15
Non arrivai a Dublin Castle che alle undici, l'indomani. Avevo scelto di privilegiare la routine quotidiana - colazione, viaggio insieme agli altri in città, tutti al lavoro in biblioteca - convinta che potesse tranquillizzarli, rendere più improbabile che insistessero per accompagnarmi. Daniel lo propose, quando mi alzai per infilarmi la giacca. «Vuoi che venga a darti il mio sostegno morale?» chiese, ma di fronte al mio cenno negativo annuì e tornò a dedicarsi alla sua lettura. «Fai davvero la scena del riconoscimento puntando comunque il dito tremante sul colpevole» mi disse Rafe. «Dai un'emozione a quell'O'Neill.»
Davanti al portone dell'edificio dove ha sede la squadra Omicidi me la feci sotto. Non ero in grado di entrare e registrarmi come una visitatrice, scambiare strazianti convenevoli con Bernadette, la segretaria, e aspettare sotto chissà quanti sguardi curiosi che qualcuno venisse a prendermi, come se non avessi mai percorso quei corridoi. Telefonai a Frank e gli dissi di venire a salvarmi.
«Tempismo perfetto» disse, affacciandosi dal portone. «Stavamo proprio facendo una piccola pausa per... riconsiderare la situazione, diciamo.»
«Riconsiderare?»
Tenne la porta aperta e si fece da parte. «Vedrai. Proprio una mattinata divertente. Avete fatto un lavoretto pazzesco alla faccia del nostro ragazzo, sai?»
Aveva ragione. John Naylor sedeva al tavolo della stanza degli interrogatori con le braccia conserte. Portava lo stesso maglione dal colore indefinito e gli stessi vecchi jeans, e non era più un bel ragazzo. Aveva tutti e due gli occhi neri; una guancia tumefatta, un taglio scuro sul labbro inferiore, e il naso malamente schiacciato. Provavo a ricordare le dita che volevano conficcarsi nei miei occhi, il ginocchio nello stomaco, e non riuscivo a collegarli a quel poveraccio tutto pesto che si dondolava sulle due gambe posteriori della sedia canticchiando The Rising of the Moon. Alla vista di come lo avevamo ridotto mi si chiuse la gola.
Dalla stanza di osservazione Sam lo guardava attraverso il vetro a senso unico, con le mani affondate nelle tasche della giacca.
«Cavoli» dissi, indicando Naylor.
«Non parlarmene. Sostiene di essere caduto dalla bicicletta e di aver sbattuto la faccia contro un muro. Nient'altro.»
«Stavo appunto raccontando a Cassie» aggiunse Frank «che abbiamo per le mani una situazione un po' particolare.»
«Sì» confermò Sam strofinandosi gli occhi come per cercare di svegliarsi. «Proprio una bella situazione. Abbiamo portato qui Naylor alle... che ore erano, le otto? Non ci siamo mai fermati ma lui niente; fissa il muro e canta tra sé. Canti dei ribelli, soprattutto.»
«Per me ha fatto un'eccezione» disse Frank. «Ha interrotto il concerto il tempo sufficiente per definirmi "lurido dublinese bastardo che si dovrebbe vergognare di leccare il culo agli inglesi". Credo di piacergli. Ecco la novità: abbiamo ottenuto un mandato di perquisizione e il dipartimento ha appena portato quello che gli hanno trovato in casa. Ovviamente speravamo in coltelli o vestiti insanguinati o cose del genere, ma non abbiamo avuto fortuna. Invece... sorpresa, sorpresa.»
Dal tavolo nell'angolo prese una manciata di sacchetti di plastica trasparente, di quelli che usavamo per le prove, e me li sventolò davanti. «Guarda un po'.»
Li aprii. Dentro c'erano un set di dadi d'avorio, uno specchietto con la cornice di tartaruga, un brutto acquerello con un viottolo di campagna, una zuccheriera d'argento. Sapevo da dove proveniva prima ancora di capovolgerla per leggere il monogramma, una delicata M con svolazzi. Conoscevo solo un posto con tutta quella varietà di cianfrusaglie: la casa di zio Simon.
«Erano sotto il letto di Naylor» annunciò Frank. «Impacchettati dentro una scatola da scarpe. Ti garantisco che, se guardi bene, a Whitethorn House troverai un bricco per il latte che si combina con la zuccheriera. Il che solleva la domanda: come sono finiti, questi oggetti, nella camera di Naylor?»
«È entrato a Whitethorn House» rispose Sam. Era tornato a fissare Naylor che guardava il soffitto semidisteso sulla sedia. «Quattro volte.»
«Senza prendere niente.»
«Non lo sappiamo. Ci dobbiamo fidare della parola di Simon March, che viveva come un maiale ed era quasi sempre ubriaco perso. Naylor si sarebbe potuto riempire una valigia senza che March se ne accorgesse.»
«Oppure» disse Frank «li ha comprati da Lexie.»
«Certo, o da Daniel o Abby o da come-si-chiamano, o meglio ancora dallo stesso vecchio Simon. Solo che non abbiamo neanche l'ombra di una prova.»
«Nessuno di loro è finito accoltellato e perquisito a mezzo chilometro dalla casa di Naylor.»
Dalle loro voci affaticate era evidente che stavano litigando da un po'. Riappoggiai i sacchetti sul tavolo e cercai di tenermi fuori dalla mischia. «Naylor lavora per una paga minima e mantiene i genitori che sono malati» disse Sam. «Dove diavolo li prenderebbe i soldi per comprare anticaglie? E perché diamine dovrebbe farlo?»
«Perché odia la famiglia March e approfitta di qualsiasi occasione per farle un dispetto e perché, come hai appena detto, è un poveraccio. Lui non ha i soldi, ma là fuori c'è un sacco di gente che ce li ha.»
Impiegai un po' a capire su cosa stavano litigando, perché nella stanza c'era una tensione controllata ma fortissima. Arte e Antiquariato - chiamata A&A - potrà sembrare una sezione di fessi, di professori in tweed col distintivo, però quello di cui si occupano non è uno scherzo. Il mercato nero si dirama in tutto il mondo e lungo il percorso si intreccia con altri settori del crimine organizzato. E in una rete dove la valuta di scambio va da un Picasso a una fornitura di kalashnikov o di eroina ogni tanto qualcuno finisce ammazzato.
Sam emise un suono frustrato e furibondo, scosse la testa e si appoggiò contro il vetro. «Voglio soltanto sapere se questo tizio è l'assassino» disse «e, se lo è, arrestarlo. Non me ne fotte niente di quello che fa nel tempo libero. Per quel che mi riguarda potrebbe fare il ricettatore della Gioconda. Se pensi sul serio che traffichi in oggetti d'antiquariato, quando abbiamo finito lo passi all'A&A, ma per il momento è sospettato di omicidio. Tutto qui.»
Frank alzò un sopracciglio. «Tu dai per scontato che non ci sia un collegamento. Guarda le dinamiche: fino al trasferimento dei nostri cinque Naylor tira sassi e scrive con lo spray quello che gli pesa sul cuoricino. Quando i cinque arrivano ci riprova un paio di volte e poi...» schioccò le dita «niente di nuovo sul fronte occidentale. Come mai? Li ha trovati simpatici? Visto che restauravano la casa ha deciso di non sporcargliela?»
«Gli sono corsi dietro» ribatté Sam. Dal modo in cui stringeva le labbra, gli mancava pochissimo per dare in escandescenze. «Non voleva farsi pestare a sangue.»
Frank rise. «Tu pensi che un rancore di quel tipo svanisca nel giro di una notte? È escluso. Naylor ha trovato un altro modo di fare danni, perché in caso contrario non l'avrebbe mai piantata con i vandalismi. E guarda cosa succede non appena Lexie non è più lì a passargli le anticaglie. Lui aspetta qualche settimana, nel caso si rimettesse in contatto, e visto che non si fa viva torna a tirare sassi alle finestre. L'altra sera non aveva paura di prenderle, no?»
«Vuoi parlare di schemi di comportamento? Eccotene uno. Quando i cinque lo rincorrono, in dicembre, il rancore nei loro confronti cresce. Non cercherà più di colpirli tutti insieme, però continua a spiarli, scopre che ogni sera una delle ragazze va a passeggiare proprio in una fascia oraria in cui è libero di agire, la segue per un po' e infine l'ammazza. Quando viene a sapere di aver fatto fiasco, dentro la rabbia cresce, perde il controllo e scaglia attraverso la finestra la minaccia di dare fuoco alla casa. Come si sente, secondo te, dopo quello che è successo l'altra notte? Se una di loro continua a vagabondare lungo i sentieri da sola, secondo te che cosa farà lui?»
Frank lo ignorò e si rivolse a me. «La domanda» disse «è che cosa ne facciamo adesso. Possiamo arrestarlo per furto, per vandalismo o per qualsiasi altra cosa ci venga in mente, e incrociare le dita nella speranza che si smolli un po' e ci dica qualcosa sulla coltellata. Oppure possiamo rimettere questa roba sotto il suo letto, ringraziarlo per aver collaborato alle indagini, rispedirlo a casa e vedere dove ci porta.»
In un certo senso quella discussione era stata ineluttabile fin dal momento in cui Frank e Sam erano comparsi insieme sulla scena del crimine. Gli investigatori della Omicidi sono monotematici, fissati sulla necessità di restringere lentamente e inesorabilmente il campo fino a quando tutti gli elementi estranei scompaiono lasciando soltanto l'assassino. Gli infiltrati, invece, preferiscono considerare tutti gli elementi esterni, ampliare le opportunità e tenersi aperta ogni opzione: non si può mai sapere dove possono portarti, quale preda potrebbe all'improvviso sbucare dagli arbusti se tieni d'occhio il campo. Accendono tutte le micce di cui dispongono, dopo di che aspettano di vedere che cosa scoppia.
«E poi, Mackey?» chiese Sam. «Anche supponendo per un momento che tu abbia ragione, che Lexie gli procurasse gli oggetti da vendere e Cassie ricominciasse il piccolo commercio... E poi?»
«Poi» rispose Frank «faccio due chiacchiere con l'A&A, mi fiondo in Francis Street a comprare a Cassie un sacchetto di cianfrusaglie e partiamo da lì.» Sorrideva, ma i suoi occhi scrutavano Sam con estrema attenzione.
«Per quanto tempo?»
«Per il tempo che serve.»
La sezione A&A ricorre spesso agli infiltrati, agenti sotto copertura che si fingono acquirenti, ricettatori, venditori forniti di fonti privilegiate, che piano piano si aprono un varco verso i pezzi grossi. Sono operazioni che durano mesi, a volte addirittura anni.
«Qui sto indagando su un omicidio, cazzo» disse Sam. «Te lo ricordi? E non posso arrestare nessuno per omicidio se la vittima è viva e traffica con le tue zuccheriere d'argento.»
«E allora? Lo prendi quando lo incastriamo per le anticaglie. Nel migliore dei casi abbiamo un movente e un legame tra lui e la vittima, e li possiamo usare per ottenere una confessione. Nel caso peggiore, invece, perdiamo un po' di tempo.»
Non esisteva la minima possibilità che Lexie avesse passato gli ultimi tre mesi a vendere a John Naylor gli arredi di Whitethorn House senza motivo. Una volta scoperto d'essere incinta sì, avrebbe venduto qualsiasi cosa, ma non prima.
Avrei potuto dirlo; avrei dovuto dirlo. Però il fatto è che Frank aveva ragione su un punto: Naylor era pronto a tutto pur di danneggiare la casa. Sentirsi impotente lo rendeva furioso come un animale in gabbia, armato soltanto di sassi e vernice spray. Se qualcuno gli avesse proposto degli oggetti sottratti da Whitethorn House e un suggerimento su dove piazzarli, con la promessa di procurargliene altri, esisteva una buona possibilità - anzi, un'ottima possibilità - che non sapesse dire di no.
«Ti faccio una proposta» disse Frank. «Fai un altro tentativo con Naylor, da solo, visto che io e lui non andiamo d'accordo. Prenditi il tempo che ti serve. Se ti dice qualcosa sull'omicidio - qualsiasi cosa, anche un accenno - lo arrestiamo, dimentichiamo la faccenda delle antichità, facciamo rientrare Cassie e chiudiamo l'indagine. Se non ti dice niente...»
«Cosa succede se non mi dice niente?» chiese Sam.
Frank scrollò le spalle. «Se i tuoi sistemi non funzionano te ne torni qui e consideriamo la mia soluzione.»
Sam lo guardò a lungo. «Niente trucchi» disse.
«Trucchi?»
«Tipo entrare. O bussare quando sono sul punto di arrivare da qualche parte. Questo genere di trucchi.»
Vidi un muscolo nella mascella di Frank contrarsi, ma si limitò a dire affabilmente: «Niente trucchi».
«Okay» disse Sam dopo aver preso un lungo respiro. «Farò del mio meglio. Puoi restare qui un po'?»
Si era rivolto a me. «Certo» risposi.
«Magari avrò bisogno di te, magari ti faccio entrare. Deciderò strada facendo.» Guardò Naylor, che era passato a cantare Follow Me Up to Carlow a voce così alta da distrarci. «Augurami buona fortuna» disse sistemandosi la cravatta, e uscì.
«Il tuo fidanzato ha insultato la mia virtù?» volle sapere Frank quando la porta si fu richiusa alle spalle di Sam.
«Puoi sfidarlo a duello, se vuoi» dissi.
«Sarò leale. Lo sai.»
«Lo siamo tutti» ribattei. «Solo che abbiamo opinioni diverse sul significato della parola lealtà. Sam non è sicuro che le vostre corrispondano.»
«Non dobbiamo neanche andare in vacanza insieme» disse Frank. «Sopravviverò. Che cosa te ne pare della mia piccola teoria?»
Attraverso il vetro osservavo Naylor, ma sentivo gli occhi di Frank sulla nuca. «Non lo so ancora» dissi. «Non ho visto abbastanza di quest'uomo per avere un'idea.»
«Però hai visto abbastanza di Lexie. Di seconda mano ma è pur sempre lei, la conosci meglio di chiunque. Pensi che ne sarebbe stata capace?»
Scrollai le spalle. «Chi lo sa? Il problema con quella ragazza è che nessuno sa di che cosa fosse capace.»
«Hai tenuto le tue carte strette per non farle vedere, prima. Non è da te tacere così a lungo, visto che devi pur avere un'opinione. E a me piacerebbe sapere da che parte starai, se il tuo amico torna indietro a mani vuote e dobbiamo ricominciare a discutere.»
La porta della saletta degli interrogatori si aprì, Sam entrò con due tazze di tè nelle mani e la richiuse con la spalla. Aveva un'aria vivace, quasi allegra: la fatica se ne va sempre, nel momento in cui ti trovi faccia a faccia con un sospettato. «Sst» dissi. «Voglio seguire.»
Sam si sedette con un'esclamazione soddisfatta e spinse una delle due tazze verso Naylor. «Allora» disse, e il suo accento era diventato come per magia molto più marcato: noi di campagna contro quelli di città. «Ho mandato il detective Mackey ha occuparsi delle sue scartoffie. Qui dava solo fastidio.»
Naylor smise di cantare per riflettere su quello che aveva sentito. «Non mi piace niente di lui» dichiarò.
Vidi un angolo della bocca di Sam contrarsi. «Neanche a me, ovvio. Ma non ce ne possiamo liberare.» Frank ridacchiò a bassa voce e si avvicinò al vetro.
Naylor scrollò le spalle. «Lei forse. Io no. Se c'è lui io non ho niente da dire.»
«Fantastico» disse Sam disinvolto. «Adesso non c'è e io non ti chiedo di parlare; devi solo ascoltarmi. Mi hanno raccontato una cosa successa a Glenskehy un po' di tempo fa che a mio modo di vedere potrebbe spiegare un sacco di cose. Da te voglio soltanto sapere se è la verità.»
Naylor gli lanciò un'occhiata sospettosa, però non riattaccò il concerto. «Bene» riprese Sam bevendo un sorso di tè. «A Glenskehy viveva una ragazza, l'epoca è quella della Prima guerra mondiale...»
La storia che raccontò era una delicata miscela composta dalle informazioni raccolte a Rathowen, da quanto avevo riferito io dell'epopea di zio Simon, e dalle atmosfere di un film in cui recitava Lillian Gish. Non trascurò niente: il padre che la buttava fuori di casa, lei che mendicava lungo le strade, i paesani che le sputavano addosso e i bambini che le tiravano i sassi... Concluse con l'insinuazione che fosse stata addirittura lapidata dalla gente del villaggio. La colonna sonora avrebbe richiesto una bella sezione d'archi.
Quando Sam arrivò in fondo alla sua storia strappalacrime Naylor aveva ricominciato a far dondolare la sedia sulle gambe posteriori e lo guardava con disgusto. «No» disse. «Cazzo, no. È il più grosso mucchio di stronzate mai sentite. Chi gliele ha raccontate?»
«È la storia che ho raccolto fino a oggi» rispose Sam. «Se nessuno mi corregge la devo prendere per buona.»
La sedia cigolava con un rumore monotono e irritante. «Mi dica, ispettore» chiese Naylor «come mai le interessano le persone come noi e le nostre vecchie storie? Siamo gente semplice, a Glenskehy, lo sa. Non siamo abituati a ricevere l'attenzione di uomini importanti come lei.»
«È quello che ha continuato a ripetere in macchina mentre lo portavamo qui» spiegò Frank, appoggiandosi con una spalla alla finestra per stare più comodo. «Il ragazzo soffre di un piccolo complesso di persecuzione.»
«Sst.»
«Ci sono stati dei problemi a Whitethorn House» stava dicendo Sam. «Ma non c'è bisogno che te lo dica io. Abbiamo saputo che tra la casa e gli abitanti di Glenskehy non corre buon sangue. Ho bisogno di accertare i fatti per stabilire se ci sono delle relazioni.»
Naylor scoppiò in una risata dura e tutt'altro che allegra. «"Non corre buon sangue"» disse. «Sì, suppongo che si possa dire così. È quello che le hanno raccontato su alla casa?»
Sam scrollò le spalle. «Loro mi hanno raccontato soltanto che al pub non sono stati accolti bene. Del resto non c'era nessun motivo di dargli il benvenuto. Non sono di qui.»
«Fortunati loro. Gli danno qualche fastidio e sbucano subito gli investigatori a mettere a posto le cose. Dove siete quando sono gli abitanti del posto a passare dei guai? Dove eravate quando la ragazza è stata impiccata? A scrivere nel rapporto che si era trattato di un suicidio per tornarvene subito al pub.»
Sam aggrottò la fronte. «Non era suicidio?»
Naylor lo scrutò: gli occhi gonfi e semichiusi gli davano un'aria bieca e pericolosa. «Vuole sapere la vera storia?»
Sam fece un piccolo cenno con la mano: Ti ascolto.
Dopo un momento Naylor raddrizzò la sedia, allungò le mani sul tavolo e le strinse - unghie spezzate, croste sulle nocche - intorno alla tazza. «La ragazza lavorava come cameriera a Whitethorn House» cominciò. «E uno dei giovanotti della famiglia March si era invaghito di lei. Forse era stata abbastanza stupida da credere che l'avrebbe sposata, o forse no, comunque sia è finita nei guai.»
Lanciò a Sam una lunga occhiata da rapace per accertarsi che avesse compreso. «Nessuno l'ha buttata fuori di casa. Suo padre sarà stato furioso, e avrà minacciato di aspettare il signorino March in un viottolo buio, ma sarebbe stato matto a passare alle vie di fatto. Completamente matto. Era prima dell'indipendenza, capisce? I March erano padroni di tutta Glenskehy e dintorni. Erano di sicuro i padroni della casa dove viveva la famiglia della ragazza; una sola parola sarebbe bastata per metterli su una strada. Quindi non ha fatto niente.»
«Non sarà stato facile» disse Sam.
«Più facile di quello che si potrebbe pensare. La maggior parte della gente non voleva avere a che fare allora con la casa più di quanto lo voglia adesso. Aveva una cattiva fama. Whitethorn vuol dire "biancospino", e il biancospino è la pianta delle fate, capisce?» Fece a Sam un sorrisetto equivoco. «C'è ancora chi non ci cammina sotto di notte, anche se non saprebbe spiegare perché. Sono avanzi, resti di vecchie tradizioni, ma a quei tempi erano tutti superstiziosi. Era il buio: niente elettricità e lunghe sere d'inverno; nelle ombre si poteva vedere quel che si voleva. Erano in tanti a credere che la gente di Whitethorn House trafficasse con le fate, o con il diavolo, dipende da come ragionavano.» Ancora quel sorrisetto tetro. «Che cosa ne pensa, ispettore? Eravamo tutti selvaggi fuori di testa, allora?»
Sam scosse la testa. «Nella fattoria di mio zio c'è un cerchio fatato» disse in tono pratico. «Lui non ci crede alle fate, non ci ha mai creduto, però non ci passa sopra con l'aratro.»
Naylor annuì. «E così, quando la ragazza si ritrovò incinta, la gente di Glenskehy disse che si era accoppiata con uno degli uomini fatati della casa, e che avrebbe fatto un bambino fatato. Il che le stava bene.»
«Credevano che il bambino sarebbe stato stregato?»
«Porca puttana» esclamò Frank. «Ma è un altro mondo.» Cercava di soffocare una risata. Lo avrei preso a calci.
«Lo credevano, sì» rispose freddamente Naylor. «E non mi guardi in quella maniera, ispettore. Stiamo parlando dei miei bisnonni, miei e suoi. Può giurare che non avrebbe creduto la stessa cosa anche lei, se fosse nato a quell'epoca?»
«Già, altri tempi» rispose Sam.
«Però non lo dicevano tutti. Solo qualcuno, soprattutto i vecchi. Comunque la voce arrivò fino al padre del bambino. E... o aveva sempre voluto liberarsene e questo gli forniva la scusa, oppure non aveva la testa a posto. I March sono sempre stati strani, diciamo, su alla casa, forse è per questo che si sono fatti la fama di avere rapporti con le fate. Comunque lui ci credeva. Pensava di avere nel sangue qualcosa che non andava, che avrebbe rovinato il figlio.»
Vidi le sue labbra spaccate contorcersi in una smorfia. «Allora una sera ha organizzato un incontro con la ragazza, prima che il bambino nascesse. E lei è andata senza sospettare niente: non era forse il suo amante? Pensava che volesse parlarle di come avrebbe provveduto a lei e al bambino. Invece ha preso una corda e l'ha impiccata a un albero. Questa è la vera storia. A Glenskehy la conoscono tutti. Non si è uccisa lei, e non è stata uccisa da qualcuno del paese. È stato il padre del bambino, perché aveva paura di suo figlio.»
«Maledetti zoticoni» disse Frank. «Giuro su Dio che appena esci da Dublino è tutto un altro mondo.»
«Riposi in pace» stava dicendo Sam a bassa voce.
«Già. In pace» ribatté l'altro. «Voi l'avete chiamato suicidio, piuttosto che arrestare uno dei signoroni della casa. L'hanno messa in terra sconsacrata col suo bambino.»
Non era impossibile. Qualsiasi versione poteva essere quella vera, o nessuna; non c'era modo di provarlo a un secolo di distanza. La cosa importante è che Naylor ci credeva ciecamente. Non si comportava da colpevole, anche se questo conta meno di quel che si potrebbe pensare. Era sufficientemente ossessionato - a giudicare dall'amara intensità dei suoi toni - da essere convinto di non doversi sentire in colpa di niente. Il mio cuore batteva forte, pesante. Pensavo agli altri in biblioteca, la testa china sui libri, in attesa del mio ritorno.
«Perché in paese nessuno me ne ha parlato?» chiese Sam.
«Perché non sono affari vostri. Non vogliamo essere conosciuti per questo: il paese dei matti dove uno strambo ha ammazzato il suo stesso bastardo perché era convinto che fosse stregato. Siamo gente perbene, a Glenskehy. Gente semplice, non selvaggi né strani, e non ci piace dare spettacolo, mi capisce? Vogliamo essere lasciati tranquilli.»
«Però c'è qualcuno che non sta lasciando questa storia tranquilla» puntualizzò Sam. «Qualcuno ha scritto "Assassini di bambini" sul muro di Whitethorn House, due volte. Qualcuno ha tirato un sasso dalla finestra due sere fa e si è difeso come una tigre quando l'hanno beccato. Qualcuno non vuole lasciar riposare in pace quel bambino.»
Un lungo silenzio. Naylor si agitò sulla sedia, si toccò il labbro spaccato per controllare se sanguinava. Sam aspettava.
«Non è solo per il bambino» riprese infine l'altro. «Quella è stata una brutta storia, ovvio, ma dimostra com'è veramente la famiglia. Come sono fatti. Non so come dirlo diversamente.»
Era quasi sul punto di ammettere di essere l'autore delle scritte ma Sam lasciò correre: puntava a una preda più grossa. «Come sono fatti?» chiese. Era appoggiato allo schienale con la tazza in bilico su un ginocchio, a suo agio, partecipe, come un uomo che si prepari a trascorrere una lunga serata nel suo pub preferito.
Naylor si toccò di nuovo la bocca, distrattamente. Stava pensando, cercava le parole. «Avete fatto un sacco di lavoro a Glenskehy. Avete scoperto da dove viene?»
Sam sorrise. «Il mio irlandese è arrugginito... vuol dire "valletta del biancospino", giusto?»
Naylor sembrava impaziente. «No, non il nome. Il posto, intendevo. Il paese. Glenskehy. Da dove viene?»
Sam scosse la testa.
«Lo hanno creato i March, perché gli tornava comodo. Quando hanno avuto la terra e costruito la casa, hanno portato gente che ci lavorasse: cameriere, giardinieri, stallieri, guardacaccia... Volevano che i servi abitassero sul loro territorio, per controllarli, per tenerli in riga, però non troppo vicini; non gli andava di sentirne la puzza.» Una brutta smorfia gli piegò un angolo della bocca. «Perciò hanno costruito un paese dove far vivere i servi. Come quelli che hanno la piscina, o la serra, o una scuderia piena di pony: un lusso per rendersi la vita più comoda.»
«Non è così che bisogna considerare gli esseri umani» riconobbe Sam. «Però succedeva tanto tempo fa.»
«Sì, tanto tempo fa. Quando Glenskehy gli serviva. E adesso che non gli serve più per soddisfare i loro bisogni se ne stanno in disparte a guardarlo morire.» C'era una crescente tensione nella voce di Naylor, qualcosa di instabile e pericoloso, e per un istante riuscii a far coincidere quest'uomo che parlava della storia locale con Sam con la creatura selvaggia che aveva cercato di cavarmi gli occhi. «Sta morendo, il paese. Ancora qualche anno e non ne resterà più niente. Rimangono solo quelli che ci sono intrappolati, come me, e intanto muore e se li porta con sé. Sa perché io non ho studiato?»
Sam scosse di nuovo la testa.
«Non sono un cretino. Potevo continuare. Invece sono dovuto restare a Glenskehy a curare i miei genitori, e in paese non ci sono lavori che richiedono un diploma. Solo agricoltura. A cosa mi serviva il diploma per spalare il letame nella fattoria di un altro? Ho cominciato dopo la fine delle scuole dell'obbligo perché non avevo scelta. E come me ce ne sono tanti.»
«Non è colpa della famiglia March» rispose ragionevole Sam. «Che cosa ci possono fare loro?»
Ancora quella risata aspra come un latrato. «Un sacco di cose potrebbero fare. Un sacco. Quattro o cinque anni fa è arrivato in paese un tipo di Galway, a guardarsi in giro, come lei. Uno che si interessava di sviluppo immobiliare. Voleva comprare Whitethorn House per trasformarla in un albergo di lusso. Voleva costruire: nuove ali, nuovi edifici sulla tenuta, campo di golf e tutto il resto; aveva progetti grandiosi. Si rende conto di che cosa avrebbe significato quell'albergo per il paese?»
Sam annuì. «Un mucchio di posti di lavoro.»
«Di più. Turismo, e quindi servizi per i turisti e gente nuova per gestirli. L'opportunità per i giovani di restare, invece di sparire a Dublino appena possibile. La costruzione di nuove case, e di strade decenti. Una scuola, invece di mandare i bambini a Rathowen. Posti per insegnanti, per un dottore, magari per qualche agente immobiliare, persone educate. Non tutto subito, tipo in qualche anno, ma una volta messo in moto... Non ci serviva altro: quella spintarella. Quell'unica spinta per far ritornare in vita Glenskehy.»
Quattro o cinque anni: poco prima che cominciassero gli attacchi a Whitethorn House. Naylor corrispondeva perfettamente, pezzo dopo pezzo, al mio profilo. L'idea della casa trasformata in albergo mi faceva sentire molto meglio rispetto alle condizioni della sua faccia, eppure era impossibile sottrarsi alla sua passione, alla vibrante visione di cui era innamorato, il paese di nuovo vivo e pieno di speranze per il futuro.
«E Simon March non ha voluto vendere?» chiese Sam.
L'altro scosse la testa, un movimento lento e arrabbiato: trasalì, si toccò la mandibola gonfia. «Un uomo da solo in una casa dove avrebbero potuto starcene cento. A cosa gli serviva? Eppure non voleva vendere. Quella casa ha portato solo disgrazie, e lui ci restava aggrappato, invece di permettere a qualcuno di ricavarne qualcosa di buono. E lo stesso è successo dopo la sua morte: il ragazzo non tornava a Glenskehy da quando era piccolo, non ha famiglia, non ha bisogno della casa, perché ci è rimasto aggrappato? Ecco come sono, i March. Come sono sempre stati. Si tengono quello che vogliono e il resto del mondo può andare al diavolo.»
«È la casa di famiglia» precisò Sam. «Forse sono affezionati.»
Naylor alzò la testa e lo fissò, un bagliore chiaro tra il gonfiore e i lividi. «Quando un uomo fa una cosa» disse «poi ha il dovere di occuparsene. Così si comporta un uomo perbene. Se fai un figlio te ne devi occupare, finché vive; non hai il diritto di ucciderlo perché ti viene comodo. Se costruisci un paese, tocca a te occupartene, e devi fare il necessario per tenerlo in vita. Non hai il diritto di stare a guardarlo morire solo perché ti vuoi tenere una casa.»
«In effetti su questo sono d'accordo con lui» disse Frank. «Forse abbiamo più cose in comune di quello che pensavamo.»
Lo sentii a malapena. Avevo sbagliato qualcosa nel mio profilo, dopo tutto: quest'uomo non avrebbe mai accoltellato Lexie perché aspettava un figlio da lui, e nemmeno perché abitava a Whitethorn House. Lo avevo giudicato un vendicatore, ossessionato dal passato, invece era molto più complicato e feroce. La sua ossessione era il futuro, il futuro del suo paese. Il passato era il gemello siamese che avviluppava quel futuro, manovrandolo, forgiandolo.
«È questo che volevi dai March?» gli chiese Sam sommessamente. «Che facessero la cosa giusta: vendere, dare al paese una possibilità di ripresa?»
Dopo un momento Naylor rispose con un cenno affermativo, anche se rigido e riluttante.
«E pensavi che l'unico modo per convincerli fosse fargli prendere paura?»
Altro cenno. Frank fischiò. Io trattenevo il respiro. «Quale modo migliore per spaventarli» disse Sam in tono assorto e allo stesso tempo pratico «che dare a una di loro una coltellatina, una sera. Niente di serio, tipo che non c'era neanche l'intenzione di farle del male. Solo dire: qui non siete benvenuti.»
Naylor appoggiò con un tonfo la tazza sul tavolo e scostò bruscamente la sedia, poi incrociò le braccia sul petto. «Io non ho mai fatto male a nessuno. Mai.»
Sam alzò un sopracciglio. «Qualcuno le ha suonate sul serio a tre della casa, la notte in cui tu ti sei procurato quei lividi.»
«È stata una scazzottata. Uno scontro leale, anzi, loro erano tre contro uno. Non vede la differenza? Avrei potuto ammazzare Simon March cento volte, se avessi voluto. Non l'ho mai toccato.»
«Simon March era vecchio. Sapevi che nel giro di pochi anni sarebbe morto, e sapevi che esistevano buone possibilità che gli eredi vendessero, anziché trasferirsi lì. Ti potevi permettere di aspettare.»
Naylor cercò di dire qualcosa, ma Sam continuò a parlare con calma inesorabile. «Però quando il giovane Daniel e i suoi amici sono arrivati è stata tutta un'altra storia. Non se ne andavano, e qualche scritta minacciosa non bastava a spaventarli. Quindi hai dovuto alzare il tiro, o no?»
«No. Non ho mai...»
«Gliel'hai dovuto dire forte e chiaro: andatevene, se avete un po' di buon senso. Hai visto che Lexie Madison la sera tardi andava a camminare, forse l'avevi già seguita, vero?»
«Non...»
«Esci dal pub. Sei ubriaco. Hai un coltello. Pensi ai March che lasciano morire Glenskehy e decidi di farla finita. Forse volevi solo minacciarla, è così?»
«No...»
«Allora come è andata, John? Raccontamelo. Come?»
L'altro scattò stringendo i pugni e digrignando i denti furibondo; stava per saltargli addosso. «Mi fate schifo. Quelli della casa fischiano e voi arrivate di corsa come cagnolini obbedienti. Si lagnano del contadino cattivo che non sa stare al suo posto, e mi portate qui accusandomi di aver accoltellato qualcuno... Stronzate. Voglio che vadano via - e se ne andranno, mi creda -, ma non mi è mai venuto in mente di fargli del male. Mai. Non gli darei mai questa soddisfazione. Quando faranno i bagagli voglio essere presente per salutarli.»
Avrei dovuto sentirmi delusa e invece mi sembrò di ricevere una scarica di adrenalina che mi chiudeva la gola e toglieva il respiro. La sensazione - e mi spostai in modo che Frank non potesse leggermelo in faccia - era di enorme sollievo.
Naylor non si fermava. «Quei luridi bastardi l'hanno usata per rimettermi al mio posto come hanno sempre usato la polizia e chiunque altro per trecento anni. Glielo dico chiaro, ispettore, come lo direi a chi le ha rifilato quel mucchio di stronzate sul linciaggio: può cercare finché vuole, ma a Glenskehy non troverà niente. Non è stato uno di noi a pugnalare la ragazza. Lo so che è più difficile accusare i ricchi, ma se è un criminale che cercate, e non un capro espiatorio, allora guardate dentro Whitethorn House.»
Incrociò le braccia, inclinò la sedia sulle gambe posteriori e cominciò a cantare The Wind That Shakes the Barley.» Frank arretrò e rise piano fra sé.
Sam continuò a lavorarselo per un'altra ora. Analizzò ogni atto vandalico singolarmente, a ritroso fino a quattro anni e mezzo prima; elencò gli elementi che collegavano Naylor al lancio dell'ultimo sasso e alla scazzottata, alcuni dei quali erano concreti - le sue ferite ed ecchimosi, la mia descrizione - e alcuni inventati, impronte, analisi della grafia: venne da noi a prendere il sacchetto con gli oggetti senza guardare né me né Frank, e li gettò sul tavolo minacciandolo con l'accusa di furto, aggravato dal fatto che fosse armato. In cambio ottenne The Croppy Boy, Four Green Fields e, per cambiare un po', She Moved through the Fair.»
Alla fine dovette rinunciare. Passò qualche tempo prima che riportasse nella stanza d'osservazione il sacchetto delle prove con un'aria più sfinita che mai.
«Mi pare che sia andata bene» disse vivacemente Frank. «Avresti potuto farti firmare la confessione per i vandalismi, se non avessi puntato al primo premio.»
Sam lo ignorò. «Cosa ne pensi?» chiese a me.
C'era solo una possibilità remota, per come la vedevo io, che poteva aver spinto Naylor a pugnalare Lexie: e cioè che fosse il padre del bambino e lei gli avesse comunicato che voleva abortire. «Non so» dissi. «Sinceramente non so.»
«Secondo me non è lui» ribatté Sam. Mise il sacchetto sul tavolo e poi si appoggiò al bordo lasciando cadere all'indietro la testa.
Frank si finse sbalordito. «Lo molli perché ha tenuto duro per una mattinata? Visto da qui sembra perfetto, c'è tutto: movente, opportunità, ossessione... Solo perché ti racconta una bella storia tu lo arresti con una merdosa imputazione di vandalismo, buttando via l'occasione di inchiodarlo per l'omicidio?»
«Non so che cosa farò» rispose Sam premendosi le mani sugli occhi.
«Adesso proviamo la mia strada» disse Frank. «Quel che è giusto è giusto; il tuo tentativo non è arrivato a niente. Lascia andare Naylor, lascia che Cassie veda cosa può combinare con la faccenda dell'antiquariato e stiamo a vedere se ci porta più vicino all'assassino.»
«A questo non gliene frega niente dei soldi» ribatté Sam senza guardarlo. «A lui sta a cuore il suo paese, e i danni fatti da Whitethorn House.»
«Quindi ha una causa. Al mondo non c'è niente di più pericoloso di un fervente credente. Fino a dove sarebbe pronto a spingersi, per la sua causa?»
Così è discutere con Frank: ti sposta il traguardo di continuo e sempre più in fretta, e finisci per non sapere più di che cosa stavate discutendo all'inizio. Non riuscivo a capire se credesse davvero a quella stramberia del traffico di antichità, o se fosse solo disposto a tutto pur di avere la meglio su Sam.
Sam intanto cominciava ad avere un'aria intontita, come un pugile che ha incassato troppi colpi. «Non credo che sia l'assassino» disse caparbio. «E non capisco perché tu insista a dire che potrebbe essere un ricettatore. Non c'è niente che lo faccia supporre.»
«Chiediamo a Cassie» suggerì Frank fissandomi. È sempre stato un gran giocatore, ma mi sarebbe piaciuto sapere perché in quel momento stava scommettendo su di me. «Che cosa ne pensi, piccola? Esiste una possibilità che io abbia ragione, sul traffico di anticaglie?»
In quel secondo un milione di cose mi attraversò la mente. La stanza per l'osservazione che conoscevo a memoria, fino alla macchia sulla moquette dove due anni prima avevo rovesciato il caffè e dove ero diventata una visitatrice. I miei vestiti da Barbie detective appesi nell'armadio, la voce catarrosa di Maher al mattino. Gli altri che mi aspettavano in biblioteca. Il fresco profumo di mughetto della mia stanza a Whitethorn House, che mi avvolgeva come un velo.
«Non è escluso» risposi. «No, non mi sorprenderebbe.»
Sam, che in effetti aveva già una giornata faticosa alle spalle, perse la pazienza. «Cristo, Cassie! Che diavolo? Non puoi credere davvero a questa scemenza! Da che parte stai?»
«Proviamo a non ragionare in questi termini» intervenne Frank virtuoso. Si era appoggiato comodamente al muro, con le mani in tasca, per guardare la scena. «Qui dentro siamo tutti dalla stessa parte.»
«Piantala, Frank» dissi brusca prima che Sam gli tirasse un cazzotto. «Sono dalla parte di Lexie, Sam. Né con Frank né con te; solo con lei, capito?»
«Proprio quello che temevo.» Sam si accorse del mio stupore. «Come? Credevi che mi riferissi a questo segaiolo» - Frank indicò se stesso fingendosi offeso - «che fosse lui a preoccuparmi? Lui è fuori di testa, ma sono in grado di tenerlo d'occhio. Ma questa ragazza... dalla sua parte è un bruttissimo posto dove stare. I suoi conviventi sono sempre stati dalla sua parte, eppure se ha ragione Mackey lei gli stava svuotando la casa senza il minimo scrupolo. Il suo ragazzo in America era dalla sua parte, l'amava, e guarda che cosa gli ha fatto. Il poveraccio è distrutto. Hai visto la lettera?»
«Lettera?» chiesi a Frank. «Quale lettera?»
«Chad le ha scritto attraverso il mio amico dell'FBI. Molto commovente eccetera, ma l'ho passata al setaccio senza trovare niente. Distrarti era inutile.»
«Cazzo, Frank! Hai in mano qualcosa che la riguarda, qualsiasi cosa e...»
«Ne parliamo dopo.»
«Leggila» disse Sam. La sua voce era incrinata, e il pallore mortale lo stesso di quella prima volta sulla scena del delitto. «Leggi la lettera... Te ne do io una copia se non lo fa Mackey. Quel ragazzo, Chad, è devastato. Sono passati quattro anni e mezzo e non è più uscito con nessuna. Probabilmente non riuscirà mai più a fidarsi delle donne. E come potrebbe? Una mattina si è svegliato e il mondo gli è crollato addosso. Tutti i suoi sogni sono andati in fumo.»
«Ti consiglio di abbassare la voce, se non vuoi che arrivi qui il tuo capo» disse Frank suadente.
Sam non lo sentì nemmeno. «E non dimenticare che non è arrivata nel North Carolina cadendo dal cielo. Da qualche parte doveva pur essere stata, prima, e prima ancora da qualche altra parte ancora. Là fuori ci sono molte persone, Dio solo sa quante, che non riescono a smettere di chiedersi dov'è finita, se si trova sottoterra, a pezzi, se ha perso il lume della ragione ed è finita su una strada, se tanto per cominciare ha mai voluto loro bene, cosa diavolo è successo perché dovesse rovinare le loro vite in quel modo. Erano dalla sua parte, e guarda come le ha trattate. Tutti quelli che sono stati dalla sua parte sono stati fottuti, Cassie, tutti quanti, e tu farai la stessa fine.»
«Me la caverò, Sam» dissi, e la sua voce mi avvolse come la sottile foschia dell'alba, impalpabile e quasi irreale.
«Lascia che ti faccia una domanda. L'ultimo fidanzato serio l'hai avuto prima di diventare un'infiltrata, o sbaglio? Aidan qualcosa?»
«Sì» risposi. «Aidan O'Donovan.» Un buon partito: intelligente, pieno di talento, mondano, con un senso dell'umorismo che mi faceva ridere anche nelle giornate peggiori. Era da tanto tempo che non pensavo a lui.
«Che cosa gli è successo?»
«Ci siamo lasciati» dissi. «Mentre ero sotto copertura.» Per un istante rividi i suoi occhi la sera che mi aveva scaricata. Ero di fretta, dovevo tornare a casa in tempo per un appuntamento con il consumatore di anfetamina che qualche mese più tardi mi avrebbe accoltellata. Aveva aspettato con me alla fermata dell'autobus e quando ero salita al secondo piano e avevo guardato giù mi era sembrato che piangesse.
«Perché lavoravi sotto copertura, perché è così che succede.» Si voltò verso Frank. «E tu, Mackey? Hai una moglie? Una fidanzata? Qualcuno?»
«Mi stai chiedendo di uscire?» Il tono di Frank era divertito, però aveva socchiuso gli occhi. «Perché ti devo avvertire che sono di gusti difficili.»
«Vuol dire no. Come immaginavo.» Si girò di nuovo verso di me. «Guarda cosa ci sta succedendo dopo tre settimane, Cassie. È questo che vuoi? Che cosa pensi che ne sarà di noi, se sparisci per un anno intero per questa assurda idea del cazzo?»
«Facciamo una cosa» disse Frank a voce bassa senza scostarsi dal muro. «Tu decidi se ci sono dei problemi con la parte delle indagini che ti compete e io decido se ce ne sono nella mia. D'accordo?»
Quello sguardo aveva mandato capi della polizia e signori della droga a nascondersi con la coda tra le gambe, ma Sam non sembrò neanche accorgersene. «No, non sono d'accordo per un cazzo. La parte che compete te è un disastro e se non te ne rendi conto, allora meno male che me ne rendo conto io. In quella stanza ho un sospettato, indipendentemente dal fatto che sia l'assassino, e l'ho trovato grazie al lavoro di polizia. Tu che cos'hai? Tre settimane di questa ridicola messinscena per niente. E invece di limitare le perdite adesso cerchi di costringerci a giocare al buio e fare qualcosa di ancora più folle...»
«Non cerco di far fare niente a te. Io chiedo a Cassie, che lavora in questa indagine come mio agente sotto copertura, e non per la Omicidi, se è disposta a portare avanti il suo incarico.»
Lunghi pomeriggi estivi sul prato, il ronzio delle api e l'indolente cigolio del dondolo. Inginocchiata nel giardino dei semplici a raccogliere i nostri aromi, con una pioggia gentile e nell'aria l'odore delle foglie bruciate, sulle mani il profumo di rosmarino e lavanda. Impacchettare i regali di Natale sul pavimento della camera di Lexie, la neve vista dalla mia finestra, mentre Rafe suonava qualche carola e Abby cantava, e l'aroma del pan di zenzero si insinuava sotto la mia porta.
Mi fissavano entrambi, senza battere le palpebre. Tacevano; un silenzio improvviso, profondo e pacifico. «Certo» dissi. «Perché no?»
Naylor era passato a cantare Avondale e nel corridoio si sentiva Quigley lamentarsi di qualcosa. Pensai a me e Rob che osservavamo gli indiziati da quella stessa stanza, che ridevamo insieme nel corridoio, disintegrati come una meteora nell'aria venefica dell'operazione Vestale, distrutti nello schianto e nel fuoco, e non provai niente, niente eccetto la sensazione dei muri che mi si aprivano intorno e cadevano leggeri come petali. Gli occhi di Sam erano grandi e scuri come se lo avessi schiaffeggiato, e Frank mi guardava con un'espressione che mi avrebbe terrorizzata, se fossi stata in me, ma io invece sentivo soltanto i muscoli sciogliersi come se avessi avuto otto anni e stessi rotolando giù per un pendio verdeggiante, con le vertigini, come se avessi potuto tuffarmi e nuotare nell'acqua fresca e blu senza bisogno di riemergere a respirare. Non mi ero sbagliata: la libertà odorava di ozono e temporale e polvere da sparo tutti insieme, di neve e di falò e di erba appena tagliata, aveva il sapore dell'acqua di mare e delle arance.