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Il fetore della morte ristagnava pesantemente nell’aria. Rio sollevò una mano per fermare i suoi uomini e poi fece segno di aprirsi a ventaglio e accerchiare la zona. Le sue budella gli dicevano a gran voce che la situazione era anomala. Assolutamente.

L’aria sapeva di sangue. Sangue fresco. Le sue narici si dilatarono e fremettero mentre prendeva posizione in un folto groviglio di piante. Si mimetizzò nell’ambiente, più simile a un camaleonte che a un essere umano. Con movimenti lenti e cauti puntò il mirino del fucile sull’accampamento sottostante e fece una rapida ispezione.

Mentalmente si fece il segno della croce. Gesù, Giuseppe e Maria, ma era una visione disumana, eppure in materia di morte e omicidi aveva visto tutto quello che c’era da vedere.

Quella davanti a lui non era una normale zona di guerra. Era un messaggio. Sanguinoso. I corpi erano sparsi su tutta l’area come rifiuti lasciati in giro in un campeggio.

Chiunque avesse perpetrato il massacro se n’era andato da almeno dodici ore. Rio non riuscì a rilevare alcun movimento, nessun segno di vita dal villaggio silenzioso. Ma non avrebbe corso alcun rischio con i suoi uomini, almeno finché non fosse stato sicuro che l’area era sgombra.

Osservò e aspettò con pazienza. Perfino i rapaci spazzini avevano trovato i corpi ancora freschi e, nella giungla, rovistare tra i rifiuti talvolta faceva la differenza fra vivere e morire.

Si spostò con cautela dal suo nascondiglio ed emise un sommesso richiamo ai suoi uomini per farli convergere sull’accampamento. Arrivarono in un cerchio serrato, fucili alzati e sguardi saettanti a destra e sinistra per cogliere il minimo avvertimento di una presenza.

I morti non producevano alcun suono, e tutto ciò che rimaneva in quel campo erano loro.

Rio scavalcò due corpi ai margini della radura dove cominciavano le capanne e la giungla cedeva il posto all’accampamento. Rachel Kelly era stata tenuta prigioniera per un anno in un luogo simile a quello. La rabbia gli bruciò nelle vene. Quello non era posto per una donna. Non era possibile sapere che cosa le avessero fatto quegli animali.

Notò con lugubre soddisfazione che quei vermi erano stati uccisi senza alcuna pietà. I poveri bastardi non se ne erano nemmeno accorti. Chiunque avesse effettuato l’attacco era entrato con una potenza di fuoco degna di un esercito.

Terrence penetrò al centro dell’accampamento e guardò Rio. Poi segnalò campo libero. Uno dopo l’altro i suoi uomini uscirono dalla giungla, le espressioni del viso indurite mentre esaminavano la carneficina.

«Vedo che qualcuno ha fatto il lavoro per noi» disse Terrence mentre Rio gli si avvicinava.

«Però i morti non parlano» ribatté l’altro disgustato.

Terrence annuì. «Forse è per questo che li hanno ammazzati.»

«È una coincidenza notevole che, pochi giorni dopo che i nostri amici erano qui per ricostruire l’accampamento distrutto durante il salvataggio di Rachel, qualcuno sia arrivato e abbia raso al suolo tutto quanto. E io non credo alle coincidenze.»

«Già, troppo fortuito se vuoi la mia opinione» concordò Terrence. «Chiunque sia stato, non ha voluto lasciare questioni in sospeso, questo è certo.»

Rio si accigliò. Sam non ne sarebbe stato contento. Dannazione, nemmeno lui lo era. Aspettava con ansia di prendere a calci in culo un cartello della droga. Servirsi delle donne in guerra era da femminucce. Sarebbe stato divertente vedere se quei vermi avrebbero fatto i duri quando non dovevano vedersela con una donna indifesa.

Si guardò intorno mentre i suoi uomini si addentravano nel campo disseminato di corpi. Che diavolo stavano nascondendo in quel posto? La ‘morte’ di Rachel era stata accuratamente orchestrata. Era stata strappata alla sua famiglia e tenuta prigioniera in un lurido buco simile a quello. Perché? Non aveva alcun senso, e in più qualcuno si era sobbarcato un mare di fatica per accertarsi che la domanda non avesse risposta.

«Che facciamo adesso?» domandò Terrence, guardando i corpi sparsi a destra e sinistra.

«Di sicuro non li seppelliremo» borbottò Rio. «E non diremo nemmeno un’Ave Maria. Lasciamoli bruciare all’inferno.»

Si interruppe quando un debole suono arrivò da pochi metri di distanza. Lui e Terrence sollevarono i fucili e li puntarono verso uno dei morti. Solo che quello non lo era.

«Respira ancora» disse Terrence.

Rio si precipitò su di lui e, dopo essersi accertato che non stesse cadendo in una trappola suicida, si inginocchiò accanto a un uomo gravemente ferito.

«Hablas español?» gli chiese.

Gli occhi dell’uomo si aprirono appena. «Inglese» mormorò. «Parlo inglese.»

Rio e Terrence si scambiarono uno sguardo. Che cazzo ci faceva un americano invischiato con un cartello della droga colombiano?

L’uomo tossì e un fiotto di sangue gli schizzò dalla bocca. Fissò lo sguardo vitreo su Rio. «Non ho molto tempo.» Ogni parola sembrava uscire con precisione lancinante. La sua respirazione era talmente gravosa che il petto si alzava e abbassava in maniera esagerata. «Ho tentato di aiutarla. L’ho protetta più che ho potuto. Ma non si può anteporre nessuno al bene della missione. Lo sai anche tu. Sei un soldato.»

«Che cazzo stai dicendo?» ringhiò Rio. «Sei una specie di fottuto agente del governo e sei rimasto a guardare mentre Rachel Kelly veniva torturata e tenuta prigioniera per un anno?»

L’uomo chiuse gli occhi e altro sangue gli sgocciolò dagli angoli della bocca. «Non avevo scelta. Ho fatto quello che ho potuto. Drogarla era la cosa più caritatevole che potessero farle. Ho mandato delle informazioni alla sua famiglia nella speranza che venissero a prenderla.»

«Già, be’, l’hanno fatto» rispose Rio fra i denti. «Avete scelto la donna sbagliata per rompere il cazzo.» Il suo sguardo esaminò il villaggio distrutto e i corpi sul terreno. «Chi è stato? Non siamo stati noi.»

L’uomo scosse la testa. «Lui lo sa. Ormai deve saperlo. Non avrebbe lasciato vivo nessuno con cui aveva stretto un patto.» Chiuse gli occhi ed emise uno strano suono strozzato.

«Chi è che sa?» domandò Rio. Scosse la spalla dell’uomo per riportarlo alla coscienza. «Chi c’era dietro tutto questo?»

Gli occhi dell’uomo si riaprirono palpitando. «Lei non è al sicuro. La perseguiterà ancora.»

Poi i suoi occhi si fecero vitrei e la testa ciondolò di lato con lo sguardo fisso nella morte.

«Merda» esclamò Terrence. «Questo non ci dice assolutamente nulla.»

Rio si alzò e aggrottò la fronte. Non gli piaceva per niente quella storia. «Andiamocene di corsa da qui, così potrò fare rapporto a Sam.»

«Steele sarà deluso» disse Sam con un sorriso ironico. «Era già incazzato perché non lo abbiamo aspettato per entrare in azione.»

«Fanculo Steele. Non gestisce lui la mia squadra. Deve prendersi cura dei suoi feriti invece di preoccuparsi di quello che facciamo noi.»

«Glielo diciamo, in modo che non parta, o lo lasciamo venire qui prima di dirgli che la missione è stata abbandonata?»

Rio sorrise mentre scambiava uno sguardo astuto con il compagno. Far incazzare Steele era forse il miglior divertimento che avessero in quel momento.

«Raduna tutti e cominciamo a muoverci. Non voglio essere qui in caso chiunque abbia insanguinato la giungla decida di tornare.»

La mano di Terrence si sollevò in aria, ma lui aveva un sorrisetto sul viso. Non era stato deciso niente a proposito di Steele, ma sapevano entrambi che l’avrebbero fatto arrivare tutto eccitato per poi fargli una doccia fredda.

Si divertivano come potevano.