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Si chiamavano «case staffetta» perché offrivano un rifugio sicuro in situazioni di necessità. Come quando si era in fuga da un pericolo o si voleva far perdere per qualche tempo le proprie tracce.
A Roma ve n’erano diverse, ma Marcus ne conosceva solo alcune. Facevano parte del glorioso passato dei penitenzieri. Dopo lo scioglimento ufficiale dell’ordine, avvenuto tanti anni prima per motivi che il cacciatore del buio aveva scoperto solo dopo l’amnesia di Praga, molte di quelle abitazioni di fortuna erano in stato di abbandono.
Tuttavia, in alcune si potevano ancora trovare un telefono analogico con una linea sicura, un computer collegato a Internet, cibo in scatola e una cassetta del pronto soccorso con medicinali e tutto l’occorrente per curarsi senza dover ricorrere a un dottore. Ovviamente, c’erano vestiti puliti e un letto comodo.
Marcus aveva già usato la casa staffetta di via del Governo Vecchio. Vi aveva trascorso quasi un mese perché nutriva il sospetto che qualcuno si fosse messo sulle sue tracce. Preservare la segretezza della propria identità era la priorità dei penitenzieri. Una seconda volta c’era andato per suturarsi una ferita al braccio, dopo aver schivato quasi del tutto un colpo di coltello.
Il palazzo era antico e rientrava fra le molteplici proprietà della Chiesa fuori dalle mura del Vaticano. Marcus fece strada a Sandra con una torcia elettrica. Per arrivare fin lì, avevano sfruttato il riparo del buio. Era stato strano camminare insieme per Roma. Forse l’oscurità era la dimensione migliore per loro due.
Il maltempo aveva ripreso a infuriare sulla città e adesso erano entrambi fradici di pioggia. Puntandole addosso il fascio della torcia, Marcus si accorse che la donna tremava. «Accendo il fuoco.»
Rimasta sola, Sandra posò la borsa e andò a sedersi accanto al camino spento, le braccia e le ginocchia strette per il freddo. Passando una mano sul bracciolo della poltrona, si accorse che c’era parecchia polvere. Da quanto tempo la casa era disabitata? Marcus tornò con alcune fascine e della carta. Le sistemò nel camino e, poco dopo, la fiamma illuminò la stanza. Sandra si sporse verso il fuoco scoppiettante, cercando il calore con le braccia tese. Lui si sedette per terra. Solo allora lei si accorse del sangue secco sul suo labbro. Allungò una mano per indicarglielo, ma Marcus si ritrasse.
«Scusa, non volevo» disse lei. «Soffri sempre di epistassi?»
«A volte.» Marcus si affrettò a ripulirsi col dorso della mano. «Hai fame?»
«Sì» ammise Sandra.
«Dovremo accontentarci di qualche scatoletta di tonno, ma almeno questo posto è sicuro.»
«Andranno bene.»
«Che ora sarà?»
Sandra controllò, erano appena le sei. «Mio Dio, fuori sembra notte fonda.»
«Un tempo a Roma c’erano dei frati che si assicuravano che nelle edicole sacre, sparse per la città, non mancassero mai candele e olio per le lampade. Li chiamavano ’luminaristi’. Lo scopo non era solo devozionale. Avevano scoperto che grazie alla luce delle fiammelle si commettevano meno crimini. La gente si sentiva più sicura e i malintenzionati non godevano della protezione delle tenebre. È così che è nata l’idea dell’illuminazione pubblica.»
«Non lo sapevo» ammise Sandra. «È una bella storia.» Era felice quando lui parlava, sarebbe rimasta per ore ad ascoltarlo accanto a quel fuoco che, poco a poco, le stava togliendo il gelo di dosso.
Rimasero in silenzio per un attimo di troppo e i loro sguardi, che di solito si sfioravano, stavolta non poterono evitarsi.
Marcus fu il primo a rompere l’incantesimo. «Vado a cercarti dei vestiti asciutti.»
Prima che si allontanasse, Sandra lo fermò prendendogli la mano. «Dobbiamo parlare.»
«Lo so» disse lui con gli occhi bassi.
Trovò una scatola con degli abiti. A parte una felpa scura con cappuccio, non c’era altro che potesse andar bene per Sandra. Marcus sperava anche di trovare un paio di scarpe per rimpiazzare quelle di tela bianche che portava ai piedi, ma non fu fortunato.
Tornò da lei con la felpa e una coperta. Aveva con sé anche le scatolette di tonno, alcune confezioni di cracker e due bottigliette di acqua minerale.
La poliziotta allestì un piccolo picnic accanto al fuoco. Mangiarono in silenzio il pasto frugale, ma fu piacevole lo stesso.
Fu Marcus a iniziare il discorso. Partì dalla fine. «Ho trovato un biglietto con su scritto il tuo nome accanto al cadavere di un uomo che chiamavano il ’Giocattolaio’.»
«Chi è stato a scriverlo?»
«Io.»
Sandra fu stranita dalla risposta.
Marcus le raccontò del Tullianum, di come fosse sfuggito alla tortura dell’affamamento, del biglietto trovato insieme alla medaglietta di san Michele Arcangelo. Trova Tobia Frai.
«Come sei finito lì?»
«È questo il problema: non lo ricordo. Forse stavo seguendo una pista e ho sottovalutato il pericolo che correvo.»
«Un’amnesia transitoria.»
«Se solo ricordassi il caso di cui mi stavo occupando, sarebbe molto più facile adesso.»
«Hai scoperto poi chi è Tobia Frai?»
«Sì» disse subito Marcus. «Ma ci arriviamo fra un momento...» Aveva deciso di contravvenire ai comandi di Battista Erriaga e al giuramento di segretezza dei penitenzieri. Le raccontò del vescovo Arturo Gorda, della «gogna del piacere» con cui era stato ucciso a distanza, delle scarpe di tela bianche identiche alle sue, del Giocattolaio mangiato vivo dalle mosche. E, solo alla fine, della bambola umana. «La fedele riproduzione di un bambino scomparso nove anni fa nei pressi del Colosseo, di cui non si è saputo più nulla. Il suo nome era Tobia Frai. Il vescovo Gorda possedeva un vecchio giornale con la notizia della sparizione.» Marcus omise solo la parte della storia in cui avrebbe dovuto citare Cornelius Van Buren. La presenza di un serial killer prigioniero in Vaticano era l’unico segreto che non se la sentiva di svelare. Così tenne per sé anche la faccenda della bolla di Leone X e il possibile legame coi tatuaggi, il cerchio azzurro che aveva rinvenuto sulle due vittime.
«Scarpe, pagine strappate a un misterioso taccuino, tecniche di tortura usate per uccidere, la scomparsa di un bambino risalente a nove anni fa» ricapitolò Sandra per verificare se avesse capito bene. «Abbiamo un bel po’ di elementi.»
«Abbiamo?» chiese Marcus. «Io non voglio coinvolgerti oltre in questa storia.»
«Anche se non te lo ricordi, hai scritto il mio nome su un biglietto. E poi ci ha già pensato chi sta seminando la scia di morti a coinvolgermi. Il bastardo ha piazzato una mia foto nella memoria di un telefono.»
«Di cosa parli?»
«Ieri sera...» Si bloccò. «Oddio, sembra passata un’eternità... Comunque, ieri sera un tassista ha trovato un telefonino abbandonato sul suo taxi. All’interno c’era una mia foto. Ma anche un video amatoriale in cui un tizio ammazzava un tossicodipendente facendogli ingerire soda caustica. Che dici: assomiglia a qualcosa che conosci?»
Una tortura, pensò subito Marcus.
Sandra proseguì: «L’assassino ha fatto ingoiare alla vittima un’ostia nera e il tossico si è messo a parlare in aramaico antico, invocando un certo ’Signore delle ombre’. E aveva uno strano tatuaggio sull’avambraccio».
«Un cerchio blu» la anticipò Marcus senza accorgersene.
Sandra lo fissò. «L’hai trovato anche sulle tue vittime, vero?»
Marcus notò che era delusa per il fatto che glielo avesse tenuto nascosto. «Non capiresti» provò a difendersi lui.
«Cosa non dovrei capire? La storia di papa Leone X? I membri della Chiesa dell’eclissi che nelle notti in cui la luna era coperta dalla propria ombra compivano misteriosi rituali?»
A quanto pareva, Sandra Vega ne sapeva addirittura più di lui. «Come hai scoperto queste cose?»
«Me le ha dette in via confidenziale un amico commissario.» Crespi aveva cercato di proteggerla, gliene sarebbe stata sempre grata. «Mi ha detto anche che Vitali cerca riscontri a questa roba esoterica, è una specie di ossessione per lui.»
Marcus non sapeva cosa dire. «In hotel mi hai rivelato che sono in pericolo. Perché?»
«Perché sul maledetto telefono del taxi, oltre alla mia foto e al video, c’era il tuo sangue. Sangue da epistassi.»
Marcus prese una delle due bottigliette d’acqua e si alzò. Cominciò ad andare in giro per la stanza. Le ombre delle fiamme del camino sembravano seguirlo, infilandosi dispettose fra le sue gambe. «Qualcuno sta cercando di incastrarci» disse dopo un po’.
«Chi?»
«Lo stesso uomo che ha torturato fino alla morte il tuo drogato, e poi il vescovo e il Giocattolaio.»
«E che ha cercato di eliminare te al Tullianum» gli rammentò Sandra.
«Credo che si sia procurato il mio sangue dopo avermi tramortito, poi l’ha piazzato sul cellulare come una specie di ’assicurazione’: la polizia avrebbe avuto un indizio per dare la caccia a me invece che a lui.»
Sandra si era fermata ad ascoltarlo. «Allora è sicuro. C’è qualcuno dietro questa storia.»
«Credo di sì e ne sono convinto dall’inizio. Non so a cosa miri, ma ha ucciso in modo volutamente brutale tre membri della Chiesa dell’eclissi. Sono sempre più persuaso che mi abbia lasciato una possibilità di sopravvivere, ma non so il motivo. Altrimenti perché farmi ingoiare la chiave delle manette? Gli servivo a depistare Vitali.»
La teoria filava. «Il telefonino nel taxi serviva proprio a questo. Forse l’indagine che non ricordi è la stessa dell’ispettore: davate la caccia a lui. Ha avuto l’occasione di farvi fuori con una mossa sola e l’ha sfruttata: sviare Vitali e fare di te una preda.»
«E ha coinvolto te perché tu portassi il poliziotto fino a me.»
Sandra si rabbuiò. Ora era chiaro. Rammentò le parole usate la prima volta dall’ispettore per descriverlo: «Non si tratta di un delinquente abituale» aveva detto. «Abbiamo a che fare con una figura criminale totalmente nuova, diversa da quelle che conosciamo. Molto più perversa e pericolosa.» Molto più perversa e pericolosa, si ripeté Sandra. Poi si rivolse nuovamente a Marcus: «Ha un compito da svolgere e non vuole essere fermato».
«Sì, ma quale?»
La poliziotta prese la borsa e iniziò a frugarci dentro in cerca di qualcosa. «Ecco cosa faremo: annoteremo gli elementi che abbiamo e li analizzeremo uno per uno.»
«Non è prudente scriversi le cose.»
Gli riservò uno sguardo divertito. «Non essere assurdo: con tutto quello che sta succedendo là fuori stanotte, dovremmo preoccuparci di qualche appunto su un assassino senza scrupoli?»
Il penitenziere era ancora convinto che non fosse la cosa più saggia da fare, però cedette.
Sandra trovò carta e penna. Ricapitolò: «Tre vittime: il vescovo, il Giocattolaio e un drogato di cui ignoriamo l’identità». Poi scrisse un elenco degli indizi.
Metodo di uccisione: antiche pratiche di tortura.
Scarpe di tela bianche (Marcus e vescovo Gorda).
Ostia nera (drogato).
Tatuaggio del cerchio azzurro: Chiesa dell’eclissi. Sacrifici di vittime innocenti.
Blackout – Leone X.
Taccuino misterioso.
Tobia Frai.
Quando ebbe finito, porse l’elenco a Marcus perché controllasse che non mancava nulla.
«La mia amnesia» disse subito.
«L’ho considerata un elemento accidentale. Non credo rientri nel piano dell’omicida, non poteva causartela. Di certo, però, è stato un colpo di fortuna per lui il fatto che tu non riesca a ricordare quale pista stavi seguendo prima di stamattina.»
«Vorrei che l’aggiungessi comunque. Non so ancora perché ho scritto i foglietti con il tuo nome e quello del bambino scomparso. Non rientra nel mio metodo.»
«È un’anomalia» convenne Sandra. Rammentava in cosa consisteva il metodo di Marcus perché l’aveva visto all’opera in passato e ne era rimasta sconvolta. In calce alla lista aggiunse:
Elemento accidentale: amnesia transitoria Marcus.
«Bene, da dove ripartiamo?» domandò poi.
«Il bambino» rispose il penitenziere. «La sua scomparsa è la sola cosa che abbiamo. Dobbiamo capire il collegamento con la Chiesa dell’eclissi.»
Trova Tobia Frai.
«Si tratta di un caso irrisolto, ormai la pista è fredda. Gli indizi saranno evaporati, le testimonianze inquinate da falsi ricordi.»
«All’epoca, però, fu chiesto a chi si trovava nella zona del Colosseo al momento della sparizione d’inviare foto e filmati al sito della questura.» Marcus stava riportando ciò che aveva letto sul vecchio giornale. «Trattandosi di un luogo molto frequentato e di un pomeriggio di primavera, la speranza degli investigatori era ricostruire cosa fosse successo al bambino attraverso immagini colte in maniera del tutto casuale da passanti e turisti.»
La poliziotta ci rifletté un momento. «Non sarà facile, ma forse so da dove cominciare una ricerca: esiste un archivio speciale per casi del genere... Però come facciamo ad arrivarci con il caos che ha invaso le strade di Roma?»
Marcus lo sapeva.