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FAUST

 

Wolfgang Goethe

 

 

 

INDICE

 

Dedica

 

Preludio nel testro

 

Prologo in cielo

 

PARTE PRIMA DELLA TRAGEDIA

 

PARTE SECONDA DELLA TRAGEDIA

 

 

 

 

 

 

 

DEDICA    (torna all'indice)

 

 

 

            Vi avvicinate ancora, ondeggianti figure

            apparse in gioventù allo sguardo offuscato.

            Tenterò questa volta di non farvi svanire?

            Sento ancora il mio cuore incline a quegli errori?

            Voi m'incalzate! E sia, vi lascerò salire

            accanto a me dal velo di nebbia e di vapori;

            aleggia intorno a voi un alito incantato

            che al mio petto dà un fremito di nuova gioventù.

 

            Voi recate le immagini di giorni spensierati,

            ed affiorano ombre che mi furono care;

            simili ad un'antica, quasi svanita saga

            ritornano con voi gli amici e i primi amori;

            si rinnova il dolore, il pianto ripercorre

            il corso labirintico di una vita errabonda,

            e nomina i magnanimi prima di me scomparsi,

            frodati dalla sorte di belle ore felici.

 

            Non potranno ascoltare i canti che verranno

            le anime alle quali i miei primi cantai;

            la ressa degli amici si è dileguata, ormai,

            l'eco prima dei canti è, purtroppo, svanita.

            La mia canzone suona ad una folla ignota,

            che perfino se applaude fa tremare il mio cuore,

            e chi allora ascoltava lieto la mia canzone

            erra, se vive ancora, disperso per il mondo.

 

            Ed una nostalgia da tempo sconosciuta

            mi prende di quel grave, calmo regno di spiriti,

            si libra adesso in indistinti suoni

            sussurrando il mio canto, simile all'arpa eolia,

            un brivido mi afferra, lacrima segue lacrima,

            si sente molle e tenero questo cuore severo;

            quel che adesso possiedo lo vedo da lontano,

            e quello che svanì diventa reale e vero.

 

 

PRELUDIO NEL TEATRO    (torna all'indice)

 

 

 

L'impresario, il poeta della compagnia, l'attore comico

 

L'IMPRESARIO

            Voi due, che nelle angustie e negli affanni

            tante volte mi siete stati a fianco,

            ditemi un po', in terra di Germania

            cosa sperate per la nostra impresa?

            Alla folla vorrei riuscire grato,

            tanto più perché vive e lascia vivere.

            I pali e le assi sono a posto,

            e tutti si aspettano una festa.

            Siedono già, le sopracciglia in alto,

            rilassati, e vorrebbero stupirsi.

            So come farmi amico il popolo, eppure

            non son mai stato tanto in imbarazzo.

            Non è che siano abituati al meglio;

            hanno letto, però da far spavento.

            Come rendere tutto fresco e nuovo,

            piacevole, ma significativo?

            Perché, certo, contemplo volentieri

            la folla come un fiume pigiarsi al botteghino,

            con sforzi dolorosi e reiterati

            passar la porta stretta della Grazia,

            in pieno giorno, prima delle quattro,

            farsi largo alla cassa a gomitate

            e, come per il pane ai forni in carestia,

            quasi rompersi il collo pel biglietto.

            Un prodigio che può su gente così varia

            solo il poeta: amico, fallo oggi!

 

IL POETA

            Non parlarmi di folla variopinta,

            lo spirito a guardarla fugge via.

            Nascondimi le onde della calca,

            che a dispetto ci afferra nel suo vortice.

            Ma guidami nell'angolo silenzioso di cielo

            dove solo al poeta fiorisce gioia pura,

            dove amore e amicizia con mano benedetta

            coltivano nel cuore divina beatitudine.

 

            Ah, ciò che là sgorgò dal profondo del petto,

            ciò che timido il labbro balbettava per sé,

            ora fallito, ora forse riuscito,

            è inghiottito dall'attimo crudele.

            Spesso per anni e anni si travaglia

            e solo allora appare nel suo volto perfetto.

            Per l'attimo è nato ciò che brilla,

            l'autentico rimane, imperituro, ai posteri.

 

L'ATTORE COMICO

            I posteri lasciamoli da parte.

            Se io volessi dedicarmi ai posteri,

            allo spasso dei vivi chi ci pensa?

            Ma lo pretendono, e vanno accontentati.

            Un bravo giovanotto vivo e vegeto

            non mi sembra, direi, da buttar via.

            Chi sa comunicare affabilmente

            non si adombra agli umori della gente;

            si augura di avere un folto pubblico,

            per essere più certo di commuoverlo.

            Animo, dunque, e date il vostro meglio:

            fiato alla fantasia, con tutto il coro,

            intelletto e ragione, passione e sentimento,

            e che, badate bene! non manchi la follia!

 

L'IMPRESARIO

            Soprattutto, però azione in abbondanza!

            Si viene per guardare, si vuol veder qualcosa.

            Se molta roba sfila sotto gli occhi,

            in modo che la folla rimanga a bocca aperta,

            il successo all'ingrosso è assicurato,

            sarete il beniamino della gente.

            La massa la si doma con la massa,

            da cui ciascuno attinge a suo talento.

            Chi molto offre dà qualcosa a tutti,

            così ciascuno se ne va contento.

            Poiché date una pièce, datela in pezzi!

            È un'insalata che non può fallire,

            facile da inventare e da servire.

            Il pubblico spilluzzica e nient'altro,

            non serve propinargli un tutto organico.

 

IL POETA

            Non capite che è un pessimo mestiere,

            che non si addice affatto al vero artista?

            Tirar via, purché piaccia ai benpensanti,

            eccolo qua, tutto il vostro vangelo.

 

L'IMPRESARIO

            Questo è un rimprovero che non mi scalfisce:

            se un uomo vuole incidere sul serio,

            deve usar lo strumento più efficace.

            Pensate che dovete spaccare legna tenera,

            e guardate laggiù, per chi scrivete!

            Uno ne arriva spinto dalla noia,

            un altro appesantito da un pranzo luculliano,

            e non pochi, può esserci di peggio?

            hanno letto da poco il quotidiano.

            Accorrono distratti, come ad un ballo in maschera,

            han le ali ai piedi solo per la curiosità,

            e le signore sfoggiano se stesse ed i vestiti,

            collaborando gratis alla recita.

            Sognate sulle vette di poesia?

            Non siete soddisfatto che la sala sia piena?

            Guardate da vicino i mecenati:

            per metà freddi, per metà volgari!

            Questo pregusta, dopo, una partita a carte,

            quello una notte brava sul petto di una femmina.

            A quale scopo voi, poveri illusi,

            date il tormento alle leggiadre Muse?

            Sciorinate di più, sempre, sempre di più,

            e, ve lo dico io, non potete sbagliare.

            Cercate di confonderla, la gente,

            perché non si accontenta facilmente...

            Ma che vi prende? Una fitta o un raptus?

 

IL POETA

            Vatti pure a cercare un altro servo!

            Il poeta dovrebbe sprecare ignobilmente,

            per compiacere te, il diritto supremo,

            il diritto di uomo che Natura gli ha dato?

            Come arriva a commuovere ogni cuore?

            Come arriva a domare ogni elemento?

            Non è con l'armonia che preme dal suo petto

            e che nel cuore gli raduna il mondo?

            Se la Natura avvolge indifferente

            sul fuso un filo eternamente lungo,

            se la folla caotica degli esseri

            risuona disarmonica e sgradevole,

            chi suddivide il flusso sempre uguale

            e lo ravviva, perché si muova a ritmo?

            Chi consacra l'individuo a universale,

            dove scandisce meravigliosi accordi?

            Chi sfrena le passioni con forza d'uragano

            ed accende il tramonto in una mente austera?

            Chi sul sentiero della donna amata

            sparge i bei fiori della primavera?

            Chi sa intrecciare foglie disadorne,

            verde corona ai meriti più vari?

            Chi assicura l'Olimpo? Chi raduna gli dei?

            La forza umana, che il poeta rivela.

 

L'ATTORE COMICO

            E allora queste forze rigogliose

            usatele, e trattate la poesia

            come le avventure dell'amore.

            Senti qualcosa in un fortuito incontro,

            ci stai, a poco a poco sei avvinto;

            la gioia aumenta, poi cominci a litigare,

            dopo l'estasi arrivano i dolori:

            prima che te ne accorgi, è già un romanzo.

            È lo spettacolo che fa per noi!

            La vita umana va presa a piene mani!

            Tutti la vivono, non molti la conoscono,

            dovunque la rigiri è interessante.

            Poca chiarezza in quadri variopinti,

            molte illusioni e un pizzico di vero

            è la ricetta giusta per un tonico

            che rianima tutti edificandoli.

            Ed ecco come a una rivelazione

            la gioventù più bella accorrere alla recita,

            ecco le anime più delicate suggere

            dal dramma un nutrimento malinconico,

            ecco toccata questa e quella corda,

            e ognuno vede quel che porta in cuore.

            Son pronti ancora al riso come al pianto,

            adorano lo slancio, l'apparenza li appaga;

            se l'uomo fatto è sempre incontentabile,

            chi si viene formando non sarà mai ingrato.

 

IL POETA

            Allora dammi di nuovo il tempo

            in cui mi stavo formando ancora,

            in cui un fiotto di nuovi canti

            in me sgorgava ininterrotto,

            in cui la nebbia velava il mondo,

            la gemma era promessa di miracoli,

            in cui coglievo i mille fiori

            che ricoprivano tutte le valli.

            Non possedevo nulla, ma bastavano

            l'ansia di verità e la voglia di illudersi.

            Dammi di nuovo quegli impulsi indomiti,

            quella felicità profonda e dolorosa,

            il vigore dell'odio, la potenza d'amore,

            dammi di nuovo la mia gioventù!

 

L'ATTORE COMICO

            La gioventù ti occorre certo, amico,

            se il nemico t'incalza alla battaglia,

            oppure se incantevoli ragazze

            ti si gettano al collo con violenza,

            se da lontano il lauro della corsa

            ammicca da una meta poco agevole,

            se dopo i vortici di sfrenate danze

            si annegano le notti in gozzoviglie.

            Ma far vibrare le ben note corde

            con grazia e con ardore, ed avanzare

            indugiando per via, con dolce errare,

            verso una meta da se stessi posta,

            questo, signori vecchi, è il vostro compito,

            per cui non vi facciamo meno onore.

            L'età non fa tornare fanciulli, come dicono:

            ci ritrova fanciulli come allora.

 

L'IMPRESARIO

            Parole se ne sono scambiate quanto basta,

            fate vedere i fatti, finalmente!

            Mentre vi rigirate complimenti,

            qualche cosa potrebbe andare in porto.

            L'ispirazione non giova averla in bocca,

            a chi tentenna non appare mai.

            Se date a intendere di essere poeti,

            sappiate comandare la poesia.

            Quel che ci occorre lo conoscete,

            bevande forti da tracannare:

            voi preparatemele senza tardare!

            Se oggi non si fa, domani non è fatto;

            non ce n'è giorni da buttar via.

            La decisione deve afferrar subito

            per il ciuffo il possibile, con animo:

            dopo non se lo lascia più scappare

            e va avanti, perché lo deve fare.

 

            Sulle scene tedesche, lo sapete,

            ognuno tira fuori quel che vuole.

            Oggi perciò non fate economia

            né di fondali né di attrezzature.

            Su coi fari celesti, il grande e il piccolo,

            le stelle le potete scialacquare;

            acque, fuochi, rocce altissime,

            bestie e uccelli non ne mancano.

            Su queste quattro assi percorretemi

            l'arco tutto intero del creato

            e passate, rapidi ma cauti,

            dal cielo per il mondo giù all'Inferno.

 

 

PROLOGO IN CIELO    (torna all'indice)

 

 

 

Il Signore, le schiere celesti

Poi Mefistofele

Vengono avanti i tre Arcangeli

 

RAFFAELE

            Intonando l'antica melodia

            a gara con gli astri fratelli

            percorre il corso prescritto

            il sole con passo di tuono.

            La vista dà vigore agli angeli,

            benché nessuno possa fissarlo;

            le opere alte inconcepibili

            sono stupende come il primo giorno.

 

GABRIELE

            E ruota inconcepibilmente rapida

            la terra nella sua magnificenza;

            chiaro di paradiso si avvicenda

            a una profonda spaventosa notte;

            schiuma in larghe ondate il mare

            contro la base fonda delle rupi,

            e rupi e mare sono trascinati

            dal moto eterno e rapido degli astri.

 

MICHELE

            E le tempeste scrosciano a gara

            da mare a terra, dalla terra al mare,

            formando una catena di furore

            che tutto avvolge irresistibilmente.

            Fiammeggia il fulmine devastatore

            e lo schianto del tuono lo rincorre,

            eppure onorano i messi tuoi, Signore,

            il soave passare del tuo giorno.

 

A TRE

            La vista dà vigore agli angeli,

            benché nessuno possa fissarti,

            e tutte le alte opere tue

            sono stupende come il primo giorno.

 

MEFISTOFELE

            Poiché tu, o Signore, di nuovo ti avvicini

            e domandi come va giù da noi,

            e solevi vedermi volentieri,

            ecco, vedi anche me con il tuo seguito.

            Perdona, non so dire alte parole,

            e mi schernisca pure tutta la compagnia;

            certo il mio pathos ti farebbe ridere,

            se non ne avessi persa l'abitudine.

            Di sole e mondi non so cosa dire;

            vedo solo che l'uomo si tormenta.

            Il piccolo dio del mondo è sempre uguale,

            stupefacente come il primo giorno.

            Vivrebbe un poco meglio, se non gli avessi dato

            il lume della tua luce celeste;

            lui la chiama ragione e se ne serve solo

            per essere più bestia di ogni bestia.

            Con licenza di vostra grazia, sembra

            una delle cicale gambalunga

            che vanno sempre saltellando, e cantano

            nell'erba la loro vecchia solfa.

            E se ne stesse sempre in mezzo all'erba!

            Ma ficca il naso in ogni porcheria.

 

IL SIGNORE

            Tutto qui quel che hai da dirmi?

            Vieni sempre soltanto a criticare?

            Mai nulla sulla terra ti sta bene?

 

MEFISTOFELE

            No, Signore! Malissimo va laggiù, come sempre.

            Mi fanno pietà gli uomini, nei loro giorni grami;

            nemmeno tormentarli mi va più, quei meschini.

 

IL SIGNORE

            Conosci Faust?

 

MEFISTOFELE

                        Il dottore?

 

IL SIGNORE

                                    Il mio servo!

 

MEFISTOFELE

            Vi serve in modo strano, a dir la verità.

            Lo stolto non si ciba dei cibi della terra,

            la mente in fermento lo porta lontano,

            mezzo cosciente della sua pazzia;

            dal cielo pretende le stelle più belle,

            dalla terra ogni suprema voluttà,

            e nulla, né vicino né lontano,

            appaga il suo animo sconvolto.

 

IL SIGNORE

            Se ora mi serve solo confusamente,

            io lo guiderò presto alla chiarezza.

            Quando il virgulto è verde il giardiniere

            sa che il futuro porterà fiori e frutti.

 

MEFISTOFELE

            Che cosa scommettete? Perderete anche lui,

            se mi date licenza di guidarlo

            cautamente a spasso a modo mio!

 

IL SIGNORE

            Finché vive sulla terra,

            ciò non ti sarà vietato.

            Finché cerca, l'uomo erra.

 

MEFISTOFELE

            Allora grazie, perché con i morti

            non me la sono mai vista volentieri.

            Soprattutto mi piacciono le guance fresche e piene;

            con i cadaveri non mi ci metto:

            mi piace fare come il topo e il gatto.

 

IL SIGNORE

            Va bene, questo ti sarà concesso!

            Distogli quello spirito dalla sua fonte prima,

            guidalo pure, se saprai capirlo,

            giù con te sulla tua via.

            E vergognati, quando dovrai ammettere:

            un uomo buono nel suo oscuro impulso

            è pur cosciente della retta via.

 

MEFISTOFELE

            Benissimo! Però durerà poco.

            Non tremo affatto per la mia scommessa.

            Se raggiungo lo scopo, permettete

            che gridi il mio trionfo a squarciagola.

            Dovrà morder la polvere, e di gusto,

            come mio zio, il famoso serpente.

 

IL SIGNORE

            Ritorna anche allora liberamente;

            i tuoi simili non li ho mai odiati.

            Di tutti gli spiriti che negano

            il Beffardo mi è il meno antipatico.

            L'attività dell'uomo facilmente si affloscia,

            egli ama presto indulgere al riposo assoluto;

            volentieri perciò gli do un compagno

            che lo stimola e deve fare il diavolo. -

            Ma voi, figli di Dio veri, gioite

            della ricca bellezza della vita!

            Il vivo divenire attivo eterno

            vi stringa in dolci vincoli d'amore,

            e le ondeggianti forme del fenomeno

            fissate con durevoli pensieri.

 

Il cielo si chiude, gli Arcangeli si separano

 

MEFISTOFELE solo

            Di tanto in tanto il vecchio lo vedo con piacere,

            e mi guardo dal rompere con lui.

            È assai carino, per un gran signore,

            parlare così umano col diavolo in persona.

 

 

PARTE PRIMA DELLA TRAGEDIA    (torna all'indice)

 

 

 

NOTTE  

 

 

In un'angusta stanza gotica dall'alta volta

Faust siede inquieto davanti al suo leggìo

 

FAUST

            Filosofia ho studiato,

            diritto e medicina,

            e, purtroppo, teologia,

            da capo a fondo, con tutte le mie forze.

            Adesso eccomi qui, povero illuso,

            e sono intelligente quanto prima!

            Mi chiamano magister, mi chiamano dottore,

            e già saranno almeno dieci anni,

            di su, di giù, per dritto e per traverso,

            che meno per il naso gli studenti...

            E nulla, vedo, ci è dato sapere!

            Il cuore per poco non mi scoppia.

            La so più lunga, certo, di tutti i presuntuosi,

            dottori e maestri, preti e scribacchini;

            né scrupoli né dubbi mi tormentano,

            non temo né l'Inferno né il demonio...

            In cambio sono privato di ogni gioia,

            non m'immagino di conoscere il giusto,

            non m'immagino d'insegnare agli uomini

            come correggersi, come migliorare.

            Non possiedo né terra né denaro,

            non ho gloria né onori in questo mondo;

            questa vita non la vorrebbe un cane!

            Per questo mi sono dato alla magia,

            se mai per forza e bocca dello spirito

            qualche segreto mi si palesasse,

            e non dovessi più sudare amaro

            a raccontare quello che non so,

            e potessi conoscere nel fondo

            che cosa tiene unito il mondo,

            scoprire i semi delle forze attive,

            non rimestare più tra le parole.

 

            Vedessi, luce piena della luna,

            per l'ultima volta la mia pena,

            tu che aspettavo fino a mezzanotte

            tante volte, vegliando al mio leggìo:

            poi apparivi con il volto mesto,

            amica, sui miei libri e sulle carte!

            Alla tua cara luce ah! potessi andare

            sulle vette dei monti, librarmi

            con gli spiriti intorno alle caverne,

            vagare per i prati al tuo chiarore,

            strapparmi ai fumi spessi del sapere,

            rigenerarmi nella tua rugiada!

 

            Ah! Sono ancora chiuso in questo carcere?

            Maledetto buco ammuffito,

            dove anche la cara luce del cielo

            penetra fosca dai vetri dipinti!

            Soffocato da mucchi di libri

            rosi dai vermi e coperti di polvere,

            sui quali incombe su fino alla volta

            una tappezzeria nera di fumo;

            sconciato da ampolle e da alambicchi,

            zeppo di decrepiti strumenti

            accatastati dai progenitori...

            Questo è il tuo mondo! Questo chiami un mondo!

 

            E chiedi ancora perché il tuo cuore

            ti si stringe pavido nel petto?

            Perché un dolore che non sai spiegare

            ti soffoca ogni fremito di vita?

            Non ti circonda la Natura viva,

            dentro la quale Dio ha creato l'uomo,

            ma soltanto tra il fumo e la putredine

            ossa di bestie e scheletri di morti.

 

            Fuggine via! Via nel vasto mondo!

            E questo libro denso di misteri

            di mano propria di Nostradamus

            non è per te una scorta sufficiente?

            Conoscerai il corso delle stelle,

            e se la Natura ti ammaestra

            nella tua anima nascerà la forza

            dello spirito che parla a un altro spirito.

            Vano è pensare che l'arida analisi

            possa spiegarti questi segni sacri.

            Spiriti, vi librate accanto a me:

            datemi una risposta, se mi udite!

Spalanca il libro e scorge il segno del Macrocosmo

            A questa vista quale voluttà

            mi scorre ad un tratto in tutti i sensi!

            Una sacra gioia di vivere divampa

            come un giovane fuoco nelle vene.

            Fu un dio a vergare questi segni

            che placano dentro di me il tumulto,

            riempiono di gioia il cuore misero

            e per un istinto misterioso

            svelano intorno a me le forze di Natura?

            Sono io stesso un dio? Tutto mi si fa chiaro!

            Io scorgo in questi tratti puri

            la Natura creatrice aprirsi alla mia anima.

            Solo adesso comprendo quello che il saggio dice:

            "Non è sbarrato il mondo degli spiriti;

            è chiusa la tua mente, morto il cuore!

            Ma alzati, discepolo, e instancabile

            bagna il petto terrestre nell'aurora!"

Fissa a lungo il segno

            Come tutte le cose s'intrecciano nel tutto,

            e l'una nell'altra agisce e vive!

            Come vanno su e giù forze celesti,

            porgendosi a vicenda i secchi d'oro!

            Con ali benedette e profumate

            dal cielo attraversano la terra,

            e il Tutto ne risuona in armonia!

 

            Che scenario! Ah, ma è solo uno scenario!

            Dove potrò afferrarti, Natura senza fine?

            E dove, seni, voi? Sorgenti di ogni vita

            alle quali la terra e il cielo pendono,

            voi cui si tende questo petto vizzo -

            sgorgate, dissetate, e io languisco invano?

 

Volta le pagine con dispetto e scorge il segno dello Spirito della Terra

            Quale diverso effetto ha su me questo segno!

            Spirito della Terra, tu mi sei più vicino;

            già sento crescere in me le forze,

            già sento ardere un nuovo vino.

            Sento l'animo di arrischiarmi nel mondo,

            di portare le pene, le gioie della terra,

            di battermi contro le tempeste,

            non tremare allo schianto del naufragio.

            Mi sovrasta una nuvola...

            La luna nasconde la sua luce...

            La lampada vacilla!

            Vapori... Lampi rossi mi guizzano

            intorno al capo... Soffia

            giù dalla volta un brivido

            e mi afferra!

            Ti libri intorno a me, o spirito che imploro;

            lo sento. Svelati!

            Ah! Che fitta al cuore!

            A sensazioni nuove

            tutti i miei sensi si sconvolgono!

            Sento tutto il mio cuore darsi a te!

            Sì, tu devi! Tu devi! Mi costasse la vita!

Afferra il libro e pronuncia il segno dello Spirito con voce arcana. Balena una fiamma rossastra. Nella fiamma appare lo Spirito

 

LO SPIRITO

            Chi mi chiama?

 

FAUST voltandosi

                                    Vista tremenda!

 

LO SPIRITO

            Mi hai attratto con forza,

            a lungo suggendo alla mia sfera,

            e ora...

 

FAUST

                        Ah! Non ti reggo!

 

LO SPIRITO

            Implori ansante di vedermi,

            di udire la mia voce, di guardare il mio volto;

            la supplica potente del tuo animo

            mi piega: eccomi! - Quale orrore miserabile

            ti afferra, superuomo! Dov'è il grido dell'anima?

            Dov'è il petto che in sé creava un mondo,

            lo portava e nutriva, che tremante di gioia

            si gonfiava a raggiungere noi spiriti?

            Dove sei, Faust, la cui voce udivo risuonare

            e che tendeva a me con tutte le sue forze?

            Sei tu quello che ora avvolto dal mio alito

            trema nelle sue fibre più segrete,

            pavido verme che si torce indietro?

 

FAUST

            Dovrò cederti, immagine di fiamma?

            Sono io, sono Faust, sono tuo pari!

 

LO SPIRITO

            Nei flutti della vita, nel turbine dei fatti

            io erro in alto e in basso,

            io tesso avanti e indietro!

            Nascita e fossa,

            un mare eterno,

            una trama che muta,

            una vita incandescente,

            lavoro al telaio ronzante del Tempo

            e genero a Dio una veste vivente.

 

FAUST

            Spirito attivo che abbracci il vasto mondo,

            come mi sento vicino a te!

 

LO SPIRITO

            Tu assomigli allo spirito che intendi,

            non a me!

Scompare

 

FAUST disfatto

            Non a te?

            A chi dunque?

            Io, immagine di Dio!

            E neppure a te!

Bussano

            O morte! So che cos'è... il mio famulo...

            La mia suprema felicità è annientata!

            Che questa pienezza di visioni

            sia turbata da quell'arido ipocrita!

 

Wagner in vestaglia e berretta da notte, una lampada in mano. Faust si volta con dispetto

 

WAGNER

            Perdonate! Vi sento declamare,

            leggevate di certo una tragedia greca?

            È un'arte in cui vorrei fare progressi,

            perché ai giorni nostri è efficacissima.

            Ho udito tante volte proclamare

            che un commediante può insegnare a un prete.

 

FAUST

            Sì, se il prete non è che un commediante,

            e a volte può succedere benissimo.

 

WAGNER

            Ah! Se uno si esilia nel suo studio

            e non vede il mondo nemmeno al dì di festa,

            nemmeno da lontano al cannocchiale,

            come potrà convincerlo e guidarlo?

 

FAUST

            Non l'otterrete se non lo sentite,

            se non vi viene su dall'anima

            e con la forza di un moto spontaneo

            s'impone al cuore di ogni ascoltatore.

            State pure seduti, appiccicate,

            mescolate un ragù con gli avanzi degli altri,

            soffiate fiammelle sparute

            dal vostro mucchietto di cenere!

            Stupirete i bambini e le scimmie,

            se questo accontenta i vostri gusti...

            Ma non potrete mai unire cuore a cuore,

            se non viene dal cuore quel che dite.

 

WAGNER

            E tuttavia l'eloquio fa grande l'oratore;

            io sono molto indietro, lo so bene.

 

FAUST

            Cercate il guadagno degli onesti,

            non scuotete sonagli da giullare!

            L'intelligenza e la rettitudine

            s'impongono da sé con poca arte.

            Se quel che avete da dire è serio,

            a che pro andare a caccia di parole?

            I discorsi forbiti che ammannite,

            cincischiando ritagli per la gente,

            sono uggiosi come il vento nebbioso

            che brancica in autunno foglie secche.

 

WAGNER

            Ah, Dio! Ma l'arte è lunga,

            breve la nostra vita.

            Io spesso nello sforzo della critica

            temo che testa e cuore mi tradiscano.

            Com'è difficile conquistare i mezzi

            per salire alle fonti del sapere!

            Non arriva nemmeno a mezza strada

            un poveraccio, e già deve morire.

 

FAUST

            La pergamena, è questo il sacro fonte

            che con un sorso placa per sempre la tua sete?

            Ristoro non lo guadagnerai mai,

            se non sgorga dalla tua propria anima.

 

WAGNER

            Perdonate! È un grandissimo diletto

            entrare nello spirito dei tempi,

            ripensare a quei savi che ci hanno preceduto,

            poi agli alti progressi che noi abbiam compiuto.

 

FAUST

            Sì, alti come stelle!

            Per noi, amico, i tempi del passato

            sono un volume con sette sigilli.

            Quel che chiamate spirito dei tempi

            è in sostanza lo spirito degli uomini

            nei quali i tempi si rispecchiano.

            E questo è spesso così meschino!

            Al primo sguardo si scappa via:

            solo immondizia e vecchia roba inutile,

            o tutt'al più tragedie di duci e paladini

            infarcite di massime di vita

            che stanno bene in bocca ai burattini!

 

WAGNER

            Eppure il mondo! Il cuore, lo spirito dell'uomo!

            Tutti vorrebbero conoscerne qualcosa.

 

FAUST

            Sì, quello che chiamano conoscere!

            Chi può chiamare il bimbo col suo nome?

            I pochi che qualcosa ne conobbero,

            che non chiusero, folli, il cuore traboccante

            e al volgo rivelarono visioni e sentimenti

            li han da sempre crocifissi o bruciati.

            Amico, ve ne prego, è notte fonda,

            per questa volta dobbiamo interrompere.

 

WAGNER

            Volentieri avrei vegliato ancora

            con voi, a conversare dottamente.

            Ma domani, domenica di Pasqua,

            permettetemi qualche altra domanda.

            Ho studiato con tutto il mio fervore,

            e so già molto, è vero: ma vorrei saper tutto.

Esce

 

FAUST solo

            Come non perde tutte le speranze

            solo chi è perso dietro cose futili;

            scava con mani avide in cerca di tesori,

            trova solo lombrichi, ed è contento!

 

            Può risuonare una simile voce

            dove mi circondava una piena di spiriti?

            Eppure questa volta ti ringrazio,

            dei figli della terra il più meschino.

            Tu mi hai strappato alla disperazione

            che stava per confondermi la mente.

            Ah, così immensa fu l'apparizione

            che non potevo non sentirmi un nano.

 

            Io, immagine di Dio, che già credevo

            di toccare lo specchio di eterne verità,

            che godevo me stesso nel limpido fulgore

            del cielo, cancellato il figlio della terra,

            io, più di un cherubino, la cui libera forza

            si arrogava presaga di scorrere le vene

            della Natura, e creando godere

            una vita divina, come devo scontarlo!

            Una parola di tuono mi ha schiacciato.

 

            Io non posso presumere di assomigliare a te!

            Se ho avuto la forza di attirarti,

            non ho avuto la forza di tenerti.

            In quell'attimo di felicità

            mi sentii così grande, così piccolo;

            tu mi hai respinto crudelmente

            nella sorte incerta degli uomini.

            Chi mi sarà maestro? Cosa devo fuggire?

            Devo obbedire a quell'impulso?

            Ah! I nostri atti stessi come il nostro patire

            frenano il corso della nostra vita.

 

            In ciò che di più splendido concepisce lo spirito

            penetra sempre più una materia estranea;

            quando otteniamo i beni della terra,

            i migliori si chiamano inganno ed illusione.

            I sentimenti splendidi che ci hanno fatto vivi

            nel groviglio terrestre irrigidiscono.

 

            Spesso la fantasia con volo audace

            si dilata all'eterno con speranza,

            ma le basta poco spazio quando naufraga

            nel vortice del tempo ogni felicità.

            L'angoscia già si annida in fondo al cuore,

            vi genera segrete sofferenze,

            inquieta vi si culla, turba il piacere, turba

            il riposo, si copre di sempre nuove maschere,

            appare come casa, podere, moglie, figlio,

            come fuoco, acqua, tossico, pugnale;

            tremi di tutto ciò che non ti coglie,

            e sempre devi piangere quel che non perdi mai.

 

            Non somiglio agli dèi! Troppo a fondo lo sento.

            Somiglio al verme che fruga nella polvere,

            che nella polvere in cui si nutre e vive

            il passo del viandante annienta e seppellisce.

 

            Non è la polvere di cento scaffali

            a farmi angusta quell'alta parete,

            il ciarpame di mille cianfrusaglie

            a chiudermi in un mondo di tignole?

            Devo trovarlo qui quel che mi manca?

            Devo leggere forse in mille libri

            che gli uomini dovunque si tormentano

            e qua e là ne vive uno felice? -

            Che cosa mi sogghigni, teschio vuoto,

            se non che il tuo cervello sviato come il mio

            cercava il giorno chiaro assetato di vero

            brancolando nelle ombre del crepuscolo?

            Voi, strumenti, di certo mi beffate

            con le ruote ed i giunti, con i cilindri e i manici:

            io ero sulla soglia, eravate la chiave,

            ma gli ingegni ritorti non alzano il paletto.

            Misteriosa anche nel chiaro giorno

            la Natura non si fa rubare il velo,

            e quello che al tuo spirito non vuole rivelare

            non lo potrai estorcere con le viti e le leve.

            Vecchio alambicco che non ho mai usato,

            sei qui soltanto perché ti usò mio padre.

            Vecchio rotolo, ti sei annerito

            mentre fioca la lampada fumava sul leggìo.

            Quel poco che possiedo l'avessi scialacquato,

            invece di sudare sotto il peso del poco!

            Quel che hai ereditato dai tuoi padri

            guadágnatelo, per possederlo.

            Quel che non giova è un carico pesante;

            l'attimo può giovarsi solo di ciò che crea.

 

            Ma il mio sguardo perché si fissa su quel punto?

            Quella piccola ampolla è un magnete per gli occhi?

            Perché una luce amica mi illumina di colpo,

            come a notte nel bosco raggi effusi di luna?

            Io ti saluto, unica fiala,

            che prendo adesso con devozione!

            Onoro in te l'ingegno e l'arte degli uomini.

            Quintessenza di umori soavi che assopiscono,

            estratto di ogni forza che uccide con dolcezza,

            dimostra al tuo padrone il tuo favore!

            Io ti vedo, e il dolore si lenisce,

            io ti prendo, e l'anelito si smorza,

            la piena dello spirito a poco a poco scema.

            E sono spinto verso il mare aperto,

            ai miei piedi scintilla lo specchio delle onde,

            un giorno nuovo invita a nuove sponde.

 

            Un carro di fuoco su ali leggere

            vola verso di me! E io mi sento pronto

            a librarmi nell'etere verso nuove sfere

            di pura attività, su una via nuova.

            Questa alta vita, delizia degli dei,

            tu, che eri un verme, proprio tu la meriti?

            Sì, se tu volgi senza tentennare

            le spalle al sole dolce della terra!

            Abbi l'ardire, e spalanca le porte

            da cui ognuno vorrebbe scantonare.

            Qui è tempo di provare coi fatti che non cede

            alla maestà divina la dignità degli uomini,

            di non tremare davanti all'antro oscuro

            dove la fantasia da sola si tortura,

            di tendere al passaggio alla cui stretta bocca

            l'Inferno intero avvampa tutto intorno,

            di risolverti lieto a questo passo,

            e fosse pure a rischio di perderti nel nulla.

 

            Ecco, coppa di limpido cristallo,

            a cui per tanti anni non pensai,

            esci dal vecchio astuccio e vieni qui!

            Alle feste gioiose dei padri scintillavi,

            rallegrando gli ospiti severi

            quando ciascuno ti porgeva all'altro.

            Il ricco fregio di artistiche figure,

            l'obbligo a chi beveva di interpretarle in rima

            e di vuotarti con un sorso solo

            mi rammentano notti giovanili.

            Questa volta non ti porgerò al vicino,

            non sfoggerò il mio ingegno lodando la tua arte;

            inebria troppo in fretta questo liquido

            che ora ti empie con un flutto scuro.

            L'ultimo sorso che io ho preparato

            e che io scelgo sia con tutta l'anima,

            saluto alto e solenne, offerto ora al mattino!

Porta la coppa alla bocca

 

Scampanìo e canto di cori

 

CORO DEGLI ANGELI

            Cristo è risorto!

            Gioia ai mortali

            che gli esiziali

            peccati aviti,

            subdoli avvinsero.

 

FAUST

            Che profondo brusio, che suoni chiari

            distolgono con forza il vetro dalla bocca?

            Campane roche, annunciate già

            la prima ora solenne della Pasqua?

            Cori, cantate già l'inno consolatore

            che intonarono gli angeli la notte del Sepolcro,

            promessa certa di un nuovo patto?

 

CORO DELLE DONNE

            Di unguenti e balsami

            l'abbiamo unto,

            noi, pie fedeli,

            l'abbiam deposto,

            in lindi panni

            l'abbiamo avvolto,

            ah! e non troviamo

            più Gesù Cristo.

 

CORO DEGLI ANGELI

            Cristo è risorto!

            Gioia a chi amandolo

            resse alla prova

            più dolorosa

            e salutare.

 

FAUST

            Perché mi cercate nella polvere,

            suoni celesti potenti e lievi?

            Risuonate dove sono uomini deboli.

            Il messaggio lo sento, ma la fede mi manca;

            il miracolo è il figlio diletto della fede.

            E io non oso tendere alle sfere

            da cui suona la buona novella.

            Eppure con le note consuete in gioventù

            la fede mi richiama ora alla vita.

            Nella quiete solenne del sabato scendeva

            su di me il bacio, allora, dell'amore celeste,

            le campane presaghe suonavano a distesa,

            pregare era un'ardente voluttà;

            mi spingeva a vagare per i boschi ed i prati

            un dolce struggimento che io non mi spiegavo,

            e fra mille lacrime cocenti

            sentivo in me nascere un mondo.

            Giochi giovani e lieti annunciava quel canto,

            la libertà felice di feste a primavera;

            ora coi sentimenti dell'infanzia

            il ricordo mi toglie dal grave passo estremo.

            Dolci canti celesti, continuate!

            Sgorgano lacrime, la terra mi ha di nuovo!

 

CORO DEI DISCEPOLI

            Se già il sepolto

            è asceso in alto,

            vivo e sublime

            nella sua gloria,

            se nel piacere di trasformarsi

            è vicino alla gioia creatrice,

            ah! nel seno della terra

            noi restiamo per soffrire,

            poiché lui lasciò a languire

            i discepoli quaggiù.

            Ah, Maestro! Noi piangiamo

            sulla tua felicità!

 

CORO DEGLI ANGELI

            Cristo è risorto

            dal grembo di putredine,

            strappate i vincoli

            gioiosamente!

            Per voi che lo lodate con le opere,

            date prove d'amore,

            ristorate i fratelli,

            lo annunciate alle genti

            promettendo letizia,

            per voi il Maestro è vicino,

            per voi è qui!

 

 

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Gente di ogni sorta esce a passeggio

 

ALCUNI APPRENDISTI

            Perché proprio di là?

 

ALTRI

            Noi andiamo al casino di caccia.

 

I PRIMI

            Noi prendiamo la via verso il mulino.

 

UN APPRENDISTA

            Vi consiglio di andare al lavatoio.

 

UN SECONDO

            Da quella parte la strada non è bella.

 

GLI ALTRI

            E tu che fai?

 

UN TERZO

                                    Me ne vado con gli altri.

 

UN QUARTO

            Venite su alla rocca, ci troverete certo

            le ragazze più belle e la birra migliore,

            e botte di prima qualità.

 

UN QUINTO

            Ehi, buontempone, ti prude forse

            la pelle per la terza volta?

            Io non ci vengo, quel posto mi dà i brividi.

 

UNA SERVETTA

            No, no, io torno in città.

 

UN'ALTRA

            Lo troviamo di certo laggiù, sotto quei pioppi.

 

LA PRIMA

            Per me sai che fortuna;

            andrà con te a braccetto,

            al palchetto ballerà solo con te.

            Tu te la spassi, e io che ci guadagno?

 

L'ALTRA

            Di sicuro oggi non è solo;

            ha detto che veniva anche il ricciuto.

 

UNO STUDENTE

            Fulmini, come corrono quelle pupe gagliarde!

            Dài, fratello, dobbiamo accompagnarle.

            Birra forte, tabacco pizzicante

            e una servetta in ghingheri: per oggi ecco i miei gusti.

 

UNA RAGAZZA BORGHESE

            Guarda laggiù quei bei ragazzi!

            È proprio una vergogna;

            potrebbero ottenere la compagnia migliore,