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Vargas trovò sua moglie in cucina intenta a preparare un nuovo piatto per un nuovo concorso culinario dal tema “Tutti i piatti che si possono fare con un uovo”.
Lei lo salutò distrattamente con la mano.
- Ne ho già fatti ottantaquattro!
Capì che quella mattina avrebbe saltato la colazione.
I bambini stavano giocando come al solito ai dottori dove avevano introdotto la variante della specializzazione in chirurgia.
Il maschietto stava praticando una laparatomia totale con anestesia locale per complicazioni da parto cesareo sulla femminuccia, che salutò Vargas con la manina.
Il maschietto era troppo intento al suo nuovo gioco, per salutarlo.
Vargas capì.
Anche lui, da bambino, aveva laparatomizzato una bambina.
Ma non era sua sorella.
Era sua madre.
Si fece quattro volte il bagno nell’idromassaggio dove si masturbò sei volte.
Fece cinque volte la sauna dove si masturbò otto volte.
Deflorò sua moglie due volte ed ebbe tre orgasmi mentre lei era intenta a cucinare un uovo all’olio di ricino e non si accorse di nulla.
Vargas si rese conto che lei non era più vergine e soprattutto che l’uovo all’olio di ricino faceva schifo.
Giocò a baseball con i bambini nella piscina eliminandoli sette volte, espellendoli nove volte e segnando punto a casa base dodici volte.
Aiutò sua moglie in cucina, gettando nella spazzatura sessantatre uova e inventando personalmente un piatto nuovo, che a sua moglie piacque molto e decise di presentare al concorso “Tutti i piatti che si possono fare con un uovo”.
L’uovo senza niente.
Riparò quattro volte lo scarico del gabinetto.
Falciò due volte l’erba del prato del vicino di destra e tre volte l’erba del prato del vicino di sinistra, ripromettendosi di falciare quanto prima l’erba del suo prato, che ormai gli arrivava alle ginocchia.
Svuotò, lavò, disinfettò e riempì quattro volte la piscina, adornandola alla fine con una paperetta di celluloide che essendo bucata restò a galla mezzo minuto e poi, piangendo, si inabissò sul fondo.
Smontò e rimontò due volte la trebbiatrice e tre volte lo sciacquone del bagno.
Per pranzo si mangiò un avanzo del giorno prima che però a lui piaceva moltissimo anche perchè era appetitoso e leggero anche da freddo: bollito di cotechino con le cozze con contorno di castagne arrosto.
Variante, le castagne erano crude.
Dopo pranzo si scopò la moglie vestita da emigrante napoletano degli inizi del Novecento facendo finta di farle la visita per l’immigrazione alla Registry Room del Centro di Immigrazione di Ellis Island.
Ebbe otto orgasmi.
- T’è piaciuto?
- Troppo - Si scolò ventiquattro lattine di birra Guinness.
Si fumò diciotto sigari Romeo & Giulietta.
Guardò ventisei volte alla televisione la ripresa al rallentatore dell’ultima battuta fatta da Joe Di Maggio nella sua ultima partita del 1951, quella che giocò prima di sposare Marilyn Monroe, la donna che lui definì “una lampadina elettrica”.
Alle quattro del pomeriggio, portò la famiglia a New York, allo Yankee stadium, a vedere la finale di campionato fra gli Yankees e i Giants.
Fu strepitoso.
Nel quinto inning, il prima base degli Yankees fece una battuta con una palla che aveva fatto l’accademia di West Point e aveva imparato a fare i percorsi di guerra.
Passò in mezzo alle gambe del difensore di terza base, sfuggì all’interbase, carracollò lungo la linea di foul senza oltrepassarla, fece fare uno spettacolare capitombolo all’esterno sinistro che vi scivolò sopra col piede come se fosse un pattino a rotelle (la palla, non l’esterno sinistro), rimbalzò sulla recinzione e finì fuori campo facendo assegnare, per la regola 7.05 dell’Official Baseball Rules, due basi al battitore e ai corridori, i quali, essendo le basi cariche, segnarono tre punti, andando così definitivamente e irreversibilmente in vantaggio.
Il resto della partita passò assolutamente inosservato, ai cinquantasettemila spettatori dello stadio, i quali furono impegnati a bere, a mangiare, a fumare, a parlare fra loro, ad andare al bagno, a toccarsi di nascosto, a farsi una dormita, a telefonare al commercialista per dirgli di investire tutti i propri risparmi sulle azioni della Pepsi Cola, che allo stadio era del tutto esaurita, a pulirsi le unghie, a fare le parole incrociate e a fare il filo all’amica della moglie (il marito) e all’amico del marito (la moglie).
Vargas si mangiò otto pizze, sette secchielli di pop-corn, nove gelati e undici hot-dog, si bevve diciannove lattine di birra messicana Corona che odiava (la Guinness l’avevano finita, purtroppo), si fumò quattordici sigari Romeo & Giulietta, andò undici volte alla toilette dove si masturbò tredici volte ed ebbe diciotto orgasmi, toccò diciassette volte il sedere della vicina di destra e ventuno volte il sedere della vicina di sinistra (era più giovane).
Sua moglie Squaw e i bambini stettero immobili e in perfetto silenzio per tutta la partita, non mangiarono ne bevvettero niente e si divertirono moltissimo.
Fu un pomeriggio meraviglioso.
Alla fine Vargas ritornò a casa dove si cullò duemilanovecentoquarantaquattro volte sulla sua sedia a dondolo di sambuco del capo Comanche Due Cani Che Scopano osservando dal suo portico coloniale il grande occhio arrossato del sole che si immergeva per l’abluzione notturna di acido borico nel grande bacile della Raritan Bay.
Poi indossò la divisa, si infilò nella tasca sotto l’ascella sinistra la fida Beretta, diede il solito bacio con la lingua in bocca a Squaw e ai bambini, saltò sulla Viper e partì a tutta birra (Guinness) in direzione di New York.
Attraversò il George Washington Bridge, percorse la Harlem River Drive ed arrivò all’incrocio della Park Avenue con la 116th.
Dopo quattro manovre errate, mise la Viper un po’ di traverso nel parcheggio della New York National Bank, che era completamente vuoto.
Scese e mise due dollari nel parchimetro, che segnò quattro ore di posteggio autorizzato, prese la ricevuta e la mise sotto il tergicristalli.
Voltò l’angolo e si avviò verso il suo ufficio.