Capitolo 2
«Allaccia la cintura», chiuse lo sportello e fece il giro dell’auto.
«Forse non è stata una buona idea», dissi non appena Blake salì in macchina; stavo per scendere quando il ragazzo che aveva richiamato tutti quanti all’ordine si posizionò fra le macchine.
«Accendete i motori, ragazzi. È giunto il momento», la folla intorno a noi iniziò a urlare e, non appena Blake girò la chiave, il sedile tremò sotto di me facendomi rabbrividire. Ma cosa cavolo stavo facendo?
«Devo scendere», mi voltai a guardarlo e lo sorpresi a fissarmi sorridendo; il suo non era più un mezzo sorriso, ma un sorriso vero e proprio, da figo. Le fossette erano due. Ero spacciata.
«Non aver paura, piccola, e allacciati la cintura per favore. Stiamo per partire», allungò un braccio sul sedile posteriore e mi passò un casco. «Indossa anche questo», presi il casco e lo fissai.
«Dimmi che non stiamo per fare quello che penso», spalancai gli occhi e guardai la strada davanti a noi che finiva nel buio. Mi rubò il casco e un attimo dopo me lo ritrovai in testa.
«Vuoi sapere se sto per regalarti il miglior orgasmo della tua vita? No, piccola, non ora», allacciai la cintura.
«Col cavolo che ti permetterò ancora di avvicinarti a me. Mai e poi mai», incrociai le braccia al petto.
«Pronti? Fate ruggire i motori, ragazzi! Giocate pulito e ci vediamo qui per festeggiare», urlò ancora il presentatore improvvisato. «Uno».
«Attenta, parecchia gente si è ricreduta dopo aver usato la parola “mai”».
«Due».
«Stai tranquillo, quando mi decido sono irremovibile», dissi stringendo i denti.
«Però sei in macchina con me adesso», mi girai per guardarlo.
«Tre!». L’auto partì senza lasciarmi il tempo di pensare né tantomeno rispondere; sentii le ruote sgommare, mi aggrappai alla portiera.
«Cavolo, cavolo, cavolo», non avrei mai frequentato il mio primo giorno di college.
«Cazzo, cazzo, cazzo, piccola», Blake rideva mentre mi sembrava che il cuore mi uscisse dal petto. Guardai il contachilometri, stavamo andando a centoquaranta all’ora su una strada sterrata.
«Rallenta», urlai. «E poi non c’è bisogno di essere volgari». Mio padre odiava le parolacce, o meglio odiava che le dicessi io. Per tutta risposta, Blake rise più forte. A quel punto, gli indicai delle auto in fondo alla strada, prima di una curva, che ci barricavano la strada. «Rallenta o ci schianteremo. Perché quegli idioti se ne stanno fermi lì?», se non fossi rimasta uccisa in un incidente sarei morta di infarto. Eravamo sempre più vicini alla barricata e vidi le luci di una macchina dietro di noi.
«Metti i piedi sul cruscotto».
«Perché?», chiesi guardandolo come se fosse pazzo.
«Fallo e basta», ringhiò. Poggiai i piedi sul cruscotto e poi non capii esattamente come, ma la macchina sterzò e fui strattonata di lato; dopo un mezzo giro vidi altre due auto imitare la svolta proprio mentre Blake accelerava per tornare indietro. Sbattei la testa contro il finestrino, ma per fortuna avevo il casco. «Stai bene?», chiese. Volevo rispondergli, davvero, ma non ci riuscii. Avevo lo stomaco letteralmente in gola, mi pareva di vedere il cuore battere all’impazzata attraverso la maglietta e non ricordavo come si respirasse. Poco dopo, raggiungemmo il punto esatto da cui eravamo partiti, avevamo vinto. Blake spense il motore e le luci, mentre io rimasi perfettamente immobile, perché se avessi anche solo tentato di muovermi avrei vomitato. Sentii la cintura scattare e, poco dopo, mi venne levato anche il casco. «Respira, sei sana e salva, proprio come ti avevo promesso». Sana e salva? Mi voltai a guardarlo.
«Sana e salva un corno! Sei completamente fuori di testa», uscii di corsa dall’auto e Mariam mi venne incontro insieme a Devon e Brooke.
«Tesoro…», il sorriso le morì sulle labbra quando vide che ero fuori di me.
«Piccola ci stavamo divertendo, dove vai?», Blake voleva proprio morire. Mi voltai a guardarlo: se ne stava poggiato contro l’auto, con le braccia e le caviglie incrociate.
«Divertendo? Tu ti stavi divertendo, non di certo io, per poco non ci facevi ammazzare, brutto… brutto», maledetto mio padre e le sue stupide regole. L’angolo delle labbra gli si alzò, poi quel pazzo si tolse dalla macchina e mi raggiunse.
«Finisci la frase, brutto cosa? Stronzo? Coglione? Pezzo di merda?», sgranai gli occhi.
«Idiota, brutto pezzo di idiota trattino scaricatore di porto», gli urlai in faccia e il suo sorriso si fece più ampio.
«Sei uno spasso». Certo che aveva una bella faccia tosta. Mi voltai, presi per mano Mariam e la trascinai via. Gli altri due ci seguirono a ruota e salimmo sulla jeep.
«Wow ragazza, sei stata proprio wow!», guardai Devon in cagnesco.
«Sarà per questo che gli piaci, sei decisamente autoritaria», continuò ridendo il mio nuovo amico. «Non è sexy da morire? Blake descritto in una parola: sesso. Magari potessi averne un pezzetto», guardai Devon stupita. Non avevo sospettato che potesse interessargli, ma di certo gliel’avrei lasciato volentieri. Alzai gli occhi al cielo per il suo commento, ma dovetti ammettere che aveva ragione; quel tizio, per quanto fastidioso, emanava sesso, forse aveva qualche problema di feromoni. Arrivammo al campus e salutammo gli altri due prima di tornare alla nostra stanza; non appena chiusi la porta Mariam si girò verso di me battendo le mani.
«Oh mio Dio», urlò e le feci segno di abbassare la voce mentre mi levavo i vestiti. «Non ci posso credere, finalmente hai avuto un bel battesimo del fuoco! Ora anche tu fai parte del club di chi fa “Stronzate pericolose”; non solo ne hai combinata una bella grossa, ma l’hai combinata con un tipo molto, molto pericoloso e tremendamente sexy». Dovevo mantenere la calma, era la mia migliore amica e se l’avessi uccisa sarei rimasta sola. Mi infilai sotto le lenzuola.
«Se te ne esci con altre cavolate come questa ti faccio male, amica». Mariam ridacchiò e si mise a letto a sua volta. «Buonanotte», le dissi prima di chiudere gli occhi.
«È stato divertente, non è vero?»
«Da morire, proprio. Temevo di avere un infarto o di fare un incidente», però sorrisi, a volte non riuscivo a gestire le mie espressioni, che ridicola.
«Hai sorriso», disse lei.
«Non dire cavolate, non riesci nemmeno a vedermi, è buio».
«Ti conosco meglio di chiunque altro, so esattamente che, per quanto tu sia arrabbiata, sei anche eccitata da morire. Mia cara, sotto tutti quegli strati di regole, sei una vera ribelle. Buonanotte, Kota». Guardai l’orologio: tre ore e la sveglia avrebbe iniziato a suonare. Chiusi gli occhi, ma mi apparve all’istante il viso di Blake. Li riaprii. Eh no, non se ne parla proprio, lui no! Non chiusi occhio.