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Villeneuve, palais de Griffon
Bertrand du Pouget ne aveva fin sopra i capelli di starsene segregato nelle stanze del suo secondo palazzo, lontano dalla vita e dai sollazzi di Avignone. Dopo quasi un anno trascorso senza progressi nella ricerca del Lapis exilii, iniziava a soffrire quella forzata inattività. Non che avesse scelta, naturalmente. Della città dei papi restava ben poco, se si ragionava in termini di sopravvissuti. Benché inaudito, sembrava proprio che gli angeli avessero sfogato l’ira divina sulle terre del successore di Pietro. Ma a turbare il cardinale era l’idea di morire di vecchiaia prima che il sole nero della peste smettesse di oscurare la terra.
Si alzò dal suo scranno ricoperto di velluto rosso e cercò consolazione nello scrigno riposto davanti a lui. Come sempre, prima di aprirlo si sincerò di aver chiuso a chiave l’ingresso dello studio. Nessuno, neppure il più fidato dei servi, doveva sapere.
Fece scattare il lucchetto e l’aprì.
La coppa e la punta di lancia scintillarono al barlume dei ceri. Più nere dell’ebano e quasi vibranti, emanavano una fragranza simile a quella dell’ambra, anche se più intensa. Il cardinale si chiese se si trattasse dello stesso profumo percepito dai pochi fortunati che avevano scoperchiato il sepolcro di un santo martire. Sempre ammessa l’esistenza di reliquie di veri martiri, in un mondo in cui l’apparenza valeva più della sostanza. Persino nel culto.
D’altro canto, se si poteva esser certi dell’autenticità di qualcosa, era il caso di quei due cimeli.
Da quando ne era entrato in possesso, Bertrand non aveva dubitato un istante che fossero legati al martirio del Cristo. Gli bastava sfiorarli per avvertire un flebile tepore e un immediato conforto, quasi fossero perennemente esposti alla fiamma della Grazia.
Riteneva di essere in salute, a dispetto dell’età avanzata, proprio grazie alla loro vicinanza. Il fatto stesso di essere scampato alla grande pestilenza la diceva lunga al riguardo.
Mancava ancora il Lapis exilii, tuttavia. L’ultima reliquia di Gesù Cristo, la più preziosa ed enigmatica. Il cardinale aveva speso molti anni a cercarla, con l’ambizione di servirsene per diventare papa, come suo padre. Ma adesso era obbligato a starsene al riparo dall’onda pestifera, in attesa dei progressi di padre Claret. Con il rischio di lasciarsi sfuggire Rocheblanche.
Dominò un moto d’ira, non ritenendo opportuno assecondare i bassi istinti al cospetto dei due sacri oggetti. Erano varchi sull’altro mondo, gli occhi del Dio giustiziere. Più scuri e impenetrabili della notte.
Il nitrito di un cavallo riportò la sua attenzione all’esterno. Richiuse lo scrigno e si sporse dalla bifora affacciata sulla corte del palazzo, a ridosso della salita per il forte di Villeneuve.
Erano sopraggiunti due messaggeri.
Il cardinale riconobbe sulle loro livree lo stemma pontificale di Avignone e si ritirò nella penombra, chiedendosi di cosa si trattasse. Poco dopo un servo bussò alla sua porta.
«Un messaggio, vostra eminenza!».
«Lascialo cadere dallo spioncino dell’uscio e vattene», gli ordinò Bertrand. Da quando infuriava la morte nera, evitava ogni contatto con chicchessia. Aveva inoltre preso l’abitudine di esaminare gli oggetti provenienti dall’esterno coprendosi il naso con un’arancia trafitta da così tanti gariofili18 da equiparare il valore di un cavallo.
Attese che il servo eseguisse l’ordine e si chinò sull’infimo rotolo di pergamena caduto sul pavimento.
Molto strano, pensò. Era stato inviato prima dell’estate da un’abbazia lungo il corso del fiume Padus. Pomposa. Un vero miracolo che fosse giunto a destinazione. In calce riportava il nome del vescovo Guido di Ferrara.
Sempre più curioso, du Pouget accostò la strisciolina di pergamena a una candela per leggere il testo. Poche parole dai caratteri minuscoli, ma assai pregnanti.
Se è nel vostro interesse trovare il cavalier de Rocheblanche e le reliquie del Cristo, inviate messi alla curia di Ferrara. Lo scrivente custodisce l’enigma del Lapis exilii.
Che il Signore vi protegga.
Bertrand rilesse il messaggio con maggior attenzione e rivolse un’occhiata piena di sconcerto allo scrigno appena chiuso. Erano in pochi, nelle peccaminose terre di Avignone, a poter sostenere di aver beneficiato di un’illuminazione divina. Ebbene, lui poteva finalmente ascriversi fra quei prescelti.
Non c’era più bisogno di attendere notizie da padre Claret, né di forzar la mano con quella sgualdrina di Eudeline de Rocheblanche.
Sapeva dove cercare.
Doveva soltanto aspettare che il contagio cessasse di mietere vittime.
Fosse anche rimasto l’unico uomo vivo a calcare la terra, si sarebbe messo comunque in viaggio. Per compiacere le proprie brame.
18 Chiodi di garofano, considerati terapeutici e talmente preziosi che una loro manciata valeva quanto mezzo bue.