10

Fuori dalla prigione, Rathbone se ne stava immobile sul marciapiede gelato battuto dal vento e non si capacitava di come avesse potuto essere tanto avventato. Stava andando a finire dritto in un banco di sabbie mobili ed era già tardi per tirarsi indietro. Aveva dato la sua parola.

Invece di recarsi così presto nel suo ufficio a rimuginare sull’impegno che si era preso, decise di proseguire verso est, attraversare il fiume a Wapping e andare a Paradise Place a dire a Monk che aveva accettato di difendere Dinah Lambourn. Aveva bisogno di avere più informazioni da lui. Avrebbe proceduto come se Monk fosse ancora un investigatore privato e non il capo della polizia fluviale, così da poterlo assumere e fare in modo che dedicasse il suo tempo e la sua abilità a quel caso. Era stato Monk a convincerlo a occuparsi della faccenda. E adesso Rathbone doveva convincere lui ad aiutarlo a sbrogliare quel pasticcio colossale. Camminò a passo svelto sulla Highway e prese una vettura indirizzando il conducente a Wapping Stairs, una delle tante gradinate che davano accesso al fiume. Si appoggiò allo schienale pensando a cosa aveva bisogno di sapere, mentre la carrozza procedeva serpeggiando nel traffico del mattino. Come diavolo avrebbe potuto sollevare un ragionevole dubbio in una giuria, senza avere un altro sospettato? Pensandoci alla luce del giorno, lui stesso avrebbe forse avuto un ragionevole dubbio?

Dinah Lambourn credeva davvero in quello che sembrava l’impossibile? Aveva amato il marito nonostante tutte le sue debolezze, il tradimento con un’altra donna per quindici lunghi anni e infine quell’improbabile storia del rifiuto del governo di riconoscere la verità sull’uso e l’abuso dell’oppio? Se i dati di Lambourn fossero stati anche solo vicini alla verità, sull’oppio o qualsiasi altro farmaco, non sarebbe stata una questione destinata a venir fuori prima o poi? La scomparsa del medico l’avrebbe ritardata, ma una legge sarebbe passata comunque. Quella faccenda aveva realmente causato la morte di Lambourn, per non parlare di un omicidio folle come quello della povera Zenia Gadney?

Forse Dinah si rifiutava semplicemente di accettare il fallimento del marito o il suo? La risposta più probabile era che presentasse anche lei dei tratti di pazzia, una vittima dei fatti che era stata costretta a riconoscere, qualsiasi essi fossero. Forse per sopravvivere Dinah aveva bisogno di una soluzione che lasciasse intatto il suo mondo fantastico.

Rathbone continuò il viaggio riflettendo sulle illusioni altrui, non sapendo a chi o a cosa credere. Fu contento di smontare e pagare il conducente, per poi starsene qualche minuto ad aspettare il traghetto, godendosi il vento e i suoni del fiume.

Scese i gradini di pietra, bagnati e leggermente scivolosi, con attenzione. L’ultima cosa che voleva era un bagno nell’acqua fredda e sporca. A parte il disagio, si sarebbe sentito un idiota.

Salì sulla barca e si sedette. La corrente era forte mentre la marea rifluiva. La traversata era resa difficile da piccole onde e increspature, ma fu lieto di sentire il vento tagliente sulla faccia, l’odore di sale e di fango e, sopra di sé, il richiamo dei gabbiani.

Giunto sull’altra riva, si godette la passeggiata da Princess Stairs attraverso Rotherhithe Street, proseguendo poi per qualche centinaio di metri e diverse svolte fino a Paradise Place.

Hester lo accolse alla porta. Aveva un bell’aspetto. C’era una tenerezza sul suo volto che non toglieva niente al suo innato ardore contro le ingiustizie, la stupidità e ogni genere di sopruso. Rathbone si ritrovò a sorridere, sebbene non avesse nulla da festeggiare. Non aveva neanche più nessuna certezza, eccetto l’amicizia.

— Oliver! — disse contenta. — Entrate. Come state?

Non erano parole vuote. Gli occhi di lei lo scrutarono, cercando la verità. Riusciva a vedere sul suo viso la disillusione, la solitudine che avrebbe così tanto preferito tenere nascoste?

— Sto bene, grazie — rispose entrando. — Ma Monk mi ha affibbiato un caso quasi impossibile. Avrò bisogno del suo aiuto. Vi prego, non ditemi che è già uscito.

— È in casa — lo rassicurò Hester. — Volete accomodarvi in salotto, dove potrete stare tranquilli? Vi porto del tè, se volete, o magari la colazione? Deve fare freddo sul fiume.

— Non ne siete già al corrente? — chiese Oliver stupito.

Hester lasciò che un lieve sorriso le sfiorasse le labbra. — Mi ha detto che è stato costretto ad arrestare Dinah Lambourn. Non avrete accettato la sua difesa, vero? Così presto? Siete stato... avventato. — Il suo sorriso era più largo, ora. Molto tempo prima, quando si era resa conto che Oliver era innamorato di lei, lo aveva punzecchiato in merito alla sua prudenza, dicendogli che era troppo avveduto e ordinato per poter essere felice con una persona impulsiva come lei. A quei tempi, Oliver aveva pensato che avesse ragione. Forse era vero a quell’epoca. Ma adesso non più.

— Quale uomo che non sia avventato prenderebbe anche solo in considerazione l’idea? — disse divertito.

— Allora venite in cucina — lo invitò lei facendo strada lungo il corridoio.

La stanza era calda, un po’ in disordine, chiaramente il centro della casa. Su uno dei ripiani era posata la biancheria pulita; il bollitore appena tolto dalla piastra borbottava piano. Appese al soffitto con dei ganci c’erano erbe essiccate e un paio di reste di cipolle. Piatti e tazzine di porcellana bordate di blu erano in attesa di essere riposti nella credenza.

Monk era seduto a tavola e si alzò non appena Rathbone fece la sua comparsa. Stava mangiando una scodella di porridge e latte caldo, il che era presumibilmente la ragione per cui era stata Hester ad aprire la porta.

Rathbone si rese conto di non avere ancora mangiato e di essere terribilmente affamato.

Hester lo vide gettare uno sguardo al piatto di Monk. Senza chiedere nulla, servì anche a lui una scodella di porridge e apparecchiò un posto all’altro lato del tavolo. Non gli domandò se volesse del tè, gliene versò semplicemente una tazza.

— Allora? — chiese Monk, mettendo da parte il cibo. Voleva prima sapere se Rathbone aveva accettato il caso.

Rathbone scoppiò in un risolino teso e incontrò gli occhi grigi e calmi di Monk. Si sedette di fronte a lui. — Se non l’avessi accettato vi avrei mandato un messaggio a Wapping e magari uno anche qui — disse mesto. — Ma avrò bisogno del vostro aiuto.

— Non so se posso fare qualcosa. — A dispetto delle parole, Monk sembrava contento.

Rathbone sorseggiò il tè. Era un po’ troppo caldo per berlo subito, ma il suo profumo gli fece un gran bene. Hester aveva ragione, aveva preso freddo sul fiume. Non se ne era quasi accorto in quel momento, ansioso com’era di arrivare lì. — Be’, per cominciare, c’è niente che possa aiutarci e che sapete per certo essere vero? Per quale altra ragione Zenia Gadney può essere stata ammazzata?

Monk ci pensò su un po’ prima di rispondere. — Il fatto che, a quanto risulta, non avesse mai avuto altri clienti se non Lambourn, potrebbe averla resa piuttosto maldestra nel cercarne di nuovi — disse lentamente.

— Aveva circa quarantacinque anni — aggiunse Rathbone, versando il latte sul porridge e prendendo una cucchiaiata.

Monk era sorpreso. — Come fate a saperlo?

— L’ha detto Dinah.

Monk fece uno sguardo incredulo. — Davvero? L’ha saputo da Lambourn?

Rathbone avvertì una punta di inquietudine. — Mi ha mentito?

— No, ma come fa Dinah a saperlo? Sostiene di non averla mai incontrata — fece notare Monk.

— Allora suppongo che gliel’abbia detto il marito. Strano che ne abbiano parlato...

Hester lo stava guardando. — Non sapete se crederle o no, dico bene?

— No, non lo so — ammise Oliver. — Ho la netta sensazione che stia mentendo su qualcosa o che non mi abbia detto tutto. Ma non penso che abbia ucciso e sventrato quella disgraziata.

— Be’, non è stato nemmeno Lambourn — disse Monk. — Quando è stata uccisa, era già morto da un pezzo, pover’uomo.

— Se non sono stati né Lambourn né Dinah, chi l’ha assassinata? — chiese Rathbone. — È solo una macabra coincidenza che abbia incontrato un folle omicida proprio nel periodo in cui Dinah la stava cercando?

— Ha ammesso di essere andata a cercarla? — chiese Monk.

— No. Ma voi mi avete detto che è stata riconosciuta.

— Solo vagamente. Mi hanno descritto una donna che risponde alla sua descrizione — lo corresse Monk. — Alta, capelli scuri, si esprimeva in modo educato, ma era fuori di sé dalla rabbia, in preda a una crisi isterica o sotto l’effetto di oppio.

— L’oppio intontisce, rende lenti e impacciati — si intromise Hester. — Ma non violenti. È più probabile addormentarsi che assalire qualcuno.

Rathbone era perplesso. — Secondo Dinah, qualcuno del governo avrebbe ucciso sia Lambourn che Zenia Gadney — disse. — Per screditare il rapporto di Lambourn e far sì che Dinah fosse accusata di omicidio e impiccata, e la questione non venisse più sollevata. — Spostò lo sguardo da Monk a Hester, quindi di nuovo su Monk. — Pensate sia possibile?

— Sì — disse Hester, nello stesso istante in cui Monk rispose: — No.

— Forse — si corresse quest’ultimo. — Qualcuno avrebbe potuto farlo, ma non avrebbe funzionato. Solo uno sciocco non se ne sarebbe reso conto. Il rapporto di Lambourn sarebbe stato occultato, certamente, ma non la legge sui farmaci. Forse sarebbe varata più tardi, ecco tutto.

— È quello che ho pensato anch’io — convenne Rathbone. Si morse il labbro. — Il che mi lascia al punto di partenza. Zenia potrebbe essere stata incauta e vulnerabile perché non abituata a procurarsi clienti, e magari non era brava a distinguere un individuo pericoloso da uno affidabile, per quanto possa esserlo qualcuno in cerca di una prostituta per le strade dei dock. — Guardò Monk. — C’è qualche parte della storia di Dinah che può essere provata?

— Non mi viene in mente niente di rilevante — rispose Monk. — Nessuno ha mai neanche pensato che potesse avere qualcosa a che fare con la morte del marito. All’inizio, ha negato di sapere di Zenia Gadney, poi lo ha ammesso. La stessa cosa che ha detto la cognata, Amity Herne. E visto che Dinah si è fatta scappare quel particolare sull’età di Zenia, doveva averla conosciuta, in qualche modo. Non era un dettaglio riportato dai giornali, perché nemmeno noi della polizia ne eravamo sicuri. Zenia Gadney aveva certamente un aspetto gradevole, per la sua età, a giudicare dall’esame del cadavere... Mi riferisco allo stato della pelle, dei capelli, e così via. I denti erano molto belli. Una delle persone con cui ho parlato la riteneva più giovane.

Rathbone ricordò il volto di Dinah e le parole con cui aveva negato la possibilità che Zenia potesse aver mal giudicato la natura di Joel Lambourn. Corrugò la fronte, riponendo per un istante il cucchiaio. — Dinah mi ha detto che Joel e Zenia si conoscevano da quindici anni.

Monk alzò il viso di scatto. — Come diavolo fa a saperlo?

— Me lo chiedo anch’io. — Rathbone era sempre più a disagio. Non si era mai sentito sicuro di sé nel giudicare le donne. Dopo Margaret, le sue opinioni erano ancora più approssimative. Aveva fatto una sciocchezza accettando quel caso?

Hester gli sfiorò delicatamente la spalla. — È probabile che menta in merito alla relazione di suo marito con quella donna, o perlomeno che eviti di dire tutto ciò che sa — osservò. — Deve sentirsi una completa sciocca. Perciò prova a trovare un modo di spiegarlo a se stessa per non ammettere di essere stata presa in giro, cercando allo stesso tempo di convincere voi che non ha ucciso Zenia. Penso che lo farebbe chiunque, al posto suo.

— Voi le credete? — chiese Rathbone, girandosi un poco per guardarla mentre Hester passava dietro di lui e si spostava dall’altro lato del tavolo.

— Le credo riguardo alle ricerche svolte da Lambourn — rispose lei sedendosi a sua volta. — Ho parlato con un medico che conosco, un medico eccezionale, e lui mi ha confermato la validità degli studi di Lambourn. Ha detto che il numero di morti tra i bambini è terrificante e potrebbe facilmente essere ridotto con un certo grado di regolamentazione e informazione.

— Quindi i dati erano essenzialmente giusti, anche se molte prove erano basate su aneddoti? — chiese Rathbone.

— Sì. Penso che gli aneddoti servissero solo ad aggiungere un impatto emotivo. Avrebbe comunque dovuto fornire cifre accurate — rispose lei.

Rathbone si rivolse di nuovo a Monk. — Esattamente, quali prove ci sono che si sia trattato di suicidio? La signora Lambourn sostiene che è stato un omicidio. È possibile?

Monk rifletté. — Non lo so. Da quello che risulta, è stato trovato sulla One Tree Hill, a Greenwich Park, con le vene dei polsi tagliate e in corpo una considerevole quantità di oppio. Ho chiesto se ci fossero stati contenitori di liquidi per assumere o sciogliere la polvere... Non ho ottenuto risposte, ma non ho parlato con la persona che ha rinvenuto il corpo. Francamente, ho pensato che Dinah Lambourn si rifiutasse di credere che fosse stato un suicidio perché sarebbe stato troppo doloroso per lei.

— Potrebbe essere così — convenne Rathbone. — Ma dobbiamo esserne sicuri.

Monk sorrise. — Dobbiamo?

A un tratto, Rathbone si sentì di nuovo solo. — Monk, voi pensate che sia colpevole?

— Non lo so — ammise lui. — Suppongo di sì, ma desidero ardentemente sbagliarmi. Accetto il “dobbiamo”.

— Avete l’autorità per indagare? — Era quella la vera preoccupazione di Rathbone. Avrebbe potuto provarci di persona, in quanto avvocato di Dinah, ma sapeva che le capacità investigative di Monk erano di gran lunga superiori alle sue.

Monk considerò la cosa fra sé e sé prima di rispondere. — Ne dubito, ma tenterò. Non è una zona di mia competenza, e all’apparenza la questione non ha alcun legame con il fiume. È già stato archiviato come suicidio, quindi non si tratta neppure di un crimine irrisolto. In effetti, può essere a malapena definito un caso, salvo agli occhi della Chiesa, e anche in quell’ambito c’è un po’ di margine, a seconda della sanità di mente della vittima.

— E l’oppio? — suggerì Hester.

La guardarono entrambi.

— Be’, parecchio oppio arriva attraverso il porto di Londra e una gran parte finisce a Limehouse — spiegò lei. — Non potresti dire che il rapporto di Lambourn è importante... — fece una piccola smorfia — ed esagerare un po’ i fatti sostenendo che Lambourn era in possesso di informazioni riguardo al contrabbando? Probabilmente è vero.

Monk le sorrise, con un guizzo di divertimento negli occhi. — Hai ragione — convenne. — E lo farò. Tutto con lo scopo di acciuffare i contrabbandieri sul fiume, naturalmente. — Guardò di nuovo Rathbone. — Le prove di un suicidio sono decisamente carenti, e nessuno sa dove sia finito il rapporto di Lambourn. È stato screditato ma nessuno l’ha mai visto.

— Che cosa mi dite di Lambourn e Zenia Gadney? — continuò Rathbone, sentendo che finalmente c’era qualcosa su cui lavorare. — Perché lui aveva iniziato quella relazione? Tutta la vicenda è piuttosto sordida, ma il crimine in sé è estremamente violento. Fa pensare a un odio di natura personale, sessuale. Avete cercato un folle che odia le donne in generale e le prostitute in particolare?

— Con tutte le nostre forze — rispose Monk. — E Orme è un ottimo agente. Non c’è mai stato un caso paragonabile a questo. L’ultima prostituta uccisa è stata picchiata e infine strangolata. Era una questione di denaro, e abbiamo preso il colpevole. Un’altra è stata accoltellata, una sola ferita più vicina al cuore di quanto l’assassino avesse voluto. Era il suo protettore e abbiamo arrestato anche lui.

Rathbone storse le labbra. — Stando alla vostra esperienza, vi siete mai imbattuto in un crimine tanto brutale commesso da una donna ai danni di un’altra donna?

— Qualche sfregio tra prostitute rivali — rispose Monk. — Possono essere crudeli, ma nessuna ha mai sventrato in quel modo una concorrente. È difficile immaginare una donna comportarsi così. L’indignazione nei confronti di Dinah sarà intensa anche per questo. In tutta onestà, non ho idea di come potrete difenderla. La gente vuole vedere qualcuno impiccato. Avete dato un’occhiata ai giornali?

Rathbone si irrigidì. — Certo. Si riesce a stento a evitarlo, anche volendo. Non diventa ancora più importante essere assolutamente sicuri di avere arrestato la persona giusta?

— Andiamo! — disse Monk con stanchezza. — Sapete bene quanto me che la maggior parte della gente non la pensa così. Dicono che vogliono il vero colpevole, ma sono convinti di averlo già in mano, e dubitarne li mette solo sulla difensiva. Ammettere che è la persona sbagliata significa che è stata accusata un’innocente, che la polizia è incompetente e, ancora peggio, che il colpevole è ancora in libertà e loro sono in pericolo. Nessuno vuole sentirselo dire.

Rathbone non poteva ribattere, così cambiò argomento: — Mi serve sapere tutto su Dinah Lambourn. In maniera che l’accusa non mi faccia qualche brutta sorpresa in tribunale. Se è colpevole, allora deve avere mostrato altre volte dei tratti di pazzia. Scoprirò quello che posso, ma mi serve aiuto.

Hester lo guardò, perplessa e preoccupata. — E se fosse colpevole, Oliver, vorrete ugualmente difenderla? Non solo ha ucciso Zenia Gadney, ma ha anche infierito su di lei in modo vergognoso. Non è giustificabile. Non può esistere provocazione al mondo che potrebbe giustificarlo.

— Hester... — cominciò Rathbone.

Lei lo interruppe. — E se se la cavasse, cosa succederebbe al prossimo che dovesse contrariarla? Inoltre, se venisse giudicata innocente, la polizia dovrebbe continuare a cercare un colpevole, ossia qualcuno che non esiste. Gli abitanti di Limehouse vivrebbero nel terrore, sospettandosi a vicenda, convinti che l’assassino non sia stato catturato.

— Voi pensate che sia stata lei? — chiese bruscamente Oliver.

— Non ne ho idea — rispose Hester. — Ma voi dovete decidere ora che cosa fare nell’eventualità che scopriste la sua colpevolezza.

Rathbone non ci aveva pensato. Era venuto a Paradise Place sull’onda dell’emozione, pronto per una crociata quasi impossibile. In parte, almeno, perché sapeva che avrebbe occupato la sua mente e le sue energie facendogli per un po’ dimenticare il proprio dolore.

Si voltò verso Monk. — Hester ha ragione. Devo esserne sicuro. Mi aiuterete?

— Volete che vi aiuti a provare l’innocenza della donna che ho appena arrestato per uno dei crimini più efferati su cui abbia mai investigato? — chiese sommessamente Monk.

— Siete certo che sia colpevole? — chiese Rathbone.

— No. Ma non ci sono altri sospettati.

— Allora voglio che scopriate la verità, così ne saremo sicuri — disse Rathbone. Poi guardò Hester.

— William? — disse lei rivolgendosi a Monk.

Monk si strinse nelle spalle e si arrese. — Lo farò. Devo farlo.