6 – La caccia

 

5 giorni dopo – Mattino del 06 febbraio 1899 – Dintorni di Larderello

 

Luigi Anzecchi, seduto in sella al suo baio, teneva d’occhio la Titina che braccava naso a terra i cespugli vicino al canneto. Quando la vide fermarsi puntata su un intrigo di rovi, si voltò e osservò la signora Thibault scartare di lato sul suo cavallo nero. La vide sfoderare il fucile, imbracciarlo con sicurezza e prendere la mira. Quando la Titina scattò in avanti, il frullo inconfondibile del fagiano risuonò, seguito subito dal colpo di doppietta che lo fece sussultare. Si voltò a cercare la cagna, ma era già scomparsa tra le canne. Qualche minuto dopo sentì un cespuglio agitarsi, guardò in quella direzione e la vide arrivare stringendo tra i denti un bel fagiano. La Titina scodinzolò contenta e, dopo aver deposto la preda vicino agli zoccoli del cavallo, fece dietrofront infilandosi di nuovo tra la vegetazione.

— Davvero un bel tiro signora Luise. Dove avete imparato a sparare così?

— Tutto merito di mio padre, principe. Lui avrebbe voluto un erede maschio, così ho dovuto adattarmi; riuscì a insegnarmi solo ciò che avrebbe desiderato dal figlio che non ha mai avuto — spiegò la signora Thibault; nei suoi occhi… un sottile filo di tristezza.

Luigi la osservò mentre riponeva con disinvoltura il fucile nella fodera appesa alla sella. Scrutò ancora quello sguardo intenso e brevissimo, subito distolto con malizia. Poi seguì il petto della donna sollevarsi spinto da un respiro profondo e capì quale dirupo stava percorrendo. L’abito blu dalla gonna ampia, lunga quasi fino a terra, le fasciava le forme mettendo in risalto il seno florido e il vitino di vespa. Sulla testa reggeva in equilibrio una tuba dai bordi rialzati, messa un po’ di traverso in modo sbarazzino.

— Siete una donna sorprendente, vostro marito deve esservi grato.

— Lasciate perdere. Con tutto il lavoro che ha da fare, Armand non ha più tempo di gratificare nessuno.

— Avete ragione, ultimamente sembra un po’ stanco, dovrò concedergli qualche giornata di riposo. Spero vi faccia piacere.

—Non sono così convinta che riuscirete a congedarlo tanto facilmente — dichiarò Luise voltandosi verso il bosco.

Luigi seguì il suo sguardo e si voltò nella stessa direzione. Un rumore di passi che attraversavano l’acquitrino posto oltre gli alberi li aveva attirati. Parrino comparve con i cani al guinzaglio, seguito dalla signora Elisa che montava il campione della scuderia, Bucefalo; un purosangue inglese dalla struttura maestosa. Dopo qualche attimo comparve anche Armand Thibault con la sua lobbia calata sugli occhi, la postura rilassata sulla sella e le gambe molli sui fianchi della cavalla che procedeva a stento.

— Se volete proseguire… ci spostiamo — disse Parrino e, mentre parlava, si avvicinò al fagiano riportato dalla Titina, lo raccolse e lo mise nel tascapane.

— Penso che per oggi con la caccia possa bastare… Siete d’accordo Luise? — chiese Luigi già annoiato da quello svago che non amava affatto.

— Come desiderate principe. Perché non facciamo una bella cavalcata e poi rientriamo? — propose allora la donna infaticabile.

— Sei d’accordo anche tu Elisa? — domandò alla moglie.

— Sì, ma non oltre la Pieve però. Bucefalo è troppo impegnativo.

— Non oltre la Pieve, promesso — rispose Luise e, senza attendere oltre, conficcò i talloni nelle reni del suo sauro facendolo schizzare via come un demonio nero.

Luigi a quel punto si voltò verso Armand Thibault che se ne stava seduto sulla giumenta, con lo sguardo rivolto verso la fabbrica, immerso in chissà quali pensieri.

— Forza Armand riprendetevi. Dobbiamo seguire vostra moglie! — esclamò.

— Lasciatela correre Luigi… Speriamo almeno che serva a farla calmare un po’ — sbuffò il direttore.

— Dalla tormenta, caro mio, non ci si ripara fuggendo — alluse Luigi, battendogli una mano sulla spalla.

— Può darsi mon cher… ma il bavero del mio mantello ormai ha la stoffa lisa — ribatté altrettanto ispirato il francese.

— Non siate esagerato Armand, i problemi veri sono altri. La famiglia lo sapete è cosa sacra. Non vi lasciate distrarre.

— State tranquillo Luigi. Non è la famiglia che mi preoccupa. Piuttosto è questa crisi che ci affossa, che dobbiamo gestire con attenzione.

— I mercati si riapriranno e i dazi hanno le ore contate. Dunque cerchiamo di resistere. Piuttosto, adesso dobbiamo risolvere quella questione nata al Lago Boracifero con i Severé. Vi rammentate… domani dovremo andare laggiù per l’incontro di martedì.

— Come posso dimenticare… Se quel bifolco non mi avesse fatto perdere le staffe…

— Voi Armand avete bisogno di un po’ di calma. Quindi ora non pensate più a Severé. Spronate la giumenta e pensate a vostra moglie. La vedete? È già in cima alla collina.

D’accord, penserò alla calma principe… ma non la troverò di certo seguendo Luise.

Luigi rinunciò a cercare di capire, alzò le redini, diede un colpo di reni e il suo baio allungò il passo. Poi con la coda dell’occhio si assicurò che Thibault avesse fatto muovere la giumenta e lo stesse seguendo.