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«Parlate a voce bassa, amico mio», disse Maynard, «o finirete per insospettire qualcuno».
Prima di annuire, Gualtiero si dovette riprendere dalla sorpresa. Sbalordito e al contempo felice, lo seguì con finta indifferenza in una via stretta ai margini della piazza. Soltanto allora Rocheblanche si tolse il cappuccio. Era pallido, segnato da profonde occhiaie.
«Voi non state bene, messere…».
«Non temete, mi rimetterò». Rocheblanche si guardò intorno, circospetto. «Cosa siete venuto a fare a Ferrara?»
«Ho consegnato la Vita Merlini».
«Impresa rischiosa, senza il mio appoggio».
Gualtiero si strinse nelle spalle. «Sua signoria ha chiesto di voi, e io non ho saputo cosa rispondere», aggiunse, d’un tratto curioso di sapere. «Cosa vi è accaduto?»
«Il visdomino Orsini mi ha teso un’imboscata». Con una smorfia sprezzante, Maynard si portò una mano al costato. «Se sono sopravvissuto, lo devo a un buttero che mi ha ripescato dal Padus e trascinato in un eremo dove ho ricevuto cure. Ero moribondo, ferito gravemente. Mi è servito tempo per ristabilirmi. Ma finché non sarò guarito del tutto, resterò nascosto a controllare il mio nemico».
«Intendete vendicarvi?»
«Ora non posso spiegare…». Si interruppe al passaggio di due uomini, quindi occultò il viso sotto il cappuccio e riprese il cammino lungo una strettoia che portava alla chiesa di Ognissanti.
Il giovane de’ Bruni lo seguì. «Degli armigeri sono giunti a Pomposa per chiedere di voi», lo avvertì a voce bassa. «Io non ho potuto vederli, ero nello scriptorium. L’abate però mi ha detto che erano al seguito del visdomino».
Maynard annuì. «Quel ribaldo dell’Orsini sospetta che sia sopravvissuto e continua a darmi la caccia. Anche la città brulica di sue spie».
A udir ciò, Gualtiero sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Superò a capo chino un capannello di gente davanti alla chiesa e imboccò insieme al compagno una vecchia contrada che correva verso ponente. «Un altro uomo vi sta cercando», lo avvertì non appena furono soli. «Un cavaliere francese».
«Il suo nome?», chiese Rocheblanche senza voltarsi.
«Non rammento bene. Mi ci sono imbattuto due notti fa, mentre fuggivo da Pomposa. È un barone. Vardois o Mandois, mi pare abbia detto…».
Maynard si arrestò all’improvviso e, quasi spaventandolo, lo afferrò per un braccio. «Robert de Vermandois?»
«Può essere…», disse il giovane con un sobbalzo.
«Devo assolutamente incontrarlo». Il francese si staccò da lui e allungò il passo. «Verrò con voi a Pomposa, oggi stesso».
«Sta bene, messere», esclamò Gualtiero. «Finché ci troviamo a Ferrara, però, pretendo da voi un favore».
Rocheblanche lo scrutò in tralice. «Di cosa si tratta?»
«Vorrei rivedere Isabeau».