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«Al momento, non sono molte le cose di cui mi fido, Calli» ammette tenendo lo sguardo fisso davanti a sé mentre guido nel buio sferzato dal vento.
«Il che vale per te e per chiunque di noi, adesso o in qualsiasi momento, presumo» rispondo. Avanzo a passo d’uomo lungo Langley Boulevard, con il traffico praticamente fermo. «Ma perché credevi che potessi essere Carme? Cosa potrebbe spingere me o mia sorella a giocare uno scherzo da ragazzine? Proprio a te, poi. E comunque non sarebbe possibile, dato che non la vedo da quasi un mese. E in ogni caso non lo farei. Poi perché chiamarmi con il nome sbagliato? Perché mettermi alla prova?»
«Quando eravate più giovani, voi due vi scambiavate spesso.»
«La frase chiave è “quando eravate più giovani”, tipo alle elementari e, di tanto in tanto, al liceo.» Mi ferisce che abbia così poca considerazione del mio giudizio e della mia maturità. «Da bambine, da adolescenti. Perché pensi che lei sia qui? Se è così, per me è una novità. Non ho la più pallida idea di dove si trovi. Potrebbe essere con te a Colorado Springs, per quello che ne so.»
Silenzio.
«Oppure in Nord Africa o in Medio Oriente» aggiungo. «Perché mai dovrebbe essere in Virginia? Perché lo presumi?»
«Io cerco di non presumere niente» risponde.
«È per questo che tieni la pistola in grembo? Perché non puoi presumere di fidarti di me?» Sono sopraffatta dalle emozioni che minacciano di esplodere.
«E come mai lo pensi?» risponde pacato senza muoversi sul sedile.
«Non lo so. Magari tieni la mano destra sotto il parka per un altro motivo, solo che lo fai da quando sei uscito dal quartier generale e sei salito in macchina» replico piccata. «Ho anche notato che stavi armeggiando con il telefono mentre scendevi le scale, probabilmente un’altra app che legge l’analizzatore nel tuo zaino. Dovrei saperlo bene, visto che ne ho uno anch’io nel borsone. Ed è di ottima qualità.»
«Ho la sensazione che il mio sia migliore.»
«Non ne dubito, visto che il tuo budget probabilmente è un tantino più alto del mio» replico. «E Dio solo sa cosa stai cercando di leggere o di capire. Ma se davvero hai una pistola stai violando la legge, perché al campus della NASA non sono ammesse armi, a meno che tu non sia un agente che ha prestato giuramento. Io lo sono, e tu no. Se volessi, potrei accusarti di un reato.»
«Spero solo che tu sia corretta.» Divertente.
«In realtà avrei il diritto di ammanettarti e portarti dentro.» Non potrei essere più seria.
«Sarebbe terribile se dovessi gettarmi in gattabuia» ribatte impassibile.
«Non sto scherzando e, nel caso non te ne fossi accorto, non sei l’unico armato e pericoloso. Gira voce che io sia più o meno Annie Oakley. Allora perché non decidiamo subito di non spararci a vicenda, visto che ti sto riportando al tuo alloggio?»
«Mi sembra un’ottima idea.»
«Bene.»
«Adesso che abbiamo concordato un cessate il fuoco, ho un indovinello per te» aggiunge. «Quali sono i due problemi peggiori che non vorresti su un aereo o un veicolo spaziale? Pensa alla foresta, non agli alberi.»
«Naturalmente la perdita di controllo e la perdita del segnale. Non vorresti nessuno dei due. E di solito arrivano insieme, e quasi sempre una porta all’altra. E sei…»
“Fregato”; anche se non è questa la parola che usa per finire la mia frase.
Guardo la zona ricreativa e l’area picnic, la storica galleria del vento e altri posti dove io e Carme giocavamo da bambine. Il traffico verso la rotonda è quasi fermo: con le previsioni di brutto tempo e la minaccia del congedo forzato, un buon numero di persone ha già lasciato gli uffici e non è rimasta fino alla chiusura ufficiale a mezzanotte.
Una decisione di buon senso che mi facilita la vita, ma non sono i normali dipendenti a preoccuparmi. Sono i ricercatori irriducibili, quelli che dovremo cacciare via a bastonate. E mi metterei nel novero, se non fossi io ad avere in mano il bastone che, al momento, mi sembra molto duro e molto pesante, più del normale, come se fosse fatto di legno ferro. Se non sto attenta, potrei spaccarci qualche cranio, con quel bastone, e sento arrivare a una brutta incazzatura giusto in questo momento.
Ecco cosa succede quando si crea una chimica con qualcuno, e Dick l’ha creata. Vorrei non l’avesse fatto, ma le cose stanno così.
«Cosa succede se perdiamo la capacità di comunicare con una risorsa e non riusciamo a controllarla?» prosegue a confidarsi, adesso che non mi fa il torto di credere che io sia Carme intenta a gettargli fumo negli occhi. «Che si tratti del nostro nuovo super-razzo o di un essere umano altrettanto capace di fare del male…?»
«Siamo fottuti.» Perché io mi sento così.
Cerco di ignorare la stretta allo stomaco. Ho una leggera nausea, come se avessi fame, ma invece non ce l’ho.
“Ti prego, non vomitare.”
Guido con la sinistra e mi sfrego a disagio pollice e indice della mano destra. Io e Dick restiamo in silenzio. Procediamo a passo d’uomo finché il traffico non si riduce notevolmente quando svolto a sinistra su West Durand Street, verso la base dell’aeronautica. Non voglio essere insubordinata, ma di certo non lo lascerò scendere senza una spiegazione di cosa intendesse e del perché si sia comportato in questo modo per tutto il giorno.
Il silenzio continua, e lui sa meglio di chiunque altro che ho l’impulso irresistibile a riempire i vuoti.
«E va bene» dico alla fine. «Ovviamente è successo qualcosa, e qualcosa di grave. Tanto grave che un attimo fa non eri sicuro di chi fossi. E probabilmente non lo eri fin dal momento in cui sei arrivato al campus di Langley. Anche se mi sono comportata come sempre e ho addosso il giubbotto da pilota che mi avete regalato tu e Liz.»
«Sono contento che tu lo abbia ancora.»
«Non me ne separerei mai» ribatto, ed è vero. «Dimmi quello che puoi, lo sai che ti aiuterò, o almeno ci proverò. Ma dimmi la verità, qualsiasi essa sia. Non importa quanto poco abbia voglia di sentirla, Dick.»
«Hai ragione quando dici che è successo qualcosa di grave» risponde lui cupo.
«Quanto grave?»
«Senza precedenti in termini di danni potenziali, a dire il vero. Benvenuta nel nostro mondo nuovo, dove nulla è come sembra.»
«Nulla è come sembra?» ribatto con le sue stesse parole. «Sembra proprio brutta. Di cosa stiamo parlando, esattamente?»
«Non posso e non voglio dirtelo. Devi trarne le tue conclusioni. Ma cerca di capirmi, Calli, non sono nella posizione di soddisfare la tua curiosità, per quanto intollerabile possa essere la cosa.»
«Intollerabile?» I miei sospetti riprendono a galoppare. «Avresti potuto evitare di dirmelo.»