35.
Irene finisce di leggere la lettera aperta pubblicata da suo figlio sulla sua pagina ufficiale di Facebook pochi minuti fa. Se l’avesse avvisata prima, avrebbe suggerito due o tre cambiamenti che l’avrebbero migliorata di molto. Ma sulle questioni della comunicazione Fernando crede ciecamente in Arturo Sylvestre, malgrado tutto. Quindi ha imparato ad accettarlo. E allora che Sylvestre si occupi della comunicazione, che lei ha ben altre questioni, che riguardano suo figlio altrettanto importanti, se non di più, di cui occuparsi. Ha gradito, comunque, che l’abbia chiamata per avvisarla di averla pubblicata, non gliel’avrebbe perdonato se fosse venuta a saperlo dai media, come per qualsiasi figlio di un vicino. O da un amico su Facebook. Lei è la madre, non può dare priorità a nessun altro. Riguardo la lettera, le è parso eccessivo tutto quell’elogiare la defunta nuora, tanta dimostrazione d’amore del figlio nei suoi riguardi. Un po’ va bene, si capisce, ma Sylvestre ha finito per scrivere una lettera melensa, patetica, che diventa stucchevole già al terzo paragrafo, e quello non è certo lo stile di Fernando. Insomma, adesso l’unica cosa da fare è guardare avanti. Sentirà la mancanza del bambino, questo è indubbio, anche se in fin dei conti è riuscita a superare persino di non vedere più suo figlio Pablo, che ha vissuto con lei fino ai vent’anni ed è sangue del suo sangue, figurarsi se non supererà ben presto il fatto di non rivedere quel bambino. In definitiva non è neanche suo nipote, ma il figlio della defunta nuora e del concepitore. L’unico sangue del suo sangue a cui oggi deve dare tutto il suo appoggio è Fernando.
Spegne il televisore, le immagini che ha visto le sembrano patetiche: quella piazza piena di gente, il bimbo su quella specie di altare improvvisato e circondato da gente oscura, priva di luce. Non vuole sapere niente di loro. Men che meno del concepitore. Non vuole ascoltare ciò che sicuramente dirà tra qualche minuto. Anche rispetto a questo punto, al concepitore, avrebbe preferito un’altra strada, qualcosa del tipo fargli le scarpe alla maniera di Vargas. Ora è troppo tardi, il paese intero li ha visti, le loro immagini compaiono su tutti i canali neanche fossero a reti unificate. Quel che è fatto è fatto. E quel che non è ancora fatto, si vedrà. Occhi puntati sul futuro. Si ripropone di riflettere attentamente per capire su cosa si sia sbagliata. Perché qualcosa non è andato per il verso giusto, e non si tratta necessariamente dei controlli effettuati sull’energia del candidato. Si è occupata personalmente di tutti i passi fatti riguardo la gravidanza, non solo sulla scelta del concepitore. Il primo, nonché fondamentale, è stato convincere Fernando che non ne sarebbe venuto fuori nulla di buono da una siringa piena di sperma che qualcuno avrebbe infilato nella vagina a sua moglie per spargerne dentro il contenuto. Glielo aveva detto tale e quale. Perché non era facile trovare le parole adeguate. In un metodo simile non c’è posto per l’amore, non c’è magia, non c’è una buona energia. Ma soprattutto, ed è l’aspetto più importante: romperebbe l’aura del bambino che arriverà. Quando glielo aveva spiegato, suo figlio aveva già dei dubbi personali riguardo l’inseminazione artificiale, essenzialmente per l’eventuale fuga di notizie, per la quantità di persone che sarebbe stata a conoscenza della sua sterilità durante le questioni pratiche per ottenere la gravidanza. Irene aveva incentivato la paranoia di Fernando, la sua paura che la notizia potesse trapelare, e si era spinta oltre. Gli aveva confermato i suoi sospetti, “le rune dicono che se usi il metodo della siringa lo verrà a sapere mezzo paese”. Anche se il suo lavoro, in particolare, era stato convincerlo con argomenti del tutto suoi: il bambino a venire aveva bisogno di un’aura pulita, positiva, luminosa, era necessario che fosse il frutto di un atto naturale in cui fossero presenti l’amore, la magia e la luce. E lei aveva proposto un terzetto. Lo aveva detto a suo figlio senza tanti giri di parole: perché funzioni, dovrete essere in tre. Forse era stato questo l’errore, nel fatto che Lucrecia, così poco elastica, si fosse opposta decisamente a tale modalità, quindi era stato necessario ricorrere al sesso classico e Fernando si era dovuto limitare a spiarli dietro una videocamera. Era stato difficile parlare con suo figlio di questi dettagli e, ricordandolo, torna a provare lo stesso imbarazzo di allora. Quanto è difficile parlare di sesso con un figlio. Ma era necessario, e quindi lo aveva fatto. Insistendo sul terzetto. “Se nel letto con Lucrecia ci saranno due uomini e lei rimarrà incinta potremo supporre che a fecondarla possa essere stato uno qualsiasi dei due. Uno sopra, uno sotto, poi si cambia posizione, la penetra uno, la penetra l’altro. E poi chi potrà mai dire che il figlio non è tuo. Ma lo sai che aura avrebbe un neonato concepito da due uomini?” Fernando si era convinto, nonostante il solo pensiero di ritrovarsi nel letto un altro uomo lo inquietasse. Il problema era stato non riuscire a convincere Lucrecia. E non aveva permesso a Irene di parlarle. Sua madre aveva dovuto accettare l’opzione del guardone. Fernando le aveva confessato che non sarebbe stata la prima volta che osservava sua moglie attraverso una videocamera. “Mentre la guardi masturbati, devi sentire di essere lì, che il tuo seme è lì, eiacula, eiacula ed eiacula, devi venire anche tu, figlio mio, come se fossi dentro di lei,” gli aveva detto. “Mi masturbo sempre quando la guardo, mamma,” aveva risposto lui, senza alcuna remora. E lei, superando l’impatto di una confessione così intima, si era tranquillizzata. Aveva pensato che questo fosse sufficiente, che il meccanismo alternativo garantisse in qualche modo la presenza di Fernando in quel letto. E invece no. Ecco dov’era stato l’errore. Forse.
Comunque, tutto questo non ha più alcuna importanza. Adesso l’unica cosa che importa a Irene è il futuro. Due Buenos Aires sostenibili per farla finita con una Buenos Aires impossibile. È solo questo che conta. Bisogna voltare pagina. Lei non è stata mai d’accordo con Sylvestre rispetto al fatto che per Fernando fosse imprescindibile avere un figlio allo scopo di consolidare la sua carriera politica. E ancor meno con sua nuora, che con la maternità pretendeva di consolidare solo se stessa, “sentirsi appagata”. Quella donna non si sarebbe mai sentita appagata, pensa Irene, perché ciò che le mancava non era un figlio ma un ardore, uno stato di grazia, o quello che fosse. Comunque, non ha senso continuare a rivangare cosa volesse la morta. Adesso bisogna pensare soltanto alla carriera politica di Fernando. E lei starà bene attenta a tutto ciò che verrà fatto da qui in avanti affinché suo figlio diventi non solo governatore di Vallimanca, ma anche presidente della Repubblica. Lei sarà lì, lei ne farà parte. Saranno la Santissima Trinità in versione femminile: Madre, figlio e Spirito Santo. Nel loro caso lo Spirito Santo saranno le doti naturali di Irene, l’energia che si porta dentro da sempre, i suoi poteri di sanazione, la sua luce.
Irene controllerà ogni azione di suo figlio, ogni nuovo progetto, ogni legge che vogliano approvare.
Governerà con lui Vallimanca e poi l’intera nazione.
Non sarà soltanto un aiuto inestimabile per suo figlio.
Lo sarà, fondamentalmente, per il proprio paese.