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Marlene si svegliò presto, come d’abitudine. Troppi anni trascorsi ad accompagnare un branco di bambini dove dovevano andare e poi a uscire presto per recarsi al lavoro a scuola. Frank non era diverso da lei. Negli ultimi trent’anni aveva gestito l’unico negozio di computer della piccola città in cui vivevano e, piovesse o splendesse il sole, apriva alle sette del mattino per sei giorni alla settimana.

Diede una sbirciata nella stanza di Rusty, quasi temesse di non trovarla più lì, ma ciò che vide fu una ragazzina immersa in un sonno profondo e con le coperte tirate fin sotto il naso. L’espressione della donna si addolcì mentre la guardava dalla porta. Qualsiasi fosse la sua storia, sicuramente non era delle più felici.

Silenziosamente uscì dalla stanza e si richiuse delicatamente la porta alle spalle. Poi scese al piano di sotto per preparare la colazione. Infornò i biscotti, cominciò a friggere il bacon e mise a bollire il porridge di mais. Ruppe le uova uno alla volta lasciandole cadere in una ciotola.

Era strano non avere nemmeno uno dei suoi ragazzi che faceva capolino la domenica mattina. Erano perennemente affamati e la domenica a casa Kelly si preparava una colazione in grande stile. Ultimamente passavano molto più tempo fuori casa. Nathan e Joe erano in servizio all’estero e Sam, Garrett e Donovan sembravano sempre impegnati in una qualche missione riservata per il KGI.

Soltanto Ethan era spesso a casa. Fino a quel momento. Marlene sospirò mentre sbatteva le uova un po’ troppo energicamente. Ethan aveva condotto una vita troppo quieta dopo la morte di Rachel. Si era isolato dalla famiglia. L’unica volta in cui Frank lo aveva visto era stato quando era piombato al negozio per dare una mano, ma anche allora era stato schivo.

E adesso, all’improvviso, se ne andava in missione insieme a Sam? C’era qualcosa che non quadrava. «E non pensate che non lo scoprirò» borbottò.

Quei ragazzi credevano sempre di poterla raggirare, ma nessuno di loro era mai riuscito a nasconderle qualcosa a lungo.

Quando udì un rumore proveniente dalle scale, alzò gli occhi. Era Rusty, con la maglietta e i jeans di Rachel, i capelli arruffati e un’espressione guardinga sul viso.

«Buongiorno» le disse Marlene allegra. «Hai fame?»

Continuando a tenerla d’occhio, Rusty avanzò con prudenza fino al bancone. «Sì.»

«Molto bene. Frank scenderà fra un attimo e faremo una buona colazione.»

Rusty si appollaiò sul bordo di uno sgabello da bar e osservò Marlene mentre versava le uova nella padella. La donna girò il bacon e abbassò la fiamma sotto il porridge per farlo cuocere a fuoco lento.

«Non mi piacciono le uova.»

«Mi dispiace sentirlo, visto che le sto cucinando. Be’, sta a te decidere, puoi mangiarle o restare affamata.»

«Non vuoi sapere quando me ne andrò?» disse la ragazza in tono bellicoso.

«No, dato che non ti ho chiesto di andartene.»

Rusty corrugò la fronte e si agitò nervosamente sullo sgabello. «Quindi non te ne importa se rimango?»

«Mi preoccupa il fatto che ci sia qualcuno in pensiero per te. Mi sembra doveroso da parte tua almeno far sapere ai tuoi dove sei.»

Gli occhi di Rusty si fecero di ghiaccio e il suo corpo si irrigidì. «Io non ho nessuno. E neanche me ne frega niente.»

Marlene l’aveva immaginato, ma non voleva prendere in casa quella ragazza se da qualche parte aveva una famiglia preoccupata per lei.

Proprio in quel momento Frank scese con calma le scale ed entrò in cucina. Si fermò per baciare sulla guancia Marlene prima di girarsi verso il bancone. Rivolse un’occhiata diffidente a Rusty, ma si sedette senza fare commenti. Neanche lei gli fece esattamente le feste.

Si squadrarono come due animali guardinghi, ognuno in attesa di una mossa imprevedibile da parte dell’altro.

«Allora stai dicendo che vuoi rimanere?» domandò Marlene con noncuranza.

Rusty si accigliò. «Non ho detto questo.»

Marlene si girò mentre tirava su la padella e faceva scivolare le uova su un piatto. «Frank, prenderesti gli scones per favore?»

Sistemò il bacon accanto alle uova e poi svuotò il porridge in una ciotola. Dopo che ogni cosa fu posta sul bancone, prese posto di fronte a Rusty e Frank e fece segno a entrambi di cominciare.

«Allora te ne vuoi andare dopo la colazione?» domandò Marlene mentre imburrava uno scone.

Le labbra di Rusty si curvarono in una smorfia sardonica. «Vuoi che me ne vada, vero?»

«Se volessi che tu te ne vada, te lo direi. Non ho peli sulla lingua.»

«Questo è certo» borbottò Frank.

Sua moglie gli lanciò uno sguardo di rimprovero. Qualcosa che somigliava a un sorriso aleggiò sulle labbra di Rusty.

«Mi piacerebbe che restassi, se questo è quello che vuoi» disse alla ragazza. «Ma se accetti la mia offerta, dovrai essere onesta con me. Su ogni cosa. E ci sono delle regole.»

Frank sbuffò e Marlene gli lanciò un’altra occhiataccia.

«Non farla cominciare con le regole» disse Frank con un sospiro di rassegnazione. «Limitati ad annuire e a dire ‘sì, signora’.»

Marlene guardò Rusty negli occhi. «Ti sembra qualcosa con cui poter convivere?»

Rusty si dimenò, imbarazzata dallo sguardo severo della donna. Piluccò il cibo e giocherellò con la forchetta su un pezzo di bacon. «Che succede se cambi idea?»

Marlene si impose di non reagire di fronte alla paura e all’incertezza nella voce della ragazzina. Perché Rusty era proprio questo: una ragazzina. Anche se tentava con tutte le sue forze di atteggiarsi da adulta, restava pur sempre una bambina.

«Non cambierò idea, Rusty. Finché rispetterai le mie regole e la mia casa, andremo perfettamente d’accordo.»

Per un lungo momento Rusty fissò Marlene, come se non riuscisse a credere a ciò che stava sentendo. Poi lanciò un’occhiata di traverso a Frank.

«Allora resto. Per ora» si affrettò ad aggiungere.