successo era evidente. Ammetto che ero sconvolto — aggiunse con tono di scusa. — Ammiravo il suo lavoro e, per quanto lo conoscevo, mi piaceva.
Rimasero in silenzio per un po’. Nel corridoio risuonò un rumore di passi, che poi si allontanò.
Monk non incoraggiò Wembley a proseguire. Provava lo stesso rammarico per un uomo che non avrebbe mai conosciuto ma che, da quello che aveva sentito, sarebbe piaciuto anche a lui.
— Aveva un gran senso dell’umorismo — mormorò Wembley. — Come altri scienziati, aveva un particolare gusto per l’assurdo, in maniera quasi affettuosa, come se l’eccentricità gli facesse tenerezza. — Fissò un punto lontano, rivedendo il passato al di là del suo campo visivo. — Se sono stati commessi degli errori — continuò dopo un momento — sarei felice se lo scopriste. È uno di quei casi su cui vorrei con tutto il cuore essermi sbagliato.
Monk tornò alla stazione di polizia di Greenwich, ma non fu sorpreso di sentirsi dire da un giovane sergente che il caso era chiuso e che tragedie come quelle non avrebbero dovuto essere rivangate. Avrebbe solo causato sofferenza alla famiglia e non sarebbe stato di alcuna utilità.
— Il dottor Lambourn era un uomo tenuto in grande considerazione, signore — disse il sergente con un sorriso a denti stretti. — Quando qualcosa del genere accade, ne rimane sconvolto l’intero quartiere. Non sono cose di pertinenza della polizia fluviale.
Monk si sforzò di pensare a un motivo per poter chiedere se qualcuno avesse rimosso una bottiglietta d’acqua o d’alcol che avesse potuto contenere dell’oppio, ma il sergente aveva ragione. Non erano questioni di pertinenza della polizia fluviale.
— Vorrei parlare con il poliziotto che è arrivato per primo sul posto — disse invece. — Potrebbe esserci una relazione con un caso che è di nostra pertinenza. Un omicidio — aggiunse in caso il giovane agente fosse incline a prendere le sue parole alla leggera.
Il volto del poliziotto non lasciò trasparire alcuna emozione. Incontrò lo sguardo di Monk senza mostrare il minimo interesse.
— Si tratta probabilmente dell’agente Watkins, e in questo momento si trova dalle parti di Deptford, signore — disse con un lieve sorriso.
Monk non sapeva se la sua fosse gentilezza o insolenza. Decise per la seconda.
— Non sarà di ritorno fino a domani — continuò il giovanotto. — Non potrebbe dirvi niente comunque. Il pover’uomo era morto da ore, così ha detto il dottore. C’è altro che posso fare per voi, signore?
Monk nascose a stento la propria irritazione.
— Chi era incaricato del caso?
— Un ufficiale mandato dal governo, dato che il dottor Lambourn era una persona importante. Per mantenere... la discrezione. — Caricò di enfasi l’ultima parola.
— E non sapete il nome di quest’uomo?
— Per l’appunto, signore, non lo so. — Ancora una volta il sergente sorrise e incontrò con sfrontatezza gli occhi dell’ispettore.
Monk lo ringraziò e uscì. Si sentiva frustrato, quasi certo di stare sprecando il proprio tempo. Forse Lambourn aveva preso l’oppio sciolto nell’alcol, magari in quantità considerevoli, e nasconderlo era stato un gesto di discrezione. Riconobbe con riluttanza che chi l’aveva trovato avrebbe potuto omettere quel particolare per compassione. Forse lo avrebbe fatto anche lui.
Il mattino seguente parlò con Orme al quartier generale della polizia fluviale, a Wapping. Erano sullo scalo davanti alla stazione di polizia e stavano osservando le chiatte che, in lunghe file di dieci o quindici, risalivano la corrente trasportando il loro carico verso il Pool of London, dove sarebbe stato imbarcato in attesa di essere spedito nei porti di tutto il mondo. Avevano così modo di parlare senza essere interrotti.
— Ho esaminato ogni archivio che sono riuscito a trovare — disse tristemente Orme. — Ho chiesto a tutti. Nessun crimine abbastanza simile a questo da giustificare un confronto, grazie a Dio. Non ho trovato nessuno che abbia subito violente aggressioni negli ultimi due anni, se non i soliti casi di percosse o strangolamenti. Nessuno massacrato in quel modo. — La bocca gli si strinse in un’espressione di disgusto. — Né da questa parte del fiume né dall’altra. — Scosse la testa. — Penso sia un caso unico, signore. E non so se la vittima abbia avuto qualcosa a che vedere con il dottor Lambourn, però non ho trovato nessun altro che la conoscesse, salvo qualche vicino di casa con cui parlava ogni tanto. Bottegai, una lavandaia, un vecchio che abita poco lontano, ma avrà almeno ottant’anni. Riesce a malapena a camminare, figuriamoci ad andare fino al pontile.
— E Lambourn era morto già da due mesi — aggiunse Monk. — Così non ci rimane che qualcuno legato a Lambourn. Qualcuno convinto che avesse detto a Zenia Gadney qualcosa di tanto importante da ucciderla. Ma perché in quel modo?
— Per farci credere di essere un folle e di avere a che fare con Limehouse e il mestiere di lei, non con Lambourn — rispose Orme. — Bisogna essere dei pazzi furiosi per fare una cosa del genere, che Dio ci aiuti! Non ho mai visto niente di tanto... feroce in vita mia. E inutile! Per cosa poi? Era già morta!
Monk non ribatté. — Cosa ha spinto Lambourn a togliersi la vita? — chiese Monk rivolto a Orme quanto a se stesso. — Cosa era accaduto di tanto terribile?
Orme non disse nulla. Sapeva che Monk non si aspettava una risposta da lui.
Monk pose la stessa domanda all’assistente di Lambourn un paio d’ore dopo. Era un giovane medico di nome Daventry, non troppo entusiasta di lavorare per il sostituto di Lambourn, un uomo freddo, sempre molto impegnato, che non aveva nemmeno il tempo di parlare direttamente con Monk ed era stato felice di trovare una scusa per mandargli qualcun altro.
Monk abbordò la questione in modo più discreto. Si trovava in un laboratorio ben illuminato, pieno di barattoli e bottigliette, fiale, bruciatori, recipienti e storte. Ripiani e superfici erano occupati da ogni tipo di strumento di vetro o di metallo. Un’intera parete era nascosta da pile di schedari.
— Lavoravate a stretto contatto con il dottor Lambourn prima della sua morte?
— Sì — rispose Daventry, scostandosi i capelli scuri e ribelli dagli occhi e lanciando a Monk uno sguardo di sfida. — Che cosa state cercando adesso? Perché non lo lasciate in pace? Era un bravo dottore, migliore di quel... — Si interruppe bruscamente. — Non abusate del mio tempo. Cosa volete?
Monk fu lieto di aver trovato qualcuno leale a Lambourn, anche se avrebbe potuto rendere il suo compito più difficile.
— Sono della polizia fluviale, non del governo — disse.
— Che differenza fa? — lo sfidò Daventry. Poi allungò lo sguardo per osservare Monk più da vicino. — Perdonatemi — si scusò. — Sono solo stanco di sentir denigrare il dottor Lambourn da persone che non lo conoscevano e non credevano nel suo lavoro.
Monk cambiò immediatamente approccio. — Voi ci credevate? — chiese.
— Non lo conoscevo nei dettagli. — Daventry era scrupolosamente onesto. — Ho raccolto alcuni dati per lui. Ma Lambourn era meticoloso e non includeva mai niente che non avesse verificato. Ha anche scartato alcuni dei miei dati perché non avevo fatto un controllo incrociato con almeno due fonti.
— Sull’oppio?
— Tra le altre cose. Lavorava sui medicinali più vari. Ma sì, l’oppio era quello a cui era più interessato di recente.
— Perché?
— Perché?! — esclamò Daventry incredulo.
— Sì. Su che cosa stava facendo ricerche e per conto di chi?
— Studiava l’uso che la gente fa dell’oppio, perché sta uccidendo troppe persone. Per il governo, per chi altri? — Daventry lo guardò come si guarda uno scolaro particolarmente ottuso. Vide la confusione sul volto di Monk. — Il governo sta pensando di far approvare una legge per regolamentare l’uso di oppio nei medicinali — spiegò con una punta di stanchezza nella voce, come se l’avesse già ripetuto troppe volte e a troppe persone apparentemente incapaci di capire.
— Per impedire che la gente lo compri? — Ora era Monk a essere incredulo. Una piccola dose di oppio, come quella contenuta nei penny twist, era l’unico modo per alleviare il dolore, a parte l’ubriacarsi fino a non sentirlo più, a non sentire più nient’altro a dire il vero. — Perché, in nome del cielo? — chiese. — Nessuno approverà una legge simile e sarebbe impossibile vigilare sulla sua applicazione. Due terzi della popolazione finirebbe in galera.
Daventry lo guardò con evidente esasperazione. — No, signore. Solo per regolamentarne la vendita. In modo che se si va a comprare un prodotto a base di oppio, come ad esempio il Sedativo di Battley, che è simile al laudano con la differenza che è preparato con idrossido di calcio e sherry, non acqua distillata e alcol, si sappia esattamente quanto ne contiene. E che si tratta di oppio puro.
— Non si sa quanto ce n’è? — Monk era sconcertato.
— No, signore. Sapete cosa c’è nella Polvere di Dover? — domandò Daventry.
Monk non ne aveva idea. — A parte l’oppio? No, non lo so — ammise.
— Salnitro, tartaro, liquirizia e ipecacuana — elencò Daventry. — Che mi dice della Clorodina?
Questa volta, Monk non si disturbò nemmeno a rispondere. Aspettò che Daventry proseguisse.
— Cloroformio e morfina — disse il dottore. — Ma non è questa la cosa più importante. Se il vostro bambino sta piangendo perché gli crescono i dentini o ha le coliche, cosa gli dareste: il Cordiale di Godfrey, lo Sciroppo calmante di Winston o il Farmaco per fanciulli di Atkinson? Quanto oppio c’è in ciascuno di questi preparati e cos’altro contengono? — Scrollò le spalle. — Non lo sapete, vero? E non lo sa nemmeno una qualunque madre esasperata che dorme la metà del tempo di cui ha bisogno, mangia probabilmente metà di quanto dovrebbe e magari non sa leggere bene o non sa capire i numeri. Che cosa ne pensereste di regolamentare questi preparati, in modo che le persone comuni non se ne debbano preoccupare?
— È questo ciò che stanno proponendo? — L’interesse di Monk era vivo e sincero, quasi quanto quello di Daventry.
— Sì, in parte.
— E Lambourn stava raccogliendo dati per loro?
— Sì — confermò il giovane medico, incoraggiato dal fatto che Monk cominciasse a capire. — Anche su altre cose, ma l’oppio era la questione principale.
— Perché qualcuno dovrebbe essere contrario? — Monk era confuso.
— Girano molti soldi attorno all’oppio — rispose Daventry. — Se si comincia a dire alla gente cosa può e non può vendere, la si fa innervosire. Significherebbe anche mettere a conoscenza il governo delle vendite, incluse quelle sottobanco. Chi smercia oppio, e sareste stupito di apprendere alcuni dei nomi, è ben felice di sapere quante persone ne traggono beneficio, ma non quanti bambini muoiono di sovradosaggio, o quante persone diventano dipendenti e non sanno più farne a meno. Si darebbe l’impressione di voler attribuire loro la colpa e di voler assumere il controllo. Nessuno desidera rammentare le Guerre dell’Oppio. Sareste sorpreso di sapere quali fortune si sono costruite sul commercio di oppio. Non è il caso che rivanghiate tutto questo. Significherebbe farsi molti nemici.
— Questo lo sapete da voi o è stato il dottor Lambourn a dirvelo? — chiese Monk con garbo.
Il giovane volto di Daventry avvampò. — In gran parte me lo ha raccontato il dottor Lambourn — rispose a voce tanto bassa che Monk lo udì a fatica. — Ma io ci credo. Non ha mai mentito.
— Secondo voi... perché Lambourn si è tolto la vita? — chiese Monk.
Sul viso di Daventry si dipinse una profonda angoscia. — Non lo so. Non ha senso.
— Conoscete la signora Lambourn?
— L’ho incontrata. Perché?
— Pensa che sia stato ucciso.
Gli occhi di Daventry si accesero. Trattenne bruscamente il respiro. — Per occultare la sua ricerca? Questo sì che avrebbe senso! A questo posso credere. Troverete chi è stato? — Era una sfida chiara e netta, con tutta l’acredine che sarebbe derivata nel caso la risposta fosse stata un no.
— Prima di tutto, ho intenzione di scoprire se è vero — disse Monk. — Dov’è la sua relazione, ora?
— L’hanno presa quelli del governo — disse semplicemente Daventry.
— Ma avrete delle copie, degli appunti, qualcosa? — insistette Monk.
— No. — Daventry scosse la testa. — Qui non c’è niente. Lo so perché ho cercato. Se teneva degli appunti a casa, avranno preso anche quelli. Ve l’ho detto, c’è in gioco molto denaro e anche la reputazione di parecchia gente.
Diversi interrogativi salirono alle labbra di Monk, ma non ne esternò nessuno. Poteva leggere negli occhi del giovane dottore che non sapeva dove fossero le carte di Lambourn e che la cosa lo turbava.
— Come prese il dottor Lambourn il rigetto degli esiti della sua ricerca? — chiese invece. Era questo che aveva bisogno di sapere. Era quella la ragione per cui si era tolto la vita? Il disonore era stato più profondo di quello che Monk aveva pensato all’inizio? Che non si trattava solo del rapporto sull’oppio, ma che la sua reputazione fosse stata rovinata anche in altri ambiti?
Daventry non aveva risposto.
— Signor Daventry? Come prese il rifiuto? Quanto era importante per lui? — insistette.
L’espressione del dottore si indurì. — Se davvero si è suicidato per quello, allora è successo qualcosa tra il nostro ultimo colloquio e quella notte — rispose con veemenza, la voce carica di emozione. — Quando è uscito di qui, era determinato a lottare fino in fondo. Era certo che i suoi dati fossero giusti e che una legge sui farmaci fosse assolutamente necessaria per regolamentare tutti i medicinali e far sì che la gente sappia esattamente cosa sta comprando. Non so cosa sia accaduto. Non riesco a immaginare cosa possa aver cambiato la situazione.
— Avrebbe potuto trovare un errore nelle sue ricerche che ne alterasse la validità? — suggerì Monk.
— Non vedo come. — Daventry scosse la testa. — Ma se in effetti avesse sbagliato, l’avrebbe ammesso. Non sarebbe andato su quella collina a uccidersi! Non era quel tipo di uomo.
— Temo che non fosse affatto in gamba quanto credeva di essere — disse mestamente mezz’ora dopo uno degli assistenti più anziani di Lambourn. Nailsworth era un giovane uomo di bell’aspetto e molto sicuro di sé. Sorrise debolmente, quasi per scusarsi, e si strinse nelle spalle. — Si è formato una teoria e poi ha cercato le prove per suffragarla, ignorando tutto quanto la mettesse in discussione. — Sorrise ancora, con troppa facilità. — Avrebbe dovuto essere più avveduto. Un tempo era eccezionale. Forse aveva problemi di salute di cui non sapevamo niente?
Monk lo guardò con antipatia, e sapeva di essere ingiusto. — Già — disse con tono un po’ acido. — Non è assolutamente un approccio scientifico, in effetti perfino non completamente onesto, formarsi una teoria e poi considerare solo i dati che la sostengono. Ed è ancora peggio distorcere i fatti per adattarli alla teoria e poi dichiarare di essere stato imparziale.
Stava facendo del sarcasmo e si aspettava una pronta difesa, ma rimase deluso.
Nailsworth annuì. — Vedo che capite. Suppongo ci sia un certo modello logico anche nella risoluzione dei crimini.
— Assolutamente. — Monk si era inaspettatamente alterato. — Forse potete guidarmi nella logica che avete seguito prima di decidere che la ricerca del dottor Lambourn era errata e che il dottore non riusciva ad accettarlo.
— Be’, è tragicamente chiaro che non fosse riuscito ad accettare il fallimento — rispose acido Nailsworth. — Difficilmente si può evitare di giungere a questa conclusione, purtroppo.
Monk lo interruppe: — Che sia morto è fuori di dubbio. Ma la pregherei di cominciare dall’inizio, non dalla fine. — Fece un sorriso che assomigliò più a un ghigno. — Come se doveste elaborare una teoria. Prima i fatti.
Gli occhi di Nailsworth erano duri e accesi: — Il dottor Lambourn aveva raccolto una grande quantità di dati riguardo alla vendita di oppio in diverse parti del paese e li aveva inclusi in una relazione — disse freddamente. — Il governo li ha confrontati con altre informazioni di cui era in possesso, provenienti da diverse fonti, scoprendo che in troppi casi Lambourn era in errore e che le sue conclusioni erano inesatte. Il respingimento della relazione è stato per lui un colpo durissimo. La sua posizione di scienziato era stata messa in discussione. Per qualche ragione, aveva preso tutta questa faccenda dell’oppio troppo sul personale. Ci aveva giocato la reputazione e aveva perso. Il che ha portato al fatto che voi non mettete in questione: ora è morto, si è tagliato le vene.
Gli occhi di Nailsworth erano fissi sul volto di Monk. — Mi dispiace. Era un uomo per bene e penso che avesse tutte le intenzioni di comportarsi in modo onesto, ma ha permesso che i suoi sentimenti avessero la meglio sulla ragione. — Sembrava tutto fuorché dispiaciuto. Nella sua espressione poteva esserci condiscendenza, ma non dolore. Monk si chiese cosa avesse fatto Lambourn per mortificare tanto profondamente la vanità di Nailsworth.
— Le sue raccomandazioni erano restrittive e per nulla necessarie — continuò Nailsworth. — “Pretenziosi”, è questa la parola che hanno usato per definire i suoi risultati. Ne è rimasto umiliato e non ha potuto sopportarlo. Ora, se avete anche solo un po’ di compassione per la sua famiglia, lasciate perdere questa vicenda.
Monk osservava e ascoltava. Nailsworth era profondamente in collera, ma l’irritazione nella voce tradiva anche qualcos’altro. Qualcosa che non osava mostrare? L’ambizione di prendere il posto di Lambourn? Preoccupazioni personali sulla questione dell’oppio? Se avesse detto qualcosa d’inopportuno avrebbe forse messo a repentaglio la propria carriera?
Dopo averlo ringraziato ed essere uscito, pensò che si trattasse più probabilmente di quest’ultima ipotesi. Avrebbe corso dei rischi se fosse stato sospettato di simpatizzare per Lambourn?
O era Monk che stava distorcendo i fatti per adattarli a una sua teoria preconcetta? Una teoria che si era formato guidato dalla rabbia e spinto dal desiderio di dare a Dinah Lambourn un po’ di conforto? Forse era colpevole come tutti loro di scegliere e interpretare i fatti per sostenere la spiegazione che preferiva.