12

La donna dall’altra parte della strada si chiamava Patricia Joseph, Patti per i pochi amici che le restavano, e stava chiamando un detective del Dipartimento di polizia di New York di nome Brewer. Aveva il suo numero di casa e lui rispose al secondo squillo.

«Devo segnalare una certa attività», disse.

Brewer non chiese chi lo chiamasse. Non ne ebbe bisogno. Conosceva molto bene la voce di Patti Joseph.

«Dimmi», esclamò.

«C’è un nuovo personaggio sulla scena.»

«Chi è?»

«Non ho ancora un nome.»

«Descrizione?»

«È molto alto, massiccio, ha l’aria di uno che ama fare a pugni. È sulla quarantina, capelli biondi corti, occhi azzurri. È comparso ieri sera.»

«È uno di loro?» indagò Brewer.

«Non è vestito come loro. Ed è molto più grosso degli altri, però si comporta come loro.»

«Che intendi? Cosa lo hai visto fare?»

«Parlo del modo di camminare, di muoversi, dell’atteggiamento.»

«Quindi pensi che anche lui sia un ex militare?»

«Quasi sicuramente.»

«Okay», disse Brewer. «Buon lavoro. C’è altro?»

«Un’altra cosa», aggiunse Patti Joseph. «Da un paio di giorni non vedo né la moglie né la figlia.»

Nel soggiorno del Dakota Building il telefono squillò, secondo l’orologio di Reacher, alle cinque esatte. Lane afferrò il ricevitore e se lo premette all’orecchio. Reacher udì i ronzii e gli stridii del dispositivo elettronico, deboli e attutiti. «Passatemi Kate», disse Lane. Seguì un lungo silenzio, poi si sentì la voce di una donna, forte e chiara, ma non calma. Lane chiuse gli occhi. Il dispositivo elettronico riprese a gracchiare e lui li riaprì. Continuò per un buon minuto e Lane ascoltò con il viso contratto e lo sguardo che guizzava di qua e di là. Infine la chiamata terminò. Fu interrotta prima che Lane potesse aggiungere altro.

Posò il ricevitore sulla staffa con un’aria in parte speranzosa, in parte disperata.

«Vogliono altri soldi», annunciò. «Ci daranno le istruzioni tra un’ora.»

«Forse dovrei andare laggiù ora», fece Reacher. «Forse tenteranno di fregarci cambiando l’intervallo di tempo.»

Lane tuttavia stava già scuotendo la testa. «Ci hanno già fregato. Hanno detto che cambieranno l’intera procedura. Non sarà come prima.»

Nella stanza calò il silenzio.

«La signora Lane sta bene?» chiese Gregory.

«Aveva un tono molto spaventato», rispose Lane.

«Che mi dice della voce di quell’uomo?» domandò Reacher. «Ha notato niente?»

«Era camuffata, come sempre.»

«Al di là del suono. Ripensi a questa telefonata e alle altre. Alla scelta e all’ordine delle parole, alla cadenza, al ritmo, alla velocità. È americano o straniero?»

«Perché dovrebbe trattarsi di uno straniero?»

«Nel suo campo, se ha nemici, potrebbero essere stranieri.»

«È americano», rispose Lane. «Credo.» Chiuse gli occhi e si concentrò muovendo le labbra come se ripetesse mentalmente la conversazione. «Sì, americano. Certamente madrelingua. Non ha incespicato, non ha mai usato parole insolite. Ha parlato in modo normale, come chiunque.»

«È sempre lo stesso?»

«Penso di sì.»

«Che mi dice di questa volta? C’è qualcosa di diverso? Lo stato d’animo? Le è sembrato teso? È ancora padrone di sé o sta perdendo il controllo?»

«Mi è sembrato calmo», rispose Lane. «Sollevato, persino.» Poi tacque per un attimo. «Come se questa storia stesse per finire, come se questa fosse l’ultima rata.»

«È troppo presto», osservò Reacher. «Non siamo neanche vicini alla fine.»

«Sono loro che decidono», osservò Lane.

Nessuno parlò.

«Allora adesso che si fa?» chiese Gregory.

«Aspettiamo», rispose Reacher. «Cinquantasei minuti.»

«Sono stufo di aspettare», sbottò Groom.

«È l’unica cosa che possiamo fare», affermò Lane. «Aspettiamo le istruzioni e le seguiamo.»

«Quanto hanno chiesto?» domandò Reacher. «Dieci?»

Lane lo guardò dritto in faccia. «Ci riprovi.»

«Di più?»

«Quattro e mezzo. Questo vogliono. Quattro milioni e mezzo di dollari americani in una borsa.»

Un passo di troppo
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