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Salirono, non senza fatica, attraverso la scala ingombra fino all’inverosimile, al piano superiore.
- Chien lagione. Lei pazza.
- Già. Sembrerebbe.
- Noi adesso tlova Xin Mei.
Entrarono in una piccola stanza.
Sul pavimento vi era ogni sorta di oggetti.
Al centro, su una poltrona dell’altra realtà, era seduta una ragazza di ventisette anni.
Era alta un metro e settantasette e pesava settantacinque chili.
Il perfetto ovale del suo viso era reso affascinante ed enigmatico dal taglio orientale degli occhi che tuttavia non erano ridotti a due fessure ma erano grandi ed intensi, il che era un risultato dell’avventura che la nonna materna, quando era una giovane ragazza che lavorava ai Grandi Magazzini di Beijing, aveva avuto con un inglese, un entomologo che si era recato da giovane in viaggio di studio in Cina ed aveva trovato le ragazze cinesi più interessanti degli insetti, per quanto anch’essi cinesi, e si era applicato particolarmente allo studio anatomico-fisiologico della nonna di Xin Mei fino al punto di metterla incinta, il che, evidenziatosi nel solito clamoroso modo, lui aveva ritenuto motivo più che sufficiente per abbandonare gli studi di entomologia, la nonna di Xin Mei e la Cina. Ma non l’anatomia e la fisiologia femminili.
Un altro dono che Xin Mei aveva avuto in eredità dal giovane entomologo inglese facente funzioni di nonno era un seno favoloso, una quarta abbondante, sodo e pieno. Una vera rarità, per una donna cinese.
Per il resto, aveva un corpo da modella.
Il suo ventre era piatto e forte.
I suoi fianchi erano larghi e ben torniti.
Le sue gambe erano lunghe e perfette.
Aziz fece un fischio di meraviglia.
- Accidenti, che pezzo di figliola!
- Velo. Lei semple stata bellissima bambina.
Xin Mei teneva gli occhi aperti ma non vedeva nulla, della realtà che la circondava.
Era nell’altra realtà.
- Cosa vuoi fare, Yang?
- Io vuole svegliale lei. Io vuole pallale.
- Fai pure, se vuoi, ma con delicatezza. Lo sai che il ritorno dall’altra realtà è un trauma.
- Si, si, io sa. Io fa piano.
Yang si avvicinò a Xin Mei e prese ad accarezzarla nelle mani, poi nelle spalle, poi nella nuca, e quando lei cominciò a mugolare e ad emettere dei sospiri come un dormiente che disturbato esca gradatamente dal sonno, prese a batterle dolcemente le mani, come si fa a chi è svenuto, per farlo rinvenire.
Xin Mei sbattè ripetutamente gli occhi e quando li riaprì definitivamente si guardò intorno stupita.
- Dove sono?
- In tua casa, mia piccola bambina.
- Papà!
- Si, mia gioia, io!
Yang aiutò Xin Mei ad alzarsi dalla poltrona e lei lo abbracciò e lo strinse forte al petto baciandolo sul viso e sul collo.
- Papà, ti ho cercato tanto! Dove eri andato?
- Io andato via un po’, mio amole. Ma adesso io litolnato. Adesso io sta con te.
- Paparino caro!
Lo abbracciò di nuovo, stringendolo ancora più forte di prima.
- Ma dove siamo?
- Siamo nostla casa. Tu licoldi? Questa tua camela.
- La nostra casa? Ma io sono anni, che non vivo più nella nostra casa. E sono anni che non vedo più te e la mamma. Io faccio la modella, sai? Sono la modella più famosa del mondo. Sono conosciuta da tutti. Abito al Plaza. Ho un attico tutto per me al Plaza.
- Senti, Xin Mei. – disse Aziz - Ti ricordi delle poltrone della realtà virtuale? Avevi circa vent’anni, quando sono uscite.
- Cosa?
- La realtà virtuale. Ricordi che se ne parlò per anni? Al cinema, alla televisione, sui giornali. E che finalmente uscì con quelle poltrone che tutti potevano comprare?
- La realtà virtuale? Si, mi sembra di ricordare. Si, si, adesso mi ricordo. Ricordo che con la mia amica Ma Nu scherzavamo su quale strafigo potevamo portarci a spasso, nella realtà virtuale. Lei aveva scelto un divo del cinema digitale, Brad Pitt. Ci facevamo delle gran risate. Io ho detto sin dall’inizio che la realtà virtuale non m’interessa. Io voglio vivere la vita vera.
- Bene, bambina mia! Ma lealtà, vita vela, è questa.
- Quale?
- Questa. Gualda. Questa tua camela. Tu licoldi?
- Questa?
- Si, questa. Tu licoldi che io ha fatto pel te, quando tu hai diciotto anni?
- Hai ragione, papà. Me la ricordo. Questa è la mia vecchia stanza di quando ero ragazza. Ma che casino!
- Si, un poco casino, amole. Ma non colpa tua. Tu non vivi qui.
- Questo te l’ho già detto io, papà. Io vivo al Plaza.
- No, tesolo. Tu non vivi Plaza. Tu vivi qui.
- Ma insomma, papà! Sei il solito casinista! Prima dici che non vivo qui, poi dici che vivo qui. Deciditi!
- Yang, permetti che le parli io?
- Fai, Aziz.
- Hi. Posso presentarmi?
- Hi. Chi sei?
- Mi chiamo Aziz. Sono un amico di papà.
- E bravo papà! Hai dei begli amichetti, sai?
- Si. Aziz molto bello. Ma non solo, anche intelligente.
- Ma va!
- Scusa, Xin Mei. Stammi a sentire. Tu hai detto che fai la modella e che vivi al Plaza. Giusto?
- Giusto.
- E allora, secondo te, cosa ci fai adesso qui, nella tua camera da ragazza?
- E’ proprio quello che mi sto chiedendo.
- Posso dirtelo io, cosa ci fai?
- Avanti. Dimmelo pure. Sono curiosa di saperlo.
- Ci fai che tu sei sempre stata qui. Non ti sei mai mossa da qui. Non esiste nessuna modella e nessun tuo attico al Plaza. Tu vivi qui da quattro anni ma da quattro anni credi di vivere al Plaza e di fare la modella.
- Cosa?!
- Si, Xin Mei, è così. Tu da quattro anni vivi nell’altra realtà, la realtà virtuale, grazie a questa poltrona nella quale stavi seduta.
- Ma cosa dici?!
- La verità. E te lo dimostro. Dov’eri prima di trovarti qui con noi?
- Stavo sfilando al Waldorf-Astoria per Marcellotino. Stavo presentando i modelli della stagione primaverile.
- E come ci sei arrivata, qui?
- Ah, è proprio quello che mi domando! Non lo so. Stavo sfilando e poi di colpo sono come svenuta e mi sono ritrovata qui con voi.
- Te lo dico io, come ci sei arrivata. Noi ti abbiamo svegliata.
- Cosa?
- Ti abbiamo svegliata dall’altra realtà e ti abbiamo ricondotta qui, nella realtà vera.
- Cioè?
- Cioè tutto quello che tu vedevi prima di trovarti qui è finto, è falso, è un illusione, non esiste, è l’altra realtà. La realtà virtuale.
- E io come faccio, a crederci?
- Semplicissimo. Te lo dimostro con i fatti.
- Sarebbe?
- Sarebbe che tu adesso ti rimetti comoda sulla poltrona, ti riaddormenti e ritorni nell’altra realtà. Poi noi ti risvegliamo e tu ti ritrovi qui con noi. Se succede così, ci credi?
- Se succede così, ci credo. Ma come è possibile?
- Te l’ho detto, è possibile con questa poltrona. Che è la poltrona dell’altra realtà. Quella di cui tu avevi tanto sentito parlare. Che avevi deciso di non usare ma che poi hai finito per usare e per viverci sopra quattro anni.
- Cosa dici?!
- Proprio così. Quattro anni. Sono quattro anni che tu vivi nell’altra realtà. L’ho fatto anch’io, sai? Ma è una fuga. Nient’altro che una fuga dalla realtà. Quella vera. Allora, sei pronta Xin Mei? Sei pronta a fare l’esperimento?
- Si.
- E sei daccordo che se l’esperimento riesce, se tu vai nell’altra realtà e dopo ti ritrovi qui, ti dimostriamo che è la poltrona, a portarti nell’altra realtà, e che la realtà vera è questa?
- Si, sono daccordo.
- Allora siediti e ritorna nell’altra realtà.
- Ok.
L’aiutarono a sedersi e come d’incanto, se la trovarono addormentata fra le mani.
- Quanto bisogna lasciale lei, Aziz?
- Poco, Yang. Il tempo nell’altra realtà è dilatato. Un’intera giornata dell’altra realtà corrisponde a poche ore di questa e un minuto è più che sufficiente per fare un’esperienza significativa nell’altra realtà.
- Va bene. Allola noi aspetta un minuto e poi noi sveglia lei.
- Ok.
Aziz contemplò Xin Mei per un tempo che a lui sembrò un minuto ma che in realtà fu molto di più.
Intervenne Yang, che scosse dolcemente Xin Mei.
Xin Mei sbattè gli occhi e poi li spalancò.
Li guardò attonita.
- Ma allora è vero!