Trenta
Tommy se ne stava accanto al gabbiotto delle informazioni della Grand Central Station. Vide gli ultimi arrivati riversarsi dai binari e mescolarsi alla folla di pendolari nell’atrio della stazione. Quando si accorse che il treno da Providence era in arrivo, si fece largo tra le ondate di gente in giacca e cravatta e s’avvicinò al marciapiede. Cheryl fu una delle ultime persone a scendere. Ci mise un po’ a radunare i bagagli, gli occhi semicoperti da una ciocca di capelli ramati. Indossava un lungo pullover a trecce, leggings neri e stivaletti alla caviglia. Da una spalla le pendeva un borsone e dall’altra una borsetta, e reggeva anche un voluminoso sacco dell’immondizia che, in apparenza, conteneva capi di vestiario. Tommy le scivolò alle spalle. «Posso darti una mano?» disse.
«Dio santo, sei tu» fece lei. «Stavo quasi per prendere la bomboletta.»
«Scusa» disse Tommy. «Mica volevo spaventarti.»
«Questa è una sorpresa» disse Cheryl. «Che ci fai qui?»
«Ho pensato di venirti a prendere, e magari portarti all’Oyster Bar a farci qualche Wellfleet e una bottiglia di vino.»
Lei gli porse il sacco di plastica. «Maglioni» disse. «Mia madre. Ogni volta che va al mercato delle pulci con qualche sua amica me ne compra qualcuno. “Basta coi maglioni, mamma” le faccio io, ma lei niente. Ne ho con gli anatroccoli, con gli alci, le renne, i coniglietti. Credevo che esaurito il regno animale avrebbe smesso. Ma ha ricominciato dalle anatre. Qua dentro ce ne sono altri quattro.»
«E li porti?» chiese Tommy.
«Ma vuoi scherzare? Li rifilo alla chiesa sull’angolo. Quando faccio un giro attorno a casa, c’è sempre qualche tipo che chiede l’elemosina con un mio maglione addosso.»
«Allora, che ne dici delle ostriche? Hanno le Wellfleet» disse Tommy.
«Come facevi a sapere il treno giusto?» chiese Cheryl.
«Sapevo che arrivavi stamattina, quindi sono rimasto nei paraggi. C’erano solo due treni.»
«Sei rimasto ad aspettare due treni per me? Com’è che sei così premuroso?»
«Non lo so» disse Tommy. «Mi andava. Mi sei mancata.» Evitò il suo sguardo.
«Hai l’aria colpevole» disse lei, fermandosi di botto. «E successo qualcosa? Mi hanno licenziata?»
«No, no, no, va tutto bene» disse Tommy. «Dai, andiamo a farci qualche ostrica. Muoio di fame.»
«Non è che il ristorante ha chiuso?»
«No. E solo che mi andava di venirti a prendere alla stazione e portarti a pranzo» disse lui, girando verso le scale.
Mentre Tommy si avviava, Cheryl piegò il capo. «Ti sei scopato qualcuna? E questo l’inghippo? Ti sei scopato qualcuna, eh?»
Tommy si fermò, si voltò, fece per dire qualcosa ma si trattenne.
«Ti sei scopato qualcuna, vero?» disse Cheryl. «Dillo pure, non m'incazzo.»
Tommy tentò un sorriso accattivante. «Be’...»
«E chi ti sei scopato? Una del ristorante?» gli chiese Cheryl.
«Dai, ti prego» disse Tommy, voltandosi per metà. «Possiamo parlarne a pranzo.»
«Ti sei scopato Stephanie?»
Tommy abbassò lo sguardo, senza negare. «Insomma...» disse. Posò il sacco di plastica e si mosse verso Cheryl.
«Ti sei scopato Stephanie?» ripetè lei. Poi lo colse di sorpresa con un gancio destro che parve venire dritto dal pavimento. Tommy barcollò all’indietro, inciampò nel sacco di plastica e cadde a terra, per finire sulla schiena nel bel mezzo della folla. Fu scavalcato e aggirato dai pendolari frettolosi, in un turbine di «scusi» e «mi spiace». Una tizia corpulenta in abito blu e scarpe da ginnastica gli rifilò un calcio in testa. Gli ci volle qualche secondo per rimettersi in piedi. Si guardò attorno alla ricerca di Cheryl. Era sparita. Tommy raccolse il sacco dei maglioni e si diresse all’uscita.
Riuscì a bloccare un taxi sulla Quarantaduesima e indicò al conducente l'indirizzo di Cheryl, in Perry Street. L'aveva beccato sotto l'occhio sinistro, e toccandosi ne sentì il gonfiore. Lacrimava e da quella parte non ci vedeva più tanto bene. Si asciugò una lacrima con la manica, e vide che il tassista lo guardava nello specchietto. Manovrò sul sedile per guardarsi a sua volta. Aveva un bel segno rosso, e l'occhio era iniettato di sangue. Tentò di sorridere e scosse la testa sconsolato.
Il tassista, un ceffo pallido dal codino biondo e unto, incrociò i suoi occhi nello specchietto.
«Certo che l'hanno conciata proprio per le feste, amico» sorrise. «Vuole andare al pronto soccorso?»
«No, sto bene» disse Tommy. Scivolò sul sedile, cercando di evitare lo sguardo del tassista. «Ho sbattuto contro una porta.»
«Come no» disse il tassista. «Sono incidenti spiacevoli.»
Quando Cheryl aprì la porta, Tommy era in piedi nell'atrio, in mano il sacco dei maglioni.
«Non prendertela» disse lui.
«Non me la sono presa» rispose lei. «Sono incazzata.»
«Ti prego» disse Tommy.
«E schifata» disse Cheryl, stando ferma sulla soglia e bloccandogli l’accesso con un braccio. Poi guardò l’occhio di Tommy. «Però!» disse. «Sono stata io?»
«Proprio un bel colpo» disse Tommy. «Ci hai dato dentro, con la spalla.»
Dall’occhio iniettato di sangue sgorgò un lacrimone. Tommy si asciugò con la manica, facendo un sacco di scena.
«Ti sei scopato quella troia» disse Cheryl. «Di qualunque altra non me ne sarebbe fregato niente.»
«Mi spiace» disse lui. «Ero sbronzo.»
«Quella troia. Dovrei prendere a cazzotti anche lei, ma in quella cazzo di bocca.»
«Mi spiace» disse Tommy. «Sul serio. Ero ubriaco fradicio. E andata così.»
«Sei un’autentica testa di cazzo» disse Cheryl, osservando meglio l’occhio offeso.
«Lo so» disse Tommy.
«Butta proprio male, quello» disse Cheryl arretrando nell’appartamento, incerta sul da farsi. «Riesci a vedere qualcosa? Non è che poi diventi cieco per colpa mia, eh? Anche se te lo meriteresti.»
«No, poi mi passa» disse Tommy, insinuandosi nella porta aperta. «Magari un po’ di ghiaccio... si sta gonfiando da pazzi.»
Cheryl andò a prendere una vaschetta di cubetti dal frigorifero. Trovò un asciugamano appeso alla porta del bagno e ce li versò dentro.
«Fa’ da solo» disse. «Non sono in vena di gentilezze, adesso.»
Tommy prese l’asciugamano e se lo premette sull’occhio. Rovesciò la testa all'indietro e si sedette lentamente sul letto piazzato al centro della stanza.
«Avessi una sedia, ti direi di alzarti da quel cazzo di letto» disse lei.
«Mi dispiace, Cheryl. Non sai quanto» disse Tommy da sotto l'asciugamano.
«Ti scopi me e ti scopi le mie amiche. Giusto?» disse lei. «Guarda che mi stai bagnando il letto.» Prese un asciugamano pulito da sopra il mobiletto nell'angolo e glielo gettò addosso. Lui se lo ficcò sotto la testa e si sdraiò.
«Se ti fa male sono contenta» disse Cheryl.
«Fa male sì» disse Tommy. «Un casino.»
«Già, come no» disse Cheryl. «Mica sei tu quello ferito. Sono io. Io.»
«In realtà la mia è una ferita vera e propria» disse Tommy. «Il tassista mi ha perfino chiesto se doveva portarmi al pronto soccorso.»
«Va bene, va bene, fammi dare uno sguardo» disse Cheryl. Sollevò un angolo dell'asciugamano e sbirciò l'occhio. «Non va poi così male» disse, trasalendo appena. Rimise il ghiaccio al suo posto. «Hai intenzione di farmi causa? Di chiamare uno di quegli avvocati della tv? Forse puoi farmi pignorare le mance.» Spostò brusca il ghiaccio per coprire tutto il gonfiore.
«Ahi!» disse Tommy.
«Quindi lo sanno tutti, al ristorante, eh?»
«Non lo sa nessuno» disse Tommy.
«Sì, come no, non lo sa nessuno. Quella vacca l'avrà già detto anche al gatto, chi credi di prendere per il culo? Ce la vedo, sai, nel disimpegno, con un megafono. “Signore e signori! Un attimo d'attenzione, prego! Mi sono scopata il ragazzo di Cheryl!” Mi viene da vomitare.»
«Mica lo sapevo, che ero il tuo ragazzo» disse Tommy tirandosi su.
«Allora, vediamo» disse Cheryl. «Sono quattro mesi che dormiamo nello stesso letto. Mi par di ricordare che facciamo sesso a intervalli regolari... mi sembra...» Cheryl si tirò uno schiaffo. «Ma che cazzo dico? Che sono, un’idiota? Non ci posso credere, sono diventata una povera, piccola mentecatta? Dici bene, non sono la tua ragazza. E che cazzo significa? Che ti puoi scopare tutte quelle che vuoi?»
Tommy allungò una mano, ma lei si ritrasse.
«Devi essere la mia ragazza» le disse. «Non so che cazzo vuol dire, ma insomma... essere complici, e tutto quanto. Non ne abbiamo mai parlato, lo sai? Non è una scusa. Ho fatto una cazzata, lo so bene. Mi sono comportato male. Un cafone, lo so. Qualunque cosa siamo... io... io ti ho tradita, più o meno. E mi dispiace. Ero sbronzo. Depresso, e tu non c’eri. Non sarebbe mai successo se non avessi bevuto. Tutte le stronzate che mi sono cadute addosso negli ultimi tempi mi hanno dato alla testa.»
«Che stronzate?» chiese Cheryl.
«Ho avuto qualche problema con mio zio.»
«Il gangster? Quello?»
Tommy annuì.
«E che cazzo c’entra tuo zio con quella troia di Stephanie? Se parli di stronzate, questa sì che è davvero grossa. Ma che squallore, Tommy. Hai problemi con tuo zio e vai a scoparti Stephanie? Ho capito bene?»
«Non posso parlarne, e neanche voglio» disse Tommy. «Va bene? Ho dei grossi problemi. Non voglio entrare nell’argomento, ma ho davvero dei grossi problemi con delle stronzate che non c’entrano col ristorante e con noi due e con nient’altro. Roba di italiani. Mi sono capitati dei guai e ci sono cose che mi preoccupano.»
«E brava?»
«Cosa?»
«Stephanie. E brava? Lei sembra convinta di sì.»
«Cosa vuoi che mi ricordi. Ero sbronzo.»
«Quindi è stato brutto.»
«Ti ho detto che... Insomma, te l’ho già detto, ero sbronzo. Sarà durato dieci secondi.»
«Allora te lo ricordi» disse Cheryl.
«Mi ricordo che non c’era niente da ricordarsi» disse Tommy.
«E dove siete andati? Dov’è che l’avete fatto?»
«Guarda, non ne voglio parlare, va bene? Me ne vergogno.»
«In quel ristorante del cazzo, non è vero?»
«Di sotto» disse Tommy.
«Una sveltina tra lo scatolame? Ma che bello.»
«Mi spiace» disse Tommy. «Non doveva succedere. Vorrei tornare indietro nel tempo per sistemare ogni cosa. Ce ne sarebbero, di cose da rimettere a posto.»
«Che vuoi dire?»
Tommy si mise seduto, i piedi sul pavimento, e sollevò il ghiaccio. «Sono nella merda, hai capito? Nella merda fino al collo. E la prima volta che mi capita una cosa del genere, in tutta la mia vita. Da un momento all’altro potrei finire in galera, cazzo, ecco in che razza di situazione mi trovo.»
«Come? Mi stai dicendo che sei uno della mafia o cose del genere, eh, Tommy? No, perché queste non sono altro che stronzate. Tu sei un cuoco del cazzo, okay? Trovane una migliore.»
Tommy la guardò negli occhi e le posò una mano sul gomito. «Sono in guai seri. Seri, altro che. E un mese che sono fuori di me dall’angoscia. Sono arrivato al punto che non capisco più un accidente. L’altra sera ero sbronzo e mi sentivo solo, e volevo che qualcuno mi stringesse tra le braccia e mi dicesse che si sistemerà tutto quanto.»
«E quindi hai portato Stephanie di sotto e l’hai trapanata ben bene. Per queste cose ci vuole tua madre, Tommy. Va’ a casa e piangi sulla spalla di tua mamma.»
«Mio zio Sally, il fratello di mia madre, è lui che mi ha tirato dentro, va bene? Non ne posso parlare. Non posso dirlo a nessuno. L’altro giorno sono venuti quelli dell’Fbi a parlare con me, cazzo. Capisci? L’Fbi... Ero lì a far colazione, e l’Fbi viene proprio al mio tavolo, al Pink Teacup, hai presente? Poi attaccano a rompermi i coglioni, a mettermi strane idee in testa. Hanno un fascicolo su di me eccetera eccetera. Capisci? Sanno anche dove faccio colazione!»
Cheryl parve sorpresa. «Mi prendi per il culo? Eh? Stai scherzando, o no? L’Fbi?»
Tommy annuì.
«E che vuole da te, l’Fbi? Cazzo vuole, la ricetta di qualcosa?»
«Vuole sapere se mio zio può aver fatto una certa cosa.»
«Ma tu non hai fatto nulla, vero? Perché ti stanno addosso?»
«Cheryl, non lo so. Non lo so. Perché mi trovavo lì. Perché ne hanno voglia. Perché pensano che abbia fatto qualcosa con lui. Vogliono che rinneghi mio zio, capito?» Tommy si passò le mani nei capelli, rimise il ghiaccio sull’occhio e si lasciò cadere sul letto.
«E perché tu non gli vuoi dire niente?» chiese Cheryl.
«E una situazione del cazzo» disse Tommy.
«Mica ti sbatteranno dentro» disse Cheryl.
«Dicono di sì.»
«Solo perché non vuoi dirgli niente? Mica possono mandarti in galera. Non possono. Oppure sì?»
«Credo di sì.»
«Perché? Ma che c'entri tu? Perché non arrestano tuo zio, se ha combinato qualche guaio?»
«Secondo loro ho visto qualcosa. Mi vogliono far diventare una specie di testimone» disse Tommy.
«Testimone di che?»
«Guarda, non ne voglio parlare, davvero» disse Tommy. «Già non dovevo nemmeno accennarne, a questa cosa.»
Cheryl si avvicinò a Tommy e si sdraiò sul letto al suo fianco, piantata su un gomito. «Ascolta» gli disse. «Fino a un certo punto non te la sei cavata male. Mi stavo quasi dimenticando che razza di furbacchione sei. Quasi, eh... E adesso cos’è questa storia che devi sbronzarti e scoparti la troia del locale?» Tolse il ghiaccio dall’occhio di Tommy e lo gettò nel lavandino. Poi gli passò le dita nei capelli bagnati vicino all’occhio, spingendoli via dalla fronte. «Ti tocca dirmi tutto. Altrimenti, domani vado là dentro e spedisco Stephanie in orbita a forza di calci nel culo.»
E lui glielo disse.