mi metto io in testa alla falange.

 

PREDALESTA

            vivandiera, strofinandosi a lui

            Non sarà il mio legittimo consorte,

            ma rimane il mio amante preferito.

            Questa vigna è per noi che è maturata!

            La donna è perfida quando saccheggia,

            e quando ruba non ha pietà;

            alla vittoria! E tutto sarà lecito.

 

Si allontanano insieme

 

IL GENERALE IN CAPO

            Sulla nostra sinistra, era da prevedersi,

            la loro destra attacca, a fondo. Uomo a uomo

            ci opporremo al furioso tentativo

            di strapparci il roccioso stretto valico.

 

FAUST fa un cenno verso sinistra

            Degnati, mio signore, di notare anche questo;

            non guasta se anche i forti si rafforzano.

 

TIENISTRETTO si fa avanti

            Per la sinistra non c'è da preoccuparsi!

            Dove ci sono io, il possesso è garantito;

            è lì che il vecchio fa prova di sé,

            quel che io tengo non lo strappa il fulmine.

Si allontana

 

MEFISTOFELE scendendo dall'alto

            Guardate come, sullo sfondo,

            da ogni antro irto di spuntoni

            si rovesciano fuori degli armati,

            a intasare le strette mulattiere;

            con elmo e con corazza, spada e scudo

            formano alle nostre spalle un muro,

            in attesa di un cenno per irrompere.

Sottovoce a chi ha mangiato la foglia

            Da dove vengano, non dovete chiederlo.

            Senza perdere tempo, ho ripulito

            tutte le sale d'armi dei dintorni;

            se ne stavano là a cavallo, a piedi,

            manco fossero ancora i padroni del mondo;

            cavalieri un bel di', re, imperatori,

            adesso non sono altro che gusci di lumaca;

            qualche fantasma ci si è messo in ghingheri,

            ed ha rimesso in piedi il Medioevo.

            Per quanto ci sian dentro dei diavoli da poco,

            l'effetto questa volta è garantito.

            A voce alta

            Sentite che si scaldano in anticipo,

            urtandosi l'un l'altro con clangori di latta!

            Frattaglie di stendardi alle aste sventolano,

            impazienti da un pezzo di aria fresca.

            Pensate, smania qui un antico popolo,

            per prender parte a una contesa nuova.

 

Dall'alto formidabili squilli di tromba, visibile sbandamento nell'esercito nemico

 

FAUST

            L'orizzonte si è oscurato, rosso

            sfolgora solo qua e là un bagliore

            denso di senso, grave di presagi;

            il sangue già balena sulle armi,

            la roccia, il bosco, l'atmosfera,

            il cielo intero si confondono.

 

MEFISTOFELE

            Il fianco destro resiste con vigore;

            ma vedo sovrastare tutti quanti

            Attaccabriga, l'agile gigante,

            rapido alla bisogna come al solito.

 

L'IMPERATORE

            Vidi prima levarsi in alto un braccio,

            ora ne impazza, vedo, una dozzina;

            non accade per forza naturale.

 

FAUST

            Hai mai udito delle strie di nebbia

            vaganti per le coste di Sicilia?

            Là, nella luce diurna, chiara e mobile,

            librandosi a mezz'aria,

            specchiandosi in vapori straordinari,

            una visione strana appare:

            città ora lontane, ora vicine,

            giardini che ora salgono e ora scendono,

            immagini su immagini che l'etere rifrangono.

 

L'IMPERATORE

            Eppure è preoccupante! Io vedo lampeggiare

            tutte le punte delle lunghe picche;

            sulle lance lucenti della nostra falange

            vedo danzare agili fiammelle.

            Sembra che siano spiriti davvero.

 

FAUST

            Perdona, sire, sono solo tracce

            di svanite nature spirituali,

            riverbero dei Dioscuri, sui quali

            hanno sempre giurato i marinai;

            raccolgono le loro ultime forze.

 

L'IMPERATORE

            Ma dimmi: a chi siamo debitori,

            se la Natura a nostro beneficio

            dà fondo ai suoi fenomeni più rari?

 

MEFISTOFELE

            Chi, se non al Maestro, quell'altissimo

            che nel petto ha sempre la tua sorte?

            La potente minaccia dei nemici

            tuoi lo scuote fino in fondo all'anima.

            La sua riconoscenza vuole vederti salvo,

            dovesse lui perire nel tentarlo.

 

L'IMPERATORE

            Mi portavano a spasso festanti in pompa magna;

            ero qualcuno, e per darne un saggio

            mi venne il destro, senza pensarci tanto,

            di rinfrescare l'aria a quella barba bianca.

            Al clero ho rovinato un godimento,

            non conquistando certo il suo favore.

            Vedrei adesso, dopo tanti anni,

            le conseguenze di una buona azione?

 

FAUST

            Spontaneo beneficio rende a usura;

            ma lascia che il tuo sguardo si sollevi!

            Mi sembra che egli voglia darti un segno,

            fai attenzione, sarà chiaro subito.

 

L'IMPERATORE

            Un'aquila si libra alta nel cielo,

            la insegue un grifo e truce la minaccia.

 

FAUST

            Fai attenzione: a me pare propizio.

            Il grifo è un animale immaginario;

            a tal punto dimentica se stesso

            da misurarsi con un'aquila autentica?

 

L'IMPERATORE

            In ampi e prolungati cerchi, intorno

            si girano; - nello stesso istante

            piombano l'uno contro l'altro,

            a lacerarsi il collo, il petto.

 

FAUST

            Osserva come il misero grifone,

            strapazzato e arruffato, si trova a mal partito

            e, abbassata la coda di leone,

            sulla cima boscosa precipita e scompare.

 

L'IMPERATORE

            Possano i fatti andare come interpreti!

            Lo accetto, certo con sbalordimento.

 

MEFISTOFELE rivolto a destra

            Incalzati dagli assalti,

            indietreggiano i nemici,

            non si battono convinti,

            premono alla propria destra

            e scompigliano, a sinistra,

            nella mischia il grosso in forze.

            La falange, punta dura,

            gira a destra, e come il lampo

            ora investe il punto debole. -

            Come onde di tempesta

            forze uguali si combattono

            e con doppia foga infuriano;

            non è meglio a immaginarlo,

            abbiam vinto la battaglia!

 

L'IMPERATORE verso sinistra, a Faust

            Guarda! Sembra preoccupante,

            il presidio è in un impiccio.

            Non vedo più volar sassi,

            scalano le rocce basse,

            le più alte son sguarnite.

            E ora! - Sempre più da presso

            il nemico avanza in massa,

            forse ci ha strappato il passo,

            conseguenza di empi traffici!

            Le arti vostre sono inutili.

Pausa

 

MEFISTOFELE

            Ecco venire i miei due corvi,

            che ambasciata porteranno?

            Temo persino che si metta male.

 

L'IMPERATORE

            Cosa vorranno questi uccellacci?

            Dall'aspra mischia fra le rocce

            drizzano qui le loro vele nere.

 

MEFISTOFELE ai corvi

            Posatevi vicino alle mie orecchie.

            Chi proteggete voi non è perduto,

            perché il vostro consiglio è conseguente.

 

FAUST all'imperatore

            Hai sentito di già delle colombe

            che dai paesi più lontani tornano

            a nutrire nel nido la covata.

            Ecco una differenza non da poco:

            piccioni viaggiatori per la pace,

            corvi postini, invece, per la guerra.

 

MEFISTOFELE

            Qui si annuncia una iattura grave:

            guardate là! Vedrete a mal partito

            i nostri eroi sull'orlo della rupe!

            Sono scalate le cime più vicine.

            Se quelli espugnassero anche il passo,

            saremmo in una brutta situazione.

 

L'IMPERATORE

            Alla fine non era che un inganno!

            Mi avete avviluppato nella rete;

            è da quando mi avvolge che ne fremo.

 

MEFISTOFELE

            Coraggio! Non abbiamo ancora perso.

            Calma e furbizia, per l'ultimo nodo!

            Alla fine, di norma, si fa dura.

            Ho i miei messaggeri di fiducia;

            comandate che possa comandare!

 

IL GENERALE IN CAPO nel frattempo avvicinatosi

            Ti sei unito a questa gente,

            e io per tutto il tempo mi angustiavo;

            coi trucchi non si ottiene fortuna duratura.

            La battaglia non la so più mutare;

            loro hanno cominciato, che finiscano pure,

            consegno il mio bastone di comando.

 

L'IMPERATORE

            Conservalo fino ai tempi migliori

            che forse ci concederà la sorte.

            Quell'uomo ripugnante con la sua confidenza

            per i corvi mi fa rabbrividire.

A Mefistofele

            Non posso concederti il bastone,

            tu non mi sembri l'uomo adatto;

            però comanda, e cerca di tirarcene fuori!

            E avvenga quel che può avvenire.

Si ritira sotto la tenda con il generale

 

MEFISTOFELE

            Che lo protegga il suo bastone ottuso!

            Tanto a noialtri servirebbe poco,

            ci stava sopra una specie di croce.

 

FAUST

            Cosa dobbiamo fare?

 

MEFISTOFELE

                                    È stato fatto! -

            Cugini neri, lesti a servire,

            al gran lago del monte! Salutate le Ondine,

            pregate che ci prestino l'apparenza dei flutti.

            Con arti femminili difficili a capire

            sanno scindere essenza da parvenza,

            e ognuno giurerebbe che è l'essenza.

 

Pausa

 

FAUST

            I nostri corvi hanno ben lusingato

            le damigelle acquatiche dal fondo;

            là qualcosa comincia a sgocciolare.

            Già da non poche rocce aride, calve

            scaturisce una vena piena, rapida;

            e la loro vittoria è liquidata.

 

MEFISTOFELE

            È proprio un saluto sorprendente,

            disorienta i più audaci scalatori.

 

FAUST

            Già un rivo scroscia giù potente, ed altri rivi

            sgorgano raddoppiati dalle gole,

            un fiume ora s'inarca luccicante;

            dilaga a un tratto per le rocce piatte,

            da questo e da quel lato schiumando si rovescia,

            a grado a grado piomba nella valle.

            A che vale impuntarsi con eroico valore?

            La grande onda dilaga e via li spazza.

            Anch'io rabbrividisco al nubifragio.

 

MEFISTOFELE

            Sono acque finte, io non vedo niente,

            solo occhi umani si lasciano ingannare,

            e mi diverto a questa bizzarria.

            Precipitano a mucchi alla rinfusa,

            a quegli sciocchi sembra di annegare,

            stronfiano liberi sulla terra ferma

            e mimano ridicole nuotate.

            La confusione adesso è dappertutto.

I corvi sono tornati

            Vi loderò davanti al gran Maestro;

            e se volete essere magistrali,

            correte alla torrida fucina

            dove mai stanco il popolo dei nani

            batte pietre e metalli traendone scintille.

            Chiedete, intontendoli di chiacchiere,

            un fuoco che sfavilli e scoppi e abbagli,

            quale si agita in una mente eccelsa.

            Certo lampi di caldo in lontananza,

            stelle cadenti altissime che durano un'occhiata

            ogni notte d'estate ne presenta;

            ma lampeggiare in ispidi macchioni

            e fischiare di stelle sull'umido terreno

            non si vedono tanto facilmente.

            Voi, senza tormentarvi più che tanto,

            pregate prima e comandate poi.

I corvi si allontanano. Avviene quel che ha ordinato

 

MEFISTOFELE

            Sui nemici fitte tenebre!

            Che camminino a casaccio!

            Da tutti i lati lampi evanescenti,

            e di colpo uno sfolgoro accecante!

            Sarebbe già così meraviglioso.

            Ma ci vuole anche un rombo spaventoso.

 

FAUST

            Le armi vuote di sale e sotterranei

            si sentono più forti all'aria libera;

            è un pezzo che lassù sbatte e sferraglia,

            un suono fesso che è una meraviglia.

 

MEFISTOFELE

            Proprio così! Nessuno più li frena;

            cavallerescamente se le suonano,

            come nei cari tempi andati.

            Bracciali e schinieri fanno presto,

            come guelfi e come ghibellini,

            a rinnovare l'eterna lotta.

            Fedeli a convinzioni ereditarie,

            si dimostrano irreconciliabili;

            risuona in lungo e in largo la buriana.

            Come in tutte le feste del diavolo, alla fine

            il più efficace è l'odio di partito,

            fino al parossismo dell'orrore;

            è un'eco doppia, sconvolgente, panica,

            a tratti acuta, stridula, satanica,

            che nella valle semina terrore.

 

Nell'orchestra tumulto di guerra, che alla fine trapassa in liete fanfare militari

 

LA TENDA DELL'ANTIMPERATORE

 

 

Trono, ambiente sfarzoso

 

Mettiasacco, Predalesta

 

PREDALESTA

            I primi ad arrivare siamo noi!

 

METTIASACCO

            Non c'è corvo che voli così rapido.

 

PREDALESTA

            Oh! Che tesoro è ammassato qui!

            Dove comincio? Dove mi fermo?

 

METTIASACCO

            Tutto lo spazio è pieno zeppo!

            Non so dove mettere le mani.

 

PREDALESTA

            Questo tappeto farebbe al caso mio,

            il mio letto di solito fa schifo.

 

METTIASACCO

            Qui c'è una mazza con punte d'acciaio,

            è da un pezzo che la desideravo.

 

PREDALESTA

            E quel mantello rosso, orlato d'oro:

            una cosa così me la sognavo.

 

METTIASACCO prendendo l'arma

            Con questa è presto fatto,

            lo stendi morto e tiri dritto.

            Quanta roba hai già raccattato,

            e di buono non hai insaccato niente.

            Lascia stare quella porcheria,

            acchiappa una di queste cassette!

            C'è la modesta paga dell'esercito,

            hanno la pancia piena di oro fino.

 

PREDALESTA

            Questa ha un peso che t'ammazza!

            Non viene su, non ce la faccio.

 

METTIASACCO

            Chinati, presto! Devi stare giù!

            Te la carico io sulla robusta groppa.

 

PREDALESTA

            Ohi, ohi che male! Adesso crepo!

            Il peso mi spacca in due le reni.

 

La cassetta cade e si apre

 

METTIASACCO

            Oro fulvo, sparso a mucchi -

            presto, arraffa, fatti sotto!

 

PREDALESTA accovacciandosi

            Presto, qui, in grembo a me!

            Ce ne sarà sempre abbastanza.

 

METTIASACCO

            Può bastare! Via di corsa!

La donna si alza

            Ohi, c'è un buco nel grembiule!

            Dovunque vai, dovunque stai,

            semini tesori a profusione.

 

GUARDIE del nostro imperatore

            Cosa ci fate in questo sacro luogo?

            Cosa frugate nel tesoro imperiale?

 

METTIASACCO

            Noi rischiammo la pelle a pagamento

            e prendiamo il bottino che ci spetta.

            Nelle tende nemiche è l'abitudine,

            e noi siamo soldati come voi.

 

LE GUARDIE

            Nel nostro ambiente non van d'accordo

            soldati e accozzaglia di ladri;

            chi si avvicina al nostro imperatore

            dev'essere un soldato onesto.

 

METTIASACCO

            Questa onestà la conosciamo,

            si chiama: contributo di guerra.

            Voi siete tutti di un parere:

            Molla qui! è il saluto del mestiere.

            A Predalesta

            Andiamocene, e tienti quel che hai,

            qui non siamo ospiti graditi.

Se ne vanno

 

PRIMA GUARDIA

            Di', come mai a quell'insolente

            non hai mollato subito un ceffone?

 

SECONDA GUARDIA

            Non lo so, m'è andata via la forza,

            avevano un'aria così spettrale.

 

TERZA GUARDIA

            A me davano fastidio gli occhi,

            delle scintille, non vedevo bene.

 

QUARTA GUARDIA

            Neppure io so come dire:

            per tutto il giorno una calura,

            un'afa, un'ansia, un'oppressione,

            chi stava in piedi, chi cadeva,

            brancolavi e colpivi alla rinfusa,

            a ogni botta cadeva un avversario,

            davanti agli occhi c'era come un velo,

            ronzii, sibili, fischi nelle orecchie;

            sempre così, adesso siamo qua,

            e come sia successo non si sa.

 

Entra l'imperatore con quattro principi Le guardie si ritirano

 

L'IMPERATORE

            Quello che è stato è stato! Ma la battaglia è vinta,

            in rotta erra il nemico, disperso nella piana.

            E qui c'è il trono vuoto; tesori proditori,

            avvolti nei tappeti, soffocano lo spazio.

            Noi, con la degna scorta delle guardie del corpo,

            imperiali attendiamo gli inviati dei popoli;

            messaggi di letizia vengono da ogni parte:

            torna pace all'impero, con gioia sottomesso.

            Se nella nostra lotta ha avuto parte il trucco,

            a batterci, alla fine, noi soli siamo stati.

            Il caso a volte aiuta, del resto, i combattenti:

            cade un sasso dal cielo, piove sangue al nemico,

            potenti suoni magici risuonano negli antri,

            a noi gonfiano i petti, al nemico li opprimono.

            Il vinto cade e sempre si rinnova il suo scorno,

            trionfa il vincitore e ne loda Dio benigno.

            E milioni di bocche, non occorre ordinarlo,

            intonano all'unisono: Signore, ti lodiamo.

            Ma adesso a somma lode volgo lo sguardo pio,

            come di rado avvenne, indietro al petto mio.

            Giovane, allegro principe può sperperare i giorni,

            ma gli anni poi gli insegnano quanto l'istante conti.

            Per questo senza indugio a quattro dignitari

            io adesso mi rimetto per casa e corte e impero.

Al primo

            Tu, principe, ordinasti saggiamente l'esercito,

            tu eroico lo guidasti nel momento supremo;

            adesso opera in pace, come i tempi ci chiedono,

            Maresciallo ti nomino, a te la spada affido.

 

IL GRAN MARESCIALLO

            Il tuo fedele esercito, all'interno finora

            impiegato, ai confini farà te forte e il trono;

            allora sia concesso apprestarti il convito

            nelle ampie sale in festa del tuo castello avito.

            E nuda questa spada davanti a te e al tuo fianco

            io porterò in eterna scorta alla maestà somma.

 

L'IMPERATORE al secondo

            Tu, l'uomo valoroso piacevole nel tratto,

            sii il mio Gran Ciambellano; un compito non facile.

            Sarai preposto a tutti i servi della casa,

            litigando fra loro mi servono assai male;

            d'ora in poi sia tenuto in onore il tuo esempio

            d'uomo che sa piacere al re, alla corte, a tutti.

 

IL GRAN CIAMBELLANO

            Chi giova agli alti intenti del sire ne ha il favore,

            come chi aiuta i buoni senza nuocere ai tristi,

            chi è senza astuzia limpido, sereno senza inganno!

            Se tu mi leggi in cuore a me, signore, basta.

            Ma può la fantasia spingersi a quella festa?

            Io ti porgerò a tavola il tuo bacile d'oro

            e ti terrò gli anelli, così che nel convito

            la tua mano sia fresca, come il tuo sguardo allieta.

 

L'IMPERATORE

            Mi sento troppo serio per pensare alle feste,

            ma sia! Perché non guasta cominciare in letizia.

Al terzo

            Te eleggo a Grande Scalco! Siano soggetti a te

            d'ora in avanti cacce, pollai e fattorie;

            fai preparar con cura, come il mese comporta,

            la scelta sempre pronta dei piatti favoriti.

 

IL GRAN SINISCALCO

            Mi sia stretto digiuno il dovere più grato,

            finché non ti rallegri il piatto a te approntato.

            I servi di cucina faranno, uniti a me,

            l'esotico accessibile, le stagioni più rapide.

            Sebbene non lo sfoggio di esotiche primizie

            tu pretenda, ma cibi semplici e di sostanza.

 

L'IMPERATORE al quarto

            Se non si può evitare che solo feste ci occupino,

            giovane eroe trasformati ora nel mio coppiere.

            Gran Coppiere, provvedi che la nostra cantina

            sia ricchissimamente provvista di buon vino.

            Ma tu sii moderato, e non lasciarti indurre

            dall'occasione a spingerti mai oltre l'allegria!

 

IL GRAN COPPIERE

            La giovinezza, sire, se le si dà fiducia,

            cresce a maturità prima che lo si noti.

            A quella grande festa vola anche il mio pensiero;

            ti adornerò un perfetto, imperiale buffet

            con sontuose stoviglie, tutte d'oro e d'argento,

            e sceglierò per te il boccale più bello:

            cristallo di Venezia lucente, ove il piacere

            si annida, il vino ha gusto e non inebria mai.

            Se spesso si confida troppo nei suoi tesori,

            tu, sommo, sei difeso dalla tua temperanza.

 

L'IMPERATORE

            Quanto per voi fissai in questa ora solenne

            lo udiste con fiducia da labbra veritiere.

            Questa parola augusta ogni dono assicura,

            ma occorre a sua convalida la nobile scrittura,

            poi sottoscritta. A stenderla nelle forme di rito

            vedo, al momento giusto, venire l'uomo giusto.

 

Entra l'Arcivescovo (Gran Cancelliere)

 

L'IMPERATORE

            Se una volta si affida alla chiave di volta,

            può essere sicura di reggere in eterno.

            Tu vedi quattro principi! Dapprima stabilimmo

            quanto farà sicure, floride casa e corte.

            Ma tutta la compagine che l'impero rinserra

            sia, con la forza e l'onere, rimessa a cinque uomini.

            Brilleranno su tutti per proprietà di terre;

            e per questo sin d'ora io ne estendo i confini

            alle contrade avite di chi ci fu ribelle.

            A voi fedeli assegno non pochi bei possessi,

            non senza il privilegio di farli anche più grandi

            sia per eredità, sia per acquisto o permuta;

            ogni diritto, poi, che compete al signore

            possiate esercitare sicuri e indisturbati.

            Voi darete in giudizio sentenze ultimative,

            contro i supremi giudici non è previsto appello.

            Regalie, imposte, censi, dogane, scorte, decime,

            miniere, sale, zecca vi versino il dovuto.

            Poiché, per dimostrarvi piena riconoscenza,

            vi volli vicinissimi alla maestà suprema.

 

L'ARCIVESCOVO

            Grazie ti siano rese a nome di noi tutti!

            Se ci fai forti e saldi, rafforzi il tuo potere.

 

L'IMPERATORE

            Dignità ancor più alta voglio dare a voi cinque.

            Vivo per il mio impero ancora, e voglio vivere;

            ma gli avi, inclita schiera, volgono a ciò che incombe

            dal concitato tendere lo sguardo pensieroso.

            Dai miei cari a suo tempo anch'io dovrò dividermi,

            dovere vostro eleggere sia, allora, il successore.

            Innalzatelo al santo altare, incoronato,

            e che in pace si compia ciò che oggi fu violento.

 

IL GRAN CANCELLIERE

            In fondo al petto fieri, ma umili nei gesti,

            s'inchinano a te i principi, i primi della terra.

            Finché fedele il sangue ci scorra nelle vene,

            saremo il corpo docile che il tuo volere muove.

 

L'IMPERATORE

            E per finire sia tutto ciò che statuimmo

            con scrittura e sigillo confermato in perpetuo.

            Libera vi competa la piena signoria,

            ma con la condizione che resti indivisibile.

            Sia, comunque accresciuto, quel che da noi aveste

            come voi lo lasciate assegnato al primogenito.

 

IL GRAN CANCELLIERE

            L'essenziale statuto, fortuna dell'impero

            e nostra, ora consegno lieto alla pergamena;

            dalla cancelleria tu avrai copia e sigillo,

            e lo confermerai con la tua sacra firma.

 

L'IMPERATORE

            Adesso vi congedo, affinché il grande giorno

            possiate meditare tutti in raccoglimento.

 

I principi laici si ritirano

 

IL PRINCIPE ECCLESIASTICO rimane e parla in tono patetico

            È uscito il cancelliere, il vescovo è rimasto,

            un monito serissimo lo sospinge al tuo orecchio!

            Il suo cuore paterno trema per te in angoscia.

 

L'IMPERATORE

            In quest'ora di gioia per cosa tremi? Parla.

 

L'ARCIVESCOVO

            Con qual dolore amaro in quest'ora io trovo

            il tuo capo santissimo in combutta con Satana!

            Sul trono saldo, è vero, così vuole sembrare,

            ma, purtroppo! in dispregio di Dio, del Santo Padre.

            Presto, appena lo sappia, colpirà annientatrice

            la sua folgore santa l'impero del peccato.

            Non ha dimenticato che tu, nel giorno eccelso

            dell'incoronazione, hai liberato il mago.

            Il tuo diadema, ad onta della cristianità,

            raggiò la prima grazia sul capo maledetto.

            Ma tu battiti il petto, e dell'empia fortuna

            rendi un modesto obolo tosto alla Santa Chiesa;

            l'ampio spazio del colle dove la tenda alzasti,

            dove cattivi spiriti si unirono a proteggerti

            e succube ascoltasti il re della menzogna,

            seguendo un pio consiglio consacra a un santo scopo;

            col monte e il fitto bosco, per tutta l'estensione,

            con le alture che verdi offrono grassi pascoli,

            i chiari laghi ricchi di pesci, i rivi innumeri

            che serpeggiano rapidi precipitando a valle;

            e l'ampia valle stessa, coi prati, i campi, i fondi:

            apparirai pentito, e ti varrà la grazia.

 

L'IMPERATORE

            La gravità del fallo m'incute gran sgomento;

            fissa i confini a tua misura e intendimento.

 

L'ARCIVESCOVO

            Il luogo profanato dai peccati commessi

            sia subito assegnato al culto dell'Altissimo.

            Già forti mura sorgono rapide nel pensiero,

            già lo sguardo del sole al mattino irraggia il coro,

            la fabbrica si accresce, prende forma di croce,

            gaudio ai credenti si alza, si allunga la navata;

            già ardenti si riversano dal solenne portale,

            ecco, il primo rintocco per monte e valle suona,

            chiamando da alte torri che si tendono al cielo,

            si accosta il penitente, rinasce a nuova vita.

            Alla consacrazione - sia presto l'alto giorno! -

            la tua presenza stessa sarà sommo ornamento.

 

L'IMPERATORE

            Possa così grande opera annunciare il pio intento

            di espiare il peccato e lodare il Signore.

            Basta! Io sento già la mia mente elevarsi.

 

L'ARCIVESCOVO

            Curerà il cancelliere ogni formalità.

 

L'IMPERATORE

            Presentami formale atto di donazione

            alla Chiesa, e con gioia lo sottoscriverò.

 

L'ARCIVESCOVO si congeda, ma quando sta per uscire torna indietro

            Consacrerai all'opera poi, man mano che cresce,

            i redditi locali: regalie, censi, decime,

            per sempre. Mantenerla degnamente è costoso,

            e amministrarla bene richiede un gran dispendio.

            Sono luoghi deserti: per sveltire i lavori,

            tu versa in parte l'oro del bottino di guerra.

            E non dovrà mancare, né io potrei tacerlo,

            legna d'importazione e calce e ardesia e simili.

            Li porterà qua il popolo, istruito dal pulpito,

            la Chiesa benedice chi trasporta per lei.

Esce

 

L'IMPERATORE

            Grande e grave è il peccato di cui mi feci carico;

            quei maghi miserabili mi danno un danno serio.

 

L'ARCIVESCOVO tornando di nuovo, si inchina fino a terra

            Perdona, sire! L'uomo malfamato ebbe in feudo

            il lido dell'impero; sarà scomunicato,

            se non darai, pentito, al soglio pontificio

            anche là censi, redditi, decime e regalie.

 

L'IMPERATORE seccato

            Ma non c'è ancora terra, è tutta sotto il mare.

 

L'ARCIVESCOVO

            Chi ha diritto e pazienza vede il tempo arrivare.

            La Vostra alta parola per noi resta in vigore!

 

L'IMPERATORE solo

            Se va avanti così, do via tutto l'impero.

 

ATTO QUINTO

 

 

 

APERTA CAMPAGNA

 

 

UN VIANDANTE

            Sì! Sono essi, i tigli scuri,

            nel vigore dell'età.

            E là devo ritrovarli,

            dopo un così lungo errare!

            Ed è questo il vecchio posto,

            la capanna che mi accolse

            quando un'onda di tempesta

            mi gettò su quelle dune!

            Vorrei benedirli, i miei ospiti,

            quella coppia benefica e forte,

            ma era vecchia già in quei giorni,

            oggi non ci sarà più.

            Ah! Erano gente pia!

            Busso? Chiamo? - A voi salute,

            se anche oggi ospitali godete

            la gioia di fare del bene!

 

BAUCI mammina, molto vecchia

            Piano, caro forestiero!

            Piano! Mio marito si riposa!

            Lungo sonno dona al vecchio

            veglia breve ma operosa.

 

IL VIANDANTE

            Dimmi, madre: sei proprio tu,

            perché ti ringrazi di nuovo

            di ciò che un tempo con il tuo sposo

            facesti per la vita di quel giovane?

            Tu sei Bauci, che con tanta premura

            rianimava la bocca quasi morta?

 

Compare il marito

 

            E tu Filemone, che con tanta forza

            sottraeva alle onde il mio tesoro?

            Le pronte fiamme del vostro fuoco,

            la campana dal suono argentino,

            quell'orribile avventura

            finì bene grazie a voi.

 

            Lasciatemi andare adesso

            a guardare il mare sconfinato;

            lasciatemi pregare inginocchiato,

            sento il cuore così oppresso.

 

Fa alcuni passi avanti sulla duna

 

FILEMONE a Bauci

            Va', presto, prepara la cena

            in giardino, tra i fiori vivaci.

            Lascia che corra e sbigottisca,

            non potrà credere ai suoi occhi.

 

A fianco del viandante

 

            Le onde che schiumando e accavallandosi

            vi travolsero con selvaggio furore

            le vedete mutate in un giardino,

            vedete un quadro di paradiso.

            Ormai vecchio, non partecipai,

            non mi davo da fare come prima;

            man mano che le forze mi svanivano,

            le onde si facevano lontane.

            Audaci servi di padroni sagaci

            scavarono fossati, alzarono argini,

            restrinsero i diritti del mare limitarono,

            per fare da padroni in vece sua.

            Guarda, prati e prati verdeggianti,

            giardini e pascoli, boschi e villaggi. -

            Ma adesso vieni a ristorarti,

            presto il sole se ne andrà. -

            Là passano vele all'orizzonte,

            cercano asilo sicuro per la notte.

            Gli uccelli sanno dov'è il nido;

            perché adesso là c'è il porto.

            Così solo in lontananza

            vedi l'orlo blu del mare,

            a destra e a manca, fitti spazi

            abitati per tutta la distesa.

 

Tutti e tre a tavola, nel giardinetto

 

BAUCI

            Rimani in silenzio? Non porti

            il boccone alla bocca affamata?

 

FILEMONE

            Del prodigio vorrebbe sapere;

            diglielo tu, che parli volentieri.

 

BAUCI

            È stato un prodigio davvero!

            Ma io non riesco a darmi pace;

            perché tutta questa storia

            non si è svolta con giustizia.

 

FILEMONE

            Può avere colpa l'imperatore,

            che gli diede in feudo il lido?

            Non l'ha annunciato con fragore

            di tromba un araldo nel passare?

            Poco lontano dalle nostre dune

            cominciarono a scavare;

            tende, capanne! - Ma nel verde

            presto si drizzò un palazzo.

 

BAUCI

            Di giorno il chiasso inutile dei servi,

            colpi su colpi, di zappa e di badile;

            poi di notte uno sciame di fiammelle,

            e il giorno dopo là c'era una diga.

            Dovettero versare sangue umano,

            di notte risuonavano i lamenti;

            verso il mare colate incandescenti,

            e al mattino là c'era un canale.

            È un uomo senza Dio, gli fanno gola

            la nostra capanna, il nostro bosco;

            è un vicino prepotente,

            e bisogna sottomettersi.

 

FILEMONE

            Ma ci ha offerto un bel podere

            nelle zone prosciugate.

 

BAUCI

            Non fidarti, è terra e acqua,

            resta sulla tua collina!

 

FILEMONE

            Andiamo alla nostra cappella,

            a guardare l'ultimo sole!

            Suoniamo, inginocchiamoci, preghiamo

            e confidiamo nel vecchio Dio!

 

PALAZZO

 

 

Vasto giardino ornamentale, grande canale rettilineo

 

Faust, all'estremo dell'età, passeggia pensieroso

 

LINCEO IL TORRIERE da un megafono

            Il sole cala, le ultime navi

            entrano nel porto allegramente.

            Un gran battello sul canale

            si prepara ad approdare.

            Sbattono gai vessilli colorati,

            sono pronte le dritte alberature;

            il marinaio in te si proclama beato,

            nell'ora estrema te saluta la fortuna.

 

Suona la campanella sulla duna

 

FAUST trasalendo

            Maledetto suonare! Troppo oltraggiosamente

            ferisce come un colpo a tradimento;

            davanti agli occhi il mio regno è infinito

            e alle spalle il fastidio mi trafigge,

            con i suoni invidiosi mi ricorda:

            il mio alto possesso non è intero,

            i tigli folti, la casetta ombrosa,

            la fradicia chiesetta non è mia.

            Se laggiù volessi riposarmi,

            avrei orrore dell'ombra altrui,

            è spina agli occhi, spina al piede;

            o, fossi lontanissimo da qui!

 

IL TORRIERE come sopra

            Come veleggia lieta la nave colorata,

            spinta dal vento fresco della sera!

            Come torreggia, nell'agile corsa,

            di sacchi, di casse, di forzieri!

 

Splendido battello, carico di ricchi e variopinti prodotti di regioni lontane

 

Mefistofele, i tre violenti Compari

 

CORO

            Ecco approdiamo,

            eccoci qua.

            Ed al padrone

            felicità!

 

Sbarcano; si scaricano le mercanzie

 

MEFISTOFELE

            Ci siamo messi a buona prova,

            contenti se il padrone loda.

            Partiti con due navi sole,

            ora con venti siamo nel porto.

            Che abbiamo fatto grandi cose

            lo si vede dal nostro carico.

            Il mare libero libera lo spirito,

            laggiù chi sa che cosa sia riflettere!

            Là basta essere lesti di mano,

            si prende il pesce, si prende una nave,

            e quando si è padroni di tre navi,

            si tira dentro anche la quarta;

            e allora la va male per la quinta,

            se si ha la forza, si ha il diritto.

            Si bada al cosa e non al come.

            O non m'intendo di marineria,

            o guerra, traffici, pirateria

            sono tre in uno, inseparabili.

 

I TRE VIOLENTI COMPARI

            Né grazie né saluto!

            Né saluto né grazie!

            Manco recassimo

            sterco al padrone.

            Dipinto in faccia

            porta il disgusto;

            roba da re

            e non gli piace.

 

MEFISTOFELE

            Non aspettatevi

            altro compenso!

            Vi siete presi

            la vostra parte.

 

I COMPARI

            Questo è soltanto

            per passatempo;

            vogliamo tutti

            le parti uguali.

 

MEFISTOFELE

            Prima ordinate

            sala per sala

            su nel palazzo

            tutti i tesori!

            Quando avrà visto

            la ricca mostra

            e valutato

            meglio le cose,

            egli di certo

            non sarà tirchio,

            darà alla flotta

            feste su feste.

            Le cinciallegre arrivano domani,

            a quelle per il meglio penso io.

 

Il carico viene portato via

 

MEFISTOFELE a Faust

            Con fronte seria, con sguardo cupo

            accogli la tua splendida fortuna.

            Coronamento di alta sapienza,

            la riva qui si riconcilia al mare;

            docile il mare accoglie dalla riva

            le navi, tese a un rapido cammino;

            di' se da qui, qui dal tuo palazzo,

            il tuo braccio non stringe tutto il mondo.

            Da questo posto si cominciò

            la prima baracca di assi sorse qui;

            tracciarono un piccolo fossato

            dove ora batte alacremente il remo.

            La tua alta mente, l'assiduità dei tuoi

            conquistarono in premio terra e mare.

            Da qui -

 

FAUST

                                    Il maledetto qui!

            È proprio questo che mi affligge.

            A te, al molto esperto, debbo dirlo,

            mi dà ogni volta una fitta al cuore,

            mi è impossibile da sopportare!

            Eppure a dirlo mi vergogno.

            Quei due vecchi dovrebbero andar via,

            i tigli li vorrei per me,

            quei pochi alberi non miei

            mi rovinano il possesso del mondo.

            Lassù vorrei, per spaziare lontano,

            alzare palchi di ramo in ramo,

            aprire alla mia vista l'orizzonte,

            per contemplare tutto ciò che ho fatto,

            per abbracciare con un solo sguardo

            questo capolavoro dello spirito umano,

            che ha aperto con lavoro intelligente

            nuove vaste dimore per la gente.

 

            È questo il più duro dei tormenti,

            nella ricchezza sentire ciò che manca.

            Quel suono di campana, quel profumo di tigli

            mi avvolge come in chiesa e al cimitero.

            L'arbitrio dell'uomo onnipotente

            si spezza qui, su questa sabbia.

            Come levarmelo di testa!

            La squilla suona, e vado in bestia.

 

MEFISTOFELE

            Naturale! Un fastidio capitale

            non può non renderti la vita amara.

            Chi può negarlo! A ogni orecchio nobile

            i rintocchi suonano repellenti.

            Il maledetto din don dan

            offusca il sereno della sera,

            s'immischia in ogni evento,

            dal primo bagno al funerale,

            come se tra un din e un dan la vita

            fosse un sogno di cui si è persa l'eco.

 

FAUST

            L'opposizione, la caparbietà

            contristano il più splendido guadagno,

            finché con profonda, acerba pena

            si è costretti a stancarsi di esser giusti.

 

MEFISTOFELE

            Non vorrai mica farti intimidire?

            Non devi da un bel po' colonizzare?

 

FAUST

            Allora andate e levatemeli di torno! -

            Quel delizioso piccolo podere

            che ho scelto per i vecchi lo conosci.

 

MEFISTOFELE

            Li si porta via e li si mette giù,

            prima che se ne accorgano sono di nuovo in piedi;

            e, superata la violenza,

            li riconcilia la bella residenza.

 

Lancia un fischio acuto

I Tre si fanno avanti

 

MEFISTOFELE

            Venite, come ordina il padrone!

            E domani la flotta avrà una festa.

 

I TRE

            Il vecchio padrone ci ha accolti male,

            una festa coi fiocchi ci spetta di diritto.

 

MEFISTOFELE ad spectatores

            Succederà anche qui ciò che un tempo già fu,

            la vigna di Naboth non è una novità. (Re I, 21)

 

NOTTE FONDA

 

 

LINCEO IL TORRIERE cantando dalla vedetta del castello

            Per vedere nato,

            preposto a guardare,

            giurato alla torre,

            il mondo mi piace.

            Io scorgo lontano,