Jonas mise a terra i piedi, allungò il collo e guardò oltre la siepe di tuia. Scrutò il lastricato con il prato verde, e la porta bianca del garage, che era chiusa. La casa era identica a quella in cui abitava lui, solo che era grigia invece che marrone. In giardino c’erano una vasca per uccelli tutta decorata e una panchina. Come se quei dettagli potessero trasformare una casa di duecento metri quadri in una residenza signorile.
«Forse la sua macchina è nel garage. Oppure sarà di certo al lavoro, quel maledetto», disse Dan e guardò l’orologio.
«Alla finestra grande del salotto c’è una signora», disse Jonas e strinse il manubrio. Le braccia erano di piombo.
Dan sollevò lo sguardo e la osservò. Era magra come un chiodo, e indossava dei jeans con un disegno a paillette lungo le cuciture.
«Quella non ci sta tutta con la testa», disse Jonas. «Guarda come scruta fuori. Ma secondo me non ci vede mica».
«Forse aspetta che torni il marito», disse Dan, e seguì distrattamente con lo sguardo la Golf che stava passando per la strada alle loro spalle. «Comunque sembra matta e malata». Gli girava la testa dai tanti pensieri. C’era una donna che si sarebbe potuta occupare dei suoi fratellini? Quanti giorni durava il periodo del lutto? Rita era diversa dalla madre. A Roy andava a genio, e anche ai bambini. Dan non ricordava di aver mai detto qualcosa di piacevole a sua madre. Pensò a Birgit. Quando era piccolo, gli dava la cioccolata da bere e delle brioche che scongelava nel suo vecchio forno. Quando li andava a trovare, sembrava appena uscita da un tombino. Lui aveva quella sensazione fortissima. Birgit parlava lentamente, come se dovesse prestare attenzione a ogni parola che diceva. Usava delle scarpe ormai deformate dall’uso, e portava sempre i calzini. Frank d’altra parte gli aveva insegnato a lavorare il legno, fuori, nella rimessa. Frank e suo padre erano amici; andavano a pesca insieme nella Finnemarka. Frank su suo padre ne sapeva più di lui. E poi Birgit e Frank non andavano mai in vacanza.
In quell’istante arrivò una macchina scura su per la strada con le villette. Jonas sollevò la visiera. «Maledizione, è una BMW, Dan», disse.
La macchina li superò lentamente, svoltò e parcheggiò davanti al garage. Ne uscì un uomo alto, con la schiena dritta, che emanava sicurezza di sé e arroganza. Aveva i capelli grigi e indossava lo stesso maglione rosso del giorno prima.
«È lui, cavolo!», sussurrò Dan.
L’uomo lasciò la macchina in folle mentre si avvicinava alla porta del garage per sollevarla.
Dan sentiva il sangue pulsargli nelle vene del collo. C’erano un sacco di trucchi che potevano aiutarlo. Doveva soltanto fare le cose nel giusto ordine. Deglutì. «So come possiamo creare delle prove. Se non riusciamo a entrare nella sua macchina, spargiamo semplicemente la terra sul pavimento del suo garage. Alla polizia ne basta poca. L’ho visto in TV».
«Non capisco…».
«Dopo facciamo una soffiata. Andiamo a casa tua, Jonas. Dobbiamo pianificare il tutto. Adesso, subito, Jonas», ripeté.