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Erano turbati.

Nessuno dei due, però, disse una parola sul motivo per cui entrambi sapevano di trovare l’altro lì. Sandra approfittò del buio per rivestirsi. «Speravo che venissi.»

Data la scarsa dimestichezza con le relazioni umane, Marcus non era in grado di interpretare la natura di quella speranza. Era in pena per lui oppure aveva voglia di vederlo?

«Dobbiamo andare via al più presto» disse lei. «Temo che qualcuno mi stia seguendo.»

«Chi?»

«Nella migliore delle ipotesi, un poliziotto rompipalle. Hai notato qualcuno di strano venendo qui?»

«Descrivimelo.»

«Alto, magro, naso aquilino. Stamattina indossava un completo grigio chiaro, mocassini marroni e una cravatta blu, ma potrebbe essersi cambiato d’abito.»

«No, non l’ho visto.»

«Si chiama Vitali. È pericoloso.»

Nessuno dei due fece cenno alla particolare circostanza che li aveva fatti incontrare. Sembrava impossibile che, fino a poco prima, Sandra fosse nuda e distesa sul letto. Lei non gli chiese nemmeno come facesse a sapere che era in quell’albergo. Lui non nominò le volte precedenti in cui era stato lì. Era una situazione imbarazzante per entrambi.

«Sei sicura che questo Vitali ti stia seguendo?»

«Mi ha messo appresso due agenti. Poi sono spariti» disse lei mentre si rinfilava le calze autoreggenti. «Perciò credo che sia subentrato lui.»

«Con tutto quello che sta accadendo in città, potrebbe aver cambiato programma.»

«Non credo. Sono io il suo piano, al momento. Mi sembra un tipo che difficilmente molla qualcosa, anche perché la sua materia d’indagine è molto particolare. Crimini esoterici.»

Marcus registrò l’informazione. «Su cosa sta indagando questo Vitali?»

Sandra accese una candela che era sul comodino. Finalmente riuscirono a guardarsi negli occhi. Provò una sensazione strana, e immaginò che per lui fosse la stessa cosa. «La sua indagine sei tu» disse. Poi infilò una mano sotto il materasso e recuperò la pistola che aveva nascosto per precauzione. Controllò sicura e caricatore.

«Non penserai di sparare a un poliziotto, vero?»

«Non lo so più cosa penso. Mentre venivo qui ho visto del fumo levarsi nella zona di via del Corso. Perciò adesso non mi fido di nessuno.»

Marcus le fece cenno di tacere. Aveva colto qualcosa, un lieve rumore. Proveniva dal corridoio. Istintivamente, si allungò verso la candela e la spense. Il suono si ripeté. Sembrava proprio il crepitio prodotto dalle assi di un pavimento sotto il peso dei passi di qualcuno.

Nei corridoi dell’hotel erano state predisposte lanterne a batteria per agevolare gli ospiti nella ricerca delle stanze. Una luce ambrata filtrava da sotto la porta. Marcus e Sandra erano concentrati sulla fessura, in attesa di ricevere una smentita ai loro timori. Videro un’ombra di scarpe avanzare lentamente e superare la stanza. Ma poi tornare indietro e fermarsi.

C’era qualcuno dietro la porta.

Trascorsero alcuni istanti di immobilità. «La seconda chiave» sussurrò Sandra. «Dove l’hai messa?»

«Non sono entrato con una chiave» ammise lui.

«Mio Dio» le scappò detto. L’intruso avrebbe aperto la porta da un momento all’altro, lo sapeva. E non avevano scampo. Ma non accadde nulla, non ancora. L’ombra era sempre ferma, come in attesa di qualcosa. «Perché non entra?»

«Non lo so.»

«La finestra» disse lei, pensando che forse c’era il tempo per scappare. «C’è la scala antincendio, potremmo usarla per andarcene.»

«No.»

La determinazione di Marcus la sorprese. «Come no?»

Il penitenziere continuava a fissare la porta. «Usciremo da lì.»

Prima che lei potesse dire qualcosa, si sentì prendere la mano. Raccolse dal pavimento la borsa e le décolleté e lo seguì senza sapere esattamente cosa stessero facendo.

Il penitenziere spalancò la porta e scavalcò le scarpe che Vitali aveva lasciato sull’uscio per disorientarli. Percorsero il corridoio in fretta, perché la minaccia poteva nascondersi in ognuna delle altre stanze. Alle loro spalle si avvertì un rumore di vetri infranti. È entrato dalla finestra, pensò Sandra. Ci aspettava proprio sulla scala antincendio. Marcus accelerò il passo. Lei si rese conto che non avevano un posto per nascondersi e nelle strade deserte sarebbe stato semplice per Vitali individuarli. «Dove stiamo andando?» domandò.

Lui avvertì la nota timorosa nella sua voce. «In un posto sicuro, fidati di me.»

 

 

Vitali si maledisse quando non trovò nessuno nella camera. Il trucco delle scarpe non aveva funzionato. D’altronde, non aveva scelta. Per quel che ne sapeva, la Vega poteva essere armata. E lui non ci stava a fare da bersaglio sulla soglia. La puttanella era molto più furba di quanto avesse immaginato.

Non è la prossima vittima, pensò. È coinvolta. Forse anche lei fa parte della Chiesa dell’eclissi.

L’ispettore superò d’un balzo i vetri rotti per non ferirsi i piedi scalzi e si precipitò verso la porta aperta. Arrivato sulla soglia, puntò prima la pistola, poi guardò fuori. Vide la poliziotta che si allontanava di corsa. Un uomo la teneva per mano. Chi era? Ebbe la tentazione di fare fuoco, ma si trattenne. Invece, si infilò in fretta i mocassini che aveva abbandonato in corridoio e si lanciò all’inseguimento dei fuggiaschi.

Li scorse sparire dietro un angolo. Avevano un discreto vantaggio, ma ce la poteva fare. Gli si parò davanti un’altra coppia. Per scansarla, inciampò e fu sul punto di cadere. Mantenne l’equilibrio appoggiandosi alla parete. Riprese a correre. Quando svoltò nel corridoio alla sua sinistra, la Vega e l’altro uomo erano svaniti.

Merda. Due file di porte chiuse. Potevano essere entrati ovunque. Merda.

Inspirò ed espirò più volte, per calmarsi. Poi rimise l’arma nella fondina. La caccia adesso si faceva difficile.

Tornò nella stanza presa dalla Vega, sperando di trovare qualche indizio. Accese la torcia. Si sentiva lo stesso un idiota a perlustrare in giro con quell’accidenti in mano. Come facevano gli sbirri quando non era stata ancora scoperta l’elettricità? Doveva essere un inferno. Adesso avevano la scientifica, il DNA, i computer che confrontavano migliaia di indizi. Quei progressi facevano apparire banale l’apporto di una semplice lampadina ai fini dell’indagine. Fino a qualche ora prima, Vitali aveva dato quella e molte altre cose per scontate. Ora non poteva più permetterselo. Nessuno poteva.

Mentre faceva tali considerazioni, individuò una traccia. Se avesse avuto a disposizione la tecnologia per esaminarla, avrebbe esultato. Ma anche così poteva accontentarsi.

Sul copriletto c’era una macchia rossa, appena essiccata. Sangue, si disse. Bene. L’uomo che era con Sandra Vega poteva essere il tizio con l’epistassi.