Basta, ormai siete perdute! E dunque, presto al lavoro.

Batte le mani, e appaiono alla porta figure mascherate di nani, che subito eseguono rapidamente gli ordini impartiti

            Qui da me mostri tetri, come palle rotondi!

            Rotolate fin qui: qui potrete far danno a piacere.

            Fate spazio all'altare ornato da corna dorate,

            sul suo orlo argentato appoggiate la scure lucente,

            riempite le anfore d'acqua, dovrete lavare

            le macchie del nero sangue, raccapriccianti.

            Stendete qui nella polvere il largo prezioso tappeto,

            perché regalmente la vittima posi i ginocchi

            e in esso ravvolta, sia pure col capo spiccato,

            abbia subito degno e decoroso sepolcro.

 

CORIFEA

            Sta pensierosa qui la regina in disparte,

            le fanciulle appassiscono come erba falciata dai prati;

            ma a me, la più vecchia, pare sia sacro dovere

            scambiare parola con te, più vecchia di tutte.

            Tu hai esperienza, saggezza, sembri benevola a noi,

            benché questa schiera sventata ti abbia misconosciuto.

            Di' perciò se lo sai, se salvarsi è ancora possibile.

 

FORCIADE

            È facile a dirsi: dipende dalla regina soltanto

            di salvare se stessa, e voi insieme con lei.

            Risolutezza occorre e decisione rapida.

 

CORO

            O saggissima Sibilla, veneranda tra le Parche,

            tieni chiuse le forbici d'oro, ed annunciaci luce e salvezza;

            già sentiamo le tenere membra ondeggiare, librarsi, tremare

            con orrore, e assai più gradirebbero dilettarsi alla danza e alla fine

            riposare sul petto all'amato.

 

ELENA

            Lasciale tremare! Dolore io sento, non paura;

            ma se conosci salvezza, sia accolta con riconoscenza.

            A chi è accorto e vede lontano spesso si mostra

            l'impossibile ancora possibile. Parlaci e dillo.

 

CORO

            Parla e dicci, dicci in fretta: come fuggiremo ai lacci

            che crudeli ci minacciano di serrarsi al nostro collo

            come pessimi monili? Già, infelici, li sentiamo

            soffocarci, strangolarci, se tu, Rea, madre sublime

            degli dei, non hai pietà.

 

FORCIADE

            Avrete la pazienza di ascoltare in silenzio

            il lungo filo del racconto? Sono diverse storie.

 

CORO

            Pazienza quanto basta! Finché ascoltiamo, siamo vive.

 

FORCIADE

            Chi resta fedele alla casa, conserva l'eletto tesoro

            e sa ben stuccare le mura dell'alta magione,

            e rendere il tetto sicuro alla pioggia che sferza,

            avrà di certo benessere per lunghi giorni di vita;

            ma chi leggermente la linea sacra della sua soglia

            sacrilego scavalca con sandali fuggitivi,

            costui trova certo tornando il luogo antico,

            ma trasformato del tutto, se non in rovina.

 

ELENA

            A che scopo qui adesso simili detti ben noti?

            Se vuoi narrare, non smuovere ciò che rattrista.

 

FORCIADE

            Fa parte della storia, non è un rimprovero affatto.

            Di baia in baia remò Menelao, navigando a far preda,

            costeggiando, dovunque nemico, e isole e prode,

            ritornando con il bottino che dentro si ammucchia.

            Davanti a Ilio trascorse dieci lunghi anni;

            per tornare alla patria poi non so quanti furono.

            Ma di questo luogo che fu, dell'augusta magione

            di Tindaro? Che ne è qui intorno del regno?

 

ELENA

            In te è dunque del tutto incarnato il rimprovero,

            che non sai muovere labbra se non biasimando?

 

FORCIADE

            Per molti anni fu in abbandono la valle montuosa

            che dietro Sparta a nord si spinge su in alto,

            sul dorso del Taigeto, da cui come lieto ruscello

            si svolge e rimbalza l'Eurota, che poi per la valle

            allargandosi fra le canne abbevera i vostri cigni.

            Ma su nella valle in segreto una stirpe di audaci

            si è stabilita, sbucando da notte cimmeria,

            e da una solida rocca, turrita e inaccessibile,

            tormentano a loro piacere le genti e il paese.

 

ELENA

            Come riuscirono a tanto? Non pare possibile.

 

FORCIADE

            Ebbero tempo, saranno già forse vent'anni.

 

ELENA

            È uno solo il signore? Sono molti i briganti, alleati?

 

FORCIADE

            Non sono briganti, ma uno solo è il signore.

            Non lo biasimo, benché egli già mi abbia assalito.

            Avrebbe potuto prendere tutto, e invece fu pago

            di pochi liberi doni, così li chiamò non tributo.

 

ELENA

            D'aspetto com'è?

 

FORCIADE

                                    Non brutto! A me piace senz'altro.

            È un uomo vivace, ben fatto, ardito nei modi,

            e ragionevole poi come pochi fra i Greci.

            Li insultano come barbari, ma non uno fra essi è crudele,

            penso io, quanto i molti eroi che si videro

            davanti a Ilio agire da divoratori di uomini.

            Stimo la sua grandezza, a lui mi affiderei.

            E la sua rocca! Dovreste vederla con gli occhi!

            È ben altra cosa dalle tozze muraglie ciclopiche

            che i vostri padri tirarono su come niente,

            a mo' di Ciclopi, semplicemente gettando

            pietra grezza sopra pietra grezza; là, invece,

            là tutto è a regola di piombo e di livella.

            Guardatela da fuori! Si protende su verso il cielo,

            ben commessa, inflessibile, liscia a specchio come l'acciaio.

            A inerpicarsi lassù - già solo il pensiero ne scivola.

            E dentro c'è agio di spazi per grandi cortili,

            circondati da fabbricati di ogni forma e ogni uso.

            Là vedete colonne, archi, archetti,

            altane, gallerie, per guardare dentro e fuori,

            e stemmi.

 

CORO

                        Che cosa sono?

 

FORCIADE

                                    Aiace sul suo scudo

            portava serpenti ritorti, come vedeste voi stesse.

            E i Sette là davanti a Tebe ognuno sul proprio scudo

            portavano varie figure, ricche di significati.

            In spazi di cielo notturno vedevi la luna e le stelle,

            o una dea, un eroe, o scale, fiaccole, spade,

            e ciò che truce minaccia rovina a ben difese città.

            Anche la nostra schiera di eroi mostra simili immagini

            di sfavillanti colori, retaggio di avi remoti.

            Là vedete leoni, aquile, oppure rostri ed artigli,

            e corna di bufali, ali, rose, code di pavone,

            e bande di nero, di oro e d'argento, di rosso e di azzurro.

            Pendono là nelle sale, fila per fila,

            in sale senza confini, vaste come il mondo;

            là potrete danzare!

 

CORO

                                    Di', ci sono anche danzatori?

 

FORCIADE

            I più bravi! Gagliardi giovani in schiera, riccioli d'oro.

            Odorosi di gioventù! Così profumava soltanto

            Paride, quando si accostò troppo alla regina.

 

ELENA

                                    Del tutto

            esci dalla tua parte; dimmi l'ultima parola!

 

FORCIADE

            La dirai tu, pronuncia un solenne e chiaro Sì!

            Subito io ti cingerò di quella rocca.

 

CORO

                                    Oh dilla

            quella breve parola e salvati, e noi con te!

 

ELENA

            Che? Davvero dovrei temere che il re Menelao

            fosse tanto crudele da farmi del male?

 

FORCIADE

            E l'inaudito scempio al tuo Deifobo, fratello

            di Paride, morto in battaglia, che perseverando

            vedova ti conquistò e felice ti ebbe concubina,

            l'hai dimenticato? Gli tagliò via naso e orecchie

            e altro ancora mozzò: spettacolo orrendo a vedersi.

 

ELENA

            Sì, a lui fece questo, per causa mia lo fece.

 

FORCIADE

            E per causa di lui farà la stessa cosa a te.

            La bellezza è indivisibile; chi l'ebbe intera

            maledice l'averla in parte, preferisce distruggerla.

Trombe in lontananza; il coro trasalisce

            Come lo strepito acuto delle trombe orecchio e viscere

            aggredisce e dilania, così gelosia salda si artiglia

            nel petto all'uomo, che mai non dimentica

            ciò che fu suo e ora ha perduto, e più non possiede.

 

CORO

            Non odi squilli di corni? Non vedi baleni di armi?

 

FORCIADE

            Benvenuto, re e signore, lieta io ti rendo conto.

 

CORO

            Ma noi?

 

FORCIADE

                                    Chiaro lo sapete; la sua morte la vedrete,

            dentro casa tocca a voi; no, è impossibile aiutarvi.

 

Pausa

 

ELENA

            Sul passo che incombe ho pensato, cosa posso arrischiare.

            Un demone avverso tu sei, io bene lo sento,

            e temo che tu volgerai il bene in un male.

            Ma prima di tutto io voglio seguirti alla rocca;

            il resto io lo so; e quello che poi la regina

            possa in segreto celare nel fondo del petto

            sia inaccessibile a tutti. Vecchia, precedimi!

 

CORO

            Con che gioia andiamo laggiù;

            con piede veloce,

            la morte dietro di noi,

            davanti ancora una volta

            le mura inaccessibili

            di una svettante fortezza.

            Possa proteggerci tanto

            quanto la rocca di Ilio,

            che solo alla fine soggiacque

            a uno spregevole inganno.

 

Cala una nebbia che vela il fondale, o anche il proscenio, a piacimento

 

            Come? Ma come?

            Sorelle, guardatevi intorno!

            Non era giorno sereno?

            Nebbie salgono a strisce ondulate

            dai sacri flutti dell'Eurota;

            già scomparve alla vista

            la ripa amena, coronata di giunchi;

            anche i liberi cigni, che fieri

            e leggiadri dolcemente scivolano,

            del socievole nuoto beati,

            ah, non li vedo più!

 

            Pure, ma pure

            io li odo cantare,

            cantare lontani un canto roco!

            Si dice sia annuncio di morte.

            Purché anche a noi alla fine

            ah, non annunci rovina

            e non il sollievo della salvezza promessa;

            a noi, dai bei lunghi colli

            bianchi, come di cigni,

            e, ahi! alla nostra nata da cigno.

            Guai a noi, guai, guai!

 

            Su ogni cosa è calata

            tutto intorno la nebbia.

            Più non ci vediamo l'un l'altra!

            Cosa avviene? Camminiamo?

            O ci libriamo soltanto

            sfiorando il suolo in piccoli salti?

            Vedi nulla? Non si libra forse davanti

            Ermes? La verga d'oro non luccica,

            non esige e comanda di volgerci indietro,

            verso la luce grigia, inospitale,

            piena di immagini inafferrabili,

            del gremito, eternamente vuoto Ade?

 

            Sì, d'un tratto è buio, si alza già la nebbia senza luce,

            grigia scura. Mura brune ora chiudono lo sguardo

            non più libero, alte e dure. È un cortile? È un pozzo fondo?

            Spaventoso in ogni caso! Ah, sorelle, prigioniere

            siamo ora più che mai.

 

CORTE INTERNA DI UN CASTELLO

 

 

cinta da edifici medievali sontuosi e bizzarri

 

CORIFEA

            Precipitose e stolide, autentico ritratto della donna!

            Dipendenti dall'attimo, zimbello del tempo incostante,

            di fortuna e sfortuna! Mai né l'una né l'altra sapete

            affrontare con animo uguale. Ognuna sempre contraddice

            l'altra aspramente, e le altre le dan sulla voce;

            solo alla gioia e al dolore ululate e ridete all'unisono.

            Adesso tacete! E aspettate di udire ciò che la sovrana

            voglia con alto senno decidere per sé e per noi.

 

ELENA

            Dove sei, pitonessa? Comunque tu ti chiami,

            esci da queste volte della cupa rocca.

            Ma se tu sei andata a annunciarmi allo strano signore

            di eroi, affinché si prepari a bene ricevermi,

            te ne rendo grazie e introducimi presto da lui;

            vorrei che finisse l'errare. Vorrei solo riposo.

 

CORIFEA

            Invano, regina, ti guardi dovunque all'intorno;

            svanita è la trista figura, e forse rimase

            là nella nebbia, dal cui seno, io non so come,

            siamo qui giunte, veloci e senza muovere passo.

            O forse essa erra dubbiosa per il labirinto

            della strana rocca che di molte è fatta una sola,

            e chiede il signore, che porga alto regale saluto.

            Ma guarda, lassù una folla di servi solerti

            numerosa si muove e rapida avanti e indietro,

            su alle finestre, nelle gallerie, nei portali;

            una maestosa accoglienza all'ospite annuncia, ed il benvenuto.

 

CORO

            Mi si apre il cuore! Oh, guardate lassù,

            con che garbo discende con passo che indugia

            decorosa una schiera di bellissimi giovani

            in ben disposto corteo. Come, al comando di chi

            compaiono a un tratto le file bene ordinate

            del magnifico popolo di adolescenti?

            Che cosa ammiro di più? La grazia nel muoversi,

            o forse i riccioli intorno alla fronte smagliante,

            o ancora le guance, rosse come le pesche

            e come quelle soffici di morbida lanugine?

            Le morderei con piacere, ma un brivido

            mi frena; perché in simili casi la bocca

            si riempì, orribile a dirsi! di cenere.

 

            Ma ecco i più belli

            si fanno vicini;

            e recano, cosa?

            Gradini di un trono,

            il seggio e il tappeto,

            adorne cortine

            ed un baldacchino,

            che come una nuvola

            in alto corona

            il capo alla nostra regina;

            lei già siede, invitata,

            sul seggio magnifico.

            Fatevi avanti

            di gradino in gradino,

            in fila solenne.

            Degna, oh degna, tre volte degna

            sia benedetta una tale accoglienza!

 

Tutto ciò che il coro ha annunciato è venuto man mano avvenendo

 

Faust. Dopo che paggi e scudieri sono discesi in lungo corteo, egli compare in cima alla scalinata nell'abito di corte del cavaliere medievale e scende con dignitosa lentezza

 

CORIFEA guardandolo attentamente

            Se a costui gli dei non concessero, come assai spesso

            fanno essi, solo per poco tempo ed effimeri

            la figura ammirevole, l'augusto decoro,

            l'amorosa presenza, dovrà ogni volta riuscirgli

            ciò a cui si accinge, sia nella battaglia di uomini,

            sia nella piccola guerra con le donne più belle.

            Ed egli è davvero da preferire a molti degli altri

            che pure assai reputati io vidi con i miei occhi.

            Con passo lento e solenne, trattenuto per devozione,

            io vedo il principe; volgiti, o regina!

 

FAUST si avvicina, al suo fianco un uomo legato

            Non il saluto più solenne e debito,

            né il più devoto benvenuto io reco

            a te, ma un servo stretto da catene,

            che, mancando al dovere, il mio mi tolse.

            Inginocchiati, e confessa qui

            la tua colpa all'altissima signora.

            Questo, augusta sovrana, è l'uomo che

            dall'alta torre con fulmineo sguardo

            deve guardare attorno e attento vigilare,

            per gli spazi del cielo, quanto la terra è grande,

            quel che possa apparire o possa muoversi

            dai colli in cerchio alla valle, alla salda

            rocca; e se fosse l'onda delle greggi,

            le difendiamo, e se è corteo di armati,

            gli andiamo incontro. Oggi, quale trascuratezza!

            Tu ti avvicini, non annuncia niente:

            e il reverente, doveroso omaggio

            all'altissimo ospite è mancato. Sacrilego,

            ha sciupato la vita, e giacerebbe

            nel sangue di una meritata morte;

            ma tu sola punisci, o grazia, come vuoi.

 

ELENA

            Ben alta dignità, di giudice e sovrana,

            e fosse anche soltanto per provarmi,

            come devo supporre, mi concedi -

            primo dovere del giudice è ascoltare

            gli accusati, e lo farò. Su, parla.

 

IL TORRIERE LINCEO

            Fa' che mi inginocchi e guardi,

            fa' che viva, fa' che muoia,

            perché ormai mi sono dato

            alla donna che è dono di dèi.

 

            Io spiavo a oriente il corso

            della gioia del mattino,

            ma ad un tratto il sole sorse,

            meraviglia, a mezzogiorno.

 

            E lei sola, lei lo sguardo

            attirò da quella parte,

            non più gole, non più vette,

            non più terra ampia né cielo.

 

            Mi fu data vista acuta

            come a lince alta sul ramo;

            ma ho dovuto liberarmi

            da un profondo, oscuro sogno.

 

            E potrò mai ritrovarmi?

            Merli? Torre? Porta chiusa?

            Nebbie ondeggiano, svaniscono,

            una simile dea esce!

 

            Occhio e cuore a lei rivolti,

            ne succhiai la dolce luce;

            la bellezza sua accecante

            accecò me poverello.

 

            E dimenticai il dovere,

            il mio corno, il giuramento;

            sì, minaccia di annientarmi -

            doma ogni ira la bellezza.

 

ELENA

            Non io posso punire il male che ho arrecato.

            Sventura a me! Quale duro destino

            mi perseguita ovunque di confondere

            il petto degli uomini, così che non risparmiano

            né se stessi, né altro che sia degno.

            Rapita, sedotta, contesa, trascinata,

            dèi, eroi, semidei, persino dèmoni

            mi hanno condotta errante da ogni parte.

            Una sconvolsi il mondo, doppia feci di peggio;

            ora in tre, quattro effigi accumulo sventure.

            Congeda questo giusto, lascialo in libertà;

            l'han confuso gli dèi, non gli sia onta.

 

FAUST

            Con stupore, o regina, io vedo a un tempo qui

            chi colpisce infallibile e il colpito;

            io vedo l'arco che scagliò lo strale

            e il ferito. Strali seguono strali,

            e mi colgono. Ovunque li sento sibilare

            piumati nello spazio del castello.

            Che ne sarà di me? Ad un tratto mi rendi

            ribelli i più fidati, ed insicure

            le mura. E ormai temo che il mio esercito

            obbedisca alla donna vittoriosa e invitta.

            Cosa mi resta, se non fare tuo

            me stesso e tutto ciò che vaneggiavo mio?

            Lascia che ai piedi tuoi, fedele e libero,

            ti riconosca come la sovrana

            che apparve e conquistò possesso e trono.

 

LINCEO con una cassa, e uomini che ne recano altre dietro di lui

            Mi vedi, regina, di ritorno!

            Il ricco mendica uno sguardo,

            egli ti guarda e si sente povero

            come un mendíco e ricco come un principe.

 

            Che cosa ero? Cosa sono adesso?

            Che volere? Che fare? A che giova

            il lampo più acuto degli occhi?

            Torna indietro riflesso dal tuo seggio.

 

            Dall'oriente noi giungemmo qui,

            e per l'occidente fu la fine;

            in lungo e in largo un gran peso di popoli,

            i primi non sapevano degli ultimi.

 

            Cadeva il primo, il secondo stava,

            la lancia del terzo era alla mano;

            ognuno era forte come cento,

            le migliaia di uccisi indifferenti.

 

            Avanti sempre, assalto dopo assalto,

            nostro divenne un posto dopo l'altro;

            dove oggi facevo da padrone,

            un altro razziava all'indomani.

 

            Guardavamo - un colpo d'occhio, in fretta;

            uno afferrava la più bella donna,

            un altro il toro dal saldo passo,

            di cavalli non ne lasciammo uno.

 

            A me invece piaceva andare in cerca

            delle cose più rare mai vedute;

            tutto ciò che anche un altro possedeva

            non valeva per me più di erba secca.

 

            Mi misi sulle tracce dei tesori,

            guidato solo dalla vista acuta,

            non c'era borsa in cui io non guardassi,

            scrigno che non mi fosse trasparente.

 

            Così furono miei cumuli d'oro

            e le pietre preziose più superbe:

            una soltanto, lo smeraldo, merita

            però di verdeggiare sul tuo cuore.

 

            Ondeggi a mezzo fra l'orecchio e il labbro

            la goccia giunta dal fondo del mare;

            ma fuggono i rubini spaventati,

            pallidi per il rosso delle gote.

 

            Così ora il più grande dei tesori

            vengo a deporre qui dove tu sei;

            ai tuoi piedi si collochi la messe

            delle tante battaglie sanguinose.

 

            Per quante casse ho trascinato qui,

            altrettante ne ho, di ferro duro.

            Concedi di seguire i passi tuoi:

            fino alla volta ammucchierò i tesori.

 

            Poiché, appena salisti sul trono,

            ecco già che si inchinano e si piegano

            intelletto e ricchezza e potere

            davanti alla figura senza pari.

 

            Tutto ciò che tenevo stretto e mio

            qui si scioglie da me, diviene tuo.

            Lo credevo di altissimo valore,

            adesso vedo che non vale niente.

 

            Si è dileguato ciò che possedevo,

            come l'erba tagliata che appassisce.

            Ma tu con un tuo solo sguardo lieto

            restituiscigli tutto il suo valore!

 

FAUST

            Presto, allontana il frutto delle conquiste audaci,

            senza biasimo, ma senza ricompensa.

            Tutto è già suo ciò che la fortezza

            nasconde nel suo seno; offrirle questo o quello

            non serve. Vai e ammucchia tesori su tesori

            in bell'ordine. Innalza il quadro augusto

            di una pompa mai vista! Scintillino le volte

            come cieli sereni, e intorno erigi

            paradisi di vita inanimata.

            Corri avanti ai suoi passi e fai fiorire

            tappeti da tappeti srotolati; il suo piede

            trovi il suolo più soffice, e il più alto splendore

            il suo sguardo che solo non abbaglia gli dèi.

 

LINCEO

            Fiacco è l'ordine, signore,

            per il servo farlo è un gioco:

            ogni bene e vita ha in pugno,

            prepotente, la bellezza.

            Mansueto è già tutto l'esercito,

            inerti e spuntate le spade,

            davanti alla forma magnifica

            è freddo ed esangue anche il sole,

            davanti al tesoro del volto

            tutto è vuoto e tutto è nulla.

Esce

 

ELENA a Faust

            Desidero parlarti, e dunque sali

            quassù al mio fianco! Questo posto vuoto

            chiama il signore e mi assicura il mio.

 

FAUST

            Alta signora, accogli prima da me in ginocchio

            questo fedele omaggio; la mano che mi leva

            al fianco tuo, lascia che io la baci.

            Confermami reggente del tuo regno

            inconscio di confini, e in me guadagnati

            adoratore, servo e paladino!

 

ELENA

            Vedo e odo prodigi molteplici, e mi prende

            stupore, molto avrei da domandare.

            Perché, vorrei sapere, il suo discorso

            mi suona strano, strano ed amichevole?

            Un suono sembra adattarsi all'altro,

            quando all'orecchio è giunta una parola,

            un'altra la raggiunge e l'accarezza.

 

FAUST

            Se già ti piace come parlano i nostri popoli,

            il loro canto ti saprà incantare,

            appagando in profondo orecchio e spirito.

            La miglior prova è farne l'esperienza;

            perché è il colloquio che lo chiama in vita.

 

ELENA

            Dimmi, potrei anch'io parlare così bene?

 

FAUST

            È facilissimo, se dal cuore viene.

            Quando trabocca di desio struggente

            si guarda intorno e chiede -

 

ELENA

                                    chi lo sente.

 

FAUST

            La mente non più avanti, né indietro guarderà,

            ma il presente soltanto -

 

ELENA

                                    è la felicità.

 

FAUST

            Il presente è tesoro, possesso, garanzia;

            chi lo conferma?

 

ELENA

                                    Questa mano mia.

 

CORO

            Se la principessa si mostrasse

            amica al signore della rocca,

            chi la biasimerebbe?

            Poiché noi siamo tutte, confessatelo,

            prigioniere, come sempre fummo

            da quando ignominiosamente cadde

            Ilio e dall'angoscioso

            labirintico viaggio d'inquietudine.

 

            Le donne avvezze all'amore degli uomini,

            se non possono scegliere,

            sono però intenditrici.

            E ai pastori dai riccioli d'oro

            come ai fauni di setole nere,

            secondo l'occasione,

            concedono uguale diritto

            sui loro floridi corpi.

 

            Siedono sempre più stretti

            chini l'uno sull'altra,

            spalla a spalla, ginocchio a ginocchio,

            mano nella mano si cullano

            sul trono splendente

            di alti cuscini.

            La maestà non rinuncia

            a ostentare sdegnosa

            agli occhi del popolo

            le sue gioie segrete.

 

ELENA

            Così lontana mi sento, ma così

            vicina, e dico felice: sono qui!

 

FAUST

            Respiro appena, trema, s'inceppa la parola;

            è un sogno, dileguati il tempo e il luogo.

 

ELENA

            Sento di aver vissuto e mi sento rinata,

            intrecciata con te, fedele all'uomo ignoto.

 

FAUST

            Non meditare troppo su questa sorte unica!

            Esistere è dovere, anche se fosse un attimo.

 

FORCIADE entrando con veemenza

            L'abicì dell'amore sillabando,

            giocate con svenevoli arzigogoli,

            oziate in lambiccate smancerie,

            ma per queste cose non c'è tempo.

            Non sentite un sordo rimbombo?

            Non udite gli squilli di tromba?

            Questa è la rovina che incombe.

            Menelao con ondate di armati

            si precipita contro di voi;

            siate pronti a una lotta violenta!

            Da schiere vincenti sommerso,

            mutilato come Deìfobo,

            sconterai la tua scorta galante.

            Messa la merce vile a penzolare,

            per lei è già pronta all'altare

            una scure affilatissima.

 

FAUST

            Ripugna che qui s'intrometta un disturbo insolente!

            Nemmeno in pericolo soffro una foga insensata.

            È brutto anche il messo più bello, se porta sventure:

            bruttissima, tu hai gioia solo annunciando rovine.

            Ma questa volta non riuscirai; di aliti inani

            fai tremare pur l'aria. Non v'è pericolo alcuno,

            e il pericolo stesso parrebbe una vuota minaccia.

 

Segnali, esplosioni dalle torri, trombe e corni, musica guerresca, sfilata di un poderoso esercito

 

FAUST

            Subito vedrai raccolto qui

            il cerchio compatto degli eroi:

            merita il favore della donna

            soltanto il più forte nel proteggerla.

 

Ai capi dell'esercito, che escono dai ranghi e si fanno avanti

 

            Con silenziosa rattenuta furia,

            che vi darà sicura la vittoria,

            andate, voi del nord fiorenti giovani,

            voi forza e rigoglio dell'oriente.

 

            Chiusi in acciaio, acciaio balenanti,

            schiera che frantumò regno su regno,

            quando essi avanzano la terra trema,

            rimbomba il tuono dove son passati.

 

            A Pilo noi toccammo terra,

            il vecchio Nestore non c'era più,

            e l'esercito libero da vincoli

            spezzò ogni laccio infimo di re.

 

            Ricacciate ora da queste mura

            Menelao senza indugio verso il mare;

            sul mare erri, predi, tenda agguati,

            per inclinazione e per destino.

 

            Come duchi vi debbo salutare,

            lo ordina di Sparta la regina;

            deponetele monte e valle ai piedi,

            e sia vostro il guadagno del reame.

 

            Tu, Germano, le baie di Corinto

            difendi con fossati e con ripari!

            A te, Goto, ed alla tua tenacia

            affido Acaia dalle cento gole.

 

            Le schiere franche muovano sull'Elide,

            toccherà ai Sassoni Messene,

            il Normanno renda sicuro il mare

            e l'Argolide ne sia fatta grande.

 

            Ognuno poi l'avrà come sua casa,

            la sua forza ne folgori a difesa;

            ma su di voi dovrà regnare Sparta,

            della regina antichissima sede.

 

            Tutti e ciascuno ella vedrà godere

            di una terra cui nulla mancherà;

            voi cercate ai suoi piedi con fiducia

            lume, giustizia, riconoscimento.

 

Faust scende dal seggio, i principi gli fan cerchio intorno, per ascoltarne in particolare gli ordini e le disposizioni

 

CORO

            Chi brama per sé la più bella

            cerchi prima di tutto

            armi intorno a sé, capace e saggio;

            con le lusinghe si guadagnò

            il bene più alto sulla terra;

            ma non lo detiene indisturbato:

            lusingatori astuti vorrebbero sottrarglielo,

            predoni audaci vorrebbero strapparglielo;

            pensi come impedirlo.

 

            Io lodo il nostro principe e lo reputo

            per questo di più di molti altri,

            perché strinse alleanze con valore e con senno,

            così che ora i forti gli obbediscono,

            pronti ad ogni suo cenno.

            Fedelmente ne eseguono i comandi,

            ciascuno per proprio tornaconto

            come per gratitudine al sovrano,

            dell'uno e dell'altro a maggior gloria.

 

            Chi la strapperà adesso

            a lui che con forza la tiene?

            A lui appartiene, a lui sia concessa,

            doppiamente concessa da noi, che con lei

            circonda qui dentro con mura saldissime,

            all'esterno con il più forte degli eserciti.

 

FAUST

            I doni concessi a costoro -

            ad ognuno un ricco paese -

            sono grandi e stupendi; ora vadano!

            Al centro noi resisteremo.

 

            Faranno a gara a proteggerti,

            penisola cinta di onde,

            legata da lievi colline

            agli ultimi monti d'Europa.

 

            A ogni stirpe sia lieta in eterno

            questa terra diletta dal sole,

            conquistata per la mia regina,

            che ad essa alzò gli occhi bambina,

 

            quando ruppe, al sussurro di canne

            dell'Eurota, raggiante il suo guscio,

            e alla nobile madre e ai fratelli

            offuscava la luce degli occhi.

 

            Questa terra, a te sola rivolta,

            ti offre i suoi fiori più belli;

            all'universo, che già ti appartiene,

            oh, preferisci la patria tua!

 

            Se ancora freddi giungono sul dorso dei suoi monti

            del sole i dardi al capo dentellato,

            la roccia già si mostra rinverdita,

            e avida la capra ne prende il magro pascolo.

 

            Zampilla la sorgente, si uniscono i ruscelli,

            sono già verdi gole, pendii, prati.

            Su cento colli in brevi spazi piani

            vedi greggi lanose sparpagliarsi.

 

            Il cornuto vitello a cauti passi

            si accosta a gruppi ai ripidi crinali;

            ma a tutti dà riparo la parete

            di roccia che s'incurva in cento grotte.

 

            Là li protegge Pan, le ninfe della vita

            abitano le forre boscose, umide e fresche,

            nel desiderio di salire in alto

            levano i rami alberi fitti ad alberi.

 

            Antichi boschi sono! La dura e forte quercia

            si ostina nella lotta di ramo contro ramo;

            l'acero mite, ricco in dolce linfa,

            sale diritto e gioca col suo peso.

 

            Tiepido sotto ombre silenziose

            materno latte sgorga ai bambini e agli agnelli;

            è vicina la frutta che matura nel piano,

            e dal cavo dei tronchi stilla miele.

 

            Qui la prosperità è retaggio,

            le labbra ridono e le guance,

            ognuno è sano e soddisfatto,

            ed è immortale al proprio posto.

            Qui la dolcezza del bambino cresce

            nella forza paterna al giorno chiaro.

            E stupiti torniamo a domandarci

            se siano uomini o se siano dèi.

 

            Apollo ebbe sembianze di pastore,

            perché il più bello assomigliasse a lui;

            dove ha dominio infatti la Natura

            incorrotta, tutti i mondi si abbracciano.

 

Sedendo accanto a Elena

 

            Io sono giunto, tu sei giunta a tanto;

            dietro di noi si dissolva il passato!

            Sentiti nata dal dio più alto,

            solo alla prima età tu appartieni.

 

            Non dovrà chiuderti una salda rocca!

            Eterna di vigore giovanile,

            vicina a Sparta Arcadia ci circonda,

            perché noi vi restiamo in voluttà.

 

            Attirata a una terra beata,

            fuggirai nel più lieto destino!

            I troni si mutano in fronde,

            la nostra gioia sia libera arcadia!

 

[BOSCHETTO OMBROSO]

 

 

La scena si trasforma completamente. A una fila di grotte si appoggiano chiusi pergolati. Boschetto ombroso fino alla parete di roccia che si leva tutto intorno. Faust ed Elena non si vedono. Il coro giace sparso qua e là dormendo

 

FORCIADE

            Da quanto tempo dormano le ragazze, non so;

            e se abbiano sognato tutto ciò che i miei occhi

            videro chiaro e distinto, parimenti mi è ignoto.

            E dunque svegliamole. Sarà una sorpresa per questa

            gioventù; e anche per voi con la barba laggiù,

            che aspettate seduti la fine dei fededegni prodigi.

            In piedi! In piedi! Scuotete quei riccioli, svelte!

            Via il sonno dagli occhi! Apriteli bene e ascoltatemi!

 

CORO

            Parla! Narra, soprattutto se prodigi strani accaddero!

            Noi vorremmo dare ascolto a ciò che mai non si può credere;

            perché ci è venuto a noia di guardare queste rupi.

 

FORCIADE

            Vi fregate appena gli occhi, bimbe, e siete già annoiate?

            Ascoltate allora: qui grotte, anfratti, pergolati

            han concesso asilo e schermo all'idillio degli amanti,

            al signore e alla signora.

 

CORO

                                                Sì? Là dentro?

 

FORCIADE

                                                                        Là, dal mondo

            chiusi, vollero me sola per servirli silenziosa.

            Onorata li assistevo, ma, da buona confidente,

            mi volgevo a questo e a quello, di tutt'altro andavo in cerca,

            di radici, muschi e scorze, di cui molto sono esperta,

            e così furono soli.

 

CORO

            Parli come se là dentro fosse spazio a interi mondi,

            boschi e prati, rivi e laghi; quali favole ci fili?

 

FORCIADE

            Inesperte, è così invece! Sono abissi inesplorati:

            sale e sale, corti e corti, meditando le percorsi.

            Ma di colpo ecco risate echeggiare in antri vuoti;

            guardo, e in grembo alla signora un fanciullo balza via

            da suo padre, e poi da lei; le carezze ed i trastulli

            di un amore pazzerello, scherzi, urla di esultanza

            alternandosi mi assordano.

            Nudo, un genio senza ali, come un fauno, ma non bestia,

            salta sulla dura terra; ed il suolo lo rilancia

            su veloce a altezze aeree, e al secondo, al terzo salto

            tocca il tetto della volta.

 

            E la madre in ansia grida: Salta pure a tuo piacere,

            bada solo a non volare, ti è vietato il volo libero.

            E fidato il padre esorta: Nella terra è l'energia

            che ti lancia in alto; tocca solo il suolo con un alluce

            e sarai più forte, come Anteo, il figlio della Terra.

            E così di masso in masso da uno spigolo di roccia

            balza a un altro e poi a un altro, come palla se la scagli.

            Poi di colpo nella piega di diruta gola spare,

            ed a noi pare perduto. Strazio della madre, il padre

            la conforta, provo un brivido io di ansia. Ecco, è riapparso!

            Son celati dei tesori là? Egli adesso indossa degne

            intessute vesti a fiori.

            Dalle braccia nappe ondeggiano, nastri sbattono sul petto,

            una lira d'oro ha in mano, come un piccolo dio Apollo,

            siamo sbalorditi, e lieto è già al bordo, pronto al balzo.

            Estasiati i genitori cuore a cuore si riabbracciano.

            Cosa brilla intorno al capo? Arduo è dire cosa splenda.

            È un gioiello d'oro, o è fiamma di uno spirito sovrano?

            È ragazzo già e si atteggia, già si annuncia con i gesti

            maestro di ogni cosa bella, che di eterne melodie

            sente corrersi le vene; e così lo ascolterete,

            e così voi lo vedrete, meraviglia senza pari.

 

CORO

            Questa chiami meraviglia,

            in Creta generata?

            Mai porgesti l'orecchio

            a parole che insegnano in poesia?

            Di antichissime saghe della Ionia

            e dell'Ellade, dai padri tramandate,

            ricche di numi e di eroi,

            mai ne hai inteso dire?

 

            Tutto ciò che accade

            ai nostri giorni

            non è che un'eco triste

            dei giorni stupendi degli avi;

            ciò che narri non si avvicina neppure

            a ciò che un'amabile menzogna,

            più credibile della verità,

            cantò del figlio di Maja.

 

            Lattante appena nato

            pieno di grazia e di vigore

            fu avvolto in morbide fasce immacolate,

            fu stretto da bende preziose e ornate

            da una schiera di balie cinguettanti,

            con irragionevole illusione.

            Ma il beffardo con vigore e grazia

            astutamente dipana

            le flessibili, elastiche membra,

            e lascia giacere in vece sua

            quell'involucro di porpora

            che l'ha oppresso e angosciato;

            come la farfalla che ormai compiuta

            agile sfugge alla rigida scorza

            della crisalide, spiega le ali

            e ricama capricciosa e ardita

            l'etere che il sole irraggia.

 

            E che egli, il più agile, sia

            un demone eternamente

            propizio ai ladri e ai burloni

            e a chiunque si cerchi guadagno

            lo prova ben presto con gli atti

            e con abilissime arti.

            Al tiranno del mare con destrezza

            ruba il tridente, ad Ares con scaltrezza

            la spada stessa dal fodero;

            a Febo l'arco e le frecce,

            come a Efesto le tenaglie;

            e prenderebbe la saetta al padre

            Zeus, se non lo spaventasse il fuoco;

            nella lotta vince Eros

            col fargli lo sgambetto;

            anche a Cipride, mentre lo accarezza,

            sottrae il cinto dal petto.

 

Dalla grotta si ode un incantevole e melodioso suono di corde. Tutti si mettono in ascolto e presto sembrano intimamente commossi. Da qui fino alla pausa indicata canto e accompagnamento musicale

 

FORCIADE

            Ascoltate i più amabili suoni,

            liberatevi presto dai miti!

            Dite addio alla pletora antica

            dei vostri dèi, sono passati.

 

            Più nessuno vi vuole comprendere,

            aspiriamo a mete più alte:

            perché deve venire dal cuore

            ciò che vuole agire sul cuore.

 

Si ritira verso la parete rocciosa

 

CORO

            Se anche tu, spaventosa creatura,

            cedi a quel lusinghevole suono,

            nasce in noi, come or ora guarite,

            una tenera voglia di lacrime.

 

            Sparisca il fulgore del sole,

            se nell'anima si alza la luce,

            troveremo nel fondo del cuore

            ciò che il mondo intero ci nega.

 

Elena, Faust, Euforione nel costume sopra descritto

 

EUFORIONE

            Ascoltando il mio canto infantile

            anche a voi sembrerà di giocare;

            e guardandomi a tempo saltare,

            genitori, vi balzerà il cuore.

 

ELENA

            Quando nutre una nobile coppia

            crea l'Amore un'umana letizia,

            ma egli forma un prezioso terzetto

            per creare un incanto divino.

 

FAUST

            Tutto è ad un tratto raggiunto:

            io sono tuo, e tu sei mia;

            e così noi siamo congiunti,

            potesse non cambiare mai!

 

CORO

            Nel mite splendore che emana

            dal fanciullo verranno alla coppia

            anni e anni di vita felice.

            Mi commuovo a questo legame!

 

EUFORIONE

            Lasciatemi ora saltare,

            lasciatemi ora balzare!

            Tendere in alto

            a tutti i venti

            è il desiderio

            che ora mi prende.

 

FAUST

            Ma con misura!

            Non temerario,

            che una disgrazia

            non ti travolga,

            e il figlio caro

            non ci distrugga!

 

EUFORIONE

            Non voglio più

            languire al suolo;

            lasciate le mie mani,

            lasciatemi i miei riccioli,

            lasciate i miei vestiti!

            Non sono forse miei?

 

ELENA

            Oh, pensa! Pensa

            a chi appartieni!

            Come ne soffriremmo,

            come distruggeresti

            questa bella conquista,

            che è mia, tua e sua.

 

CORO

            Ho timore che presto

            si scioglierà l'unione!

 

ELENA E FAUST

            Oh, frena! Frena

            se ci vuoi bene

            gli impulsi ardenti,

            troppo vivaci!

            Adorna placido

            il piano agreste.

 

EUFORIONE

            Solo per voi

            io mi trattengo.