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Era giunto il momento di quella difficile domanda.

“E’ dunque vero, quello che si dice in giro, cardinale?”

Così domandò il vecchio cardinale Galdini, un uomo anziano dalle spalle ricurve e i capelli bianchi sottili come spilli. Era un servitore fedele e devoto, di quelli che Roma aveva dimenticato da tempo e di cui solo il vecchio Pio VI, ormai defunto, avrebbe potuto cantare le lodi.

“Certamente. E’ tutto vero…” rispose freddamente l’altro uomo. Era anziano anch’egli ma, diversamente da Galdini, ostentava uno sguardo vispo e altero. In piena armonia con il suo temperamento orgoglioso e aggressivo. Quel cardinale si chiamava Leonluca Marascani, un nuovo porporato creato nel 1809. Era un ‘figlio della rivoluzione’, come lo aveva definito il papa PioVII, in esilio in Francia. E non senza un poco di disprezzo per la sua indole rivoluzionaria.

Nel complesso i due porporati erano molto diversi. Galdini era un nobile all’antica e affezionato al papa, di cui mai avrebbe messo in discussione l’autorità. Marascani, invece, era di natura perennemente insoddisfatto. Bramoso di ogni sorta di potere e ricchezza, quell’uomo avrebbe venduto la sua fedeltà al migliore offerente. Tutto pur di mettere gli artigli sulle ricchezze di molte famiglie romane, cui invidiava gli onori e le glorie.

Per questo Marascani era temibile agli occhi di tutti. Erano in tanti a vociferare che, con molta probabilità, era amico del corso. Già, il corso. Era proprio in quel modo dispregiativo che i cardinali fedeli a Roma usavano rivolgersi a Napoleone, nato in quella piccola isola del Mediterraneo, figlia di nessuno e ribelle: la Corsica.

Come se non bastasse, Marascani era l’unico tra loro che continuava a rivolgersi a Napoleone con il titolo di ‘imperatore’. In un certo senso, pareva riconoscerne l’autorità. E il papa tollerava poco la sua presenza anche per quello.

Il vecchio Galdini lo guardò di nuovo, insospettito. Gli camminava accanto, cercando di stare al suo passo, nelle Logge del Raffaello. Da qualche minuto stava cercando di carpire qualche notizia in più da quell’uomo di solito così silenzioso.

“Notizia certa, anzi, certissima” aggiunse l’altro cardinale, fingendo sdegno. “ Napoleone verrà a Roma. Del resto, non avete forse ancora visto quel Martial Daru? Lo ha mandato lui, sapete. L’imperatore in persona. Quel francese gira per i palazzi Apostolici quasi fosse il Papa…” disse poi, questa volta in sincero tono di disgusto. L’idea che la Curia romana potesse essere spogliata della propria autorità lo mandava su tutte le furie. Ma, soprattutto, era l’idea che lui potesse perdere anche solo un’infinitesima parte del suo potere a metterlo in angoscia.

Tuttavia Galdini aveva ben altre preoccupazioni. Non era mai stato un uomo di potere, ma di principi. E aveva intenzione di preservarli.

“Quindi Napoleone verrà a Roma…” mormorò tra sé, rassegnato. Poi sospirò, preoccupato. Quella possibilità lo agitava da settimane. “Già, girava voce…” aggiunse mestamente.

Galdini si fermò. Gli anni pesavano sulla sua schiena ricurva, ed era stanco di camminare così velocemente per cercare di stare al passo di Marascani, sempre così di fretta. Pareva sempre che avesse il padrone alle spalle con la frusta.

Riprese fiato, poggiandosi ad una della colonnine di marmo. Sotto di loro la Piazza di San Pietro era deserta, quasi che il popolo di Roma si fosse rintanato nelle proprie case, presagendo il peggio.

Poi guardò Marascani. Anche lui si era fermato, e lo guardava scocciato. Era evidente quanto quella sosta gli stesse facendo perdere tempo.

“Ma il pontefice?” domandò poi Galdini. Aveva il fondato sospetto che il suo interlocutore fosse informato anche in quel senso. Con le sue amicizie tra i francesi si era garantito canali di comunicazione privilegiati, rispetto a tutti loro. Se mai al papa fosse accaduto qualcosa, Marascani lo avrebbe saputo per primo. “Allora, si hanno notizie?”

“Prigioniero di Napoleone a Savona…” spiegò atono Marascani, come compiaciuto da quel fatto che aveva suscitato tra le corti europee tanto sdegno.

“Napoleone non si è fermato neppure di fronte alla veste immacolata del vicario di Cristo…” osservò Galdini, basito da tanta violenza. “Non si fermerà di certo innanzi a noi, suoi umili servi…”

“Del resto, era stato progettato tutto fin dall’inizio. Il pontefice sapeva che sarebbe andato incontro a questa situazione…” rispose l’altro. “E tale sarà fino a che non ritirerà la scomunica contro l’imperatore…”

Marascani notò allora che Galdini lo scrutava severo, probabilmente colpito dalla tranquillità con cui aveva commentato quella notizia così terribile. Il porporato se ne accorse e, frettolosamente, aggiunse sprezzante: “Maledetti francesi... pagheranno prima o poi…”

Eppure, quel tardivo commento non indusse Galdini a cambiare idea. Marascani era amico di Napoleone e dei francesi, nonostante cercasse di nasconderlo. Era fin troppo evidente. Doveva stare attento alle conversazioni fatte con lui.

“Dovremo chinare la testa, immagino…” borbottò infastidito Galdini, con gli occhi verso il basso. Ripresero dunque a camminare.

“Purtroppo...” asserì Marascani. Ancora una volta, però, non parve troppo sicuro di ciò che andava dicendo. E il vecchio Galdini se ne accorse di nuovo, confermandosi tutte le opinioni che si era fatto su quell’uomo senza scrupoli.

“Non è possibile!” esclamò allora l’anziano cardinale. Con quello sfogo sperava di suscitare qualcosa nel cardinale, magari sdegno. Non poteva rassegnarsi all’idea che Napoleone avesse comprato anche lui. “Roma oltraggiata a questa maniera!” si lamentava, facendosi il cenno della croce. “Dovremmo opporci, dannazione! Santa Romana Chiesa non può cedere in questo modo di fronte alla violenza. Abbiamo combattuto nemici ben peggiori di Napoleone Bonaparte!”

“E come?” rise Marascani, sicuro del fatto suo. L’uomo però sembrò scosso dalle parole piene di ardore del suo interlocutore. Non si aspettava tanto fervore, e non aveva mai lontanamente preso in considerazione l’ipotesi che la nobiltà romana potesse opporsi agli eserciti di Napoleone. “Come resistere?” domandò.

“Non so come…” rispose Galdini. “Ma spetta alla nobiltà! A noi. Ma certo! I nobili dovrebbero fare qualcosa!” Con i suoi piccoli occhi verdi cominciò a scrutare il viso cadente ed inespressivo di Marascani. “Chi altrimenti? Chi!”

“E cosa dovremmo fare, secondo voi? Siamo soli…”

“Che non si accolga l’imperatore in quanto tale! Che non si sottomettano! Non possiamo piegare il capo innanzi al sopruso! Che cosa può fare? Ci ucciderà a tutti? E sia, allora! Sarà Dio a ricompensarci!”

“Resistere, dite voi…” tuonò Marascani, arricciando le labbra. Cominciò a tormentarsi le mani ossute. Era agitato. “Certamente, e poi? Quanto pensate che interessi questo, al corso? Lui ha già una sua corte. Anzi, più di una! A Parigi, a Vienna e, presto, date retta a me, la avrà anche a Mosca. Fidatevi, Galdini, una in più non gli occorre di certo…”

“A tutti serve una corte” rispose fermo l’altro, convinto di ciò che diceva. “In Italia un re non è nulla, senza la sua corte. E lui la cercherà. Probabilmente tra le nostre famiglie. Ha bisogno di noi per mantenere il potere nel sud dell’Italia. E lo sa benissimo.”

Marascani scosse la testa, per nulla convinto di quella teoria. “Ne dubito...”

“Va bene, eminenza…” concluse poi Galdini, stanco di quella conversazione così difficile ed impegnativa. Lui vedeva le cose così complicate e nere per Roma, che sentiva di perdere tempo a dialogare con un uomo inutile come Marascani. Cercare alleati in mezzo a uomini come lui era solo perdere tempo.

I due avevano raggiunto la fine del grande corridoio affrescato e le loro strade dovevano dividersi.

“Staremo a vedere cosa accadrà, Galdini…”

“Già. Ora devo andare. Quel Daru ha chiesto un incontro con me. Ma non conosco assolutamente la ragione…” confessò il cardinale, turbato da quella strana richiesta.

“Davvero?” Marascani era sorpreso.

“Dicono che stia cercando aiuto tra le famiglie nobili di Roma. Vuole organizzare tutto per l’arrivo dell’imperatore…” spiegò Galdini, dubbioso. “Non so, forse vorrà imbandire qualche festa trionfale per il suo arrivo. O qualche altra oscenità, in perfetto stile francese…”

Galdini non si fece nessun problema di mostrare il suo fastidio e livore per una richiesta del genere, ma Marascani non si scompose. La situazione in realtà parve divertirlo, almeno così mostravano le sue sopracciglia alte ed inarcate. L’idea di vedere Galdini alle prese con quel rivoluzionario senza Dio di Daru lo stuzzicava particolarmente.

“Immagino vi riempia di gioia…” rise Marascani. “Buona fortuna, dunque. Quel Daru è un essere insopportabile.”

Galdini non rispose. Abbandonò irato la sala e il pensiero che Marascani fosse felice dell’arrivo di Napoleone lo irritò per tutto il pomeriggio. Si sentiva solo. Se tutti la pensavano come Marascani, Roma era davvero vicino alla sconfitta.