Ventidue

Anche se la sala da pranzo era vuota, al bar c’era ancora movimento. Un nutrito gruppo di avventori di Long Island stava discutendo animatamente a un angolo del bancone zincato. Un ubriaco in tuta da ginnastica, uno dei tanti clienti abituali, era stravaccato su un bicchiere di whisky e riduceva a brandelli il tovagliolo di carta sotto il suo drink. Poi ne appallottolava i frammenti e li lanciava, uno dopo l'altro, nel cestino dei rifiuti posto sotto il registratore di cassa, dalla parte opposta del bancone. Due innamorati, entrambi sovrappeso e fin troppo vestiti, si palpeggiavano all’altra estremità del bancone. La donna aveva la lingua nell’orecchio dell’uomo, che sudava come una fontana e s’agitava sullo sgabello. Hector, l’aiutante di sala, parlava al telefono con la sua famiglia in Messico, grazie a una carta di credito clonata. Stava lì da più di un’ora, e Tommy, piazzato al bancone affollato, lo osservava nello specchio. Tommy stava bevendo vodka, mezzo seduto e mezzo in piedi, una natica piantata sullo sgabello del bar. Sentì qualcosa scivolare sull’altra metà del sedile, si voltò e si trovò davanti, a Stephanie, che era andata a cambiarsi e a sciogliersi i capelli, oltre che a mettersi del profumo. La ragazza gli fece scorrere la gran massa di capelli castani sulla spalla e sospirò.

«Ehi, Steph» disse Tommy. «Come t’è andata, stasera?»

«Tutto a posto, se non c’erano quei canadesi» disse lei.

«Niente mancia?» le chiese Tommy.

«Quasi nulla» disse Stephanie. «Cinque dollari su un conto di ottanta.»

«Be’, poteva andarti peggio.»

Stephanie si limitò a fare spallucce con aria innocente, e chiamò il barista per farsi portare un drink. Ordinò un Sea Breeze con vodka e, al suo arrivo, ne bevve un lungo sorso, per poi allungare a Tommy una risatina complice. «Allora, Tommy, gira voce che ti stai scopando Cheryl. Vero?»

Le orecchie di Tommy si fecero di fiamma. «Chi l’ha detto?»

«L’ho sentito da qualcuno» disse Stephanie con un sorriso.

«Un gentiluomo non risponde» disse Tommy.

«Quindi te la stai scopando davvero» disse Stephanie, sfoderando un sorriso ancora più grosso sotto le sue labbra carnose. Poi bevve un’altra lunga sorsata del suo drink. «E da quant’è che va avanti sta faccenda, furbacchione?»

«Guarda che voglio sapere con chi hai parlato» disse Tommy. «Tu dimmelo, e io ti rispondo. E stato lo chef?»

«Michael?» esclamò Stephanie. «Michael lo sapeva e non mi ha spifferato niente? A me, che gli dico anche la minima cosa che succede qua dentro?... ogni cosa. E lui ha fatto lo gnorri su una storia simile? Ma io lo faccio secco, per la miseria!» Finì il suo drink e ne ordinò un secondo. Tommy chiese invece un’altra vodka.

«No, non è stato Michael» disse lei. «E stato Harvey.»

«Harvey?» disse Tommy. «Che cazzo ne sa lui?»

«Ieri mi ha chiamata nel suo ufficio e mi ha chiesto se tu e Cheryl stavate scopicchiando» disse Stephanie. «Non me l’ha detto, quindi. Me l’ha soltanto chiesto. Ma sta cosa mi ha dato da pensare.» «È così che ha detto? Scopicchiando? Sul serio?» chiese Tommy.

«Naa» disse Stephanie. «Mi ha chiesto se uscivate assieme. Harvey ha una bella cotta per Cheryl.»

«Mi stai prendendo per il culo» disse Tommy.

«No di certo. Da quanto muore dalla voglia di farsela, non è neanche più divertente. Non fa altro che sbavarci sopra. Secondo te, perché Cheryl si trova sempre con dei turni buoni? Ha perso la testa per lei. Eccome. Perché credi che l’abbia fatta mettere così bassa, la macchina del cappuccino? Perché così può guardarle il culo ogni volta che lei scalda il latte.»

«Il culo non ce l’ha poi tanto male» disse Tommy, accendendosi una sigaretta e squadrando ben bene il body di Stephanie.

«Me ne dai una?» chiese lei. «E tutto il giorno che non fanno altro che scroccarmi sigarette. Non ne ho più.»

«Certo» disse Tommy. Gliene allungò una. Si sporse verso di lei e accese un fiammifero, proteggendolo con la mano.

«Grazie» disse Stephanie. «Quindi adesso devi dirmelo. Io te l’ho detto. Da quant’è che ti vedi con Cheryl?»

«Perché non lo chiedi a lei? La sto vedendo, lo ammetto. Tutto il resto devi chiederlo a lei» disse Tommy.

«Ma non posso» disse Stephanie. «Se glielo chiedo, penserà che ti voglio scopare.»

«Stephanie» disse Tommy, «guarda che mi hai già scopato.»

«Ah, quello» disse lei. «Un pompino al gabinetto non è quel che si dice un fine settimana di fuoco sui Poconos.»

«Forse no» disse Tommy. Alzò lo sguardo sul barista, che stava ronzando lì attorno. «Piantala di origliare 'sta cazzo di conversazione, capito?»

Il barista sorrise. «Certo, Tommy, certo. Scusa.» «Il più grosso pettegolo del locale. Come una vecchia signora» disse Stephanie. Poi s'accostò a Tommy e gli sussurrò all’orecchio. «Dicono che ce l'ha grosso come un criceto.»

Il barista filò via, scuotendo il capo. Tommy bevve un sorso del suo drink. «Così Harvey ha una cotta per Cheryl» disse, iniziando ad avvertire l’effetto della vodka.

«Le ho detto di approfittarne. Dovrebbe almeno farsi sistemare i denti. La conosci, Rachel?»

«La tipa piccola con l’anello al naso?»

«Già. S’è fatta mettere delle capsule e un paio d’otturazioni, e ha speso una cinquantina di dollari» disse Stephanie.

«Ma se non esercita più, Harvey» disse Tommy.

«Lui no. E rimasto il suo socio. Harvey sistema le cose. Rachel s’è fatta un paio di drink con lui, e oplà! Denti da stella del cinema.»

«Che razza di squallore» disse Tommy.

«Io non lo farei» disse Stephanie. «Non per quello.»

«Ma se hai detto a Cheryl di farlo» disse Tommy. .

«Scherzavo» rispose lei.

Tommy finì il suo drink e ne ordinò un altro. Stephanie gli si insinuò accanto. «Allooora» disse. «Da quant’è che la vedi?»

«Un paio di mesi. Contenta, ora? Non è che lo dovevano sapere tutti» disse Tommy.

«Che cosa carina» disse Stephanie. «Amore tra i tavoli. Tresca misteriosa. E nessuno lo sapeva.»

«Non sono fatti vostri» disse Tommy.

Stephanie fece scorrere il dito sull’orlo del bicchiere. «Gira voce che Harvey vuole assumere dei musicisti per suonare al brunch» disse.

«L’ho sentito anch’io» disse Tommy.

«Che ne pensi?» «Non mi piace. I nostri stipendi sono sempre in ritardo e lui assume un branco di musicisti. Non capisco.»

«L'hai visto, l'acquario nella vetrata? E di quello, che ne pensi?»

«Cristo» disse Tommy. «Una vera schifezza. Non vedo la necessità di spendere dei soldi per quella roba. Un sacco di soldi, poi. E deve anche pagare qualcuno per venire a pulirlo, poi ci sono i prodotti chimici, le pompe, i filtri eccetera. Ed è pure brutto.»

«E difficile mantenere i pesci tropicali» disse Stephanie. «Una volta ne ho avuto uno. Tenere l'acqua alla giusta temperatura, controllare sempre l’acidità. Una gran fatica.»

«Già gli affari vanno di merda, già lui non riesce a far quadrare i conti, e poi va a spendere tutti i quattrini con quei pesci del cazzo. Inoltre deve anche pagare qualcuno per tenere pulito l’acquario. Non riesco proprio a capire cosa ci guadagnamo.»

«Secondo lui serve a richiamare la gente» disse Stephanie.

«Questo lo dice ogni volta che ha un’idea del cazzo. Richiama la gente. Un branco di pesci morti che galleggiano dietro la vetrata, quello sì che richiama la gente» disse Tommy amaro.

«A me non danno fastidio. Mi sembrano carini» disse Stephanie.

«Lo chef ha intenzione di avvelenarli di nascosto» disse Tommy. «Lui odia quell’acquario più di me.»

Stephanie parve preoccupata. «Mica vuol farlo davvero? Che c’entrano i pesci? Non hanno fatto niente, loro.»

«Dice che gli fanno venire in mente quei ristoranti con la vasca delle aragoste. Sai com’è. Scegliete voi l’aragosta. Non lo sopporta.»

Stephanie ebbe un tremito. Anche Tommy lo sentì addosso. «Ma non gli farà nulla, ai pesci» disse lei.

«No, no di certo» disse Tommy.

«Altrimenti devi dirmelo prima. Magari riesco a convincere Harvey a darli via. Magari li regala a me. Posso badarci io» disse Stephanie.

«Che cuore tenero che hai, Stephanie. Un lato che non conoscevo.»

«Ne ho un sacco, di lati che non conosci» disse Stephanie. «Allora, dov’è Cheryl? Ti sta aspettando a casa come una brava massaia?»

«Sì, come no. Te lo immagini? E andata a trovare i suoi nel Rhode Island.»

«Mmm» disse Stephanie, pensosa. «Che coincidenza.» Fece scivolare una mano sulla coscia di Tommy e gliela strinse.

«Dacci un taglio» disse lui, non troppo convinto.

«Sei diventato rosso!» esclamò Stephanie, deliziata. Spostò la mano sull'inguine di Tommy e strinse.

Poi lo trascinò per la sala da pranzo vuota e il disimpegno. Scesero le scale, mezzi ubriachi, e varcarono le porte oscillanti della cucina. I cuochi se n'erano andati tutti. L'unica persona in circolazione era Mohammed Grande, che stava passando lo straccio sul pavimento dietro la linea di preparazione accompagnato da una colonna sonora di canzoni pop egiziane.

«Terrà la bocca chiusa?» chiese Stephanie.

«Mohammed Grande?» disse Tommy. «Penso di sì.»

Attraversarono la cucina e il corridoio che portava al magazzino dei prodotti in scatola. Stephanie si alzò in punta di piedi e svitò la lampadina che illuminava le scorte di lievito e farina. Sorrise a Tommy e si calò sulle ginocchia un paio di mutandine azzurre a stelline rosa. Poi lo baciò appena, sfiorandogli le labbra, gli diede la schiena, si tirò su la gonna e si chinò, piantando i gomiti su una pila di sacchi di farina da trenta chili. Tommy le mise la mano tra le gambe e si abbassò i pantaloni.