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India

Lo sto facendo. Lo sto facendo sul serio. Cammino verso l’ascensore senza voltarmi indietro. Mi aspetto che William provi a seguirmi, ma non lo fa. Prima ancora che me ne renda conto, sono fuori dall’edificio e sulla via della libertà.

Il brivido della rivincita non dura a lungo. Una parte di me è sotto shock. Perché mai ho dovuto fare una scenata del genere? Ma conosco già la risposta a questa domanda.

Perché se lo meritava.

Adesso però non c’è alcuna possibilità che William mi dia delle referenze. Tutto dipenderà dal mio lavoro di scrittura e improvvisamente la libertà non mi appare più così allettante. Ho il respiro affannoso quando salgo sul treno che mi riporterà a casa, ma non posso farmi prendere dal panico. Devo ricordare a me stessa che questo è l’inizio della mia nuova vita.

Allora perché ho tanta paura?

Arrivare a casa a mezzogiorno in un appartamento vuoto mi sembra terribilmente sbagliato.

Mi sento male dall’ansia, apro tutte le finestre e mi preparo il caffè, mi sembra quasi di non riuscire a respirare. Sapere di avere la giornata intera a mia disposizione dovrebbe essere emozionante. Devo ancora finalizzare i dettagli del mio nuovo lavoro, ma dopo potrei dedicarmi ai miei programmi televisivi preferiti o a scrivere qualcosa di serio.

Il problema è che in questo momento non ho voglia di fare nessuna di queste cose. Vorrei solo tornare di corsa in quell’ufficio e supplicare William di ridarmi il posto. Ma non lo farò, non importa quanto l’idea possa essere allettante. Mi rimane un po’ di orgoglio, anche di fronte alla paura e all’incertezza. E poi so che comunque non funzionerebbe. Nel momento in cui ho voltato le spalle a William, sono diventata nemica della Walker Industries.

Ora sono da sola.

La giornata sembra non passare mai.

Rimango seduta a lungo senza fare niente, con la TV accesa in sottofondo. Non riesco a concentrarmi su qualcosa di produttivo. Dovrei almeno capire cosa comporterà il mio nuovo lavoro o rispolverare il mio curriculum. Dovrei fare qualcosa di concreto, visto che oggi ho perso il posto.

Ma non ci riesco. Me ne sto seduta a sguazzare nei miei errori, aspettando che Montana torni a casa e mi faccia uscire dalla depressione che mi avvolge come un bozzolo.

Alle diciassette e trenta finalmente la mia coinquilina arriva con un mucchio di borse della spesa in mano. Mi vede sdraiata sul divano e la consapevolezza le attraversa il viso.

«Ce l’hai fatta, vero? Hai lasciato la Walker Industries

Faccio un cenno con la testa, ancora un po’ confusa. Montana lascia cadere le borse a terra e subito si avvicina per abbracciarmi.

«Accidenti, India. Non pensavo che saresti andata fino in fondo.»

Non è un’affermazione confortante. Mi fa sentire come se avessi commesso un errore. Un grave errore. Montana sembra rendersi conto di ciò che ha appena detto e tenta di rimediare.

«Voglio solo dire che è stata una mossa coraggiosa. Ma era la cosa giusta da fare. Ora puoi respirare. Non devi più passare tutto il tuo tempo in un posto dove non sei apprezzata.»

«E se avessi fatto un terribile sbaglio solo perché non riesco a sopportare il temperamento del mio capo?» E il modo in cui mi rende nervosa al solo guardarlo… nervosa e senza fiato…

Come le spiego che ho intravisto la sua vulnerabilità e che in qualche modo mi è rimasta impressa nel cuore?

«India, io ti conosco. Sei una tosta. So che non hai mai reazioni eccessive. Se dici che lavorare per lui è un incubo, di sicuro lo è. Il che significa che è meglio che tu sia disoccupata piuttosto che sotto il controllo di un bastardo che non ti apprezza.»

«Hai ragione… Solo che è difficile pensarla così in questo momento.»

«Lo so. Lasciare il lavoro fa paura. Ma andrà tutto bene. L’hai fatto sapendo di avere le spalle coperte. Hai preso la decisione giusta. Un caffè?»

Sorrido. Montana pensa che una bevanda calda sia la risposta a tutto. «Grazie, ma ne ho ancora un po’.»

Lei annuisce, dandomi un rapido bacio sulla guancia. Appoggio la testa sul braccio, ancora scossa dagli eventi della giornata.

Montana ritorna con il suo caffè, mentre io tengo la tazza stretta a me vicino al petto. Rimaniamo in silenzio. Ogni volta che ripenso a quello che è successo in ufficio, ho sempre la stessa immagine in mente.

«Vuoi sapere una cosa strana?» le chiedo. Lei si siede dritta sul divano, richiamando le gambe sotto di sé.

«Certo.»

«Prima che me ne andassi William ha sostenuto che sono una buona impiegata. Credo che sia la cosa più gentile che mi abbia detto durante il periodo in cui ho lavorato lì.»

Montana sembra del tutto indifferente. «Non è certo un complimento entusiasmante, no? Avrebbe potuto fare di meglio.»

«Be’, suppongo che sia vero. Ma tu non lo conosci, Mon. È uno stacanovista. Ed è molto avaro nei complimenti. Lodarmi per il mio lavoro… be’, è come se fosse un grande elogio da parte sua.»

«Cosa intendi dire?»

«Che potrei avere giudicato male le sue azioni. Forse con il suo modo di agire sperava di incoraggiarmi per spingermi a raggiungere il mio potenziale.»

«Non so perché lo difendi in questo modo, India. E poi, anche se fosse vero, non trovi che sia un comportamento manipolativo?»

«Dico solo che forse non è così male come sembra. È sotto pressione, gestisce un’azienda di alto profilo.»

«Sì, ho capito cosa intendi. Stai dicendo che dovrebbe essere scusato perché fa un lavoro complicato e impegnativo. Ma che sia un pezzo grosso o no, lui non è una brava persona. Sei stata fortunata a liberartene.»

Forse parlarne con Montana è stata una cattiva idea. Non lo ha mai conosciuto personalmente, quindi come potrebbe capire il mio punto di vista? William è sempre stato duro con me, questo è vero, ma non ho forse fatto la stessa cosa con lui? Di certo non ho migliorato la situazione con i miei commenti sarcastici e il mio pessimo atteggiamento. Forse mi ha tenuto in azienda solo perché ero una buona impiegata, ma dal suo punto di vista potrei essere stata altrettanto sgradevole.

Montana si accorge che mi sto torturando e mi tocca il braccio con sguardo preoccupato. «Ehi, stai pensando troppo a tutto. Devi lasciar perdere. È qui che inizia la tua nuova vita. Sfruttala al massimo.»

Ha ragione, non posso starmene qui a deprimermi e a rimuginare. Mi raddrizzo sulla sedia, poi prendo il mio portatile e controllo le e-mail. Come se lo avessi invocato, trovo un messaggio di Lauren Garvey.

«Va bene, si inizia una nuova vita. Ci siamo.»