NOTA DELL’AUTORE
Chi scrive romanzi d’avventura si aggira spesso tra le pieghe della Storia alla ricerca di bagliori capaci di rischiarare il proprio lavoro. Per conferire brio alla stesura di un’opera senza flettere il corso degli eventi, l’autore richiama in vita, all’occorrenza, i propri personaggi dal mondo fantastico nel quale li ha collocati. Grazie al loro coraggio, alla loro intraprendenza, sagacia e intelligenza – ma anche alla malvagità, perfidia, egoismo e avidità dei «cattivi» – si riescono a superare, nella narrazione, quei momenti in cui la Storia diventa un oscuro ripetersi di monotone cronologie.
Nella stesura di questo mio scritto ho avuto modo di constatare che la vita dei principali protagonisti storici, Cleopatra VII e il padovano Giovanni Battista Belzoni, è, da sola, un meraviglioso e avvincente romanzo d’avventura. Addentrandomi nello studio dei loro profili, mi sono stupito nel collezionare notizie curiose, particolari poco noti della loro capacità unica di cavalcare gli eventi convinti di essere protagonisti del corso della Storia. Questa mia affermazione parrebbe logica per l’ultima regina egizia, la cui vita resta comunque costellata di colpi di scena che neppure la più fertile mente di un autore sarebbe riuscita a inanellare. Per il Sansone Patagonico, Giovanni Battista Belzoni, invece – avventuriero, eroe, gigante, sognatore, innamorato delle antichità tra le quali si è aggirato alla disperata ricerca di un introvabile tesoro – le cose parrebbero più complesse. Ma, se il mio scritto ha contribuito a calarvi assieme a lui nel millenario silenzio delle piramidi, a trepidare nel riportare alla luce il tempio di Abu Simbel e i resti di un misterioso mondo, significa che il sentimento che ha animato ogni sua scoperta sopravvive alla leggenda e permane in ogni uomo libero. Un’emozione che si riaccende ogni volta che un esploratore indaga ciò che ignora per arricchire la propria conoscenza; per regalare agli altri anche un solo briciolo di sapere, un esempio da emulare, un percorso da seguire. Gli italiani, in particolare, sembrano contaminati da questa febbre che li spinge a comprendere ciò che è stato per meglio realizzare il futuro. Sarà forse perché noi, esulando da ogni campanilismo, siamo abituati ad attingere dal passato per vivere il nostro presente.
Cleopatra VII è stata dipinta via via come fredda ammaliatrice, donna volitiva e schiava del vizio. Addentrandomi per questo lavoro nella sua biografia mi sono convinto che l’ultima regina d’Egitto avesse chiare nella mente le sue ambiziose mete e fosse conscia del suo indubitabile fascino. La mia personale opinione è che sia inciampata in una variabile che non aveva considerato nella sua rincorsa verso l’eterna gloria: l’amore.
Cleopatra, viziata come una regina e ambiziosa come una sovrana, è caduta vittima del sentimento più nobile, semplice, incontrollabile e assoluto. Quello stesso che, pur assieme ad altre concause, spingerà la discendente di Alessandro e Tolomeo all’estremo gesto. Fatto sta che, tra i tanti sovrani che hanno attraversato la Storia, ancora il suo nome è vivo a riporta alla mente un passato fatto di sfarzi, lotte per il potere ed espedienti per raggiungerlo. E amori incontrollabili capaci di travolgere, da soli, l’equilibrio di interi continenti.
Mi sono invece convinto che Giovanni Battista Belzoni sia stato un animo nobile, un gigante incapace di sfruttare in maniera malvagia la propria forza. Ma anche un inguaribile sognatore, un pioniere insaziabile, una mente fertile posta dinanzi a un terreno disseminato delle vestigia di un mondo che ancora oggi ci appare ricco di misteri irrisolti.
I metodi da lui spesso utilizzati farebbero oggi inorridire gli egittologi. Ma va detto che dobbiamo a lui buona parte della conoscenza di quell’antico regno e del fascino che, dopo millenni, ancora riesce a risvegliare.
A proposito di risvegli: il 22 aprile del 2015 la cosiddetta Testa di Belzoni, ovvero tutto ciò che resta di una mummia ceduta da Sarah Belzoni al Museo di Bruxelles, fu vittima di un furto rocambolesco: un malfattore penetrò nel magazzino dove la testa era custodita e la sottrasse, sostituendola con una copia di cartapesta. Per fortuna il reperto fu recuperato e restituito al museo. Oggi rimane muto testimone dell’esistenza unica e audace del Sansone Patagonico. A tenergli buona compagnia, il sorriso enigmatico del busto di Ramses II che troneggia al centro della sezione egizia del British Museum, le ciclopiche statue a guardia della facciata monumentale del tempio di Abu Simbel, i disegni policromi nella tomba di Seti I, l’ingresso angusto della piramide di Chefren, le statue in diorite della dea Sekhmet e tante altre vestigia del passato. Tutti reperti giunti sino a noi grazie all’intrepido Giovanni Battista Belzoni, il pioniere che ci ha lasciato insegnamenti indispensabili per conoscere una civiltà meravigliosa, magica e misteriosa.
A tutti voi, che avete avuto la pazienza di leggermi sino a questo punto, arrivederci alla prossima avventura...