Matthews aveva in mano il taccuino di Stan Spencer e non sembrava granché contento.

– Ho riguardato gli appunti di Spencer, capo, li ho letti tutti dall’inizio alla fine. Sono dettagliatissimi. Condizioni meteo, targa e proprietario dei veicoli parcheggiati in strada, nomi di chi entra ed esce dalle case dei vicini. Compresa Dawn.

Sparkes si rianimò.

– Ogni giorno o quasi, cronometrava tutti i suoi spostamenti, – aggiunse Matthews.

– Secondo te aveva un interesse particolare?

– No, non credo. Controllava tutti i vicini. Però c’è una cosa che dobbiamo chiedergli: gli appunti della domenica si interrompono all’improvviso con una frase lasciata a metà, e quelli di lunedí 2 ottobre cominciano subito con il tizio dai capelli lunghi. Si direbbe che manchi una pagina. E poi ha scritto la data per esteso all’inizio della pagina: di solito non lo faceva.

Sparkes, sconfortato, prese il taccuino e lo esaminò con attenzione. – Cristo santo, dici che l’ha fatto apposta? – Matthews fece una smorfia. – Non necessariamente. Magari è stato interrotto mentre registrava i movimenti della domenica e non ha piú ripreso. Però...

– Però, cosa?

– Sulla copertina c’è scritto che il taccuino ha trentadue pagine. E invece sono solo trenta.

Sparkes si passò entrambe le mani tra i capelli. – Perché l’avrebbe fatto? Dici che è stato lui? Sarebbe lui il nostro uomo? Si è messo bene in vista per nascondersi meglio?

Stan Spencer venne ad aprire la porta in tenuta da giardinaggio: pantaloni un po’ logori, cappellino di lana e guanti.

– Buongiorno, ispettore. Buongiorno, sergente Matthews. Che piacere vedervi! Qualche novità?

Gli fece strada per tutta la casa fino alla veranda vetrata, dove sua moglie Susan era seduta a leggere il giornale.

– Guarda chi è venuto a trovarci, – cinguettò Spencer. – Cara, offri qualcosa agli agenti.

– Signor Spencer, – tagliò corto l’ispettore, tentando di ridare ufficialità a quello che si stava trasformando in un evento sociale, – vorremmo parlarle un attimo dei suoi appunti.

– Ma certo. Chiedete pure quel che volete.

– Sembra che manchi una pagina.

– Non capisco, – rispose Spencer, arrossendo di colpo.

Matthews gli mostrò le pagine incriminate. – Vede, signor Spencer: domenica 1º ottobre finisce qui, nel bel mezzo di un suo commento sulla spazzatura abbandonata fuori dalla casa di Dawn Elliott. La pagina successiva si riferisce a lunedí 2 e contiene le sue annotazioni sull’uomo dai capelli lunghi.

– Quello l’ho visto davvero, – ribatté Spencer un po’ risentito. – Ho strappato la pagina perché avevo fatto un errore, tutto qui.

Silenzio generale.

– Dov’è la pagina mancante, signor Spencer? – chiese poi Sparkes in tono paziente. – L’ha conservata?

La faccia di Spencer si raggrinzí in una smorfia.

Proprio in quel momento sua moglie emerse dalla cucina con un vassoio carico di tazzoni in ceramica e biscotti fatti in casa. – Ecco, servitevi, – disse garrula, prima di accorgersi del pesante silenzio che incombeva sulla stanza. – Che succede? – domandò.

– Vorremmo parlare un attimo in privato con suo marito, signora Spencer.

La donna restò immobile per un istante. Guardò in faccia il marito e girò sui tacchi, sempre con il vassoio in mano.

Sparkes ripeté la domanda.

– Credo di averlo messo nel cassetto della scrivania, – disse Spencer, e si alzò per andare a cercarlo.

Tornò con un foglio di carta a righe piegato in due. L’ultima parte degli appunti di domenica e, piú o meno a metà altezza, gli appunti originali di lunedí.

– Temperature al di sopra della media stagionale, – lesse Sparkes a voce alta. – Veicoli legittimamente parcheggiati durante il giorno. Mattino: Opel Astra al n. 44, auto dell’ostetrica al n. 68. Pomeriggio: furgone di Peter. Veicoli parcheggiati illegalmente. Mattino: solite sette auto di pendolari. Pomeriggio: idem. Lasciato volantini sotto i tergicristalli. Nient’altro da segnalare.

– Ha davvero visto un uomo dai capelli lunghi il giorno in cui Bella è scomparsa, signor Spencer?

– Io, ecco... Non sono sicuro.

Non è sicuro?

– Cioè sí, l’ho visto, ma magari era un altro giorno, ispettore. Devo essermi confuso.

– E come la mettiamo con i suoi appunti in tempo reale?

Spencer ebbe la buona grazia di arrossire.

– Mi sono sbagliato, – disse in tono tranquillo. – C’è stato un gran viavai, quel giorno. Volevo solo dare una mano, fare qualcosa per Bella.

Sparkes avrebbe tanto voluto torcergli il collo, ma riuscí a conservare il tono secco e professionale adatto alla circostanza. – Pensa davvero di aver aiutato Bella suggerendoci di indagare nella direzione sbagliata, signor Spencer?

L’interpellato si accasciò sulla sedia. – Volevo solo dare una mano, – ripeté.

– Il punto, signor Spencer, è che di solito chi mente ha qualcosa da nascondere.

– Io non ho niente da nascondere, glielo giuro! Sono una persona per bene. Cerco di difendere questa zona dalla criminalità. Ho impedito che venissero rubati degli autoveicoli su questa strada. Io, da solo! Chiedete a Peter Tredwell, se non ci credete.

Spencer tacque per un istante, poi aggiunse, guardando supplichevole gli agenti: – Lo verranno a sapere tutti, che ho sbagliato?

– Ora come ora non è questo il problema piú urgente, – ribatté brusco Sparkes. – Dobbiamo perquisire la casa, signor Spencer.

Mentre gli uomini della squadra rovistavano nella vita degli Spencer, Sparkes e Matthews uscirono all’aperto per lasciare ai padroni di casa il tempo di abituarsi al loro nuovo ruolo nella vicenda.

Matthews si sfregò una guancia, poi annunciò: – Vado a sentire i vicini, capo.

Peter Tredwell non ebbe che parole di elogio per «Stan lo Sceriffo» e il suo servizio di pattuglia.

– L’anno scorso ha cacciato via un teppistello che mi stava scassinando il furgone. Voleva rubarmi gli attrezzi, e lui glielo ha impedito. Di Stan posso solo dire bene. Adesso il furgone lo tengo in un garage: è piú sicuro.

– Ma il giorno della scomparsa di Bella Elliott il suo furgone era parcheggiato in strada, – obiettò Matthews. – C’è scritto sugli appunti del signor Spencer.

– No, non era il mio. Dopo il lavoro l’ho riportato in garage. Ormai faccio cosí tutti i giorni.

Matthews prese qualche appunto e si alzò per andarsene.

Sparkes era ancora sul marciapiede davanti al villino degli Spencer.

– C’è un furgone blu non identificato all’ora del rapimento, capo. Non era quello di Tredwell.

– Cristo santo, in cos’altro ha toppato Spencer? – si chiese Sparkes. – Di’ alla squadra di controllare le dichiarazioni dei testimoni e le telecamere a circuito chiuso della zona. E verifica se qualcuno dei nostri pervertiti ha un furgone blu.

L’ispettore e il sergente non fecero altri commenti. Non ce n’era bisogno, dato che entrambi pensavano la stessa cosa: un mese di indagini buttato via per niente. I giornali li avrebbero messi in croce.

Sparkes tirò fuori il cellulare e chiamò l’ufficio stampa della polizia per cercare quanto meno di arginare i danni.

– Facciamo sapere ai giornalisti che abbiamo trovato qualche nuova traccia, – disse all’addetto. – Cerchiamo di sviare l’attenzione dal tizio con i capelli lunghi, lasciamolo sullo sfondo e puntiamo tutto sulla caccia al furgone blu, okay?

I giornali, sempre affamati di particolari nuovi, misero la notizia nelle prime pagine. Questa volta, però, non c’erano virgolettati del loro informatore preferito: il signor Spencer non apriva piú la porta.