CAPITOLO SETTIMO: IL PEDALE STORTO
Quando il commissario superò il Southern Cross, al cui passaggio si formavano dei mulinelli che a lungo, dopo, agitavano i giunchi, Sir Lampson era ancora al timone e Vladimir, a prua, stava avvolgendo una cima.
Maigret attese lo yacht alla chiusa di Aigny. Dopo la manovra, eseguita a regola d'arte, il russo ormeggiò il battello e scese a terra per consegnare i documenti e una mancia al guardiano.
«E' suo questo berretto?» chiese il commissario andandogli incontro.
Vladimir esaminò l'oggetto in questione, ormai ridotto a un cencio sporco, poi il suo interlocutore.
«Sì, grazie!» disse infine, e prese il berretto.
«Un momento! Si ricorda quando l'ha perso?».
Il colonnello seguiva la scena senza tradire la minima emozione.
«Mi è caduto in acqua ieri sera», spiegò Vladimir «quando mi sono chinato sul dritto di poppa per togliere con una gaffa le erbe che bloccavano l'elica...
Dietro di noi c'era una chiatta... Una donna, inginocchiata nel canotto, sciacquava i panni... E' stata lei a ripescare il berretto, e io l'ho messo sul ponte ad asciugare...».
«Il che significa che questa notte è rimasto sul ponte?».
«Sì... E stamattina non mi sono accorto che non c'era più...».
«Era così sporco anche ieri?».
«No! Quando l'ha ripescato, la donna gli ha dato una passata col sapone...».
Lo yacht si stava sollevando a scatti, e il guardiano della chiusa aveva già afferrato con entrambe le mani la manovella della porta a monte.
«Se ricordo bene, era la Phénix la chiatta dietro di voi, vero?».
«Credo di sì... Oggi non l'ho più vista...».
Maigret accennò un gesto di congedo e si diresse verso la bicicletta, mentre il colonnello, imperturbabile, innestava la frizione e, passando davanti al guardiano, chinava la testa in segno di saluto.
Il commissario rimase a lungo a guardarlo con aria perplessa. Non poteva fare a meno di meravigliarsi della sorprendente naturalezza con cui si svolgevano le cose a bordo del Southern Cross.
Lo yacht riprese la sua rotta come se nulla fosse accaduto. Dal posto di comando, il colonnello si limitò a chiedere qualcosa a Vladimir, che gli rispose molto brevemente.
«La Phénix è lontana?» si informò Maigret.
«Dovrebbe essere quasi a Juvigny, a cinque chilometri...
Non va certo veloce come quell'aggeggio lì...».
Il commissario raggiunse la chiatta qualche istante prima del Southern Cross, e da lontano Vladimir dovette vederlo mentre parlava con la padrona.
I particolari corrispondevano. La sera prima, mentre sciacquava il bucato che adesso sventolava sul ponte appeso a un filo di ferro, la donna aveva ripescato il berretto. E poco dopo il marinaio aveva regalato due franchi al suo bambino.
Erano le quattro del pomeriggio. Maigret si rimise in sella, con la testa piena di idee confuse. C'era del pietrisco sull'alzaia, e le gomme della bicicletta lo facevano crepitare sollevando minuscoli ciottoli ai due lati delle ruote.
Quando arrivò alla chiusa 9, il commissario aveva un buon vantaggio sullo yacht di Sir Lampson.
«Sa dirmi dov'è La Providence in questo momento?».
«Non lontano da Vitry-le-François... Vanno forte...
Hanno cavalli robusti, e soprattutto un cavallante che non si risparmia mai...».
«Le è sembrato che avessero fretta?».
«Non più del solito... Vede, sul canale si ha sempre fretta... Non si sa mai quello che si troverà... Si possono perdere ore ed ore a una sola chiusa, oppure sbrigarsela in dieci minuti... E più forte si va, più si guadagna...».
«Stanotte non ha sentito niente di strano?».
«Niente!... Perché?... E' successo qualcosa?...».
Maigret se ne andò senza rispondere. Ormai si fermava ad ogni chiusa, ad ogni battello.
Non gli ci era voluto molto per farsi un'idea precisa di Gloria Negretti. Pur proclamando di non voler dire nulla contro Sir Lampson, in realtà aveva rivelato tutto quello che sapeva. Perché era una donna incapace di controllarsi! Incapace anche di mentire!
Altrimenti si sarebbe inventata qualcosa di molto più complicato.
Dunque Gloria aveva sentito il colonnello chiedere a Vladimir di informarsi sulla Providence. E anche il commissario aveva pensato a quella chiatta, che era arrivata da Meaux proprio la domenica sera, poco prima della morte di Mary Lampson, e che, essendo di legno, era spalmata di pece.
Perché il colonnello voleva raggiungerla? Che connessione c'era fra il Southern Cross e quella pesante imbarcazione che procedeva con lentezza al traino dei suoi due cavalli?
Mentre pedalava sempre più affaticato lungo quel canale così monotono, Maigret imbastiva ragionamenti che finivano per portarlo a conclusioni frammentarie o poco plausibili.
Eppure, la faccenda dei tre indizi non era stata chiarita dalle violente accuse della Negretti?
Almeno dieci volte Maigret aveva cercato di ricostruire gli spostamenti dei vari personaggi nel corso di quella notte di cui non si sapeva nulla, se non che Willy Marco era morto.
E ogni volta aveva avuto l'impressione che i conti non tornassero, che mancasse un personaggio, uno che non era né il colonnello, né il morto, e neppure Vladimir...
Dunque lo yacht stava inseguendo qualcuno che si trovava sulla Providence.
Qualcuno che, senza dubbio, era coinvolto nei fatti!
Non si poteva dunque supporre che quel qualcuno avesse partecipato al secondo delitto, cioè all'assassinio di Willy, esattamente come al primo?
Di notte si fa in fretta a spostarsi, magari in bicicletta, lungo un'alzaia.
«Lei non ha sentito niente, stanotte?... Non ha notato niente di strano a bordo della Providence, quando è passata?».
Era un compito ingrato, frustrante, soprattutto sotto quella pioggerella che continuava a cadere dalle nuvole basse.
«No, niente...».
La distanza fra Maigret ed il Southern Cross, intanto, era aumentata, perché a ogni chiusa lo yacht perdeva come minimo venti minuti. E il commissario, che faceva sempre più fatica a pedalare, non rinunciava per questo, mentre procedeva tutto solo lungo il canale, a riprendere il filo dei suoi ragionamenti.
Aveva già percorso quaranta chilometri quando, alla chiusa di Sarry, il guardiano rispose affermativamente alla sua domanda.
«Il mio cane si è messo ad abbaiare... Quindi dev'essere passato qualcosa sulla strada... Forse un coniglio... Io mi sono riaddormentato subito...».
«Sa dove si è fermata per la notte La Providence?».
L'uomo fece un calcolo mentale.
«Vediamo... Può essere benissimo arrivata fino a Pogny... Il padrone voleva essere a Vitry-le-François in serata...».
Altre due chiuse, e ancora niente! Maigret adesso doveva inseguire i guardiani fin sulle porte, perché man mano che procedeva il traffico si faceva più intenso. A Vésigneul c'erano ben tre battelli in coda che aspettavano di passare. E cinque a Pogny.
«Di rumori non ne ho sentiti!» borbottò il sorvegliante di quest'ultima chiusa. «Però mi piacerebbe proprio sapere chi ha avuto la faccia tosta di usare la mia bicicletta...».
Il commissario si asciugò la fronte. Finalmente gli pareva di scorgere qualcosa di simile a una soluzione.
Aveva caldo e ansimava: stava pedalando da cinquanta chilometri e non si era concesso neanche un bicchiere di birra.
«Dov'è la sua bicicletta?».
«Le apri tu le paratoie, François?» gridò il guardiano a un cavallante.
E si avviò con Maigret verso casa sua. Nella cucina al pianterreno alcuni battellieri stavano bevendo del vino bianco, serviti da una donna con un bambino in braccio.
«Non lo andrà mica a dire, eh?... Vendere da bere è vietato, ma lo fanno tutti... Più che altro è per fare un piacere... Guardi!...».
Indicò un capanno di legno, senza porta, a ridosso del muro.
«Ecco la bicicletta... E' di mia moglie... Sa, il negozio più vicino è a quattro chilometri... Le dico sempre di metterla dentro per la notte, ma lei non vuole sporcare in casa... Quello che l'ha presa dev'essere un bel tipo, però... Avrei anche potuto non accorgermi di niente...
«Proprio l'altro ieri è venuto a trovarmi mio nipote, che fa il meccanico a Reims... Siccome la catena era rotta, lui l'ha aggiustata, e poi ne ha approfittato per pulire a fondo la bicicletta e ingrassarla...
«Ieri non l'ha usata nessuno... Avevamo anche cambiato la gomma alla ruota posteriore...
«E stamattina era bella pulita, anche se ha piovuto tutta la notte... Ha visto quanto fango c'è sulla strada...
«Solo che il pedale sinistro è tutto storto, e la gomma ha certi segni come se avesse fatto almeno cento chilometri...
«Lei ci capisce qualcosa?... La bicicletta ha viaggiato parecchio, questo è sicuro!... E chi l'ha rimessa a posto si è preso la briga di pulirla...».
«Mi sa dire quali sono i battelli che hanno passato la notte nelle vicinanze?».
«Dunque... La Madeleine è probabile che sia andata a La Chaussée, dove il cognato del padrone ha un bistrot... La Miséricorde si è fermata a valle della mia chiusa...».
«Veniva da Dizy?» chiese Maigret.
«No, quella scende dalla Saona... Resta solo La Providence... E' passata alle sette di ieri sera... Ha proseguito ancora per due chilometri, fino a Omey, dove c'è un buon porto...».
«Lei ha un'altra bicicletta?».
«No! Se ne ho bisogno uso questa...».
«Mi spiace, ma deve chiuderla da qualche parte...
Se necessario, ne prenderà una a noleggio...
D'accordo?».
I battellieri stavano uscendo dalla cucina, e uno di loro si rivolse al guardiano:
«E' così che offri, eh, Désiré?...».
«Un momento... Sto parlando col signore...».
«Dove crede che possa raggiungere La Providence?».
«Ah, quella va ancora forte... Sarebbe già tanto se la beccasse prima di Vitry...».
Maigret, che era già sul punto di andarsene, tornò sui suoi passi, e con la chiave inglese che aveva nella borsa tolse i pedali della bicicletta della guardiana.
Quando rimontò in sella, la sua giacca mostrava due grosse protuberanze all'altezza delle tasche.
A Dizy il guardiano della chiusa gli aveva detto in tono faceto:
«Quando non piove da nessun'altra parte, ci sono almeno due posti dove si può essere sicuri di veder cadere dell'acqua: qui e a Vitry-le-François...».
E infatti, mentre Maigret si avvicinava alla cittadina, stava ricominciando a piovere. Una pioggia sottile sottile, torpida, interminabile.
Lì il canale aveva un aspetto diverso: sulle sue rive sorgevano delle fabbriche, e il commissario dovette pedalare per un buon tratto in mezzo alle operaie che sciamavano da una di esse.
Ovunque c'erano battelli che scaricavano, e altri che aspettavano il loro turno.
E si vedevano di nuovo le casette di periferia, con i loro giardinetti striminziti e le conigliere fatte di vecchie assi.
Ad ogni chilometro, un cementificio, una cava, una fornace. E la pioggia mescolava la polvere bianca sospesa nell'aria al fango della strada. Il cemento ricopriva ogni cosa: le tegole dei tetti, i meli, l'erba.
Maigret procedeva ormai a zigzag, con l'andatura tipica del ciclista stanco. Pensava senza pensare. Si limitava ad accostare l'una all'altra delle idee che non riusciva ancora ad organizzare in un insieme ordinato.
Quando fu in vista della chiusa di Vitry-le-François si stava facendo buio, e l'oscurità era punteggiata dai fanali bianchi di una sessantina di battelli in fila indiana.
Ogni tanto ce n'era uno che superava gli altri e si metteva di traverso. E quando nella direzione opposta sopraggiungeva un'imbarcazione si sentiva vociare: richiami, imprecazioni o notizie gridate al volo.
«Ehi, tu, del Simoun!... A Chalon-sur-Saone ho visto tua cognata... Ti manda a dire che vi incontrerete sul canale di Borgogna... Per il battesimo bisognerà aspettare... Saluti da Pierre!...».
Sulle porte della chiusa si scorgevano delle figure in movimento.
E tutto era avvolto in una caligine bluastra, piovigginosa, nella quale si distinguevano le sagome dei cavalli immobili e degli uomini che facevano la spola da un battello all'altro.
Maigret leggeva i nomi sulla poppa delle chiatte.
Una voce gli gridò:
«Ehi, salve!...».
Ci mise qualche secondo a riconoscere il padrone dell'Eco Terza.
«Già riparato?».
«Non era niente di grave!... E' il mio aiutante che è un imbecille... Il meccanico venuto da Reims ci ha messo cinque minuti...».
«Non ha visto per caso La Providence?».
«E' più avanti... Ma la supereremo ancora... Con questo imbottigliamento la chiusa funzionerà tutta la notte, e forse anche la prossima... Ci saranno già almeno sessanta battelli, e ne stanno arrivando degli altri... Di regola, quelli a motore hanno diritto alla precedenza, ma questa volta l'ingegnere ha deciso di alternare... Una chiatta a cavalli e un battello a motore...».
E l'uomo, un tipo simpatico dal viso aperto, tese il braccio a indicare qualcosa.
«Eccola! Proprio di fronte alla gru... La riconosco dal timone verniciato di bianco...».
Passando davanti alle chiatte, ogni tanto Maigret intravedeva dai boccaporti qualcuno intento a mangiare alla luce giallastra delle lampade a petrolio.
Trovò il padrone della Providence sulla banchina, che discuteva animatamente con altri battellieri.
«Non si capisce proprio perché quelli a motore debbano avere dei privilegi!... Prendiamo ad esempio la Marie: ce la lasciamo dietro di un chilometro su un tratto di cinque... E invece con questo sistema delle precedenze ci supererà... Toh!... Ma c'è il commissario!...».
E l'omino gli tese la mano, come a un amico.
«E' ancora qui?... Mia moglie è a bordo... Sarà contenta di rivederla... Dice sempre che per essere un poliziotto lei è proprio un uomo come si deve...».
Nell'oscurità si vedeva il luccichio delle sigarette accese e dei fanali di tutti i battelli, così vicini gli uni agli altri che non si capiva come facessero a muoversi.
Sulla Providence la donna stava preparando la minestra, e prima di tendere la mano a Maigret se la asciugò nel grembiule.
«Non ha ancora trovato l'assassino?...».
«No, purtroppo!... Sono venuto a farle qualche altra domanda...».
«Si sieda... Posso offrirle qualcosa?...».
«No, grazie...».
«Non dica di no! Con un tempo simile, un bicchierino è quello che ci vuole... Non sarà mica venuto da Dizy in bicicletta!».
«Eh, sì!...».
«Ma sono sessantotto chilometri!...».
«C'è il suo cavallante?».
«Dev'essere sulla chiusa, a discutere... Ci vogliono passare davanti, ma stavolta teniamo duro... Con tutto il tempo che abbiamo già perso...».
«Ha una bicicletta?».
«Chi, Jean?... No!...».
La donna si mise a ridere, e riprendendo il suo lavoro spiegò:
«Non ce lo vedo proprio in bicicletta, con quelle gambe corte... Mio marito sì che ce l'ha... Ma sarà almeno un anno che non l'adopera, e credo che le gomme siano bucate...».
«Avete passato la notte a Omey?».
«Proprio così! Cerchiamo sempre di ormeggiare in un posto dove si può fare la spesa... Perché se per disgrazia capita di doversi fermare di giorno, c'è sempre qualche battello pronto a passarti davanti...».
«A che ora siete arrivati a Omey?».
«Pressappoco a quest'ora... Non guardiamo tanto l'ora, ma il sole, capisce?... Un altro bicchierino?... E' acquavite di ginepro... Ne prendiamo una bottiglia ogni volta che andiamo in Belgio...».
«Ha fatto la spesa al negozio?».
«Sì, intanto che gli uomini prendevano un aperitivo...
Dovevano essere passate da poco le otto quando siamo andati a dormire...».
«Jean era nella stalla?».
«E dove se no?... Lui sta bene solo con le sue bestie...».
«Durante la notte ha sentito qualche rumore?».
«No, niente... Alle tre Jean è venuto come al solito a preparare il caffè... Fa sempre così... Poi siamo partiti...».
«Ha notato qualcosa di strano?».
«Cosa intende dire?... Non sospetterà mica del vecchio Jean?... Certo, chi non lo conosce può anche trovarlo un po' strano... Ma noi che gli stiamo insieme da otto anni... Insomma, senza di lui La Providence non sarebbe più la stessa...».
«Lei dorme con suo marito?».
La donna scoppiò di nuovo a ridere, e questa volta, siccome Maigret le stava accanto, gli diede anche una gomitata nelle costole.
«Ma come, le sembriamo già così vecchi?...».
«Posso dare un'occhiata alla stalla?».
«Faccia pure... Prenda la lanterna sul ponte... I cavalli sono rimasti fuori, perché speriamo di riuscire a passare già stanotte... E, una volta a Vitry, siamo a posto... Quasi tutti i battelli prendono il canale che va dalla Marna al Reno... Verso la Saona c'è meno traffico... A parte quel tunnel lungo otto chilometri che mi fa sempre paura...».
Maigret si incamminò da solo verso la stalla, che era proprio al centro della chiatta. Dopo aver preso la lanterna a vento che serviva da fanale, entrò silenziosamente nel regno di Jean, tutto impregnato di un caldo odore di letame e di cuoio.
Ma il quarto d'ora che passò lì a guardarsi intorno, sempre con l'orecchio teso a cogliere quel che stavano dicendo sulla banchina il padrone della Providence ed i battellieri, fu del tutto inutile.
Quando poco dopo raggiunse la chiusa, dove per recuperare il ritardo tutti si davano da fare in mezzo a un gran fracasso di manovelle arrugginite e di acqua gorgogliante, Maigret vide su una porta il cavallante che, con la frusta intorno alla nuca a mo' di collana, stava manovrando una paratoia.
Portava come a Dizy un vecchio completo di velluto a coste ed un feltro consunto che da tempo non aveva più il nastro.
Una chiatta uscì dal bacino con l'aiuto di una gaffa: non c'era altro modo per farsi strada in mezzo a quell'ingorgo di barche.
Le voci che rimbalzavano da un battello all'altro erano rauche, quasi ringhiose, e le facce, quando a tratti un fanale le illuminava, mostravano i segni della fatica.
Erano tutti in viaggio dalle tre o dalle quattro del mattino, e sognavano solo una minestra calda e un letto sul quale potersi finalmente sdraiare.
Ma prima volevano districarsi dal groviglio di quella chiusa, in modo da affrontare senza problemi la tappa del giorno dopo.
Il guardiano andava e veniva, afferrava al volo i documenti dell'uno o dell'altro, correva nel suo ufficio per firmarli e metterci il timbro, intascava le mance.
«Scusi!...».
Maigret toccò il braccio del cavallante, che si girò lentamente e lo guardò con quei suoi occhi seminascosti dalle sopracciglia cespugliose.
«Ha degli altri stivali oltre a quelli che porta adesso?».
Jean parve non capire subito, e il suo volto si fece per un attimo ancora più rugoso. Poi si fissò i piedi con sgomento.
Alla fine scosse la testa, si tolse la pipa di bocca e si limitò a mormorare:
«Degli altri...?».
«Sono gli unici che ha?».
Un cenno di assenso, lentissimo.
«Sa andare in bicicletta?».
Si stava avvicinando qualcuno, incuriosito da quella conversazione.
«Venga!...» disse Maigret. «Ho bisogno di lei».
Il cavallante lo seguì verso La Providence, ormeggiata a circa duecento metri. Passando davanti ai suoi cavalli, che stavano a testa bassa sotto la pioggia, col dorso lucente, accarezzò il collo del più vicino.
«Salga...».
Il padrone, piccolo, mingherlino, era curvo su una gaffa piantata nel fondale e spingeva la chiatta contro la riva per consentire il passaggio a un battello che arrivava nella direzione opposta.
Da lontano vide i due uomini che entravano nella stalla, ma era troppo occupato per intervenire.
«Stanotte ha dormito qui?».
Un grugnito, che equivaleva a un sì.
«Tutta la notte? Non è forse stato lei a prendere la bicicletta del guardiano, alla chiusa di Pogny?...».
Il cavallante aveva l'aria triste di un povero deficiente vittima dei lazzi altrui, o di un cane che nessuno ha mai picchiato e che d'improvviso le prende senza alcuna ragione.
Spinse il cappello all'indietro e con la mano si strofinò la testa irta di capelli bianchi e duri come setole.
«Si tolga gli stivali...».
Senza muoversi, Jean lanciò uno sguardo verso la riva, dove si vedevano le zampe dei cavalli. Uno di essi stava nitrendo, come se avesse capito che il vecchio era in difficoltà.
«Gli stivali... Su, presto!...».
E facendo seguire alle parole i fatti, Maigret sospinse Jean verso la panca che correva lungo una parete della stalla.
Soltanto allora il vecchio si arrese e, rivolgendo al suo carnefice uno sguardo di rimprovero, cominciò a togliersi uno stivale.
Invece delle calze portava avvolte intorno ai piedi e alle caviglie delle pezze di tela impregnata di grasso che facevano tutt'uno con la pelle.
La luce della lanterna era fioca. Il padrone, che aveva finito la manovra, andò ad accovacciarsi sul ponte per vedere cosa stesse succedendo nella stalla.
E mentre Jean, con aria cupa e aggrondata, sollevava brontolando l'altra gamba, il commissario ripulì con un po' di paglia la suola dello stivale che aveva in mano.
Poi si tolse dalla tasca il pedale sinistro e lo sovrappose alla suola.
Ed era un ben strano spettacolo quello del vecchio che si contemplava inebetito i piedi scalzi. I suoi pantaloni, che dovevano essere stati confezionati per uno ancora più piccolo di lui, oppure accorciati, gli arrivavano solo a mezza gamba.
E le pezze di tela ingrassata erano quasi nere dalla sporcizia e coperte da uno strato di frammenti di paglia.
Alla luce della lanterna, Maigret confrontava il pedale, che aveva qualche dente rotto, con le tracce appena visibili sul cuoio.
«Stanotte, alla chiusa di Pogny, lei ha preso la bicicletta del guardiano!» disse scandendo le parole, senza smettere di osservare i due oggetti. «E si può sapere dove è andato?».
«Ehi, voi della Providence!... Venite avanti!...
L'Étourneau ha rinunciato al suo turno e si ferma per la notte...».
Jean si girò verso gli uomini che si affaccendavano sulla riva, poi verso il commissario.
«Vada pure a fare quello che deve!» disse Maigret.
«Prenda! Si rimetta gli stivali...».
Il padrone stava già manovrando la gaffa e la moglie arrivò di corsa.
«Jean!... I cavalli!... Se perdiamo il turno...».
Il cavallante si infilò gli stivali e si issò sul ponte, modulando uno strano richiamo:
«Arri-hop!... Arri!...».
E i cavalli si misero in marcia con uno strattone mentre Jean, balzato a terra, li seguiva a passo lento, sempre con la frusta sulle spalle.
«Arri-hop!...».
Intanto che il marito spingeva la gaffa, la padrona faceva forza con tutto il suo peso sulla barra del timone per evitare la chiatta che arrivava nella direzione opposta e di cui si distinguevano appena la prua arrotondata e l'alone del fanale a poppa.
Il guardiano gridò spazientito:
«Ehi, voi della Providence!... Quand'è che vi decidete?...».
Silenziosa, la chiatta cominciò a scivolare sull'acqua nera, ma urtò tre volte contro il muro di pietra prima di riuscire a infilarsi nel bacino della chiusa occupandolo in tutta la sua larghezza.