CAPITOLO NONO: IL DOTTORE
«Ma lo guardi! Si è trascinato fino alla sua cuccia come un cane ferito...».
Chissà se la donna si rendeva conto delle condizioni del vecchio... Fatto sta che non sembrava affatto preoccupata. Anzi, era calma come se avesse da curare un bambino con l'influenza.
«Un po' di caffè non può certo fargli male... Ma lui non vuole niente... Saranno state le quattro del mattino...
C'è stato un gran fracasso qui a bordo, e io e mio marito ci siamo svegliati di soprassalto... Ho preso la rivoltella e gli ho detto di venirmi dietro con la lanterna...
«Può anche non credermi: era Jean, più o meno nello stato in cui lo vede ora... Dev'essere caduto dal ponte... Saranno quasi due metri di altezza...
«In principio non ci si vedeva granché, e per un istante ho pensato che fosse morto...
«Mio marito voleva chiamare i vicini, per aiutarci a trasportarlo su un letto... Ma Jean ha capito, e si è messo a stringermi la mano... Come la stringeva!...
Sembrava che volesse aggrapparsi...
«E lo sentivo tirar su col naso...
«Allora mi sono resa conto... Sa, dopo otto anni che sta con noi... Non può parlare, ma credo che capisca quello che dico... Vero, Jean?... Senti tanto male?...».
Era difficile stabilire se il luccichio nelle pupille del ferito fosse un segno di intelligenza o fosse semplicemente dovuto alla febbre.
La donna tolse una pagliuzza che gli sfiorava l'orecchio.
«La mia vita è tutta qui... Le mie pentole, i miei quattro mobili... Se mi regalassero un palazzo non mi ci troverei bene come qui...
«E Jean ha la sua stalla, le sue bestie!... Vede, certi giorni stiamo fermi per scaricare, e naturalmente Jean è libero... Potrebbe andare al caffè...
«Invece no! Se ne sta a riposare, proprio qui... Fa in modo che entri un po' di sole...».
Allora Maigret immaginò di trovarsi al posto del cavallante: vide il tramezzo spalmato di pece alla sua destra, la frusta e la tazza di stagno appese ai loro ganci, una striscia di cielo tra le assi in alto e, a destra, le groppe muscolose dei cavalli.
Da tutto l'insieme emanava un calore animale, la sensazione di una vita varia, densa di eventi, che prendeva alla gola come il vino aspro di certe colline.
«Mi dica, potrà restare qui?».
La donna fece segno al commissario di seguirla fuori. La chiusa funzionava allo stesso ritmo del giorno prima. E intorno c'erano le strade della cittadina, con la loro animazione del tutto estranea al canale.
«Tanto sta per morire, no?... Cos'ha fatto?... Può anche dirmelo... Io però non potevo parlare, lo capisce?...
Prima di tutto non so niente... Una volta, ma una volta sola, mio marito ha sorpreso Jean a torso nudo... E ha visto i tatuaggi... Non di quelli che si fanno fare certi marinai... Abbiamo pensato la stessa cosa che avrà pensato anche lei...
«Credo di avergli voluto ancora più bene... Mi sono detta che doveva essere diverso da quel che sembrava, che cercava di nascondersi...
«Non mi sarei neanche sognata di fargli delle domande... Non penserà mica che sia stato lui ad ammazzare quella donna?... Ma se anche lo ha fatto, guardi, sono sicura che lei se lo meritava!...
«Jean è...».
Cercò, senza riuscirvi, una parola che potesse esprimere il suo pensiero.
«Ah, ecco, mio marito si è alzato... L'avevo mandato a riposarsi perché è sempre stato un po' debole di polmoni... Crede che se preparassi un bel brodo ristretto...».
«Stanno per arrivare i dottori... Meglio aspettare...».
«E' proprio necessario che vengano?... Lo faranno soffrire, gli rovineranno gli ultimi momenti che...».
«E' indispensabile...».
«Sta così bene con noi!... Posso lasciarla un momento?... Non si metterà a tormentarlo?...».
Maigret fece un cenno rassicurante con la testa, poi rientrò nella stalla e prese dalla tasca una scatoletta di metallo nella quale c'era un tampone impregnato di inchiostro.
Era tuttora impossibile capire se il cavallante fosse cosciente. Aveva le palpebre socchiuse, e ne filtrava uno sguardo neutro, sereno.
Ma quando il commissario sollevò la mano destra del ferito e gli premette una dopo l'altra le dita sul tampone, per un istante ebbe l'impressione che l'ombra di un sorriso aleggiasse di nuovo sul suo volto.
Dopo aver preso le impronte digitali, Maigret osservò per un istante il moribondo, come se sperasse in qualcosa; poi, dato un ultimo sguardo alle pareti e alle groppe dei cavalli che adesso erano irrequieti, uscì.
Seduti accanto al timone, il battelliere e sua moglie inzuppavano il pane nel caffellatte guardando verso di lui. A meno di cinque metri dalla Providence era ormeggiato il Southern Cross, ma sul ponte non c'era nessuno.
Il commissario inforcò la bicicletta che la sera prima aveva lasciato alla chiusa, e dieci minuti dopo era all'ufficio di polizia, da dove mandò a Épernay un agente motociclista con l'incarico di trasmettere le impronte a Parigi per telescrivente.
Quando tornò a bordo della Providence era accompagnato da due medici dell'ospedale venuti a riprendersi il malato.
Spinto dagli sguardi supplichevoli della donna, che assisteva allarmata alla scena, Maigret cercò di convincerli a desistere dal loro proposito.
«Può cavarsela?».
«No! Il torace è sfondato, e una costola è penetrata nel polmone destro...».
«Quanto gli resta da vivere?».
«Un altro sarebbe già morto!... Ne ha per un'ora, al massimo cinque...».
«Allora lasciatelo qui!».
Il vecchio era rimasto immobile, senza il minimo sussulto. Mentre Maigret passava davanti alla donna, lei gli sfiorò timidamente la mano in segno di riconoscenza.
I due medici si avviarono con aria poco soddisfatta.
«Lasciarlo morire in una stalla!...» borbottava uno.
«Mah!... Del resto era qui che viveva...».
Maigret, ad ogni buon conto, piazzò un agente nelle vicinanze della chiatta e dello yacht, con il compito di avvertirlo se fosse successo qualcosa.
Poi dal telefono della chiusa chiamò il Café de la Marine di Dizy, e venne a sapere che l'ispettore Lucas era passato da poco e che a Épernay aveva noleggiato un'auto per farsi portare a Vitry-le-François.
Per tutta l'ora seguente non successe nulla. Il padrone della Providence ne approfittò per dare il catrame alla barchetta che aveva a rimorchio. Sul Southern Cross, Vladimir lucidava gli ottoni.
Quanto alla donna, la si vedeva passare in continuazione sul ponte facendo la spola fra la cucina e la stalla, portando ora un guanciale candido, ora una scodella fumante certo il brodo che aveva voluto preparare a tutti i costi.
Verso le undici Lucas arrivò all'Hôtel de la Marne, dove Maigret lo stava aspettando.
«Come va, vecchio mio?».
«Bene! Ma lei è stanco, capo...».
«Hai saputo qualcosa?...».
«Non molto! A Meaux proprio niente, se non che lo yacht ha suscitato un bel vespaio... I battellieri, che non riuscivano a dormire per la musica e il chiasso, hanno minacciato di spaccare tutto...».
«C'era anche La Providence?».
«Sì, ha fatto il carico a meno di venti metri dal Southern Cross... Ma nessuno ha notato niente di particolare...».
«E a Parigi?».
«Ho rivisto le due ragazze... Hanno ammesso di non aver avuto la collana da Mary Lampson, ma da Willy Marco... La cosa mi è stata confermata all'albergo, dove hanno riconosciuto la sua fotografia, mentre non hanno mai visto la Lampson... Non ne sono sicuro, ma credo che Lia Lauwenstein conoscesse Willy più intimamente di quanto non voglia ammettere, e che le fosse già capitato di dargli una mano a Nizza...».
«Hai saputo qualcosa a Moulins?».
«Niente! Sono andato dalla fornaia, che poi è l'unica Marie Dupin del posto... Una donna semplice, che non capisce assolutamente cosa le stia succedendo e che ha solo paura che questa storia le procuri dei guai... L'estratto dell'atto di nascita risale a otto anni fa... Ora, da tre anni c'è un nuovo segretario comunale, e quello precedente è morto l'anno scorso...
Abbiamo buttato all'aria gli archivi senza trovare traccia del documento...».
Lucas si interruppe, e dopo un istante di silenzio chiese:
«E lei, commissario?».
«Non so ancora niente... O forse tutto!... Lo scopriremo da un momento all'altro... Che si dice a Dizy?...».
«Che se il Southern Cross non fosse stato uno yacht, non lo avrebbero lasciato partire di sicuro... Sanno anche che il colonnello ne ha avute altre, di mogli...».
Maigret non rispose, e trascinò il compagno per le vie della cittadina fino all'ufficio del telegrafo.
«Mi passi la Scientifica di Parigi...».
La telefoto con le impronte digitali del cavallante doveva essere arrivata in Prefettura da almeno due ore, e adesso era solo questione di fortuna. Poteva capitare di trovare subito, fra centomila altre, la scheda corrispondente, ma anche di dover affrontare un'interminabile ricerca.
«Prendi un ricevitore ed ascolta anche tu, vecchio mio... Pronto!... Chi è all'apparecchio?... Sei tu, Benoît?... Qui parla Maigret... Come dici?... E' arrivata la mia comunicazione?... Hai fatto personalmente le ricerche?... Aspetta un momento...».
Il commissario uscì dalla cabina e si diresse verso l'ufficio postale.
«Potrei aver bisogno della linea per molto tempo!
Fate in modo di non interrompere in nessun caso...».
Quando riprese il ricevitore, aveva lo sguardo più animato.
«Mettiti comodo, Benoît, perché voglio che tu mi legga tutto il fascicolo... Lucas, che è qui vicino a me, prenderà appunti... Comincia pure...».
Gli sembrava di avere davanti agli occhi il suo interlocutore, perché conosceva palmo a palmo quelle stanze nei sottotetti del Palazzo di giustizia, dove in grandi armadi metallici venivano conservate le schede di tutti i malviventi francesi e di un buon numero di criminali stranieri.
«Prima di tutto il nome...».
«Jean Évariste Darchambaux, nato a Boulogne, cinquantacinque anni...».
Istintivamente Maigret cercò di ricordarsi a quale caso fosse collegato quel nome, ma già Benoît aveva ripreso a parlare con voce impassibile, scandendo bene le sillabe, mentre Lucas scriveva:
«Laureato in medicina... A venticinque anni sposa una certa Céline Mornet, di Étampes... Va ad abitare a Tolosa, dove ha frequentato l'università... Una vita piuttosto movimentata... Mi sente, commissario?».
«Sì, benissimo! Continua pure...».
«Ho preso tutto il fascicolo, perché sulla scheda c'è poco o niente... Ben presto la coppia si indebita fino al collo... Due anni dopo il matrimonio, Darchambaux, che ne ha ventisette, viene accusato di avere avvelenato una zia, Julia Darchambaux. La donna era andata ad abitare a Tolosa insieme ai due sposi e disapprovava il loro modo di vivere... La zia era ricca, e i Darchambaux erano i suoi unici eredi...
«L'istruttoria è durata otto mesi, perché non c'erano prove irrefutabili... O per lo meno l'assassino sosteneva avvalendosi dell'appoggio di alcuni esperti che le medicine prescritte alla vecchia non erano di per sé velenose, ma che si trattava semplicemente di una terapia piuttosto azzardata...
«Ci sono state polemiche... Non vuole che le legga anche i rapporti...
«Il processo è stato burrascoso, e hanno dovuto sospendere l'udienza parecchie volte... I più propendevano per l'assoluzione, soprattutto dopo la deposizione della moglie del medico, che giurò che il marito era innocente, e che se lo avessero condannato ai lavori forzati lei lo avrebbe seguito...».
«Ed è stato condannato?» chiese Maigret.
«Sì, a quindici anni... Aspetti un momento!... I nostri archivi non dicono altro, però ho mandato un agente al ministero dell'Interno ed è tornato proprio adesso...».
Lo si udì parlare con qualcuno che gli stava accanto, poi sfogliare un incartamento.
«Ecco qua... Non c'è granché. Il direttore di Saint-Laurent-du-Maroni voleva farlo lavorare in uno degli ospedali della colonia penale, ma lui si è rifiutato...
Le note disciplinari sono buone... Detenuto docile... Un solo tentativo di evasione, insieme a quindici compagni che lo avevano coinvolto...
«Cinque anni dopo il nuovo direttore tenta quel che definisce il recupero di Darchambaux, ma ben presto annota a margine del suo rapporto che il detenuto con cui ha a che fare non ha più nulla dell'intellettuale di un tempo, e neppure dell'uomo di una certa cultura...
«Vediamo se questo le interessa...
«Gli trovano una sistemazione come infermiere a Saint-Laurent, e lui chiede di tornare nella colonia...
«E' calmo, testardo, silenzioso. Un altro medico, che si prende a cuore il suo caso, lo sottopone a una visita psichiatrica ma non riesce a fare una diagnosi.
«Stando a quello che scrive, e le parole sono sottolineate in rosso, si è verificata una sorta di perdita progressiva delle facoltà mentali, di pari passo con uno sviluppo anomalo della vita puramente fisica.
«Darchambaux ruba due volte, entrambe per procurarsi del cibo, e la seconda ad un compagno di catena che lo ferisce al petto con un sasso appuntito...
«Alcuni giornalisti in visita alla colonia gli consigliano invano di chiedere la grazia.
«Scontati i quindici anni, resta al confino e trova lavoro in una segheria, dove si occupa dei cavalli.
«A quarantacinque anni ha saldato i conti con la giustizia, e da quel momento le sue tracce si pèrdono...».
«C'è altro?».
«Se vuole posso mandarle il fascicolo... Io le ho fatto solo un riassunto...».
«Non ci sono notizie della moglie?... Hai detto che è nata a Étampes, vero?... Grazie, Benoît... Non c'è bisogno che tu spedisca niente... Mi basta quello che mi hai raccontato...».
Quando uscì dalla cabina seguito da Lucas, era in un bagno di sudore.
«Telefona al municipio di Étampes e fatti dire se Céline Mornet è morta... O almeno se è morta sotto questo nome... Chiedi anche a Moulins se Marie Dupin ha qualche parente a Étampes...».
Maigret percorse le strade della cittadina con le mani in tasca, senza vedere niente. Giunto in riva al canale, dovette aspettare cinque minuti, perché il ponte girevole era alzato: una chiatta, appesantita dal carico, passò lentamente, trascinando il suo ventre piatto sulla melma del fondale, che veniva a galla insieme a qualche bolla d'aria.
Davanti alla Providence, si avvicinò all'agente che aveva messo di guardia sull'alzaia.
«Può andare...».
Stava osservando il colonnello che camminava su e giù per il ponte dello yacht quando gli corse incontro la padrona della chiatta, ancor più preoccupata che non al mattino e con le guance rigate di lacrime.
«Commissario, è terribile...».
Maigret impallidì, e con il volto teso domandò:
«E' morto?».
«No!... Non deve neanche dirlo... Poco fa ero vicina a lui, da sola... Perché deve sapere che, se era affezionato anche a mio marito, voleva bene soprattutto a me.
«Io sono molto più giovane di lui... Eppure, vede, mi considerava un po' come una mamma...
«Passavamo settimane intere senza parlare... Solo che... Per esempio, mio marito si dimentica quasi sempre del mio onomastico... Io mi chiamo Hortense...
Bene, in questi otto anni Jean non si è mai scordato di portarmi dei fiori... Qualche volta, quando eravamo in aperta campagna, mi chiedevo dove sarebbe andato a prenderli...
«E lui quel giorno metteva una coccarda ai paraocchi dei cavalli...
«Dunque... Mi ero seduta proprio vicino a lui...
Probabilmente sono le sue ultime ore... Mio marito voleva far uscire i cavalli, che non sono abituati a stare rinchiusi così a lungo...
«Io gli avevo detto di non farlo, perché sono sicura che a Jean fa piacere averli sott'occhio...
«Gli avevo preso la mano, quella mano così grossa...».
La donna piangeva, ma senza singhiozzi. Continuava a parlare mentre le lacrime le scorrevano sulle guance cosparse di venuzze.
«Non so come sia successo... Io non ho figli...
Anche se abbiamo sempre pensato di adottarne uno quando avremo l'età prevista dalla legge...
«Gli stavo dicendo che non era niente, che sarebbe guarito, che avremmo cercato di farci assegnare un carico per l'Alsazia, dove d'estate la campagna è così bella...
«Ho sentito le sue dita stringere le mie... Non potevo dirgli che mi stava facendo male...
«E' allora che ha cercato di parlare...
«Capisce?... Un uomo come lui, che ancora ieri era forte come i suoi cavalli... Voleva aprire la bocca, e per lo sforzo le vene delle tempie gli si gonfiavano fino a diventare tutte viola...
«Sentivo un suono rauco, come il verso di un animale...
«Lo scongiuravo di stare calmo... Ma lui si ostinava...
Non so come, è riuscito a mettersi a sedere sulla paglia... E continuava ad aprire la bocca...
«Gli usciva del sangue, che gli colava sul mento...
«Avrei voluto chiamare mio marito, ma Jean continuava a stringermi... Mi faceva paura...
«Lei non può immaginare... Cercavo di capire...
Gli ho chiesto...
«"Vuoi bere?... No?... Devo andare a chiamarti qualcuno?...".
«Era così disperato di non riuscire a parlare!... Ho tentato in tutti i modi di intuire...
«Mi dica... Secondo lei cosa voleva chiedermi?...
Adesso gli si è spaccato qualcosa nella gola... Non so...
«Ha avuto un'emorragia, e ha finito per rimettersi giù, stringendo i denti, proprio sul braccio rotto...
Deve fargli molto male, eppure si direbbe che non senta niente...
«Ha lo sguardo fisso...
«Vorrei tanto capire cosa gli farebbe piacere prima di... prima che sia troppo tardi...».
Maigret si diresse senza far rumore verso la stalla e guardò attraverso il portello socchiuso.
La scena era commovente e crudele come l'agonia di un animale con cui non è possibile comunicare.
Il cavallante era ripiegato su se stesso. Aveva in parte strappato la fasciatura che la notte prima il medico gli aveva avvolto intorno al torace.
E si sentiva il soffio sempre meno frequente del suo respiro.
Uno dei due cavalli si era impigliato con una zampa nella cavezza, ma restava immobile, come se fosse consapevole della solennità del momento.
Maigret ebbe un attimo di esitazione: ripensava alla donna morta, nascosta sotto la paglia nella stalla di Dizy, e al corpo di Willy che galleggiava sul canale mentre qualcuno, nell'aria fredda del mattino, cercava di tirarlo su con l'aiuto di una gaffa.
Toccò il distintivo dello Yacht Club e il gemello da polso che aveva in tasca.
E rivide il colonnello che, con un inchino e senza alcun tremito nella voce, chiedeva al giudice istruttore l'autorizzazione a proseguire il viaggio.
All'obitorio di Épernay, in un gelido stanzone rivestito di armadi metallici come il seminterrato di una banca, due corpi, ciascuno nella propria cassa numerata, attendevano.
E a Parigi due donnine troppo truccate si trascinavano probabilmente da un bar all'altro in preda ad un'angoscia indefinibile.
Arrivò Lucas.
«E allora?» gli gridò Maigret da lontano.
«Céline Mornet non si è fatta più viva ad Étampes dal giorno in cui ha richiesto i documenti necessari per sposare Darchambaux...».
L'ispettore guardò incuriosito il commissario.
«Cosa le succede?».
«Zitto!...».
Ma Lucas aveva un bel guardarsi intorno: non c'era niente che giustificasse il minimo turbamento.
Allora Maigret lo portò fino alla stalla e gli indicò dal portello la figura distesa sulla paglia, mentre la padrona della chiatta si chiedeva che cosa avessero intenzione di fare.
Da un battello a motore che stava passando si udì una voce scherzosa:
«Be'?... Avete un guasto?...».
Senza sapere perché, la donna si mise di nuovo a piangere. Suo marito, che era tornato a bordo con un secchio di catrame in una mano e una spazzola nell'altra, le gridò da poppa:
«C'è qualcosa sul fuoco che sta bruciando...».
Lei entrò in cucina come un automa. E Maigret, quasi a malincuore, disse a Lucas:
«Andiamo giù...».
Uno dei cavalli emise un flebile nitrito. Il cavallante non si mosse.
Il commissario aveva preso dal portafoglio la fotografia della donna morta, ma non la guardò neppure.