16.
Dove sei, Román? si chiede China per l’ennesima volta. Sa che sarà una dura nottata. Ha bevuto troppo e male, mescolando Campari, whisky, ancora Campari. La giornata in qualche modo è passata, si è oberata di lavoro per non pensare sempre alla stessa cosa. Ma non sa come riuscirà a dormire nelle ore che le rimangono davanti. Sceglie il capitolo del suo manoscritto che ritiene il più noioso e cerca di aggiungere un po’ di sostanza. Se non si addormenta rileggendolo, ha sempre un rimasuglio di vino; e se no, le pastiglie. Ci starebbe bene uno spinello, ma da diverso tempo fuma solo se gliene offrono uno, ha perso l’abitudine da adolescente di tenere un caccolo nel cassetto del comodino per rollarsi una canna in qualsiasi momento del giorno e della notte. Ci prova seguendo l’ordine più logico, prima di tutto il libro. Ripassa il capitolo del diamante e delle maledizioni negli Stati Uniti che Eladio Cantón l’ha praticamente costretta a includere nel testo. “Bisogna tenere presenti tutti i mercati, China, non puoi limitarti a quello in lingua spagnola. Think big. Mettiamoci qualcosa del Nordamerica, qualcosa dell’Europa, e se puoi, anche l’Asia, meglio ancora, è un mercato difficile ma se arrivi in Cina allora si tratta di milioni di lettori. Così copriamo tutte le aree.” “Ma non sembrerà una forzatura per i lettori di qui?” “Quelli saltano i paragrafi e basta. Non hai mai letto un libro che ha cinquanta o cento pagine in eccesso? L’elenco dei bestseller è pieno di pagine che non legge nessuno. E anche gli altri libri, attenzione. Magari li leggi in diagonale saltando interi paragrafi. Il fatto che ci siano pagine in più non spaventa i lettori. In cambio, un certo dettaglio che li riguardi ne cattura altri, dobbiamo pensare agli altri mercati. Addosso!, come dicono gli spagnoli.”
“Addosso”, “un certo dettaglio che li riguardi” ricorda China, e non sa se ridere o piangere.
È pur vero che di politici che si rivolgono a fattucchiere o credono nelle maledizioni ce ne sono sempre stati un po’ ovunque. Le piacerebbe usare nel libro la frase “dappertutto si cuociono le fave”,7 ma a parte il luogo comune è un detto di altri tempi che nessuno usa più. Anzi, la maggior parte dei giovani ignora persino cosa siano le “fave”. E dubita che sappiano coniugare il verbo “cuocere”. Le fa impressione pensare ai “giovani” come se lei ne fosse ormai esclusa, quando le è successo di smettere di sentirsi parte di quella categoria, se ha soltanto poco più di trent’anni? Ma resta pur sempre come una differenza considerevole il fatto che lei sappia cosa voglia dire “si cuociono le fave” mentre chi viene dopo di lei non lo sa. E nonostante tali considerazioni, le piacerebbe usare questo modo di dire. Ritiene che sarebbe calzante. Dovrebbe però aggiungere una sorta di introduzione del tipo “come dice mia nonna, dappertutto si cuociono…”. Sua nonna, se mai ne avesse avuta una, non l’ha conosciuta. E tantomeno è disposta a mettere in bocca alla sua defunta madre questa o qualsiasi altra frase in un libro che sta scrivendo. Sarebbe una maniera di coinvolgerla come se fosse ancora viva nell’unico ambito della sua esistenza in cui non le aveva mai permesso di intrufolarsi per non farselo rovinare: il suo lavoro. La salute non le dà molti problemi, ma quelli che ha – ipotiroidismo, emicrania, displasia – li ha ereditati da lei. Per non parlare dell’amore. China è convinta che gran parte dei suoi fallimenti nei tentativi di mantenere una relazione stabile sia dovuta all’educazione sentimentale ricevuta dalla madre, sempre sulla difensiva, diffidente, prevenuta su qualsiasi possibile candidato a diventare il fidanzato della figlia. “Non voglio che ti senta usata come mi sono sentita io.” E China non le aveva mai chiesto esplicitamente cosa significasse sentirsi usata perché intuisce che il risultato di tale uso sia il fatto che lei sta girando a vuoto nella vita, ma non vuole aggiungere una nota patetica al romanzo della propria esistenza.
Appunti per La maledizione di Alsina.
4. Maledizioni mancate
Maledire significa desiderare il male di qualcuno. Un male specifico per qualcuno in particolare. Il concetto parte da un presupposto alquanto interessante: conferire un potere magico alla parola. Il linguaggio che interferisce sulla realtà. Qualcuno maledice, qualcuno augura il male, e il male si concretizza. La forza della parola.
UN’IRONIA DELLA POLITICA: LA PAROLA DEGRADATA AL LIVELLO PIÙ INFIMO NEL DISCORSO E RITENUTA DI UNA POTENZA DEVASTANTE IN UNA MALEDIZIONE.
Nella lunga tradizione delle maledizioni – vengono menzionate nella Bibbia, nell’Iliade, nelle tragedie di Sofocle, nelle favole – solo alcune sono state neutralizzate o invertite.
Due esempi.
La maledizione di Tippecanoe, o maledizione di Tecumseh, o degli anni che finiscono con lo zero, o anche maledizione dei venti anni.
Secondo questa maledizione tutti i presidenti statunitensi eletti in anni che finiscono con lo zero (cosa che avviene ogni venti anni) morirebbero durante il mandato.
Il primo presidente maledetto è stato William Henry Harrison; la serie inizia da lui. Nel 1811 aveva sconfitto gli Shawnee nella battaglia di Tippecanoe, in cui morì il capo indiano Tecumseh, leader non solo del suo popolo ma anche della grande confederazione dei nativi. Tecumseh è considerato come uno dei grandi personaggi indigeni nella storia dell’America del Nord, un uomo retto, uno statista, guerriero, istruito, saggio, un leader rispettato a cui ancora oggi vengono tributati onori. Diversi anni dopo, nel 1836, suo fratello Tenskwatawa, detto Il Profeta, mentre posava per un ritratto, sentì parlare intorno a sé delle prossime elezioni presidenziali nelle quali uno dei candidati era Harrison. Allora, in memoria di suo fratello, maledisse lui e i futuri presidenti statunitensi. Dicono che avrebbe detto: “Harrison non conquisterà quest’anno il posto di Grande Capo, vincerà la prossima volta. Ma non porterà a termine il mandato perché morirà. E quando morirà, ricorderete la morte di mio fratello Tecumseh. E dopo di lui, ogni Grande Capo eletto in un anno che finisce con lo zero morirà durante il mandato presidenziale. A ognuno che morirà, ricordate la morte del nostro popolo”.
La maledizione ebbe effetto. Il 4 marzo 1841, in un giorno piovoso e freddo, il presidente Harrison (vincitore alle elezioni del 1840) tenne il discorso di insediamento sotto le intemperie e senza un riparo adeguato. Fu il discorso di presa dei poteri più lungo della storia degli Stati Uniti, durò oltre due ore. Si prese una polmonite e morì il 4 aprile. Nemmeno il presidente Abramo Lincoln (eletto nel 1860) terminò il suo mandato, fu assassinato dall’attore John Wilkes Booth subito dopo aver iniziato il secondo periodo al governo. E così James Garfield (eletto nel 1880), ucciso dall’avvocato Charles Jules Guiteau nella sala d’aspetto della stazione ferroviaria di Washington. Come pure William McKinley (eletto nel 1900), che dopo essere stato rieletto morì per due colpi di pistola sparati dall’anarchico Leon Czolgosz. Warren Harding (eletto nel 1920) morì prima di concludere il mandato presidenziale, secondo la versione ufficiale per apoplessia, mentre qualcuno parla di avvelenamento. Franklin Roosevelt (eletto per la terza volta nel 1940), morì di emorragia cerebrale. E John Kennedy (eletto nel 1960), fu assassinato, ufficialmente da Lee Harvey Oswald.
Tuttavia, la maledizione sembra essersi interrotta nel 1980, con le elezioni vinte da Ronald Reagan. Reagan ha portato a termine i due mandati presidenziali. Anche se dopo pochi mesi dall’insediamento era sopravvissuto a un tentato omicidio. La maledizione lo ha sfiorato ma senza abbatterlo. Come ha fatto Reagan a infrangere la maledizione di Tecumseh? Nessuno può fornire risposte certe, sebbene diverse fonti concordino sul fatto che sarebbe stata Nancy Reagan il fattore fondamentale. La first lady consultava spesso alcuni astrologi e si dice che fossero stati loro a trovare il rimedio per neutralizzare la maledizione di Tecumseh. Un rimedio rimasto segreto. La magia che neutralizza la magia. Fattura e controfattura.
VERIFICARE IN QUALE PERCENTUALE IL POPOLO STATUNITENSE CONOSCE LA MALEDIZIONE DI TECUMSEH. IN QUALE PERCENTUALE CREDE NEI SUOI EFFETTI. E LA PERCENTUALE DI VOTANTI NEGLI STATI UNITI.
La maledizione del diamante Koh-I-Noor.
Un testo indù che parla della prima apparizione del diamante Koh-I-Noor nel 1306, quando il proprietario era il Rajà di Malwa e la gemma era il simbolo del potere imperiale, riporta il seguente proverbio che funge da maledizione: “Chi possieda questo diamante sarà padrone del mondo ma ne conoscerà le disgrazie. Soltanto Dio o una donna potranno usarlo impunemente”.
La maledizione augura potere ma anche disgrazia. Evidentemente molti credettero alla faccenda del potere ma sottovalutarono la disgrazia, perché nel corso della sua storia la pietra fu ambita da una quantità di personaggi bramosi di dominare in qualche parte del mondo. “Montagna di luce”, questo significa il suo nome, è stato un trofeo di guerra passato di mano in mano. È appartenuto a governanti indiani, mongoli, persiani, afgani e britannici, in seguito a svariate lotte, guerre o furti. È originario dello Stato dell’Andhra Pradesh, in India, una delle regioni diamantifere più ricche del pianeta. Come del resto il suo gemello, il Darya-ye-Noor (“Luce del Mare”). Si diceva che il suo valore potesse sfamare l’intera popolazione mondiale per due giorni e mezzo. Tutti lo volevano, finché venne regalato al principe Humayun, che lo usò per tre anni, due mesi e sei giorni, quando cadde per le scale e morì. Quelli che successero a lui non ebbero il coraggio di indossarlo. Shah Jahan, che fece costruire il Taj Mahal, osò ostentarlo e venne detronizzato dal figlio. Per colmo di crudeltà, il principe fece rinchiudere il padre nella fortezza di Agra e mise sulla finestra della cella il diamante affinché potesse vedere il Taj Mahal solo attraverso la pietra.
Seguirono altre lotte e altri saccheggi. Il diamante viaggiò da un paese all’altro nascosto in un turbante, un principe lo fece incastonare nelle briglie del suo cavallo per poterlo ammirare ogni volta che cavalcava, e gli viene attribuita una lunga serie di assassinii e tradimenti. Infine, tornò in India. Finché quel territorio divenne parte dell’Impero Britannico. Una delle clausole del Trattato di Lahore, l’accordo che sanciva l’occupazione, diceva che la gemma doveva essere consegnata alla regina d’Inghilterra. Il governatore dell’India, lord Dalhousie, trattò il diamante come un trofeo di guerra, tergiversò per qualche tempo (DICONO CHE AVREBBE VOLUTO TENERSELO, CERCARE LA FONTE), finché si decise a spedirlo in Inghilterra con un principe bambino che lo consegnasse alla regina Vittoria. Fu nell’aprile del 1850, per la commemorazione dei 250 anni della East India Co. inglese. Una volta che ne entrò in possesso, la regina Vittoria decise di farlo intagliare in forma ovale, così la pietra originale, da 186 carati, passò agli attuali 108,93. Ancor oggi fa parte dei gioielli della Corona britannica.
VERRANNO MAI RESTITUITI QUESTI “TROFEI DI GUERRA” AI PROPRIETARI ORIGINARI? DOMANDA RETORICA. CERCARE IN ARCHIVI DI QUANDO LA REGINA ELISABETTA II VISITÒ L’INDIA, E CI FURONO PROTESTE PER CHIEDERE LA RESTITUZIONE DEL DIAMANTE KOH-I-NOOR. CERCARE L’INTERVISTA DEL 2010 A DAVID CAMERON IN CUI AFFERMA: “SE DICIAMO DI SÌ, UN GIORNO VEDREMO IL BRITISH MUSEUM COMPLETAMENTE SVUOTATO”.
Come è stata neutralizzata questa maledizione?
Dicono che siccome la regina Vittoria era superstiziosa, pose nel testamento una clausola per stabilire che la corona con il diamante non sarebbe mai passata a un re (maschio). In tal caso avrebbe potuto usarla solo la sua consorte.
(CONTROLLARE SE ESISTE TALE CLAUSOLA E LE EVENTUALI NUOVE DISGRAZIE).
DA EMILIO SALGARI A JAMES JOYCE, SONO STATI NON POCHI GLI SCRITTORI CHE HANNO USATO IL DIAMANTE NELLA LORO NARRATIVA. SALGARI NEL SUO ROMANZO LA MONTAGNA DI LUCE. JOYCE NELL’ ULISSE: “BLOOM ALZA LA MANO DESTRA IN CUI BRILLA IL DIAMANTE KOH-I-NOOR. IL PALAFRENO NITRISCE. SILENZIO IMMEDIATO”.
Dappertutto si cuociono le fave.
Una scelta di esempi:
Hugo Chávez, le sedute spiritiche, le apparizioni di spiriti di defunti (dal suo bisnonno a Simón Bolívar), la santería cubana, le profezie della sua veggente più consultata, Cristina Marksman. Lei gli avrebbe predetto che sarebbe morto prima dei sessant’anni. La donna faceva le carte e trasse questa conclusione vedendo una carta di spade su una di bastoni. Articolo del giornale “El Mundo” di Madrid, aprile 2016, e relativa bibliografia.
Il leader catalano Jordi Pujol e la sua veggente e sanatrice galiziana Adelina. A quanto si dice, faceva visita a questa donna prima in Andorra e poi a Barcellona. La consultava su svariate questioni, da un tic a un occhio fino alle decisioni politiche di alto livello. Lei gli faceva “pulizie spirituali”. La donna ha raccontato al giornale “La Vanguardia” di Barcellona, nel settembre 2014, che lo faceva passandogli un uovo sulla schiena. “L’uovo diventava nero perché assorbiva tutte le energie negative che si portava addosso,” ha rivelato la sanatrice al quotidiano, per poi concludere: “Il fatto è che attirava molte invidie”.
Il colombiano Luis Alberto Moreno, che quando era ambasciatore a Washington aveva ingaggiato un cacciatore di fantasmi. Sosteneva che nell’ambasciata della Colombia vagava una bambina che si era suicidata. Sarebbe stato lo psicobiofisico venezuelano Chucho Barranco a scacciare lo spettro.
Il Messico e la sua lunga tradizione di politici che ricorrono agli sciamani. Il giornalista José Gil Olmos ne fornisce un lungo elenco nei suoi libri Los brujos del poder e Los brujos del poder 2. Catemaco, nello Stato del Veracruz, è probabilmente la località più conosciuta come sede di sciamani, un posto in cui si sono recati molti politici e funzionari di diverse ideologie.
Francisco Franco e le sue varie consigliere spirituali, dalla fattucchiera maghrebina Mersidas alla “madre catalana”, la suora Ramona Llimargas, che tra le altre cose gli aveva proibito di partecipare a un banchetto a Saragozza dove – secondo lei – lo avrebbero avvelenato. Llimargas la chiamavano “la suora ubiqua” perché aveva il dono dell’ubiquità. Dicono che diversi consigli che diede a Franco avvenissero in stato di sdoppiamento.
Perón e il suo ministro José López Rega, che scrisse un unico libro, Astrología esotérica. “Ognuna delle sue 737 pagine risulta illeggibile o irriproducibile. Forse la dedica è la cosa più chiara: ‘Dedico questa opera a tutti gli esseri umili che cercano di elevarsi verso un destino che sia in accordo con la vera condizione del genere umano’, scrive lo stregone.” Testo di Guido Carelli Lynch, “Revista Ñ”, febbraio 2013. López Rega ordina il cosmo in quattro parti: lo Zodiaco multicolore, lo Zodiaco vegetale, lo Zodiaco musicale e il sistema abbreviato di astrologia. Ha mantenuto l’incarico di ministro del Benessere sociale sotto i governi di Héctor J. Cámpora, di Raúl Lastiri, di Juan Domingo Perón e Isabel Martínez de Perón, quando organizzò l’Alianza Anticomunista Argentina o Triple A, gruppo paramilitare di estrema destra che sequestrò, torturò e assassinò centinaia di persone. Le sue attività vennero qualificate come crimini contro l’umanità.
IN CHE MANI STA IL NOSTRO DESTINO?
QUALI STREGHE, NELLE LORO DIVERSE VARIANTI A SECONDA DEI SECOLI, CI HANNO GOVERNATO, CI GOVERNANO E CI GOVERNERANNO?
NON RISULTA CHE FERNANDO ROVIRA ABBIA “STREGHE” O FACCIA RICORSO A VEGGENTI O SANATRICI. CE LE AVRÀ? IN UNA QUALSIASI DELLE TANTE VERSIONI: CLASSICHE, RELIGIOSE, NEW AGE, PURIFICATRICI DI AURA, MISTICHE.
DAPPERTUTTO SI CUOCIONO LE FAVE.
E LORO CUOCIONO NOI.
TORNIAMO A LÉVI-STRAUSS:
LA MAGIA FUNZIONA SE IL POPOLO CREDE ALLO STREGONE.
Come neutralizzare la maledizione di Alsina?
Ricorrendo agli stregoni?
Non necessariamente, solo se fosse indispensabile per far credere agli elettori che la maledizione è stata neutralizzata.
Possibili azioni:
COMPLETARE. CERCARE ALTRI CASI RISOLTI.
LA SCELTA DI FERNANDO ROVIRA: UN TAGLIO NETTO, TOGLIENDO LA CITTÀ DI LA PLATA DAL TERRITORIO CHE VORREBBE GOVERNARE PRIMA DI CANDIDARSI ALLA PRESIDENZA.
ALTRE AZIONI POSSIBILI: CERCARE CASI ESCLUSI DALLA MALEDIZIONE.
PER ESEMPIO, LA MALEDIZIONE DELLA TOLOSANA COMPRENDE LE DONNE? O COME NEL CASO DEL KOH-I-NOOR LORO NE SONO IMMUNI? LA TOLOSANA HA MALEDETTO “CHIUNQUE GOVERNI”? OPPURE DISSE: “L’UOMO CHE GOVERNI”? UNA DONNA GOVERNATORE DELLA PROVINCIA DI BUENOS AIRES POTREBBE MAI DIVENTARE PRESIDENTE DELL’ARGENTINA?
NON IMPORTA COSA DISSE LA STREGA, MA COSA SI VUOL FAR CREDERE CHE AVREBBE DETTO.
COME NELLA POLITICA.
COME IN QUASI TUTTO.
Adesso ci vuole proprio. Una pastiglia. O quelle necessarie. Evitare il vino è una buona decisione. Quella di domani sarà una giornata intensa. Soprattutto se alla conferenza stampa non ci sarà Román Sabaté. A quest’ora della notte, China Sureda non vuole continuare a prendere in considerazione le ipotesi sul perché sia sparito. Ha il telefono staccato. L’unica cosa che spera è che sia per una sua decisione, se non dovesse ricomparire.
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7 Frase usata da Cervantes nel Don Chisciotte, significa che così come in ogni casa si cuoce l’alimento più umile, le fave, in ogni casa ci sono dispiaceri, problemi, situazioni difficili. Come dire che nessuno deve sentirsi unico nelle sue sventure. [N.d.T.]