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«All’inizio non ci ho dato peso», dichiarò. «Entra un americano, ci sente parlare la nostra lingua, presume che non sappiamo l’inglese e tratta a gesti e segni. È un po’ scortese, nel senso che parte dal presupposto che siamo degli ignoranti, ma ci siamo abituati. Di solito lascio che clienti del genere si trovino in difficoltà e a quel punto intervengo dicendo una frase perfettamente coerente, per riprenderli.»
«Come ha fatto con me», osservò Reacher.
«Certo. E come ho fatto con l’uomo che evidentemente state cercando. Ma lui non è stato capace di rispondere. Si è limitato a tenere la bocca chiusa e a deglutire come un pesce. Ho concluso che avesse una deformità che gli impedisse di parlare.»
«Descrizione?» chiese Reacher.
L’anziano tacque un istante per raccogliere le idee e fornì lo stesso identikit del custode di Sixth Avenue. Un uomo bianco sulla quarantina, di peso e altezza medi, pulito e in ordine, senza barba né baffi. Jeans, maglietta blu, cappellino da baseball, scarpe da ginnastica, tutti usati e comodi. Non aveva segni né caratteristiche particolari, tranne il fatto d’essere muto.
«Quanto le ha dato per la sedia?» chiese Reacher.
«Cinque dollari.»
«Non è strano che un uomo compri una sedia sola?»
«Pensa che dovrei chiamare automaticamente la polizia se qualcuno che non è proprietario di un ristorante viene a fare acquisti qui?»
«Chi compra una sedia alla volta?»
«Molta gente», rispose l’anziano. «Persone appena divorziate o in disgrazia, persone che ricominciano daccapo sole in un appartamentino dell’East Village. Alcuni di quegli alloggi sono tanto piccoli che cercano solo una sedia. E una scrivania forse, che serve anche per mangiare.»
«D’accordo», fece Reacher. «Capisco.»
L’anziano si rivolse a Pauling. «Le mie informazioni sono state utili?»
«Forse», rispose lei. «Ma non hanno aggiunto niente di nuovo.»
«Sapevate già dell’uomo che non può parlare?»
Lei annuì.
«Allora mi dispiace», affermò l’anziano. «Potete tenere la sedia.»
«Sono stanco di portarmela dietro», osservò Reacher.
Il vecchio piegò la testa. «Come pensavo. Nel qual caso, la lasci pure qui se vuole.»
Pauling condusse Reacher fuori, sul marciapiede della Bowery, e l’ultima volta che lui vide la sedia fu quando un ragazzo, forse il nipote dell’anziano, la sollevò con un’asta per appenderla di nuovo al muro, accanto alle altre due.
«La via più dura», disse Pauling.
«Non ha senso», affermò Reacher. «Perché mandano l’uomo che non può parlare a trattare con tutti?»
«L’altro deve avere qualcosa di ancora più singolare.»
«Non oso pensare cosa.»
«Lane ha abbandonato quei due uomini, quindi perché lo aiuta?»
«Non lo aiuto. Lo faccio per Kate e la bambina.»
«Sono morte. Lo ha detto lei stesso.»
«Allora c’è bisogno di una storia. Di una spiegazione. Chi, dove, perché. Tutti devono sapere che cos’è successo. Non dobbiamo permettere che se ne vadano così, in silenzio. Qualcuno deve prendere la loro parte.»
«E quel qualcuno sarebbe lei?»
«Prendo le cose con filosofia. Non ha senso lamentarsi.»
«E?»
«E devono avere giustizia, Pauling. Perché questa non era la loro guerra. Non era neanche lontanamente la guerra di Jade, non crede? Se Hobart, Knight o chiunque sia se la fosse presa direttamente con Lane, forse me ne sarei stato a guardare esultando di gioia. Ma non è andata così. Se l’è presa con Kate e Jade. Due torti non fanno una ragione.»
«Neanche tre.»
«In questo caso sì», obiettò Reacher.
«Non ha mai visto Kate né Jade.»
«Ho visto le loro fotografie. Mi è bastato.»
«Non vorrei mai incappare nella sua ira», commentò Pauling.
«No», convenne Reacher.
Andarono a nord verso Houston Street senza una meta chiara e per strada il cellulare di Pauling doveva aver iniziato a vibrare perché lo estrasse dalla tasca prima ancora che Reacher lo sentisse squillare. I cellulari in modalità silenziosa lo rendevano nervoso. Reacher veniva da un mondo in cui chi cacciava all’improvviso la mano in tasca lo faceva probabilmente per estrarre una pistola anziché un telefono. E ogniqualvolta succedeva, doveva smaltire una piccola scarica di adrenalina inutilizzata.
Pauling si fermò sul marciapiede, disse il suo nome a voce alta per sovrastare il rumore del traffico e ascoltò per un istante. Ringraziò e chiuse brusca il cellulare, quindi si voltò sorridente verso di lui.
«Il mio amico del Pentagono», disse. «Ha informazioni interessanti. Forse ha davvero scassinato lo schedario di qualcuno.»
«Ha un nome?» chiese Reacher.
«Non ancora. Ma ha un luogo. Il Burkina Faso. Ci è mai stato?»
«Non sono mai stato in Africa.»
«Un tempo si chiamava Alto Volta. È un’ex colonia francese, grande circa quanto il Colorado, con una popolazione di tredici milioni di persone e un PIL pari a un quarto di quello che guadagna Bill Gates.»
«Ma con fondi sufficienti da assoldare gli uomini di Lane.»
«Non secondo il mio contatto», rispose Pauling. «Questa è la cosa più strana. Knight e Hobart sono stati catturati lì, ma non c’è traccia di alcun contratto tra il governo del paese e Lane.»
«Si aspettava di trovarne?»
«Lui sostiene che ci sia sempre una traccia da qualche parte.»
«Ci serve un nome», disse Reacher. «Solo quello. Non abbiamo bisogno di sapere la storia del mondo.»
«Ci sta lavorando.»
«Non abbastanza velocemente. E noi non possiamo aspettare. Dobbiamo escogitare qualcosa per conto nostro.»
«Per esempio?»
«Il nostro uomo si fa chiamare Leroy Clarkson. Forse nasce da una battuta o forse da una motivazione inconscia, perché vive da quelle parti.»
«Vicino a Clarkson o Leroy Street?»
«Forse in Hudson o in Greenwich Street.»
«Sono tutte zone riqualificate. Un uomo reduce da cinque anni di carcere in Africa non potrebbe permettersi neanche uno sgabuzzino da quelle parti.»
«Ma un uomo che guadagnava bene prima di quei cinque anni potrebbe già possedere un appartamento laggiù.»
Pauling annuì. «Dovremmo passare dal mio ufficio. Iniziare dall’elenco telefonico.»
Nelle Pagine bianche di Manhattan c’erano alcuni Hobart e mezza pagina di Knight, ma nessuno abitava nell’area del West Village che avrebbe giustificato la scelta di Leroy Clarkson come pseudonimo. Tra i Knight uno avrebbe potuto optare per Horatio Gansevoort e tra gli Hobart uno avrebbe potuto pensare a Christopher Perry, ma a parte questi gli altri vivevano dove le strade erano identificate da numeri oppure tanto a est da giustificare scelte subliminali quali Henry Madison o Allen Eldridge. O Stanton Rivington.
«Troppo facile», fece Pauling.
Aveva altri database, quelli che un investigatore privato coscienzioso con vecchi amici nelle forze dell’ordine e internet a disposizione si costituisce un po’ alla volta. Ma nemmeno lì saltò fuori un Knight, o un Hobart, degno di attenzione.
«È stato via cinque anni», disse Pauling. «Di fatto è sparito, giusto? Quindi il telefono sarà scollegato, le bollette saranno rimaste non pagate e cose del genere.»
«Probabilmente», convenne Reacher. «Ma non necessariamente. Quegli uomini sono abituati a partire all’improvviso. Da sempre, anche ai vecchi tempi. Di solito predispongono addebiti automatici.»
«Il conto corrente si sarà svuotato.»
«Dipende da quanto c’era all’inizio. Se guadagnava quello che guadagnano oggi gli altri, ha potuto pagare parecchie bollette, soprattutto visto che non era a casa a consumare la luce.»
«L’organizzazione di Lane era molto più piccola cinque anni fa. Lo erano tutte, prima che facessero soldi facili con il terrorismo. Vero o finto, il riscatto di Anne ammontava solo a centomila dollari, non a dieci milioni e mezzo. Gli stipendi saranno stati in proporzione. Quell’uomo non doveva essere ricco.»
Reacher annuì. «Probabilmente viveva comunque in affitto. E probabilmente il padrone di casa avrà buttato via tutte le sue cose anni fa.»
«Allora che facciamo?»
«Direi di aspettare», rispose Reacher. «Il suo amico burocrate. Se prima non diventiamo vecchi.»
Nel giro di un minuto tuttavia il telefono di Pauling si accese di nuovo. Stavolta era sul tavolo, in piena vista, e la vibrazione produsse un ronzio sordo a contatto con il legno. Lei rispose e ascoltò per un istante. Poi lo chiuse lentamente e lo posò sulla scrivania.
«Non siamo diventati tanto vecchi», esclamò.
«Cos’ha scoperto?» chiese Reacher.
«Hobart», disse. «È stato Hobart a tornare vivo a casa.»