Il cuore di Sparkes batteva come un maglio a vapore mentre, con tutti i sensi all’erta, imboccava il vialetto di casa Taylor. Situazione tutt’altro che nuova per un detective della sua esperienza, ma certi stati d’animo non sembravano voler cedere all’abitudine.

La villetta semi-indipendente dei Taylor era ben tenuta, con le pareti esterne intonacate, i doppi vetri e le tendine alle finestre.

«Bella, sei qui?» pensò, sollevando la mano per bussare alla porta. E poi: «Calma, calma. Non facciamoci prendere dal panico».

Ed eccolo lí, finalmente. Glen Taylor.

Un tipo come tanti: fu questa la sua prima impressione. Del resto, pensò Sparkes, nessun mostro sembra mai un mostro. Speri sempre di scorgere in loro quel barlume di malvagità che potrebbe renderti il lavoro decisamente piú facile, ma il male è una sostanza viscida: puoi al massimo intravederlo di sfuggita, il che lo rende ancora piú detestabile.

Con una rapida occhiata alle spalle di Taylor, l’ispettore verificò l’eventuale presenza di bambini: ma il corridoio e le scale erano immacolati, e non c’era la minima traccia di disordine.

– Talmente normale da sembrare anormale, – avrebbe poi raccontato a Eileen. – Come le case campione nei cantieri edili –. Leggendo in quell’osservazione un giudizio negativo sulle sue capacità di casalinga, Eileen si era adombrata e aveva risposto con parole mordaci.

– Porco diavolo, Eileen, si può sapere cos’hai? Nessuno ha detto niente su di te o su questa casa. Stavo parlando di un indiziato: credevo ti interessasse! – Ma ormai il danno era fatto: Eileen si era ritirata in cucina per dedicarsi a qualche rumorosa operazione di pulizia. Un’altra settimana tranquilla, avrebbe pensato sarcastico l’ispettore, accendendo la tivú.

– Il signor Glen Taylor? – chiese Sparkes con tranquilla cortesia all’uomo che era venuto ad aprirgli.

– Sí, sono io, – rispose Taylor. – Cosa posso fare per voi? Siete rappresentanti di qualcosa?

L’ispettore fece un passo in avanti e il sergente Matthews lo seguí da presso.

– Signor Taylor, sono l’ispettore Bob Sparkes, polizia dello Hampshire. Posso entrare?

– Polizia? A che proposito? – domandò Taylor.

– Vorrei farle qualche domanda in relazione a un caso su cui stiamo indagando: la scomparsa di una bambina, Bella Elliott, – rispose Sparkes, cercando di soffocare l’emozione. Glen Taylor impallidí di colpo e indietreggiò, come se fosse stato colpito da un pugno.

In quel momento la moglie di Taylor uscí dalla cucina asciugandosi le mani con uno strofinaccio. Faccia simpatica, da persona per bene, pensò Sparkes. Sentendo il nome di Bella Elliott, la donna trattenne il fiato e si portò le mani alla faccia. È strano come la gente reagisce in certi momenti, pensò Sparkes. Quel coprirsi la faccia dev’essere un gesto innato. Sarà vergogna? desiderio di non vedere?, si domandò, mentre aspettava che lo facessero accomodare in salotto.

Strano davvero, pensò. Non ha guardato sua moglie neanche una volta. Come se non ci fosse. Povera donna, sembra sul punto di svenire.

Invece Taylor si era ripreso in fretta e aveva risposto a tutte le domande.

– Ci risulta che lei abbia fatto una consegna nella zona in cui Bella è stata rapita, signor Taylor.

– Sí, può darsi.

– Ce l’ha detto un suo amico, il signor Doonan.

– Doonan? – ripeté Taylor, a labbra strette. – No, non è mio amico, però... Aspetti un attimo... Sí, probabilmente ero da quelle parti.

– Cerchi di essere piú preciso, signor Taylor. Stiamo parlando del 2 ottobre, il giorno in cui Bella è stata rapita, – insisté Sparkes.

– Giusto, sí. Ma certo. Devo aver fatto una consegna nel primo pomeriggio, poi sono tornato a casa. Verso le quattro, se ben ricordo.

– A casa alle quattro, signor Taylor? È rientrato presto. Sicuro che fossero proprio le quattro?

Taylor annuí, aggrottando la fronte per simulare grande concentrazione. – Sí, sono sicuro. Erano proprio le quattro. Jean potrà confermarglielo.

Jean Taylor non disse nulla. Come se non avesse sentito, tant’è che Sparkes dovette ripeterle la domanda, e solo allora lei lo guardò negli occhi, annuendo.

– Sí, sí, – rispose, come un automa.

Sparkes si rivolse nuovamente al marito. – Il fatto è, signor Taylor, che il suo furgone corrisponde alla descrizione di un veicolo avvistato da un vicino di casa della vittima pochi istanti prima che Bella sparisse. Probabilmente avrà letto la notizia sui giornali: stiamo controllando tutti i furgoni blu.

– Credevo cercaste un uomo con la coda di cavallo. Io ho i capelli corti, e comunque non ero a Southampton. La mia consegna era a Winchester.

– D’accordo, ma è sicuro di non essersi fatto un giretto da quelle parti dopo aver consegnato la merce?

Taylor respinse l’insinuazione con una risata.

– Io vado solo dove mi mandano, non faccio giretti: se voglio rilassarmi faccio altro. Senta, ispettore, dev’esserci un terribile equivoco.

Sparkes annuí tra sé, meditabondo. – Capirà di sicuro quanto è seria la faccenda, signor Taylor. Spero non le dispiaccia se diamo un’occhiatina in giro.

Gli agenti iniziarono subito la perquisizione: passarono da una stanza all’altra chiamando Bella ad alta voce, controllarono negli armadi, sotto i letti, dietro i divani. Nulla.

Ma in effetti c’era qualcosa di sospetto nel modo in cui Taylor aveva raccontato la sua versione dei fatti. Artificioso, come una recita provata piú volte. Sparkes decise di portarlo in centrale per un nuovo interrogatorio e un’ulteriore verifica dei dettagli. Doveva farlo per Bella.

Jean Taylor fu lasciata in lacrime sulle scale, mentre gli agenti finivano di rovistare dappertutto.