42

«Muoio dalla voglia di togliermi questo gesso» si lamentò Rachel. «Mi sta facendo impazzire.»

Ethan sorrise mentre versava due tazze di caffè. Alzò gli occhi e vide sua moglie seduta al tavolo della cucina che dava sul giardino, con il giornale aperto davanti. Ma non era quello ad attirare la sua attenzione. Rachel aveva raddrizzato il gancio di metallo di una gruccia e stava cercando di inserirla nel gesso per placare il suo prurito.

Sua moglie.

Non si sarebbe mai stancato di usare quella parola. O di sentirla. O di pensarci.

«Ti farai un buco nel braccio con quello» le disse con leggerezza mentre le metteva davanti il caffè. «E probabilmente ti avvelenerai. O prenderai il tetano. È arrugginito?»

Rachel lo fulminò con lo sguardo per un attimo, poi rise e gettò da parte il gancio.

«Fa prurito e non riesco a farlo smettere.»

Ethan si sporse in avanti e la baciò, assaporando quel breve contatto. Sembrava così normale e così fuori moda, il genere di bacio che si scambiano le coppie quando stanno insieme da molto tempo. Ethan amava quella sensazione di conforto con lei, anche se non avevano ancora superato tutti i problemi. Ci stavano provando, e quello era l’importante.

«Mancano ancora poche ore al tuo appuntamento e, se tutto va bene e le radiografie sono buone, ti toglieranno il gesso.»

Rachel sorseggiò il caffè e sprofondò nella poltrona con un sospiro. «Non vedo l’ora.»

Mise giù la tazza e spinse il giornale verso di lui. «Hai visto i titoli? Sembra che non sentiremo parlare del nostro amico Castle per un bel po’ di tempo.»

Ethan fece una smorfia e accartocciò il margine del giornale nel pugno mentre esaminava l’articolo. Avrebbe voluto che quel bastardo morisse per ciò che aveva fatto ma, come era prevedibile, il senatore aveva patteggiato. Non che ci avesse guadagnato molto. Sarebbe rimasto in prigione ancora a lungo.

Ethan fantasticò su Castle in prigione insieme a detenuti che mettevano i politici sullo stesso piano dei molestatori di bambini e agivano di conseguenza.

Rachel continuò a bere il suo caffè, con lo sguardo fisso sul panorama che aveva supervisionato durante le ultime settimane. Ethan aveva lavorato instancabilmente per rivoluzionare il giardino. Fra Rachel e sua madre, era certo di aver lavorato meno sotto le armi.

Gli occhi di Rachel scintillarono divertiti ed Ethan si chiese cosa stesse pensando. Non aveva ancora recuperato completamente la memoria, ma migliorava giorno dopo giorno. Più riconquistava la salute, sbarazzandosi degli effetti della droga da cui era stata dipendente così a lungo, più sembrava ricordare.

«Allora, chi ha fatto Babbo Natale l’anno scorso?» gli chiese.

Lui sbatté le palpebre per la domanda bizzarra. «Cosa?»

«Natale. Il vecchietto con i regali, hai presente?»

Ethan si accigliò e tentò di scacciare l’ombra che gli pesava sul cuore. «Lo scorso Natale non è stato bello, piccola. Dubito che lo sia stato per chiunque. L’ho passato da solo. Qui.»

Rachel si intristì e allungò la mano sana per stringere la sua. «Mi dispiace. Sono stata insensibile.»

Ethan sorrise. «No, tu hai dimenticato cosa è successo e questa è una buona cosa. Noi pensavamo di averti persa, ma non era così. Perché mi chiedevi di Babbo Natale?»

Rachel riacquistò il sorriso e i suoi occhi luccicarono come diamanti. «Be’, se nessuno ha fatto Babbo Natale l’anno scorso, significa che tocca a Garrett.»

Ethan gettò la testa all’indietro e rise. «Veramente glielo abbiamo già ricordato. Non credo che ne sia entusiasta, ma per te e la mamma lo farà.»

«Potremmo fare di Rusty la sua aiutante. Fra tutti e due faranno una magnifica interpretazione del Grinch che rubò il Natale

Ethan sussultò. «Ahi. Probabilmente non è una buona idea mettere insieme quei due e aspettarsi dell’allegria. Oltretutto stai ipotizzando che Rusty sarà ancora qui, per Natale.»

Rachel assunse un’espressione pensosa. «Oh, penso che sarà qui. Lei ama Marlene e Frank. È con voialtri che ancora non c’è grande simpatia.»

«Già, be’, la cosa è reciproca» disse Ethan. «Quella ragazza è una spina nel fianco.»

«Proprio come dovrebbero essere le ragazzine» disse dolcemente Rachel.

Ethan gemette. «Sei peggio della mamma.»

«Dalle una possibilità, Ethan. È giovane e disorientata e ha avuto una vita difficile. Tutti noi meritiamo una seconda possibilità.»

Lo aveva battuto. Ragazzi, gliel’aveva fatta. Lui più di tutti avrebbe dovuto conoscere il valore di una seconda possibilità. Preso dall’emozione e dalla gratitudine proprio per la sua seconda possibilità, Ethan tirò a sé Rachel perché gli sedesse in grembo.

Lei si accoccolò sul suo petto e appoggiò il gesso sul tavolo.

«Ti amo» gli disse mentre gli baciava il collo.

«Ti amo anch’io, piccola. Noi siamo la quintessenza della seconda possibilità, lo sai?»

Rachel girò la testa per guardarlo negli occhi. Il suo labbro inferiore aveva un broncio invitante e lui non riuscì a resistere alla tentazione di mordicchiarlo.

«Qualche volta le seconde possibilità sono le migliori in assoluto» mormorò Rachel. «Perché questa volta la useremo bene.»