Si mischia al coro e lo trascina alla danza
Fra gente allegra
volteggio più leggero.
La melodia si adatta,
il movimento è giusto?
ELENA
Ora fai bene,
guida le belle
all'abile ridda.
FAUST
Fosse tutto passato!
Questo gioco ingannevole
non mi rallegra affatto.
Euforione e il coro cantando e ballando intrecciano una ridda
CORO
Quando amorosamente
muovi le braccia
e scuoti i riccioli,
che ne risplendono,
quando il piede leggero
sfiora appena il terreno,
e le membra si attirano
con moto alterno,
ciò che volevi è tuo,
amoroso fanciullo;
i nostri cuori sono
tutti per te.
Pausa
EUFORIONE
Siete tante cerbiatte,
piedi leggeri;
il gioco cambia,
correte via!
Io sarò il cacciatore
e voi la preda.
CORO
Se vuoi pigliarci,
non correr troppo,
perché alla fine
quel che ci preme
è solo stringerti,
o bella immagine!
EUFORIONE
Tutti nel bosco!
Per tronchi e sassi!
Le prede facili
mi sono odiose,
solo ad impormi
provo piacere.
ELENA E FAUST
Che capriccio! Che follia!
Vano è sperare moderazione.
Come un soffio di corni rintrona
per i boschi e per la valle;
quanti strilli! Che scompiglio!
CORO entrando veloci una dopo l'altra
Ci è passato di corsa davanti;
si è burlato di noi con disprezzo,
e di tutto il gruppo trascina
qui con sé la più ribelle.
EUFORIONE portando tra le braccia una giovinetta
Trascino qui la piccola scontrosa,
la costringo al mio piacere;
per mia delizia, per mio diletto
premo un petto riluttante,
bacio una bocca che si ritrae,
manifesto forza e volontà.
LA FANCIULLA
Lasciami andare! Anche in questa pelle
c'è uno spirito che ha coraggio e forza;
la nostra volontà vale la tua,
calpestarla non è facile.
Tu mi credi a mal partito?
Hai fiducia nel tuo braccio!
Tienimi stretta e ti scotterò
folle, come mio trastullo.
Prende fuoco e sale fiammeggiando
Seguimi per l'etere leggero,
seguimi per cripte di granito,
insegui la meta che è svanita!
EUFORIONE scuotendosi di dosso le ultime fiamme
Una fitta macchia rotta
dall'ammasso delle rocce;
cosa faccio qui costretto?
Sono giovane e gagliardo.
Laggiù sibilano i venti,
laggiù scrosciano le onde;
io li ascolto da lontano,
vorrei essere vicino.
Salta sempre più in alto di roccia in roccia
ELENA, FAUST E IL CORO
Vorresti imitare il camoscio?
La caduta ci fa rabbrividire.
EUFORIONE
Sempre più alto devo salire,
sempre più largo devo vedere.
Ora so dove sono!
Nel centro dell'isola,
la terra di Pelope,
parente a terra e mare!
CORO
Non vuoi restare in pace
qui nel bosco sul monte?
Cercheremo per te
file di viti, vigne
lungo l'orlo dei colli,
fichi e pomi dorati.
Ah, nella terra amica
amico tu rimani!
EUFORIONE
Sognate di un giorno di pace?
Lo sogni chi vuole sognarlo.
Parola d'ordine è: guerra!
E l'eco ripete: vittoria!
CORO
Chi in pace si augura
che guerra torni
ha detto addio
alla speranza.
EUFORIONE
Quanti questa terra generò
di pericolo in pericolo,
liberi, di coraggio senza limiti,
dissipati del proprio sangue,
un indomabile
sacro sentimento,
a tutti i combattenti
arrida la vittoria!
CORO
Guardate come è salito in alto!
Ma non è piccola la sua figura:
appare come in bronzo, in armatura,
come in acciaio, verso la vittoria.
EUFORIONE
Non muraglie, non baluardi,
ma ogni uomo in sé cosciente;
rocca salda per resistere
è già il petto suo di bronzo.
Se volete vivere liberi,
presto in campo con armi leggere;
le donne saranno amazzoni
e ogni fanciullo un eroe.
CORO
La sacra poesia
s'innalzi verso il cielo!
Brilli, la più bella delle stelle,
lontano e ancora più lontano!
Ci raggiungerà pur
sempre, la udiamo ancora,
l'ascoltiamo con gioia.
EUFORIONE
Non sono apparso, no, come un fanciullo,
in armi viene l'adolescente;
unito ai forti, ai liberi, agli audaci,
lo spirito suo ha già operato.
Avanti!
Laggiù
si apre alla gloria la via.
ELENA E FAUST
Appena chiamato alla vita,
dato appena al giorno sereno,
aspiri da un'alta vertigine
a un luogo di atroce dolore.
Per te siamo niente
noi, tuoi genitori?
È un sogno il legame d'amore?
EUFORIONE
Udite tuonare sul mare?
La valle alla valle rintrona,
ondate di polvere, esercito a esercito,
assalto ad assalto, dolore e tormento.
E la morte
è comando,
non c'è chi non lo intenda.
ELENA, FAUST E IL CORO
Quale brivido di orrore!
La morte è comando per te?
EUFORIONE
Dovrei guardare da lontano? No,
dividerò l'angoscia e il travaglio.
I PRECEDENTI
Temerità e pericolo,
destino di morte!
EUFORIONE
Sia pure! - E un paio d'ali
ecco si spiega!
Laggiù! Io devo! Io devo!
Concedetemi il volo!
Si slancia in aria, per un attimo le vesti
lo sostengono, il capo raggia,
una scia di luce lo segue
CORO
Icaro! Icaro!
Immane strazio.
Un bell'adolescente precipita ai piedi dei genitori; nel morto si crede di riconoscere una figura nota; ma la parte corporea immediatamente svanisce, l'aureola sale al cielo come una cometa, la veste, il mantello e la lira restano al suolo
ELENA E FAUST
Alla gioia subito segue
una pena crudele.
LA VOCE DI EUFORIONE dal profondo
Nel regno oscuro, madre,
non lasciarmi solo!
Pausa
CORO canto funebre
Non solo, no! - dovunque tu dimori,
poiché noi crediamo di conoscerti;
e quando, ah! corri via dal giorno,
da te non si separa nessun cuore.
Ma noi non sapremmo compiangerti,
cantiamo con invidia il tuo destino:
in giorni luminosi e tristi avesti
bello e grande il cuore e il canto.
Nato, ah! per la gioia della terra,
di nobili avi, di forza grande,
presto, purtroppo, perso a te stesso,
fiore di giovinezza sradicato!
Lo sguardo acuto a penetrare il mondo,
l'animo aperto a ogni impeto del cuore,
amore ardente delle donne migliori
ed un canto diverso da ogni altro.
Tu nella rete dell'involontario
libero ti gettasti e inarrestabile,
con violenza volesti separarti
da regole di leggi e di costumi;
diede alla fine al tuo animo puro
il più alto sentire consistenza,
tu cercasti una splendida vittoria,
ma non ti fu possibile raggiungerla.
Chi la raggiunge? - Domanda oscura,
alla quale si maschera il destino,
quando nel giorno più funesto sanguina
tutto il popolo e rimane muto.
Ma intonate nuovi canti,
non restate più prostrati:
poiché il suolo li ricrea
che li ha sempre generati.
Pausa definitiva. La musica cessa
ELENA a Faust
Anche su me si avvera purtroppo un detto antico:
felicità e bellezza non stanno a lungo unite.
Lacerato è il legame della vita come dell'amore;
rimpiangendoli entrambi, dico un addio doloroso
e ancora una volta mi getto a te nelle braccia.
Persefone, accogli il ragazzo e me stessa!
Abbraccia Faust, la sua parte corporea svanisce, a lui restano tra le braccia la veste e il velo
FORCIADE a Faust
Tienlo stretto, non ti è rimasto altro.
Non lasciarlo, il vestito. Ne tirano già i lembi
i demoni, per trascinarlo via
nel mondo sotterraneo. Tienlo stretto!
Non è più la dea che tu hai perduto,
ma è cosa divina. Giovati dell'eccelso
favore inestimabile e levati su in alto:
ti porterà veloce su ogni cosa volgare
per l'etere, finché saprai resistere.
Ci rivedremo assai, assai lontano.
Gli abiti di Elena si dissolvono in nuvole, avvolgono Faust, lo sollevano in alto e vanno via con lui
FORCIADE raccoglie da terra il vestito, il mantello me la lira di Euforione, avanza verso il proscenio, leva in alto le spoglie e dice:
Ben trovato, comunque!
La fiamma certo è spenta,
ma per il mondo non mi rincresce.
Rimane quanto basta a consacrare i poeti,
a spargere l'invidia nella corporazione;
e anche se il talento non posso conferirlo,
almeno darò in prestito il vestito.
Si siede sul proscenio appoggiandosi a una colonna
PANTALIDE
In fretta, ragazze! Perché si è sciolto l'incanto,
il tristo dominio mentale della vecchiaccia tessalica,
e quella ebbrezza di suoni confusi e stridenti
che l'orecchio confondono, e ancora peggio la mente.
Scendiamo giù all'Ade! Là si affrettò la regina
con incedere grave. Il passo delle fedeli
ancelle si unisca al passo suo senza indugio.
La troveremo vicina al trono dell'Imperscrutabile.
CORO
Le regine, certo, dovunque si trovano bene;
anche nell'Ade stanno avanti a tutti,
orgogliose accanto alle loro pari,
intime familiari di Persefone;
ma noi, sullo sfondo
dei fondi prati di asfódelo,
accanto ai pioppi allungati
e agli sterili salici,
quale passatempo avremo?
Squittire come pipistrelli,
spettrale, sgradevole sussurro.
PANTALIDE
Chi non si conquistò nomea né a cose nobili aspira
appartiene agli elementi; andate dunque!
Io ardentemente desidero di essere con la regina;
la fedeltà, non solo il merito ci fa restare persone.
Esce
TUTTE
Siamo rese alla luce del giorno,
non più persone, è vero,
noi lo sentiamo, lo sappiamo,
ma non torneremo nell'Ade mai più.
La Natura che vive in eterno
fa valere il suo pieno diritto
su noi spiriti, e noi su di lei.
UNA PARTE DEL CORO
Noi fra tremiti, sussurri, fronde a mille che stormiscono
attiriamo ai rami in quieto gioco su dalle radici
le sorgenti della vita; dissipando fiori e foglie
adorniamo chiome libere di fluttuare in aria floride.
Cade il frutto, ecco si aduna lietamente il gregge e il popolo;
accorrendo ed accalcandosi li raccolgono, li assaggiano,
tutti chini avanti a noi come ai primi fra gli dèi.
UN'ALTRA PARTE
Noi flessuose in molli onde lusinghiere ci adattiamo
alle rocce, che da lungi lisce come specchi brillano;
e se canta uccello o zufola canna o Pan tremendo chiama,
sempre tese nell'ascolto tutto noi rimormoriamo;
se sussurra, sussurriamo, e se tuona, il tuono replica
sconvolgente, due, tre volte, dieci volte amplificato.
UNA TERZA PARTE
Noi, sorelle, più volubili, sempre in corsa coi ruscelli,
attirate dal corteo di lontani colli adorni,
sempre in giù, sempre più a fondo ci avvolgiamo in meandri gonfi,
e irrighiamo i prati e i pascoli e il giardino intorno a casa,
che le vette dei cipressi snelle segnano, svettando
sulle prode verso l'etere, sugli specchi delle onde.
UNA QUARTA PARTE
Dove vi è grato, scorrete; noi cingiamo con ebbrezza
la collina dove fitte viti ai fusti ora verdeggiano;
a ogni ora, là, del giorno con passione il vignaiolo
mostra il frutto sempre in forse di amorevoli fatiche.
Egli pota, taglia, lega, dà di pala, dà di zappa
e, se invoca gli dèi tutti, più propizio è il dio del sole.
Non si cura il molle Bacco del suo servo fedelissimo,
steso in antri, sotto i pampini, ciarla col fauno più giovane.
Quel che serve alla sua ebbrezza moderata ed ai suoi sogni
sempre c'è per lui negli otri, nelle brocche, nei boccali,
in perpetuo alla frescura delle cripte, a destra e a manca.
Quando gli dèi tutti, ed Elios più degli altri, con le brezze,
le rugiade, il caldo ardente han colmato il corno in grappoli,
dove il vignaiolo tacito lavorò tutto si anima,
e un frusciare scorre i pampini, e di tronco in tronco scroscia.
Cesti cigolano, secchi sbattono, bigonce gemono
verso il gran tino e la danza vigorosa di chi spreme;
e così la santa messe di succose intatte bacche
si rimescola schiacciata, oltraggiata, schiuma, sprizza.
Bronzei suoni ora trapassano, piatti e cembali, gli orecchi,
perché si è svelato Dioniso dai misteri; con i fauni
sopraggiunge, che volteggiano con faunesse, irrefrenabile
raglia acuto l'animale orecchiuto di Sileno.
Nulla è salvo! Calpestato da unghie fesse è ogni pudore,
ogni senso gira in vortici, spaventoso il chiasso assorda,
alle coppe gli ebbri brancolano, teste e pance gonfie scoppiano,
l'uno o l'altro che si affanna solo fa crescere il danno,
l'otre vecchio svelti svuotano, per far posto al nuovo mosto!
Cala il sipario
Sul proscenio la Forciade si alza in piedi gigantesca, ma scende dai coturni, depone la maschera e il velo e si mostra nelle sembianze di Mefistofele, per commentare in epilogo l'azione, se fosse necessario
ATTO QUARTO
ALTA MONTAGNA
Irte, scoscese cime rocciose
Una nuvola si avvicina, scende, si posa
su una sporgenza pianeggiante. Si divide
FAUST ne esce
Guardando ai miei piedi la più profonda delle solitudini,
muovo pensoso i passi sull'orlo di questa vetta,
congedando il sostegno della mia nuvola, che dolcemente
in giorni luminosi mi guidò su terra e mare.
Lentamente si scioglie da me, senza disperdersi.
La massa resta compatta e tende a oriente,
e l'occhio stupito e ammirato tende a seguirla.
Andando si scinde e ondeggia e muta di forme.
Ma vuole plasmarsi. - Sì! L'occhio non m'inganna! -
Sovranamente adagiata su cuscini inondati di sole,
immensa figura di donna pari agli dèi,
la vedo! Somiglia a Giunone, a Leda, a Elena,
fluttua davanti ai miei occhi maestosa e amabile.
Ah! Già si confonde! E torreggia larga e informe
immobile a oriente, come cime di ghiaccio lontane,
e accecante rispecchia il senso grande dei giorni fugaci.
Ma tenue ancora e lucente una striscia di nebbia
mi avvolge il petto e la fronte, fresca e lieta carezza.
Adesso esitante, leggera, sale in alto, più in alto,
si condensa. - M'illude radiosa un'immagine, il primo
bene supremo di gioventù, a lungo rimpianto?
Dal fondo del cuore risorgono i primi tesori:
a me si disegna l'amore di Aurora, lo slancio leggero,
il primo sguardo, sentito in un lampo, appena compreso,
che, tenuto stretto, avrebbe offuscato ogni tesoro.
Come bellezza dell'anima cresce la forma adorata,
non si dissolve, si alza lontano nell'etere
e del mio cuore con sé porta via la parte migliore.
Arriva con un tonfo uno Stivale delle sette leghe, subito seguíto da un altro. Ne scende Mefistofele.Gli stivali continuano la corsa
MEFISTOFELE
Questo chiamo alla fine far progressi!
Ma dimmi adesso, che ti viene in mente?
Scendi in mezzo a questo caos
di pietrose fauci repellenti?
Io l'ho già visto, ma in un altro posto,
poiché in realtà era il fondo dell'Inferno.
FAUST
Leggende strampalate ne hai sempre in abbondanza;
adesso ricominci ad ammannirne.
MEFISTOFELE serio
Quando il Signore Iddio - e so bene il perché -
dall'aria ci esiliò nel più fondo del fondo,
dove, ardendo nel centro e torno torno,
sfiammava un fuoco eterno inconsumabile,
noi ci trovammo in mezzo a troppa luce
e stipatissimi in posizione scomoda.
I diavoli si misero a tossire,
tutti insieme a sfiatare in alto e in basso;
l'Inferno si gonfiò di acidi e fetori
sulfurei; che gas! Divenne mostruoso,
e presto la crosta piatta della terra,
spessa com'era, scoppiò con un gran botto.
Adesso abbiamo tutto sottosopra,
quel che un tempo era fondo adesso è vetta.
Su ciò si fonda la dottrina retta
che il più basso diventerà il più alto.
Perché scampammo al torrido e servile sepolcro,
nell'incommensurato dominio all'aria libera.
È un palese mistero, assai ben conservato,
solo assai tardi palesato ai popoli. (Efesini 6, 12)
FAUST
La gran massa dei monti resta nobile e muta
per me, non mi domando perché né donde venga.
Quando fondò da sé se stessa la Natura,
diede al globo terrestre pura forma rotonda,
si compiacque di vette e di voragini,
addossò rupe a rupe e monte a monte,
scese poi a formare le docili colline,
che digradano a valle dolcemente.
Laggiù prospera il verde, e per goderne
essa non ha bisogno di folli cataclismi.
MEFISTOFELE
Lo dite voi! Vi pare chiaro come il sole;
ma ben diversamente lo sa chi era presente.
C'ero anch'io quando il fondo ribolliva,
l'abisso si gonfiava, le fiamme erano fiumi;
quando il maglio di Moloch, forgiando roccia a roccia,
scagliava in lontananza frantumi di montagne.
Di immani moli estranee è ancora irta la landa;
tanta forza di getto chi la spiega?
Il filosofo non si raccapezza,
là sta il macigno, lasciamolo stare,
siamo ammattiti per venirne a capo. -
Solo il popolo semplice e fedele
comprende e non si lascia frastornare;
da un pezzo è in lui matura la sapienza:
è un miracolo, e a Satana fa onore.
Il mio viandante zoppica, alla gruccia della fede,
verso il Sasso del diavolo, verso il Ponte del diavolo.
FAUST
Eppure è interessante anche osservare
le vedute dei diavoli riguardo alla Natura.
MEFISTOFELE
Che me n'importa? Sia Natura, come sia!
Punto d'onore è che il diavolo c'era!
Noi siamo gente da grandi conquiste;
tumulto, violenza e assurdo! È il nostro segno! -
Ma per dirla alla fine in modo esplicito,
la nostra superficie ha nulla che ti piaccia?
Hai guardato dall'alto in spazi sconfinati
i reami del mondo e i loro fasti. (Matteo, 4)
Ma, incontentabile come sei,
non t'è venuta voglia di nulla?
FAUST
Invece sì! Qualcosa di grande mi ha attirato.
Indovinalo!
MEFISTOFELE
È presto fatto.
Io cercherei una grande città,
in centro il bulicame dei civici alimenti,
vicoli storti e stretti, tetti a punta,
un piccolo mercato, cipolle, rape, cavoli,
banchi di macellaio, dimora dei mosconi,
che piluccano grassi arrostiti bocconi;
là troverai ad ogni ora
di certo attività e fetore.
Poi ampie strade, larghe piazze,
che pretendono un'aria signorile;
infine, oltre l'impaccio delle mura,
distese di sobborghi senza fine.
Là mi rallegrerei delle carrozze
che passano chiassose avanti e indietro,
del correre perpetuo indietro e avanti
del formicaio sparso e brulicante.
E io passando, in sella od in berlina,
figurerei costantemente al centro,
da migliaia e migliaia riverito.
FAUST
Non è questo che può farmi contento.
Ci si rallegra che il popolo cresca,
che prosperi pacifico a suo modo,
che si educhi anche, si istruisca -
e non ci si alleva che ribelli.
MEFISTOFELE
Grandioso poi, perché conscio di me,
mi farei un castello in luogo vago,
a mio svago. Con prati, colli, piani, foreste,
e campi trasformati in sontuoso giardino.
Pareti di verzura su prati di velluto,
sentieri in linea retta, ombre disposte ad arte,
rovescio di cascate fra roccia e roccia a coppie,
e getti d'acqua di ogni specie; ecco,
là si leva imponente, ma sui lati
sgocciola e spiscia in mille cascatelle.
Poi farei tirar su per le donne più belle
delle casette comode e discrete;
e nel piacevolissimo, socievole ritiro
trascorrerei un tempo senza fine.
Dico donne: perché, una volta per tutte,
le belle non le penso che al plurale.
FAUST
Moderno e pessimo! Sardanapalo!
MEFISTOFELE
Ma chi indovina mai a cosa tendi?
Cose audaci e sublimi, questo è certo.
Tu che hai volato a un pelo dalla luna,
è là che la tua febbre ti trascina?
FAUST
Niente affatto! Questa cerchia terrestre
concede ancora spazio a grandi azioni.
Deve riuscire un'opera che faccia meraviglia,
sento vigore per fatiche audaci.
MEFISTOFELE
Tu vuoi, insomma, meritarti gloria?
Si vede che hai appena lasciato un'eroina.
FAUST
Guadagnerò potere e proprietà!
L'azione è tutto, la gloria è niente.
MEFISTOFELE
Ma di poeti non ne mancheranno,
per annunciare il tuo splendore ai posteri,
e con follie accendere follie.
FAUST
Di tutto questo nulla ti è concesso capire.
Che ne sai tu di ciò cui l'uomo aspira?
La tua natura astiosa, mordace, negatrice,
che ne sa di ciò che occorre all'uomo?
MEFISTOFELE
Sia fatta dunque la tua volontà!
Confida per intero i tuoi capricci.
FAUST
Il mio occhio fu attratto all'alto mare;
gonfiando torreggiava su se stesso,
distendendosi scatenava l'onda
all'assalto dell'ampia spiaggia piatta.
E mi dispiacque; come la tracotanza
male dispone i sensi allo spirito libero,
che apprezza ogni diritto come merita,
e ne muove lo sdegno e turba il sangue.
Pensai che fosse caso, ed aguzzai lo sguardo:
l'onda si ferma, poi rotola indietro,
lontano dalla meta travolta con superbia;
ritorna l'ora, essa ripete il gioco.
MEFISTOFELE ad spectatores
Non è per me un'esperienza nuova,
questo lo so da centomila anni.
FAUST proseguendo con passione
Si insinua l'onda in mille e mille lingue,
sterile in sé, porta sterilità;
cresce, si gonfia, rotola, sommerge
le spiagge, ne fa squallidi deserti.
Là onda su onda domina conscia della sua forza,
e quando si ritira non si è compiuto niente:
mi potrebbe angosciare alla disperazione
la forza senza scopo di elementi non domi!
È qui che osa il mio spirito sopra di sé innalzarsi;
è qui che vorrei battermi, questo che vorrei vincere.
Ed è possibile! - La marea che monta
passando si modella su ogni colle;
per quanto essa tempesti tracotante,
una minima altura fiera le tiene testa,
una bassura minima potente la risucchia.
Già la mia mente rapida traccia piani su piani:
procurati l'eccelso godimento
di esiliare da riva il dispotico mare,
di fissare il confine alle umide distese,
cacciarle a viva forza lontano, entro se stesse.
Ogni passo ho già meco meditato;
questo è il mio desiderio, abbi coraggio e servilo!
Tamburi e musica di guerra alle spalle degli spettatori, da destra, in lontananza
MEFISTOFELE
Facilissimo! Odi quei lontani tamburi?
FAUST
Guerra di nuovo! Il saggio non li ode volentieri.
MEFISTOFELE
Guerra o pace. Saggio è darsi da fare
per cavarne qualcosa a proprio uso.
Si sta all'occhio, si nota ogni momento utile.
Ed ecco un'occasione, Fausto, stendi la mano!
FAUST
Risparmiami gli enigmi da due soldi!
Meno parole, e spiega cosa capita.
MEFISTOFELE
Nel mio giro non mi restò nascosto:
il buon imperatore è in grandi impicci.
Lo conosci. Quando lo divertimmo,
quando gli demmo in mano col trucco soldi falsi,
tutto il mondo era in vendita per lui.
Era giovane quando si ebbe il trono,
e gli piacque la falsa deduzione
che potessero andare bene insieme
e fosse bello e assai desiderabile
governare e godersela ad un tempo.
FAUST
Un grande errore. Chi ha da comandare
solo di comandare dev'essere felice.
Tutto il suo petto è teso in un alto volere,
ma quel che vuole resti insondabile a tutti.
Ciò che bisbiglia all'orecchio dei più fidi
si attua, e tutti quanti sbalordiscono.
Così sempre sarà fra tutti il sommo,
il più degno -; godere ci fa volgo.
MEFISTOFELE
Ma lui non è così. Se l'è goduta, eccome!
Si disfaceva intanto l'impero in anarchia,
grandi e piccoli in lite per dritto e per traverso,
i fratelli a scacciarsi, ammazzarsi a vicenda,
città contro città e rocca contro rocca,
contese fra artigiani e nobiltà,
vescovo contro capitolo e comune;
dovunque non vedevi che nemici,
morte e assassinio in chiesa, fuori porta
perduto ogni mercante e ogni viandante.
A tutti era cresciuto, e non poco, l'ardire;
vivere era difendersi. - Però si andava avanti.
FAUST
Avanti - zoppicando, cadendo, rialzandosi,
poi tutto sottosopra, con un gran capitombolo.
MEFISTOFELE
Di biasimar l'andazzo nessuno era in diritto,
perché ognuno poteva, voleva farsi avanti.
Anche il più piccolo era preso sul serio.
Pei migliori alla fine fu troppa la pazzia.
I magnanimi insorsero con forza
e dissero: Il sovrano sarà chi farà pace.
Questo non può e non vuole - eleggiamone un altro,
un nuovo imperatore ridia vita all'impero,
garantisca ad ognuno sicurezza,
ed in un mondo rimesso a nuovo
sposi insieme la pace e la giustizia.
FAUST
Sa quanto mai di prete.
MEFISTOFELE
Erano preti infatti;
mettevano al sicuro i ventri ben pasciuti.
Se la presero a cuore più degli altri.
La rivolta montava, e fu santificata;
e il nostro imperatore, da noi tenuto allegro,
avanza forse qui all'ultima battaglia.
FAUST
Me ne duole per lui; era buono ed aperto.
MEFISTOFELE
Vieni, diamo un'occhiata! Chi è vivo può sperare.
Se è in una strettoia, liberiamolo!
Salvo una volta, lo è per mille volte.
Chi lo sa, come cadranno i dadi?
Se avrà fortuna, avrà anche vassalli.
Salgono sulla vetta mediana e osservano lo schieramento dell'esercito nella vallata. Dal basso risuonano tamburi e musica di guerra
MEFISTOFELE
La posizione presa, vedo, è buona;
se noi ci uniamo, la vittoria è piena.
FAUST
Cosa c'è da aspettarsi adesso? Inganni!
Giochi d'illusionismo! Parvenze inconsistenti.
MEFISTOFELE
Astuzie belliche, per vincere battaglie!
Fatti forte del tuo gran proposito,
ricordando sempre la tua meta.
Se serbiamo al monarca terra e trono,
inginocchiati, e riceverai
il feudo di una immensa spiaggia in dono.
FAUST
Te la sei già cavata in tante cose,
adesso vinci anche una battaglia!
MEFISTOFELE
No, sarai tu a vincerla! Stavolta
il generale in capo sarai tu.
FAUST
E sarò giunto al culmine, dare ordini
proprio là dove non capisco niente!
MEFISTOFELE
Lascia le cure allo stato maggiore,
ed è a cavallo il comandante in capo.
Fiuto da un pezzo il puzzo della follia di guerra,
e il consiglio di guerra l'ho formato
con le forze primeve di monti primitivi;
buon per chi ce le ha tutte dalla sua.
FAUST
Cosa vedo laggiù portare armi?
Hai scatenato il popolo dei monti?
MEFISTOFELE
No. Ma, come messer Pietro Squenza,
della marmaglia la quintessenza.
Si avanzano i Tre Violenti (Samuele II, 23, 8)
MEFISTOFELE
Ecco che arrivano i miei ragazzi!
Di età molto diversa, come vedi,
diversi nelle vesti e in armamento;
non te la caverai male con loro.
ad spectatores
Ogni bambino oggi vorrebbe
corazza e sproni da cavaliere;
questi straccioni, così allegorici,
andranno a genio più che mai.
ATTACCABRIGA giovane, con armi leggere e abiti variopinti
Che mi guardi uno in faccia, e io di pugno
gli vado dritto subito nel grugno,
e se una femminuccia se la batte,
l'acciuffo io dal fondo della treccia.
METTIASACCO adulto, bene armato, riccamente vestito
È una farsa pestare a mani vuote,
finisce che ci perdi la giornata;
ma di prendere non stancarti mai,
e tutto il resto chieditelo poi.
TIENISTRETTO attempato, armato di tutto punto, senza sopravveste
Neppure così ci si guadagna!
Una grande fortuna sfuma presto,
inghiottita dal fiume della vita.
Prendere va benone, tenere è ancora meglio;
tu lascia fare al grigio di capelli,
e nessuno ti porta via uno spillo.
Si incamminano tutti insieme per la discesa
SUI CONTRAFFORTI
Dal basso rullo di tamburi e musica di guerra
Si drizza la tenda dell'imperatore
L'imperatore, il generale in capo, guardie del corpo
IL GENERALE IN CAPO
Avere ritirato e concentrato
tutto l'esercito in questa valle idonea
continua ad apparirmi ben studiato;
e spero fermamente che la scelta ci giovi.
L'IMPERATORE
Come andranno le cose è da vedersi;
mi spiace tuttavia la mezza fuga, il cedere.
IL GENERALE IN CAPO
Guarda qui, sire, il nostro fianco destro!
Un terreno così lo sogna l'arte bellica:
il pendio non è ripido, ma non troppo accessibile,
vantaggioso pei nostri, insidioso al nemico;
la pianura ondulata ci dissimula;
la cavalleria non oserà accostarsi.
L'IMPERATORE
A me non resta dunque che elogiare;
qui braccio e petto si potran provare.
IL GENERALE IN CAPO
Qui al centro, dove il prato è pianeggiante,
tu vedi la falange, smaniosa di combattere.
Tra i vapori dell'alba scintillano le picche,
fiammeggiano nell'aria folgorate dal sole.
Il possente quadrato è un'onda scura!
A mille e mille ardono di compiere alte gesta.
Da questo riconosci la forza della massa,
spezzeranno, confido, la forza dei nemici.
L'IMPERATORE
Bel colpo d'occhio, mai visto prima d'ora.
Un esercito simile è come fosse il doppio.
IL GENERALE IN CAPO
Della nostra sinistra non ho nulla da dire,
rupi scoscese e impavidi eroi che le presidiano,
il massiccio pietroso, che balena di armi,
difende il passo, chiave della ristretta chiusa.
Già lo prevedo, qui, dove non se l'aspetta,
il nemico andrà incontro a un sanguinoso scacco.
L'IMPERATORE
E di là si avvicinano i parenti felloni,
mi han chiamato cugino, zio, fratello,
han rubato, ogni giorno più impudenti,
forza allo scettro e reverenza al trono,
sbranandosi fra loro han devastato
l'impero, e ora si uniscono per ribellarsi a me.
La folla oscilla con la mente incerta,
poi si rovescia dove va il torrente.
IL GENERALE IN CAPO
Un tuo fido, inviato ad esplorare,
corre giù per le rocce; speriamo sia riuscito!
IL PRIMO INFORMATORE
Con l'astuzia, con l'ardire
l'arte nostra andò a buon fine,
siamo stati dappertutto;
ma non è propizio il frutto.
C'è chi giura omaggio schietto,
è fedele qualche truppa;
ma la scusa per non muoversi
è che il popolo è in fermento.
L'IMPERATORE
Non dovere né affetto, né onore o gratitudine
insegna l'egoismo, ma a salvare se stessi.
Non riflettete che, se la misura è piena,
anche voi brucerà l'incendio del vicino?
IL GENERALE IN CAPO
Ne viene un altro, scende con lentezza,
per la stanchezza trema in tutto il corpo.
IL SECONDO INFORMATORE
Prima vidi con sollievo
i ribelli andare a caso;
ma di colpo, inaspettato
ecco un nuovo imperatore.
E la folla per i campi
obbedisce al suo comando;
ai vessilli di menzogna,
tutti dietro. - Pecoroni!
L'IMPERATORE
Un antimperatore è a mio vantaggio:
che sono imperatore, soltanto ora lo sento.
Indossai la corazza da semplice soldato,
uno scopo più alto ora la trasfigura.
A ogni festa, per splendida che fosse
e nulla difettasse, mi mancava il pericolo.
Voi tutti, quanti siete, consigliaste i tornei,
a me batteva il cuore, vivevo per le giostre;
se dalla guerra voi non mi aveste distolto,
ora brillerei già per chiare eroiche gesta.
Sentii il petto sovrano di se stesso
là, quando mi specchiai nel reame di fuoco;
orrendo si avventava su di me l'elemento,
era solo apparenza, ma un'apparenza grande.
Sognai confusamente di gloria e di vittoria;
quel che a mia onta omisi adesso inseguo.
Si inviano gli araldi a portare la sfida all'antimperatore
Faust in armatura, la celata dell'elmo per metà abbassata
I Tre Violenti, armati e vestiti come sopra
FAUST
Veniamo avanti, speriamo, senza biasimo;
non solo a chi è allo stremo giova la previdenza.
I montanari, sai, pensano e meditano,
la Natura decifrano e i graffiti rupestri.
Gli spiriti, da tempo abbandonato il piano,
amano più che mai le rocciose montagne.
In grotte labirintiche silenziosi manipolano
nobili gas assai ricchi in metallo;
in un perpetuo scindere, sperimentare, unire
un solo impulso li anima, la scoperta del nuovo.
Con le dita leggere questi potenti spiriti
costruiscono forme trasparenti;
e nel cristallo di un silenzio eterno
scorgono i fatti del mondo superno.
L'IMPERATORE
L'ho sentito e ti credo; tuttavia
vuoi dirmi, valentuomo, qui che c'entra?
FAUST
Il negromante di Norcia, il Sabino,
è il tuo servo onorevole e fedele.
Lo minacciava un fato spaventevole!
Crepitavano i fasci, il fuoco già lambiva
i ceppi asciutti radunati attorno
e gli stecchi, di sotto, intinti in pece e in zolfo;
né uomo né dio o diavolo potevano salvarlo,
la maestà strappò le sue catene ardenti.
Fu a Roma. Ti è rimasto obbligatissimo,
da allora, preoccupato, non ti perde di vista.
E, del tutto dimentico di sé,
indaga per te solo stelle e abissi.
Egli ci affidò il compito urgentissimo
di starti a fianco. I monti han forza grande;
là opera Natura libera, strapotente,
e i preti ottusamente la chiamano magia.
L'IMPERATORE
Quando in giorni di gioia noi salutiamo gli ospiti
che entrano lieti a godere in letizia,
dà gioia ogni arrivato che spinge e si fa largo,
restringendo man mano lo spazio delle sale.
Più che mai benvenuto sarà di certo il giusto
che si schiera con forza al nostro fianco
nell'ora mattutina che incombe preoccupante,
perché su di essa oscilla la bilancia del fato.
Ma in questo alto momento ritraete
la forte mano dalla spada impaziente,
ed onorate l'ora in cui migliaia marciano
a lottare per me, contro di me.
L'uomo è se stesso! Chi aspira al serto e al trono
sia degno egli stesso dell'onore.
Lo spettro sorto contro di noi, che si proclama
imperatore e re di queste nostre terre,
il duce dell'esercito, il sire dei vassalli,
sia il nostro pugno a spingerlo nel reame dei morti!
FAUST
Come che sia, per questa grande impresa
non fai bene ad esporre il capo tuo.
L'elmo non è fregiato dal cimiero?
Esso protegge il capo, che infiamma l'ardimento.
Senza il capo le membra a che varrebbero?
Se si assopisce, tutte si rilassano;
se viene leso, sono tutte inferme,
e rivivono quando è risanato.
Rapido e forte il braccio difende il suo diritto;
leva lo scudo a proteggere il cranio;
e subito la spada fa fronte al suo dovere,
smorza il colpo con forza e lo ricambia;
gagliardo il piede ha parte nell'esito comune,
premendo con baldanza la nuca all'abbattuto.
L'IMPERATORE
Così nella mia collera anch'io vorrei trattarlo,
e mutare in sgabello il suo capo superbo!
GLI ARALDI di ritorno
Poco onore, poco credito
là ci venne riservato,
come a vuota farsa risero
all'annuncio fermo e nobile:
"È svanito il vostro sire,
come l'eco in una valle
troppo stretta; ci sovviene
che lui, sì: - C'era una volta...".
FAUST
È quanto si auguravano i migliori
che qui ti stanno saldi e fidi a fianco.
Là s'avanza il nemico, i tuoi smaniosi attendono;
dài l'ordine di attacco, il momento è propizio.
L'IMPERATORE
Al comando io adesso qui rinuncio.
Al comandante in capo
Il tuo dovere, principe, ora è nelle tue mani.
IL GENERALE IN CAPO
Allora l'ala destra marci avanti!
La sinistra nemica sta salendo,
cederà, prima di arrivare in cima,
al giovane vigore e alla provata fede.
FAUST
Consenti allora a questo baldo eroe
di inserirsi nei ranghi senza indugio,
perché, fatto con essi un corpo unico,
scateni tutta quanta la sua forza.
Fa un cenno verso destra
ATTACCABRIGA si fa avanti
Chi mi mostra la faccia non si volta
se non con le mascelle spappolate;
chi mi volta le terga, la testa, il collo e il ciuffo,
orribili battacchi, gli spenzolano dietro.
Se la tua gente pesta come me
con la spada e la mazza, con ferocia,
i nemici cadranno uno sull'altro,
affogati nel loro stesso sangue.
Si allontana
IL GENERALE IN CAPO
La falange del centro cauta segua,
contrapponga al nemico, saggia, tutte le forze;
un poco a destra, là dove il vigore
accanito dei nostri ha scosso i loro piani.
FAUST con un cenno verso il centro
Allora anche costui segua le tue parole!
È un ciclone, spazza tutto con sé.
METTIASACCO si fa avanti
All'eroismo delle imperiali schiere
va accoppiata la sete di bottino;
e per tutti la meta sia una sola:
la ricca tenda dell'antimperatore.
Sul suo seggio non farà a lungo sfoggio,