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«Rusty è scomparsa!» disse Marlene, agitando febbrilmente le mani.

«Calmati, mamma» la blandì Joe.

Sua madre gli lanciò un’occhiataccia. «Non ho intenzione di calmarmi. Sono stufa dei figli che mi dicono di calmarmi.»

«Che significa ‘è scomparsa’?» domandò Nathan.

Marlene alzò le mani mentre passava in rassegna tre dei suoi figli che ciondolavano in salotto. Nessuno di loro sembrava provare la minima preoccupazione per il fatto che Rusty fosse fuggita. La ragazza era rimasta silenziosa da quando avevano ricevuto la notizia del ritorno di Rachel, ma Marlene non si aspettava che scomparisse proprio il giorno in cui sua nuora doveva arrivare.

«Certe volte mi chiedo se il buonsenso non sia stato distribuito molto prima che arrivaste voi due» borbottò.

Nathan sussultò. «Ahi, mamma. Non era necessario.»

Donovan scoppiò a ridere. Ma prima che potesse uscirsene con una battuta scherzosa, Marlene lo zittì con un cipiglio ben mirato.

«Voglio che tutti voi alziate il sedere e mi aiutiate a trovarla. Adesso non me ne posso occupare. Rachel può arrivare da un momento all’altro e Rusty è scomparsa.»

«Non hai mai pensato che magari se ne volesse andare?»

Donovan disse con cautela: «Non puoi costringerla a restare, mamma. È una ragazzina problematica. Non puoi salvarli tutti.»

«Non mi interessa se vuole scomparire, non credo proprio che voglia starsene fuori da sola, nemmeno per un minuto. Deve riportare il suo posteriore a casa. Non ho idea di cosa sia successo, ma a meno che non lo senta dalle sue labbra, noi la tratteremo come un membro della famiglia bisognoso d’aiuto. Se ti dicessi che uno dei tuoi fratelli è scomparso, te ne staresti qui a blaterare? Di sicuro non avresti perso tempo per correre dietro a Rachel, se avessi saputo che era nei guai.»

Nathan si accigliò e si alzò. «No, aspetta un attimo, mamma. Non puoi paragonare quella ragazzina a Rachel. Lei vi sta usando e basta.»

Le labbra di Marlene si tesero. «Vi voglio tutti e tre fuori di casa per cercarla. Non osate tornare senza di lei. Io andrò con il pick-up insieme a vostro padre. Nel momento in cui la trovate, mi telefonate, chiaro?»

Joe sospirò e alzò gli occhi al cielo.

«Non mancarmi di rispetto in questo modo, giovanotto» scattò sua madre.

«Sì, signora» le rispose docilmente.

Con le facce scontente, tutti e tre si alzarono dal divano e uscirono.

Nathan salì sulla sua Dodge e lanciò ai fratelli uno sguardo di rassegnata comprensione mentre montavano nelle rispettive auto. Quando la mamma si metteva in testa una cosa, non c’era modo di sfuggirle. Avrebbe rivoltato come un calzino tutta la Stewart County per cercare quella Rusty.

Nathan uscì dal vialetto in retromarcia e si diresse verso ovest. Avrebbe percorso le strade provinciali che costeggiavano il lago lasciando Dover ai suoi fratelli.

Guidava un po’ troppo velocemente, ma bruciava d’impazienza. Era molto più interessato alla notizia che Ethan e Rachel stessero tornando casa, e desiderava ardentemente vedere Garrett per avere un resoconto dettagliato della faccenda. Ma avrebbe dovuto aspettare, dal momento che era impegnato in una sciocca commissione per conto della sua sconsiderata madre.

Non era un pensiero giusto, supponeva, ma la sua irritazione non gliene concedeva altri più caritatevoli. Marlene aveva il cuore più tenero di chiunque altro. Troppo tenero. E quando si metteva in testa qualcosa, niente e nessuno poteva farle cambiare idea.

Per mezz’ora setacciò i sentieri tortuosi vicini alla 232, poi tornò indietro mentre procedeva verso sud costeggiando il lago. Aveva appena incrociato Leatherwood Creek quando superò la curva e vide una figura solitaria che camminava sul ciglio della strada. Rusty.

Rallentò e abbassò il finestrino del passeggero mentre la raggiungeva. Quando parcheggiò accanto a lei, la ragazza gli lanciò uno sguardo sospettoso e poi, quando lo riconobbe, si irrigidì.

«C’è un motivo specifico per cui passeggi da sola lungo l’autostrada quando mia madre è quasi fuori di sé per la preoccupazione?» scattò Nathan.

Lei fissò lo sguardo avanti e continuò a camminare, spalle rigide e mascella contratta.

«Non gliene importa niente di me» borbottò.

«Oh, davvero. Suppongo sia per questo che ti ha raccolta, nutrita, vestita, dato un posto dove stare, e che ci sta facendo impazzire tutti chiedendoci di accoglierti, di non dirti nemmeno mezza parola e buttandoci fuori per cercarti, quando faremmo meglio a concentrarci sul ritorno di Rachel.»

Rusty si fermò di colpo, con le labbra piegate in una smorfia. «Rachel. Ne ho piene le scatole di sentir parlare di lei. Rachel è meravigliosa. ‘La mia figlia adorata.’ Tutti amano Rachel. Marlene non ha bisogno di me adesso che la sua vera figlia è tornata.»

Malgrado l’irritazione, mentre osservava la ragazza Nathan si addolcì. Stava soffrendo e stava cercando con tutte le sue forze di non mostrargli quanto.

«Sali» le disse.

Lei scosse la testa.

«Dài. Faremo un giro. Se non vuoi tornare a casa, faremo solo una passeggiata.»

Rusty esitò e le sue labbra tremarono. Nathan allungò un braccio e aprì lo sportello. La ragazza sospirò e salì sul sedile del passeggero.

«La cintura» le disse con pazienza.

Lei aggrottò la fronte, ma si sistemò la cintura intorno al corpo e agganciò la chiusura.

Nathan continuò a guidare sull’autostrada, per far capire a Rusty che non la stava riportando a casa.

«Bene, puoi dirmi perché credi che una cosa meravigliosa come il ritorno di Rachel possa cambiare i sentimenti di mia madre per te?»

«Io non sono nessuno» rispose lei imbronciata. «Solo una che le fa pena. Si sentiva triste a causa di Rachel, e immagino abbia pensato che io potessi sostituirla.»

«Questo te lo ha detto lei?»

Rusty esitò. «Ehm, no.»

«Forse l’hai sentito per caso.»

Lei scosse la testa di nuovo, accigliandosi quando capì dove Nathan voleva arrivare.

«Oppure mia madre ha fatto qualcosa che ti ha indotta a pensare che non sia sincera e che si diverta a prendere in giro ragazzine che hanno dei problemi?»

«Lo sai che non è così» borbottò Rusty.

«Mmm... okay, allora ho esaurito le ipotesi. Forse dovresti semplicemente spiegarti meglio. I ragazzi sono lenti.»

Rusty rimase in silenzio per un bel po’ mentre si studiava le mani che teneva in grembo. «Ho pensato che... Ho ipotizzato che, dato che Rachel stava per tornare, lei non mi avrebbe voluta più.»

Nathan si sporse e le prese una mano, ignorando il suo sussulto di sorpresa. «Capisco perché puoi esserti sentita così. Ma una cosa che devi imparare è l’illimitata capacità di mia madre di prendersi cura degli altri. Ha insegnato a scuola per anni, ed è ancora in grado di ripetere il nome di ogni studente che è passato nella sua classe.»

Fece una risatina. «Se è per questo, immagina di essere il figlio più piccolo, con cinque fratelli più grandi. Semmai qualcuno dovesse sentirsi escluso e trascurato, quello dovrei essere io. Ma lei riusciva sempre a far sentire speciale ognuno di noi, come fossimo l’unica persona dell’universo che contava per lei. Non mi fraintendere. Mia madre non è un’ingenua, e quando si fissa su qualcosa, è come un alligatore che punta carne fresca.»

Le labbra di Rusty tremarono e lei ritrasse le mani da quelle di Nathan. «Non sono abituata a qualcuno a cui frega qualcosa di me.»

«Be’, forse è ora che impari a farlo» le rispose semplicemente.

Le labbra di lei si contrassero di nuovo mentre sembrava alzare le sue difese. «Perché ti importa? Io non piaccio né a te né ai tuoi fratelli. Preferireste che me ne andassi comunque.»

«Qui non si tratta di me o dei miei fratelli, quindi non rigirare la frittata. A mia madre importa di te. Noi non ti conosciamo. Ci preoccupa che tu stia approfittando di lei? Cavolo, sì. E puoi scommettere che ti staremo alle costole e se fai un passo falso, ti salteremo addosso come un branco di leoni. Ma finché non fai cazzate, non hai niente da temere.»

«Stai dicendo che vuoi che torni a casa?» gli domandò sospettosa.

Nathan sospirò. «Piantala di distorcere le mie parole e datti una mossa, Rusty. Sei in grado di decidere da sola e assumertene la responsabilità. Se vuoi tornare, allora smettila di sprecare il tuo e il mio tempo e dillo. Ti riporterò indietro senza fare domande. Se invece non vuoi, allora va bene, ma lo dirai in faccia a mia madre invece di svignartela come una vigliacca ingrata.»

Rusty spalancò la bocca, scioccata, poi inaspettatamente sorrise e quel sorriso le trasformò completamente il viso. Al posto della persona imbronciata e sconfitta, c’era una ragazza giovane e vivace che era anche piuttosto graziosa.

«Mi piace la gente che non mente e dice le cose come stanno.»

Nathan rise. «Allora dovresti andare piuttosto d’accordo con il clan dei Kelly. Quindi, andiamo a casa o no?»

Una scintilla le luccicò negli occhi e Rusty parve... speranzosa. Perfino eccitata. Poi, improvvisamente com’era scoppiata, la fiamma della felicità si smorzò e lei lo guardò con apprensione.

«Sei sicuro? Cioè, sei sicuro che lei mi voglia?»

Nathan la fissò a lungo e ringraziò il cielo per non essersi mai sentito indesiderato in tutta la sua vita. «Sì, Rusty. Ne sono sicuro.»