Ventinove

«Tommy» disse lo chef, «andiamo a fare due passi. Ti devo parlare.»

Tommy stava sfilettando un salmone. Alzò lo sguardo dal tagliere. «Dammi un secondo, che sono incasinato.» Fece scorrere un coltello lungo e sottile e staccò con abilità il filetto rosaceo dalla spina dorsale. Ripetè il movimento sull’altro lato del pesce. Bloccò la coda con uno strofinaccio e passò la lama in senso longitudinale, con movimenti lievi e oscillanti, asportando la pelle. Poi, con un paio di pinzette da naso, tolse dai filetti le lische. Lavorava in fretta, accumulando lisca su lisca sopra il tagliere. Prese da un ripiano un coltello più grosso e, servendosi di una bilancia graduata, tagliò i filetti in porzioni da centocinquanta grammi ciascuna.

In un pentolone da brodo bollivano, a fuoco basso, acqua, gusci d’aragosta e mirepoix. Tommy vi aggiunse la coda, la pelle e la testa del salmone, oltre a una manciata di chiodi di garofano interi, grani di pepe nero, foglie d’alloro, timo, peperoncino frantumato, semi di finocchio e un pizzico di zafferano. Trovò dei cuori di porro e dei gambi di prezzemolo e mezza testa d’aglio, e gettò dentro anche questi. Controllò per l’ultima volta il livello della fiamma sotto la pentola ed entrò nel minuscolo office dello chef.

«Volevi dirmi qualcosa?» gli chiese.

«Sì» disse lo chef. «Ma non qui. Facciamoci una passeggiata.»

Ancora vestiti da lavoro, lo chef e Tommy si avviarono in direzione ovest lungo Spring Street, verso il fiume. Era un pomeriggio fresco, e gli odori delle cucine dei tanti ristoranti della Spring si spandevano per tutta la strada.

«Aglio bruciato» disse lo chef mentre passavano davanti al Villa Nova, il locale del Conte. «Quei figli di puttana non lo sanno usare. Bella vergogna, per un ristorante italiano. Lo senti, l’odore?»

«Allora, che c’è?» gli chiese Tommy? «Perché volevi parlarmi? Ho fatto qualcosa di male?»

«Tommy» disse lo chef. «Non so come dirtelo, ma sono nei guai. E anche tu.»

«Cos’è, stanno per buttarci fuori?»

«No, no. Peggio. Molto peggio. Guai con la giustizia, con la polizia. Cadaveri che saltano fuori dal baule di una cazzo di macchina. Questi guai.»

«Oh» disse Tommy.

«Già» disse lo chef.

«Lo so, che sono nei guai» disse Tommy. «E tu che c’entri?»

«Ieri ho avuto una conversazione con un tizio dell’Fbi» disse lo chef. «Lavora per qualche squadra d'intervento rapido, roba federale.»

«Un tipo grande e grosso?» chiese Tommy. «Un certo Al?»

«Proprio lui» disse lo chef. «Ha parlato anche con te?»

«Quello stronzo mi ha teso un’imboscata all'ora di colazione, l’altro giorno. Che t’ha detto?»

«Tommy» fece lo chef, «dice che sei coinvolto in una sorta di omicidio, roba del genere.»

«Cazzo!» disse Tommy. «Cazzo, cazzo, cazzo...»

«Dice che sei nella merda fino al collo, Tommy. Che potresti venire arrestato, citato in giudizio...»

«Non capisco perché ti ha detto queste stronzate. A che scopo? Perché deve andare in giro a parlare con i miei amici?»

«Non t'incazzare, va bene? Non t'incazzare con me, per cortesia. Ma bisogna che te lo dica, qualche mese fa mi hanno beccato con alcune bustine di roba. Prima di entrare in terapia. M'hanno ammanettato e portato giù in centrale. Avevano tutta l'intenzione di schiaffarmi in una cazzo di cella, e io stavo da cani. Già stavo male ancor prima di comprarla, e quelli mi hanno trascinato laggiù e mi hanno costretto a guardarli mentre infilavano la mia roba nei sacchetti delle prove e la mettevano via. Non ho potuto fare un bel niente. E neanche volevo, mica potevo andare in astinenza in una cella del cazzo... Non certo nelle mie condizioni. Poi è venuto 'sto tipo a parlarmi, Al, e mi ha detto che avrebbero lasciato correre, sulla faccenda della detenzione di stupefacenti, se gli dicevo un po’ di cose.»

«E tu che gli hai detto?»

«Quel che sapevo, vale a dire un bel cazzo di niente. Non sapevo un accidente! Volevano sapere di te e di tuo zio. Ho cercato di dirgli qualcosa su Harvey. Ma non gliene fregava un cazzo. Gli ho detto che mi capitava di vedere Sally in giro, che lo conoscevo di vista e quindi lo salutavo, ma che questo era quanto. Non avevo proprio niente da raccontare. Anche volendo. E io non volevo.»

«Merda!» disse Tommy.

«Gli ho detto che sei un amico. Che sei il mio sous-chef, che sei un bravo ragazzo. Non avevo intenzione di parlare di te, ma a quanto pare era l’unico argomento che gli interessava. Mica volevo disintossicarmi in una cazzo di camera di sicurezza, Tommy. Questo è il punto. Non potevo.»

«Cristo.»

«Non gli ho detto nulla di male» insiste lo chef.

«Il solo rivolgergli la parola è male» disse Tommy.

«Mi spiace, Tommy, mi spiace davvero.»

«Nessun problema. Nessun problema. Non è colpa tua.»

«Insomma, 'sto Al mi ha fatto passare un brutto quarto d'ora. Mi teneva le palle in una morsa. M'ha detto che se non ti parlavo mi sbatteva in galera, mi consegnava dritto agli sbirri. Proprio quando avevo deciso di smetterla con la roba. Proprio quando stavo cominciando a vedere una cazzo di luce alla fine del tunnel. Tommy, lui dice che sei coinvolto in questa cosa. Dice che se non ti convinco a parlare con loro mi mette dentro. Così poi tutti quanti verranno a sapere che mi facevo. E non lavorerò mai più. Fa sul serio. La gente dirà che magari ho l'aids o qualche altra stronzata, e non vorrà più mangiare i miei piatti. Dice che se non vai a parlarci ti schiaffano in galera. Ti trascinano davanti al gran giurì o qualcosa del genere e ti costringono a testimoniare, e se tu non lo fai ti mettono dentro. Ma non in qualche carcere modello. Ad Attica, o in un posto tipo quello.»

«Fanculo» disse Tommy.

«Dice che tuo zio può anche decidere di farti fuori.»

«Non sanno un cazzo di niente» disse Tommy.

«Dice che ti convocheranno davanti al gran giurì, Tommy. Può succedere davvero. Dice che tu sai qualcosa.»

«Non so un accidente, e neanche glielo voglio dire.»

«Tommy, tu mica sei un cazzo di mafioso, no? Mica vuoi ficcarti in questi casini. Dico bene? Magari hai visto qualcosa, o hai fatto un favore a qualcuno. Che ne so. Ma perché devi essere tu a finire in galera? Perché proprio tu?» «Vogliono farmi tradire mio zio» disse Tommy.

«Quindi sai davvero qualcosa» disse lo chef.

Tommy non rispose.

«Okay» riprese lo chef. «Non voglio sapere niente. Ma il fatto è che tu non c'entri direttamente, proprio no. Gliel'ho già detta io, sta cosa. Tu non hai fatto nulla. Dico bene, Tommy, o no?»

«Vogliono farmi tradire mio zio. Ecco cosa. Vogliono farsi aiutare da me a sbattere in galera il fratello di mia madre.»

«Ma tu sai qualcosa o no? Loro pensano di sì. Loro dicono di sì. Altrimenti, perché avrebbero messo in piedi tutto questo casino? Al, sto tipo, è uno che non scherza. Dice sul serio, altro che. E sono tutti pronti a fare come dice lui.»

«Merda» disse Tommy Si fermò, si sedette sul gradino di un negozio vuoto e si prese la testa tra le mani.

«Li ho visti» riprese.

«Oh, cazzo» esclamò lo chef. «Non dirmelo. Non dire niente.»

«Li ho visti ammazzare un tizio» disse Tommy.

«Cazzo dici? Che tizio? Dove? Come hai fatto a...»

«Hanno fatto secco un tipo proprio giù in cucina» disse Tommy.

«Non voglio sapere niente» disse lo chef. «Non voglio sapere niente. Nella mia cucinai Hanno ammazzato un tizio nella mia cucina?»

«Non avevo idea di cosa stava per succedere, finché non l'ho visto con i miei occhi. Mi avevano detto che con quel tipo ci dovevano solo parlare» disse Tommy rivolto al marciapiede.

«Quindi non sei tu il responsabile eccetera. Che ne sapevi? Non sapevi un bel niente» disse speranzoso lo chef.

«L'hanno randellato proprio sotto i miei occhi, cristo. E poi l'hanno fatto a pezzi sul piano della lavastoviglie.»

«Li hai visti tu?» fece lo chef, incredulo.

«Li ho visti ammazzarlo. Farlo a pezzi, no. In quel momento ero nell’office. Poi mi hanno fatto pulire.»

«Oh, cazzo... Tommy, Tommy... Che facciamo? L’abbiamo preso nel culo» disse lo chef.

«Non lo so, non lo so.»

«E adesso, che gli dico? Mica posso raccontargli sta cosa. Che gli dico?» Tommy non rispose, rimase seduto, la testa tra le mani, fissando il marciapiede. «E tu che intendi fare?» disse ancora lo chef. «Hai visto tutto. Tuo zio ammazzerà anche te.»

«Posso andare da un tale che conosco. E il capo di Sally, più o meno. Gli sto simpatico. Magari può trovarmi un avvocato, darmi una mano.»

«E a che ti serve? Ti fidi di quella gente?»

«Non lo so, va bene? Non lo so.»

«Che gli dico a questo Al? Che gli dico, adesso? Mica posso raccontargli sta roba» disse lo chef.

«Devo riflettere» disse Tommy.

«Se non ci parli, finisco io nei guai.»

«Devo riflettere un po’ sulla situazione. Questa storia è un bel casino. Ci devo pensare su.»

«E Cheryl lo sa?» chiese lo chef. «Ti stai vedendo con lei, giusto?»

«No, lei non sa niente. Cioè, sa chi è mio zio. Questo sì, ma del resto non sa nulla.»

«Tommy, quel tale, Al, mi ha detto che finiranno per arrestarti, per convocarti davanti al gran giurì. Verrai incriminato. Lo sai che il gran giurì fa tutto quel che dice il pubblico ministero. Verrai incriminato. E pensa che non sei tu, quello che vogliono. Ti toccherà dirgli qualcosa.»

«Non intendo tradire mio zio. Cosa credi che penserebbe mia madre, se mandassi suo fratello in galera? Eh? Cosa mi succede, poi? Dove vado a finire? Cosa faccio? Cos’è che dico a mia madre?» Tommy stava guardando lo chef dritto negli occhi.

«E cosa penserà, se finisci tu in galera?» gli chiese lo chef.

«Avrà il cuore spezzato. Che ti credi? Di sicuro non le farà piacere» disse Tommy.

«Devi fare qualcosa. Non puoi restartene seduto qui ad aspettare che succeda chissà che...»

«E che devo fare? Tagliare la corda? Filarmela in Sudamerica? Nascondermi in Argentina sotto falso nome, come uno di quei vecchi nazisti? Cazzo... Ho passato qui tutta la mia vita. Neanche lo so parlare, lo spagnolo! Che devo fare, mettermi a correre come un pazzo qua attorno? Per andare dove?»

«Merda» disse lo chef. «Io lo spagnolo lo parlo. Vengo con te. Possiamo scappare assieme.»

«Sì, come no» disse Tommy. «E il metadone come te lo procuri, in Argentina o in Brasile?»

«Non ci avevo mica pensato» fece lo chef.

«E non mi piacerebbe neanche il cibo, laggiù» disse Tommy, scoppiando in una risata amara.

Tempo pochi istanti e ridevano tutti e due come dei pazzi, il volto pieno di lacrime. Lo chef attaccò a tossire senza più controllo. Quando riuscì a riprendersi, si asciugò gli occhi. «Ma secondo te quel tizio, Al» disse, «è veramente un duro oppure no?»

«Di sicuro è una testa di cazzo» disse Tommy. «L’altro giorno è venuto a scovarmi al Pink Teacup solo per il gusto di rompermi i coglioni.»

«Come hanno fatto, ad ammazzarlo?» chiese lo chef. «Se non ti secca dirmelo.»

«Gli hanno sparato» disse Tommy. «Poi l'hanno accoltellato, proprio qui.» Indicò un punto della sua giacca da chef, appena sotto il plesso solare.

«In cucina» disse lo chef. «Proprio in quella cazzo di cucina. Non ci posso ancora credere. Dove? Dietro il bancone delle preparazioni? Eh?»

«Nella zona dell'immondizia. Poi l'hanno trascinato alla lavastoviglie. E l'hanno buttato nella spazzatura.» Tommy ricominciò a ridere.

«Che c'è?» disse lo chef. «Che c'è di tanto buffo?»

«Hanno usato il tuo coltello. Me ne sono reso conto quando sono tornato. Ho visto come l'avevano ridotto. Mi sono reso conto che dovevano averlo usato per fare a pezzi quel tipo. Scusa, lo so che non c'è niente da ridere. Ma non ce la faccio.»

«Hanno usato il mio coltello? Il mio coltello?»

«Per ridurlo in pezzi. Ecco perché il coltello era ridotto così. Mi spiace, amico.»

«Woooah» esclamò lo chef. Ci pensò su un istante, per poi scoppiare a ridere anche lui. «E adesso è appeso proprio sopra la mia cazzo di scrivania! Ancora appeso là sopra!»

«Mi spiace, amico» ripetè Tommy. «L'ho capito solo quando sono tornato al lavoro e l'ho visto. Dopo che l'hanno ammazzato, quel tipo, io sono rimasto nell'office a bere vodka. A quel punto stavo già riconsiderando tutta una serie di cose, te lo dico io.»

«Cristo, Tommy» disse lo chef. «Devo proprio dirtelo, ti sei rivelato un tipo davvero interessante. Insomma, ne ho già avuti di sous-chef che mi hanno rovinato i coltelli, ma 'sta cosa» scoppiò di nuovo a ridere, «'sta cosa è troppo ridicola.»

«Non c'entro un cazzo, io» disse Tommy. «Mi spiace di non aver detto niente, ma come facevo? Che ti dovevo dire, cazzo? “Scusami, chef, ma la scorsa notte sono venuti un paio di miei amici a fare a pezzi un tale col tuo coltello, e mi sa che s’è un po’ rovinato?”»

«Lo so, lo so» disse lo chef. «Sapevo anche che non eri stato tu. Ne ero sicuro. Lo sai che non si usa un coltello da disosso, con roba così grossa. Cazzo, non ci spacco nemmeno il pollo, con quel coltello.»

«Non c’è niente da ridere» disse Tommy.

«E allora perché stiamo ridendo?»

«Che ne so.»

«Facciamo ancora due passi. La gente attacca a spettegolare, se ci vede fermi qui come una coppietta isterica» disse lo chef.

Attraversarono Hudson Street. Stava cominciando a far buio. «Chi è rimasto in cucina?» disse Tommy.

«Fanculo» disse lo chef. «Torniamo in tempo per il servizio. E se facciamo tardi, sistemerà le cose Ricky»

«Sarà» disse Tommy, dubbioso.

«Allora cosa... cosa ne hanno fatto, del cadavere? Mi ricordo che c’èra un gran casino, quando sono arrivato io» disse lo chef.

«L’hanno gettato via con la spazzatura» disse Tommy. «A pezzi. L’hanno squartato ben bene e ficcato nei sacchi.»

«Tu quel giorno non sei venuto. Me lo ricordo. Quindi è successo quando... aspetta un attimo... Vuoi dire che per tutto quel giorno, il giorno che non sei venuto, io sono stato là dentro con un cadavere sparso chissà dove?»

«Già. Quelli delle pulizie non c’erano, e la spazzatura non sarebbe stata portata via fino alla sera successiva» disse Tommy. «Questo è il motivo, uno dei motivi per cui sono rimasto a casa.»

«Ancora non riesco a farmene una ragione» disse lo chef. «Un tizio fatto a pezzi col mio coltello.» «Già... insomma, la cosa mi ha fatto uscire di testa. Non sai cos’è che ho passato. Mai visto nulla di simile, prima d’allora... Ho dato completamente di fuori» disse Tommy. Poi tacque per un attimo. «E non riesco a credere neanche che ti sto raccontando sta roba.»

«Che vuoi dire?» gli chiese lo chef.

«Voglio dire che cinque minuti fa mi hai detto che avevi parlato con quel cazzo di Fbi, e adesso io ti sto raccontando questa gigantesca stronzata.»

«Non dirò niente a nessuno, se non mi dai tu il permesso. Neanche una parola.»

«Mi prendi per il culo? Ti toccherà, prima o poi.» Tommy sospirò. «Sono stato proprio un idiota, a farmi trascinare nella merda in questo modo.»

«Sul serio» disse lo chef. «Non dirò nulla.»

«Tu devi capire. Mi hanno mentito, cazzo. Mi hanno detto che ci dovevano soltanto parlare, con quel tale. E io ci ho creduto, ma non era difficile, perché quelli alla gente parlano sempre in quel modo, si incontrano negli stanzini, in macchina, in posti dove nessuno li può vedere. La cosa non mi piaceva e non volevo farla, ma ho tirato dritto e ho detto di sì. Li ho fatti entrare, e quelli hanno ammazzato un cazzo di tizio.»

«Stiamo parlando di tuo zio, giusto?» chiese di colpo lo chef.

«Tirale tu le conclusioni, okay?» disse Tommy «Non voglio farti sapere niente di preciso. Ti ho detto cos’è successo. Per adesso basta.»

«Va bene. Okay. Capisco» disse lo chef.

«No. Devi capire. Dopo ho perso la testa. Sto impazzendo. Non dormo più. Mi sbronzo tutte le maledette sere. L’altra sera... L’altra sera ero così ubriaco che sono sceso giù con Stephanie.»

«Che ganzo!» esclamò lo chef.

«Lo so, lo so» disse Tommy, timido.

«Be’, questo è l’ultimo dei tuoi problemi, giusto?»

«E un problema in più. Cheryl mi piace sul serio. Davvero. E ho paura che venga a sapere tutto, quando torna.»

«Be’, almeno Stephanie non ti starà attaccata alle palle per farti gli occhi dolci» disse lo chef.

«No» rispose Tommy. «Non è il tipo.»

«Quindi andrà tutto bene» disse lo chef.

«Non credo. Cheryl scoprirà tutto quanto. Sai com’è, lì da noi. Ormai lo sapranno già tutti, e a lei non farà certo piacere.»

Attraversarono West Street e costeggiarono la fila di moli abbandonati. Dall'Hudson saliva una forte brezza. Lo chef si avvolse il grembiule attorno alle spalle, e Tommy si abbottonò la giacca da chef.

«Non voglio andare in galera» disse lo chef.

«Credimi, non voglio andarci neppure io» disse Tommy. «Conosci qualcuno che abbia tutta 'sta voglia?»

«Chi era quel tizio?» chiese lo chef.

«Che tizio?»

«Lo sai...»

«Non lo so. Conosco solo il nome di battesimo, perché me l'hanno presentato. Ma non l'avevo mai visto prima.»

«Pazzesco» disse lo chef.

«Mio zio è una testa di cazzo. Mi ha ficcato nella merda. Buffo, eh? E tutta la vita che mi tratta come una sorta di minorato mentale, perché ho mandato all'aria i suoi piani per me. Dopo questa faccenda è venuto a portarmi un po’ di quattrini, tutto orgoglioso di me.»

«E tu li hai presi?»

«No, cazzo. Mi giravano i coglioni.»

«Non voglio andarci, in galera» ripetè lo chef, allarmato.

«Sembri un disco rotto, cristo. Neanch’io ci voglio andare, va bene? Ci sono stato una volta, in camera di sicurezza, in tutta la mia vita, e per un'ora soltanto. Non mi è piaciuta. Puzzava» disse Tommy.

«Scommetto che anche il cibo fa schifo» disse lo chef.

Tommy ridacchiò. «Non ci avevo pensato.»

«Magari possiamo spacciarci per musulmani, che so, oppure ebrei ortodossi... forse ci fanno mangiare meglio» disse lo chef.

«Come no. Adesso sì che sono contento. Una vera consolazione. Grazie.»

«D'altro canto, perderemmo la serata del maiale. I miei vecchi amici tossici, alla clinica, m'hanno detto che è un grosso avvenimento, là dentro. Il clou della settimana» disse lo chef con un sorriso.

«Il fatto è... il fatto è che non posso tradire mio zio. E questo è un mio grosso problema. Lo so che è una testa di cazzo. Lo so bene. E so anche cosa mi ha combinato. Mica sono stupido. Capisco come stanno le cose. Ma è sempre il fratello di mia madre. Non posso proprio farlo.»

«E perché lei dovrebbe venire a saperlo? Ti basterebbe parlare con quel tipo. Parlaci, con Al. Digli solo qualcosa.»

«Sarebbe come rompere una tradizione di famiglia, capisci? Parlare con l'Fbi...» disse Tommy.

«In realtà è l’ufficio del procuratore» disse lo chef.

«Solita roba. Non cambia niente. E non credo che saranno contenti, se vado a spifferargli solo due cosette all’orecchio. Per farli felici dovrò testimoniare.»

«Mica lo sai» disse lo chef.

«Falla finita» disse Tommy.

«Problemi insoliti richiedono soluzioni insolite» disse lo chef.

«Insolite? Ecco il punto. Non è così insolita, sta storia. Lo è per me, ma per Sally e i suoi compari? Sally è stato dentro per cinque anni perché non aveva voluto tradire un tizio. Cinque maledetti anni per un tizio che neanche gli piaceva. Anzi, non lo poteva vedere! Ed è stato in galera per lui. Cinque anni per oltraggio alla corte, più un paio d’altre cose, senza farsi scappare neanche una parola. Come ci si aspettava da lui.»

«Sì, vabbè, fanculo a tutto quanto» disse lo chef. «Avessi fatto io tutto quel che ci si aspettava da me, a quest’ora sarei lo chef al Lutèce o in un posto come quello.»

Tommy grugnì.

«Siamo amici?» chiese lo chef.

«Sì, certo, siamo amici» rispose Tommy.

«Dobbiamo stipulare una specie di patto. Che non faremo mai niente che possa danneggiare l’altro. Che dovremo trovare il modo di uscire da questa situazione di merda senza danneggiare noi né chiunque altro.»

«Escluso chi non ci piace» disse Tommy.

«Giusto» disse lo chef.

«Qualcuno ci rimette sempre. Anche stavolta finirà così» osservò Tommy.

«Mi spiace, Tommy» disse lo chef. «Mi spiace. Non so se capisci... Non avevo scelta, sono stato costretto a parlarci, con i federali. Ci inventeremo qualcosa.»

«Sicuro, chef.»

«Non è che qualcuno mi pianta una pallottola in testa, eh?» chiese lo chef.

«Per causa mia?» disse Tommy. «Per via di quel che mi hai detto? Non ho alcuna intenzione di dire niente a chicchessia.»

«Perché io mica voglio morire.»

«E chi vuol morire? Io di certo no» disse Tommy.

«Ma adesso siamo a posto, io e te, no?» disse lo chef.

«Siamo a posto, sì. Non sono neanche incazzato. E non dirò nulla. A chi dovrei dirlo, poi? A mio zio? Al mio maledettissimo zio? Allora sì che quello mi ammazza. No, lascia perdere. Tu hai fatto quel che dovevi. Devo solo chiarirmi le idee e togliermi dai piedi questo tipo dell’Fbi, per tornare a vivere come una persona normale.»

«Anch’io, anch’io» disse lo chef.

«Forse dovresti tornare da questo Al e dirgli che hai parlato con me. Dirgli che ci sto pensando. Dirgli un po’ quel che ti pare. Mi serve solo del tempo.»

«Non so» disse lo chef.

«Sai come metterti in contatto con lui, no?»

«Sì...»

«Be’, allora prendi un po’ di tempo. Digli che ci sto pensando su» fece Tommy.