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«Avremmo dovuto far venire Sean insieme a noi» brontolò Frank. «E come ti è venuto in mente di lasciare Rusty da sola a casa nostra? Saremo fortunati se ne avremo ancora una quando torneremo. Probabilmente ci ha spediti a caccia di farfalle. Come facciamo a sapere che ci stava dicendo la verità?»

Marlene strinse le labbra mentre lasciavano la strada provinciale per immettersi su un sentiero fangoso a malapena sufficiente a ospitare il pick-up. «È importante dimostrarle che ho fiducia in lei.»

Frank sbuffò. «Fiducia? L’hai conosciuta soltanto la notte scorsa. La fiducia si guadagna, Marlene. Devi scendere dalle nuvole.»

La donna sospirò mentre si fermavano di fronte a una roulotte fatiscente coperta da erbacce e rami che non venivano tagliati da anni.

«Perlomeno avresti dovuto permettermi di portare il fucile. Ti sembra che questa gente voglia compagnia?»

«Frank, smettila. Guarda questo posto. Non è per Rusty. Ti meraviglia che sia scappata?»

Il cuore di Marlene si stringeva per il dolore e la sfiducia che aveva letto negli occhi della ragazzina. Occhi troppo tristi e maturi per la sua giovane età.

«Diamoci un taglio» brontolò Frank. «E voglio che tu resti dietro di me finché non sarò certo che non ci sono pericoli, okay?»

Marlene annuì e scesero entrambi dal pick-up. Prima che potesse chiudere lo sportello, un uomo uscì dalla porta a zanzariera che pendeva dall’unico cardine a cui era attaccata.

«Qualsiasi cosa vendiate, noi non la vogliamo» gridò in tono bellicoso. Se non altro adesso sapeva da dove l’avesse imparato Rusty, pensò Marlene.

Si allontanò dal pick-up e rispose a voce alta: «Siamo qui per parlare di Rusty.»

«Che ha fatto stavolta quella scema? Non ho soldi per tirarla fuori di prigione, quindi potete pure andarvene. Se la cava da sola.»

«Su questo non c’è dubbio» commentò Marlene a bassa voce.

Frank le si mise davanti e tese indietro una mano per farle segno di non muoversi e di stare zitta.

«Lei è suo padre?» domandò all’uomo.

«Non credo siano affari suoi.»

«Be’, dobbiamo parlare con chiunque sia incaricato della sua custodia.»

L’uomo lo fissò per un lungo momento, poi si ficcò le mani nei jeans stracciati e gonfiò il petto. «Non ha nessuna parentela con me. Lei e sua madre vivevano qui insieme a me, ma sua madre ha levato le tende, senza dire quando o se tornerà. La ragazzina sta seguendo la stessa strada. Se n’è andata da una settimana.»

Marlene chiuse gli occhi per trattenere le lacrime. Una settimana. Una settimana da sola senza cibo, spaventata a morte e senza un posto dove tornare. Rusty non aveva mentito su questo.

La donna prese la mano di Frank e la strinse con urgenza. Lui ricambiò il gesto.

«Quindi lei non è il suo tutore legale.»

«Maledizione, no. Quello toccherebbe a sua madre. Io me ne sono lavato le mani, di tutt’e due. E finalmente, dico.»

«Grazie» rispose Frank. Si voltò e fece segno a Marlene di tornare sul pick-up.

«Chi avete detto che siete?» gridò l’uomo. «E che è successo a Rusty?»

Frank girò intorno al pick-up fino allo sportello del posto di guida, poi guardò il tizio. «Non l’ho detto. Grazie per il suo tempo.»

Entrò in macchina e accese il motore. Si allontanarono di circa tre chilometri prima che aprisse bocca. E lo fece soltanto per farne uscire un fiume di imprecazioni.

«Dovrebbero fucilarlo» brontolò.

Marlene fece fatica a trattenere un sorriso. Conosceva bene Frank. Magari poteva fare una faccia da duro, abbaiava sempre più di quanto non mordesse, ma dentro di sé aveva il cuore tenero come lei, se non di più.

«Quindi immagino che non ti dispiaccia se lei resta.»

«Le servirà qualche vestito decente. Potresti portarla a fare compere a Clarksville. Non possiamo farla andare in giro con i vestiti smessi di Rachel per sempre.»

Marlene allungò la mano e la appoggiò su quella del marito.

Rusty sedeva sullo stesso sgabello sui cui si era appollaiata un’ora prima, quando Marlene e Frank erano usciti. Aveva una postura rigida e un’espressione imbarazzata. Alzò gli occhi quando loro entrarono, ma poi abbassò la testa, rifiutando di incontrare i loro sguardi.

Marlene avrebbe voluto abbracciarla, ma probabilmente da bambina Rusty non aveva ricevuto molti abbracci, e non era certa che lo avrebbe tollerato. Il suo linguaggio corporeo urlava: ‘Allontanati, non mi toccare.’

E così Marlene girò intorno al bancone e vi appoggiò sopra la borsa. Frank rimase a girellare sullo sfondo, come se volesse dire qualcosa, ma poi emise un sospiro e se ne andò, lasciando sole le due donne.

Dopo alcuni minuti di silenzio, Rusty strinse i pugni e guardò Marlene, con un evidente lampo di sfida negli occhi. Sfoggiava il suo miglior grugno da ‘me ne frego’.

«Be’, avete parlato con Carl?»

Marlene annuì. «Sì.»

Rusty alzò le spalle. «Allora immagino che vi abbia detto che Sheila se n’è andata e che a lui di me non gliene importa un cavolo.»

«Prima regola. Modera le parole. Non tollero questo genere di linguaggio dai miei figli e non lo tollererò da te.»

Le labbra della ragazza si curvarono in un sorrisetto compiaciuto, ma non aggiunse altro.

«Non voglio mentirti, Rusty. Carl ha detto esattamente ciò che ti aspettavi, ma io dovevo sentirlo con le mie orecchie. Dovevo essere sicura che non ci stavamo cacciando in un pasticcio legale offrendoti un posto dove stare.»

«Sì, be’, l’unica ragione per cui Carl direbbe che tiene a me è poterci guadagnare qualcosa. Se pensasse che avete del denaro, potrebbe usarmi per ottenerlo.»

Marlene sospirò. «Non devi più preoccuparti di lui. Te lo prometto. C’è ancora il problema di tua madre, ma ce ne occuperemo quando e se si presenterà. Per il momento, tu resterai qui. La prima cosa che faremo sarà andare a comprare dei vestiti decenti.»

Rusty la guardò con sospetto, ma Marlene la ignorò e continuò.

«C’è anche la questione della scuola. Mi aspetto che tu frequenti e termini il tuo corso quando inizierà ad agosto.»

«La scuola è noiosa» disse alzando gli occhi al cielo.

«Per una ragazza in gamba come te non c’è dubbio, ma ciò non la rende meno necessaria. Non andrai mai al college se non finisci le superiori.»

«College?» Rusty scoppiò a ridere, una risata amara e derisoria. «E che cosa ci va a fare una ragazza come me al college? Non me lo posso permettere, e comunque non ci entrerei mai con i miei precedenti.»

«Precedenti?»

«Già» mugugnò lei. «Niente di importante. Una volta mi hanno spedito al riformatorio.»

«Per cosa?»

Rusty alzò il mento con un lampo negli occhi. «Adescamento.»

Marlene chiuse gli occhi e si sforzò di non piangere di fronte a quella bambina. Quando li riaprì, vide la rabbia riflessa sul viso di Rusty. Non apprezzava la sua compassione.

«Be’, ciò che è fatto è fatto. Non possiamo cambiare il passato, ma di sicuro possiamo cambiare il tuo futuro. Andrai a scuola e lavorerai sodo. Niente scuse.»

Ci fu un leggero mutamento e Rusty sembrò accasciarsi un po’ sullo sgabello. Marlene si protese sul bancone e posò la sua mano sopra quella di Rusty.

«Non metto in dubbio che tu abbia avuto una vita dura e che moltissima gente ti abbia deluso. Puoi crogiolarti in questa infelicità e rimanere una vittima, oppure puoi prendere in mano il tuo destino e ribaltarlo. La scelta sta a te. Io non posso costringerti a farlo, e non lo farò. Frank e io ti daremo l’opportunità, ma tu devi volere di più.»

Rusty abbassò lo sguardo sulla mano di Marlene con gli occhi lucidi. «Perché lo stai facendo? Cosa ci guadagni?»

«Non tutti fanno qualcosa per avere un guadagno» rispose con dolcezza Marlene. «Oltretutto vederti fare qualcosa per te stessa sarà il mio personale guadagno.»

«Allora posso restare?» domandò speranzosa la ragazza.

«Puoi restare.»

Marlene riprese la borsa e vi frugò per cercare le chiavi della macchina. Andò verso la porta del garage, poi si girò e inchiodò Rusty con uno sguardo.

«Be’, non startene lì seduta, andiamo.»

La ragazza scese dallo sgabello e si sfregò nervosamente le mani sui pantaloni. «Dove?»

«A comprarti vestiti e scarpe. E magari a fare qualcosa per quei capelli, già che ci siamo.»

Rusty si accigliò e si passò la mano fra le lunghe ciocche con fare difensivo. «Cos’hanno i miei capelli che non va?»

«Niente, se non ti dà noia somigliare a un gallinaccio rosa» rispose seccamente Marlene. «So che oggigiorno i ragazzi hanno idee strambe sulla moda ma, credimi, quel look non è una buona idea.»

Quando parcheggiarono di nuovo nel vialetto era buio. Frank le accolse sulla porta e prese loro le buste. Quando vide Rusty, dovette guardarla due volte.

Marlene si illuminò e si rivolse alla ragazza. «Non ti avevo detto che non ti avrebbe riconosciuta?»

Rusty abbassò la testa imbarazzata e parve desiderare che il pavimento la ingoiasse. Aveva l’autostima sotto i piedi, ma se Marlene l’avesse avuta vinta, l’avrebbero ricostruita da capo.

«Sei molto graziosa» disse Frank in tono burbero. «Sembri una signorina invece di una specie di punk.»

Rusty sorrise a quel complimento.

«In macchina ci sono altre buste» disse Marlene mentre entravano in cucina.

«Hai comprato tutto il negozio?» domandò Frank in tono indignato.

«Quasi. Non mi divertivo così tanto da quando ci andavo con Rachel.»

Le tremò la bocca mentre pronunciava quelle parole. Frank le strinse il braccio.

«Che cos’è successo a Rachel?» domandò Rusty. «L’hai già nominata prima.»

Marlene sospirò. «Era sposata con mio figlio Ethan.»

«Hanno divorziato?»

«No. Lei è morta un anno fa» le rispose sommessamente.

Rusty spostò il peso da un piede all’altro, imbarazzata. «Scusa.»

Marlene sorrise. «Non scusarti. Dico sempre a Ethan che è ora di andare avanti e poi non ascolto il mio stesso consiglio.»

«L’amavi molto.»

Non era una domanda, ma una constatazione.

«Sì, è così.»

Frank rientrò rumorosamente con il resto delle buste e Marlene si rivolse a Rusty.

«Bene, signorina, hai parecchi bagagli da disfare. Sarà meglio che tu vada di sopra a sistemare le tue cose. Il bagno in fondo sarà il tuo. Con tutti i cosmetici e gli aggeggi per capelli che abbiamo comprato, sistemerai abiti e trucchi finché non sarà ora di dormire.»

Per un attimo, Rusty rimase immobile. Fece qualche piccolo movimento imbarazzato, spostando il peso da un piede all’altro. Poi guardò Frank e infine Marlene.

«Grazie. Ehm, cioè... Grazie mille.»

Marlene le diede una pacca affettuosa sul braccio. «Benvenuta a casa.»